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Volere molto bene ai sacerdoti. Immagini di un incontro di san Josemaría con i sacerdoti, a Pamplona, 1972. Documenti Mons. Giuseppe Betori - Mons. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze. 26 giugno 2009Altro
Volere molto bene ai sacerdoti.

Immagini di un incontro di san Josemaría con i sacerdoti, a Pamplona, 1972.

Documenti
Mons. Giuseppe Betori - Mons. Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze. 26 giugno 2009
Incontri filmati con i sacerdoti
Figure sacerdotali
Sacerdote per l'eternità
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La Chiesa nostra Madre > Sacerdote per l'eternità > Cap. 3

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Il sacerdozio porta a servire Dio in uno stato che non è, in sé stesso, migliore o peggiore di altri: è diverso. Tuttavia, la vocazione sacerdotale si presenta rivestita di una dignità e di una grandezza tali che null'altro sulla terra può superare. Santa Caterina da Siena pone sulle labbra di Gesù queste parole: «Io non volevo che la riverenzia verso di loro diminuisse... perché ogni riverenzia che si fa a loro, non si fa a loro, ma a me, per la virtù del Sangue che io l'ho dato a ministrare. Unde, se non fusse questo, tanta riverenzia avareste a loro quanta agli altri uomini del mondo, e non più... E così non debbono essere offesi, però che, offendendo loro, offendono me e non loro. E già l'ho vetato, e detto che i miei Cristi non voglio che sieno toccati per le loro mani» [SANTA CATERINA DA SIENA, Il Dialogo della divina Provvidenza, cap. 116; cfr Sal 104, 15].

Taluni si affannano a cercare quella che chiamano l'identità del sacerdote. Quanto sono chiare le parole della santa di Siena! Qual è l'identità del sacerdote? Quella di Cristo. Tutti noi cristiani possiamo e dobbiamo essere non soltanto alter Christus, ma anche ipse Christus: un altro Cristo; lo stesso Cristo! Ma il sacerdote lo è in modo immediato, in forma sacramentale.

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«Per realizzare un'opera così grande» — quella della Redenzione — «Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel Sacrificio della Messa sia nella persona del ministro, "Egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora sé stesso per il ministero dei sacerdoti", sia soprattutto sotto le specie eucaristiche» [CONCILIO VATICANO II, cost. Sacrosanctum Concilium, 7; cfr CONCILIO DI TRENTO, doctr. De ss. Missae sacrif., cap. 2; DS 1743]. Per mezzo del Sacramento dell'Ordine, il sacerdote è reso effettivamente idoneo a prestare a Gesù nostro Signore la voce, le mani e tutto il suo essere; è Gesù che, nella santa Messa, con le parole della Consacrazione, cambia la sostanza del pane e del vino nel suo Corpo, nella sua Anima, nel suo Sangue e nella sua Divinità.

È questo il fondamento dell'incomparabile dignità del sacerdote. È una grandezza ricevuta in prestito, compatibile con la mia pochezza. Prego Dio nostro Signore che conceda a tutti noi sacerdoti la grazia di compiere santamente le cose sante, di rispecchiare con la nostra stessa vita lo splendore delle grandezze del Signore. «Noi che celebriamo i misteri della Passione del Signore, dobbiamo imitare quello che facciamo. E allora l'ostia occuperà il nostro posto al cospetto di Dio, perché noi stessi ci facciamo ostia» [SAN GREGORIO MAGNO, Dialoghi, 4, 59].

Qualora vi imbattiate in un sacerdote che per il suo contegno non sembra vivere secondo il Vangelo — non sta a voi giudicarlo, lo giudica Dio — sappiate che se celebra validamente la santa Messa, con l'intenzione di consacrare, il Signore non si rifiuta di scendere nelle sue mani, ancorché siano indegne. È possibile una donazione maggiore, un annientamento più grande? Più che a Betlemme, più che sul Calvario. Perché? Perché Gesù Cristo ha il cuore angosciato dall'ansia di redenzione, perché non vuole che qualcuno possa dire di non essere stato chiamato, perché Egli stesso va incontro a coloro che non lo cercano.

Egli è Amore! E non c'è altra spiegazione. Quanto sono insufficienti le parole per parlare dell'Amore di Cristo! Egli si adatta a tutto, accetta tutto, si espone a tutto — ai sacrilegi, alle bestemmie, alla fredda indifferenza di tanti — pur di offrire, anche a un solo uomo, l'occasione di scoprire i palpiti del suo Cuore ardente, nel suo petto ferito.

L'identità del sacerdote è questa: essere strumento immediato e quotidiano della grazia salvifica che Cristo ha meritato per noi. Quando si comprende questo principio, quando lo si medita nell'attivo silenzio della preghiera, come possiamo considerare il sacerdozio una rinuncia? È un guadagno incalcolabile. Maria Santissima, nostra Madre, la più santa delle creature — più di Lei solo Dio — trasse una sola volta Gesù al mondo; i sacerdoti lo portano su questa terra, al nostro corpo, alla nostra anima, tutti i giorni: e Gesù viene, per nutrirci, per vivificarci, per essere fin da ora pegno della vita futura.

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Il sacerdote non è da più del laico, né come uomo né come fedele. È pertanto molto opportuno che si eserciti nell'umiltà più profonda per capire che è specialmente in lui che si compiono appieno le parole di san Paolo: «Che cosa hai che non lo abbia ricevuto?» [1 Cor 4, 7]. Quello che ha ricevuto... è Dio!, è la potestà di celebrare la Sacra Eucaristia — la santa Messa, fine principale dell'ordinazione sacerdotale — di perdonare i peccati, di amministrare altri Sacramenti e di predicare autorevolmente la parola di Dio dirigendo i fedeli nelle cose che riguardano il Regno dei Cieli.

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«Il sacerdozio dei presbiteri, pur presupponendo i Sacramenti dell'iniziazione cristiana, viene conferito da quel particolare Sacramento per il quale i presbiteri, in virtù dell'unzione dello Spirito Santo, sono marcati da uno speciale carattere che li configura a Cristo Sacerdote, in modo da poter agire in nome di Cristo, Capo della Chiesa» [Presbyterorum ordinis, 2]. La Chiesa è così: non per capriccio di uomini, ma per espressa volontà di Gesù Cristo che ne è il Fondatore. «Il sacrificio e il sacerdozio sono, per ordinamento divino, talmente collegati, da coesistere insieme in ogni legge», l'antica e la nuova Alleanza. «Avendo dunque la Chiesa cattolica ricevuto nel Nuovo Testamento, per istituzione del Signore, il sacrificio visibile dell'Eucaristia, si deve anche confessare che c'è in essa un nuovo sacerdozio, visibile ed esterno, nel quale fu trasferito l'antico» [CONCILIO DI TRENTO, doctr. De sacramento ordinis, cap. I; DS 1764].

In chi riceve l'Ordine sacro, il sacerdozio ministeriale viene ad aggiungersi al sacerdozio comune di tutti i fedeli. Pertanto, mentre sarebbe errato sostenere che un sacerdote è più cristiano di un fedele qualsiasi, è lecito affermare invece che è più sacerdote: egli appartiene, come ogni altro cristiano, al popolo sacerdotale che Cristo ha redento, ed è, in più, contrassegnato con il carattere del sacerdozio ministeriale, che «differisce essenzialmente, e non solo di grado» [Lumen gentium, 10], dal sacerdozio comune dei fedeli.

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Non capisco la preoccupazione che hanno taluni sacerdoti di confondersi con gli altri fedeli, dimenticando o trascurando la loro specifica missione nella Chiesa, quella per cui sono stati ordinati. Costoro ritengono che i cristiani desiderino vedere nel sacerdote un uomo come gli altri. Ma si ingannano. I fedeli vogliono certamente ammirare nel sacerdote le virtù proprie di ogni cristiano e peraltro di ogni persona onesta: la comprensione, la giustizia, la dedizione al lavoro — lavoro sacerdotale, in questo caso —, la carità, l'educazione, la delicatezza nel tratto con gli altri.

Ma, accanto a ciò, pretendono che risalti chiaramente il carattere sacerdotale: si aspettano dal sacerdote che preghi, che non rifiuti l'amministrazione dei Sacramenti, che sia disposto ad accogliere tutti senza porsi alla testa o militare in fazioni umane, quali che siano [Cfr Presbyterorum ordinis, 6]; che metta amore e devozione nella celebrazione della santa Messa, segga in confessionale, consoli i malati e gli afflitti; che con la catechesi dia dottrina ai bambini e agli adulti, che predichi la parola di Dio e non l'una o l'altra delle scienze umane — ancorché le conosca perfettamente — perché quella non sarebbe la scienza che salva e che conduce alla vita eterna; che abbia dono di consiglio e carità verso i bisognosi.

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In breve, si chiede al sacerdote che impari a non porre ostacolo alla presenza di Cristo in lui, specialmente nei momenti in cui realizza il Sacrificio del Corpo e del Sangue del Signore e quando, nella Confessione sacramentale auricolare e segreta, perdona i peccati nel nome di Dio. L'amministrazione di questi due Sacramenti è così capitale nella missione del sacerdote, che tutto il resto deve far perno su di essa. Gli altri compiti sacerdotali — la predicazione e l'istruzione religiosa — non avrebbero fondamento se non fossero orientati a insegnare come trattare Cristo, come incontrarlo nel tribunale amoroso della Penitenza e della rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario, la santa Messa.

Permettete che mi intrattenga ancora un po' a considerare il santo Sacrificio: se esso è per noi il centro e la radice della vita del cristiano, lo deve essere in modo speciale per la vita del sacerdote. Un sacerdote che, colpevolmente, non celebrasse quotidianamente il santo Sacrificio dell'Altare [CfrPresbyterorum ordinis, 13], dimostrerebbe ben poco amor di Dio: sarebbe come rinfacciare a Gesù il suo slancio di Redenzione, dirgli che non lo si condivide, che non si comprende la sua impazienza di donarsi, inerme, come alimento dell'anima.

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È opportuno ricordare, con caparbia insistenza, che tutti i sacerdoti — sia noi peccatori che quelli che sono santi — quando celebrano la santa Messa non sono più sé stessi. Sono Cristo che rinnova sull'Altare il suo divino Sacrificio del Calvario. «Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra Redenzione, e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana, la quale è sempre un atto di Cristo e della sua Chiesa, anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli» [Presbyterorum ordinis, 13].

Il Concilio di Trento insegna che «nel divino Sacrificio che si …
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