08/02/2021 di Luca Marcolivio

«Abrogare la 194? Sì, ecco come». L’arcivescovo Suetta sfida un tabù

Monsignor Antonio Suetta non è nuovo a dichiarazioni “forti”. Già lo scorso giugno, l’arcivescovo di Ventimiglia-Sanremo si era schierato apertamente contro il ddl Zan, in controtendenza con l’approccio prudente della maggior parte dei vescovi. Nei giorni scorsi, il presule è andato oltre, sfidando quello che, anche nell’episcopato italiano, è ormai un tabù. In un’intervista rilasciata alla Nuova Bussola Quotidiana, monsignor Suetta l’ha detto a chiare lettere: ci sono le condizioni per iniziare a discutere di un «superamento della legge sull’aborto». Era probabilmente dal referendum, di cui quest’anno ricorrono i 40 anni (17 maggio 1981), che un uomo di Chiesa non affrontava in modo così netto il “totem” della Legge 194.

In primo luogo, Suetta denuncia l’«assuefazione» al tema dell’aborto, nelle forme di una «mentalità dilagante», per cui «la legge naturale viene calpestata, si impone una concezione dell’uomo al centro dell’universo e i diritti dell’uomo vengono posti in una visione limitata e limitante». In modo più o meno esplicito, passa l’idea che «rimanere in pochi, sani e belli per stare tutti bene e felici, sia la soluzione migliore», secondo una «prospettiva utilitaristica non solo sbagliata» ma anche «miope». «Infatti – ricorda il presule – le società più opulente e progredite sono anche le società più vecchie e spente demograficamente».

Molti cattolici ritengono quella contro l’aborto una «battaglia persa», nonostante il Catechismo e il Magistero siano «molto chiari». Riportare il dibattito ai fervori di quarant’anni fa, pare oggi qualcosa di inconcepibile: si tende a «non esasperare» il clima politico e a «non toccare i temi cosiddetti divisivi». Secondo monsignor Suetta, pesano sia la «scristianizzazione» generalizzata, sia scandali come quello della pedofilia nel clero, usati come «argomento per screditare la Chiesa nel tentativo di toglierle voce e autorevolezza su tutte le altre questioni su cui è chiamata a pronunciarsi».

Andando completamente concorrente, l’arcivescovo di Ventimiglia-Sanremo auspica una Chiesa che torni a «presentare diffusamente la dottrina». «Se la vita – aggiunge Suetta – non è più concepita secondo la prospettiva evangelica diventa più difficile per chi si impegna in campo politico individuare correttamente il bene comune». Ci sono, però, anche fattori “laici” che suggeriscono un “cambio di passo” nel dibattito: tra questi la testimonianza di donne che, per esperienza personale, «hanno capito il male profondo che sta dentro questa scelta contro la vita», associata ai «grandi progressi della scienza medica». Ci sono quindi, afferma monsignor Suetta, tutte le condizioni per «parlare superamento della legge sull’aborto»: non si tratta soltanto di «evitare il ricorso a questa pratica» ma di arrivare alla «sua stessa abrogazione dal punto di vista legislativo».

A taluni, le parole dell’arcivescovo di Ventimiglia-Sanremo potranno anche apparire “divisive” ma, se ci si riflette bene, sono tutto tranne che inopportune. Come minimo, sono dichiarazioni degne di essere ascoltate e discusse. Quantomeno perché, per la prima volta dopo quarant’anni, sfidano un “dogma” autocensurante della Chiesa italiana. Monsignor Suetta non può certo annoverarsi tra i vescovi ultraconservatori, né tantomeno tra i contestatori dell’attuale pontificato e delle riforme avviate da papa Francesco, che peraltro, l’ha nominato vescovo nel 2014. Le sue posizioni potrebbero, al contrario, essere l’espressione del punto di vista più avanzato della Chiesa italiana, di una nuova avanguardia episcopale a favore della vita. Una Chiesa ulteriormente rinnovata e profondamente attenta al futuro del laicato e dell’umanità tutta.

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