E se Dio rifiuta la religione?

La spiritualità nasce dall’intimo degli uomini, è la forza interiore che lo spinge verso l’infinito, l’assoluto. È il desiderio, innato in ogni creatura, di pienezza di vita. Aristotele direbbe l'anelito verso la felicità che è il Sommo Bene (EN 1). La spiritualità nasce dall’uomo che, creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), nel corso della sua esistenza sviluppa, attraverso atti concreti, questa somiglianza al fine di giungere a essere “immagine e gloria di Dio” (1 Cor 11,7). Nello specifico cristiano la spiritualità conduce alla fede, La religione invece è un artefatto culturale. Nata come strumento per sviluppare la spiritualità dell’uomo in realtà la religione l’opprime e la soffoca, perché per sua natura ogni religione è violenta. La differenza tra religione e spiritualità (o fede) è che mentre la prima nasce dagli uomini ed è diretta verso la divinità, la seconda nasce da Dio ed è rivolta agli uomini (“Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi”, 1 Gv 4,10; Rm 5,8). Mentre nella religione conta ciò che l’uomo fa per Dio, la spiritualità nasce da quel che Dio fa per gli uomini. Nella religione è sacro il Libro. Nella spiritualità è sacro l’uomo (Mc 2,27). Non nel senso antropocentrico, perchè nel Cristianesimo è Dio al centro, ma assumendo la nostra natura umana Gesù ha aperto le porte del cielo anche alla nostra carne e ha affermato che qualunque cosa facciamo per gli altri lo facciamo a Lui (Mt 25,31). Ecco il detto dell'evangelista per cui "Chi non ama il fratello che vede non può amare Dio che non vede" (1 Gv 4,20). Nella religione è importante il sacrificio, nella spiritualità l’amore (“Misericordia io voglio e non sacrifici”, Mt 9,13; 12,7; Os 6,6). Le crociate e le guerre sante non nascono dalla spiritualità, ma dalla religione. Per questo è illusorio pensare che le religioni possano portare la pace nell’umanità. Le religioni sono per loro natura violente. Ogni religione ha la pretesa di essere l’unica assoluta rivelazione della divinità, a riprova della quale rivendica il possesso di un testo sacro, rivelato, comunicato o scritto direttamente da Dio. Questa sacra scrittura, ritenuta espressione definitiva della volontà di Dio, dà il diritto alla religione di dividere le persone tra fedeli e infedeli, tra puri e impuri, di promettere un premio o di minacciare un castigo, innescando forme crescenti di violenza morale, psicologica e, quando le leggi civili lo consentono, anche fisica. Naturalmente ogni religione è convinta di essere portatrice di pace e che il Male, o Satana, sia qualcosa che appartiene alle altre religioni, filosofie o sistemi di potere. La certezza di essere il Bene consente di ostacolare, combattere e sconfiggere, con qualunque mezzo, tutto quel che si ritiene gli sia contrario. Lo stesso vangelo, quando non è più a servizio del bene e della felicità degli uomini, ma viene usato come strumento di potere per sottometterli, si fa portatore di morte anziché di vita. Il potere esercitato in nome di Dio è il più perverso, perché ha convinto gli uomini della necessità di sottomettersi ai suoi rappresentanti quale unica via di salvezza. Questo rende le persone non solo schiave, ma complici di questa schiavitù accettata e assunta a valore.

Dai vangeli appare che Gesù, Figlio di Dio, manifestazione visibile del Dio invisibile, e “Dio con noi” (Mt 1,23) ha avuto un rapporto sempre fortemente conflittuale con tutto quel che riguarda la religione: le leggi, le persone, i luoghi di culto. Per comprendere il comportamento di Gesù occorre vedere che cosa s’intendeva a quel tempo per religione. Sotto questo nome si raccoglieva quell'insieme di comportamenti che l'uomo doveva avere nei confronti della divinità per ottenerne la sua benevolenza. Tutto questo con Gesù non ha più valore. Il Cristo ha proposto un rapporto nuovo con Dio non più basato su quel che l’uomo deve fare nei suoi confronti, ma su quello che Dio, rivelato come Padre, fa nei confronti dei suoi figli. Con Gesù è finita la religione ed è nata la fede. Per questo nei vangeli la parola religione non si trova, e nel Nuovo Testamento compare una sola volta, ma per indicare la religione ebraica (“Essi avevano contro di lui certe questioni intorno alla propria religione [deisidaimonias]”, At 25,19). Il termine greco che viene tradotto con religione, (gr. deisidaimonía) è composto dal verbo temere (gr. déidô) e da dèmone (gr. daimôn) e significa il timore degli dèi/dèmoni, paura delle potenze celesti, degli spiriti maligni, superstizione, religione. Alcuni traduttori rendono con religione il termine greco thrêskeia, che ha più il significato di culto religioso (“Nessuno v’impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione [thrêskeia] degli angeli, Col 2,18; cf At 26,5; Gc 1,26.27). Il mondo della religione e le persone religiose vengono presentate nei vangeli come refrattari all’azione dello Spirito, nemici accaniti di Gesù ed irriducibili avversari del progetto di Dio sull’umanità.

Gesù non viene assassinato dai cattivi, ma dai buoni, le persone religiose e pie, che hanno agito in nome della religione e per la difesa dell’onore di Dio (Gv 19,7). Tra religione e Dio c’è assoluta incompatibilità. L'uno esige la distruzione dell'altro. Il massimo rappresentante della religione, il sommo sacerdote, in nome di Dio, condanna a morte il Figlio di Dio (Mt 26,65-67). Dio e religione non si tollerano: insieme non possono stare. Tentare di farli convivere è cercare di mettere assieme il “vino nuovo in otri vecchi”, con il risultato che “il vino si spande e gli otri si perdono” (Mt 9,17). Dio ha da sempre (“In principio”, Gv 1,1; Gen 1,1) un meraviglioso progetto sull’umanità: annullare ogni distanza che lo separa dall'uomo e renderlo uguale a sé. Questo progetto è per la religione un’idea pericolosissima: una minaccia ai propri privilegi (“Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui”, Gv 11,48), un crimine che solo la morte può cancellare: “I Giudei cercavano di ucciderlo… perché chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Gv 5,18). La religione vive sulla distanza che c’è tra Dio e l’uomo. E questa distanza giustifica il bisogno di rappresentanti, momenti e luoghi speciali che permettano all’uomo di incontrarsi con Dio. Che l'uomo possa rispondere all'appello del Signore e, accogliendo Gesù, diventare figlio di Dio (Gv 1,12) annullando ogni distanza col Padre, è per la religione una bestemmia da punire con la morte: “Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per la bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio” (Gv 10,33), ma per la fede è l’unica maniera che l’uomo ha per realizzare pienamente se stesso.

ISTRUZIONE CATTOLICA