Matilde
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La chiamata decisiva del Papa alla nuova evangelizzazione

2014-02-21 L’Osservatore Romano
Durante una recente visita negli Stati Uniti sono stato ripetutamente impressionato da quanto intensamente Papa Francesco ha catturato l’attenzione nazionale su tutta una serie di questioni. Il suo dono speciale di esprimere sollecitudine diretta per ciascuno e per tutti è risuonato fortemente in molti nella mia patria.

Nello stesso tempo ho notato una certa discussione sulla questione se Papa Francesco ha modificato o sia in procinto di cambiare l'insegnamento della Chiesa su una serie di questioni critiche morali dei nostri tempi, come per esempio l’insegnamento sull’inviolabile dignità della vita umana e l’integrità del matrimonio e della famiglia. Coloro che mi hanno interrogato sulla questione rimanevano sorpresi nell’apprendere che il Santo Padre ha infatti affermato le immutabili e inalterabili verità dell’insegnamento della Chiesa su questi temi. Queste persone avevano avuto un’impressione alquanto diversa secondo la comune presentazione di Papa Francesco e delle sue vedute.
Chiaramente le parole e le azioni del Santo Padre necessitano, da parte nostra, di un appropriato metodo di interpretazione se vogliamo capire correttamente che cosa vuole insegnarci. Il Cardinale Raffaele Martino, mio amico e collega all’Istituto Dignitatis Humanae, ha scritto così su questo giornale: “Il Santo Padre istruisce con le sue parole ma effettivamente insegna con le sue azioni. Questa è la sua unicità e il suo carisma”. In altre parole, Papa Francesco esercita con determinazione il suo dono per avvicinarsi agli uomini di buona volontà. Si dice che quando manifesta la sua attenzione ad una singola persona, come fa generosamente ogni volta che ne ha l’occasione, tutti percepiscono e sentono che farebbe la stessa cosa per ognuno di loro.
Per quanto riguarda il suo modo di affrontare le questioni critiche sociali, il Santo Padre ha descritto il suo approccio quando ha affermato: “Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso di metodi contraccettivi…Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione” (Intervista a Papa Francesco, La Civiltà Cattolica, 19 settembre 2013). In altre parole, il Santo Padre vuole innanzitutto trasmettere il suo amore a tutti affinché il suo insegnamento sulle questioni morali possa essere recepito in quel contesto. Ma il suo approccio non può cambiare il compito della Chiesa e dei suoi Pastori di istruire con chiarezza ed insistentemente sulle più importanti questioni morali del nostro tempo. Penso, per esempio, alle parole rivolte da Papa Francesco ai partecipanti alla seconda “Marcia per la Vita” di Roma il 12 maggio dello scorso anno e al suo messaggio lanciato via twitter in occasione della “Marcia per la Vita” di Washington il 22 gennaio di quest’anno.
Papa Francesco ha scelto il momento in cui parlare in modo chiaro di questi temi e l’ha voluto fare in un contesto di carità pastorale, quando si è rivolto all’Istituto Dignitatis Humanae nell’Udienza Papale per il suo V anniversario. Esortando i politici presenti, il Santo Padre ci ha messo in guardia da una cultura “dello scarto” dei tempi moderni che rischia di “divenire mentalità comune”. Ha proseguito identificando coloro che soffrono di più per questa mentalità, dichiarando: “Le vittime di tale cultura sono proprio gli esseri umani più deboli e fragili — i nascituri, i più poveri, i vecchi malati, i disabili gravi...—, che rischiano di essere ‘scartati’, espulsi da un ingranaggio che dev’essere efficiente a tutti i costi. Questo falso modello di uomo e di società attua un ateismo pratico negando di fatto la Parola di Dio che dice: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza’” (L’Osservatore Romano, 8 dicembre 2013, p. 7).
In modo analogo, Papa Francesco ha riaffermato il perenne insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio, così come l’importanza pratica della disciplina canonica della Chiesa nella ricerca della verità su una richiesta di dichiarazione di nullità matrimoniale. Mi riferisco in particolare alle sue parole rivolte alla Sessione Plenaria del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica: “Bisogna sempre tenere vivo il raccordo tra l’azione della Chiesa che evangelizza e l’azione della Chiesa che amministra la giustizia. Il servizio alla giustizia è un impegno di vita apostolica...incoraggio tutti voi a perseverare nella ricerca di un esercizio limpido e retto della giustizia nella Chiesa, in risposta ai legittimi desideri che i fedeli rivolgono ai Pastori, specialmente quando fiduciosi richiedono di chiarire autorevolmente il proprio status” (L’Osservatore Romano, 9 novembre 2013, p. 8).
Papa Francesco ha sottolineato con chiarezza gli insegnamenti morali della Chiesa, in accordo con la sua ininterrotta tradizione. Che cosa dunque vuole farci capire con il suo approccio pastorale, in generale? Mi sembra che egli desideri prima di tutto che le persone mettano da parte tutti gli ostacoli che possono frapporsi ad una risposta di fede. Desidera innanzitutto che la gente veda Cristo e riceva il Suo personale invito ad essere con Lui nella Chiesa.
A mio avviso, il Santo Padre desidera rimuovere ogni possibile ostacolo che la gente possa avere inventato per evitare di rispondere alla universale chiamata di Gesù Cristo alla santità. Tutti noi conosciamo persone che dicono per esempio: “Oh, io ho smesso di andare in Chiesa per quello che la Chiesa dice sul divorzio”, o “Io non potrei mai essere cattolico a causa di quello che la Chiesa dice sull’aborto o sull’omosessualità”. Il Santo Padre sta chiedendo loro di mettere da parte questi ostacoli e di accogliere Cristo, senza scuse, nella loro vita. Una volta che le persone avranno compreso l’infinito amore di Cristo, vivo per noi nella Chiesa, saranno in grado di superare qualsiasi cosa li abbia turbati circa la Chiesa, il Suo Corpo mistico e il suo insegnamento.
Sicuramente le persone il cui cuore si è indurito contro la verità leggeranno qualcosa di molto diverso nell’approccio di Papa Francesco, affermando che, di fatto, egli intende abbandonare alcuni insegnamenti della Chiesa che la nostra cultura totalmente secolarizzata rifiuta. Il loro falso elogio dell'approccio del Santo Padre tradisce il fatto che egli è il Successore di San Pietro, completamente fondato nelle Beatitudini, e che, pertanto, con umile fiducia in Dio solo, rifiuta l'accettazione e la lode del mondo.
Non è che il Santo Padre non sia chiaro nella sua opposizione all’aborto e all’eutanasia, o nel suo sostegno al matrimonio come unione indissolubile, fedele e destinata alla procreazione, tra un uomo e una donna. Piuttosto, egli concentra la sua attenzione nell’invitare tutti a coltivare un’intima relazione, in profonda comunione, con Cristo, entro cui le verità non negoziabili, scritte da Dio nel cuore di ogni uomo, divengano più evidenti e siano generosamente accolte. Capire e vivere queste verità è, come dire, la più evidente manifestazione di un’intima comunione con Dio Padre in Cristo, Suo unigenito Figlio, tramite l’effusione dello Spirito Santo.
Cercando di mettere la persona di Gesù Cristo al centro di tutte le attività pastorali della Chiesa, il Santo Padre sta seguendo da vicino gli insegnamenti dei suoi predecessori sul soglio di Pietro. Più di un secolo fa il Papa San Pio X scrisse nella sua prima Enciclica E Supremi: “Se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: ‘Rinnovare tutte le cose in Cristo’” (n. 4). Dieci anni dopo il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, il venerabile Papa Paolo VI affermò nell’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi: “Non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati” (n. 22). Alla chiusura del Grande Giubileo del 2000, il Beato Papa Giovanni Paolo II ricordava alla Chiesa:
“Non si tratta, allora, di inventare un ‘nuovo programma’. Il programma c'è già: è quello di sempre, raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso, da conoscere, amare, imitare, per vivere in lui la vita trinitaria, e trasformare con lui la storia fino al suo compimento nella Gerusalemme celeste” (Novo millennio ineunte, n. 29).
Nella Messa di inaugurazione del suo ministero come Successore di Pietro, Papa Benedetto XVI, facendo eco alle parole dei suoi predecessori, riepilogò l’invito che la Chiesa propone in ogni epoca: “Non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita” (Omelia di Papa Benedetto XVI, 24 aprile 2005). È questo invito alla pienezza di vita in Cristo che Papa Francesco desidera mettere al centro della sua azione pastorale.
Nello stesso tempo non dovremmo pensare che un tale invito esiga il nostro silenzio rispetto alle verità fondamentali della legge morale, come se questi temi fossero in qualche modo marginali al messaggio del Vangelo. Piuttosto, la proclamazione della verità della legge morale è sempre una dimensione essenziale dell’annuncio del Vangelo, perché è solo alla luce della verità della legge morale, scritta nel cuore di ogni uomo, che possiamo riconoscere il bisogno di pentirci dei nostri peccati e accettare la misericordia di Dio offerta a noi tramite Gesù Cristo. È per questa ragione che il Nostro Signore comincia la Sua proclamazione del Regno di Dio con l’incitamento: “Pentitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15). La chiamata al pentimento implica sia la consapevolezza delle nostre mancanze e dei fallimenti nel seguire la legge di Dio, sia l’offerta del perdono divino. Così vediamo che gli Apostoli, nella loro predicazione dopo la Pentecoste, ammonivano i loro uditori dei loro peccati, ma anche li invitavano ad accogliere la misericordia che Dio offre attraverso il Cristo Risorto (Atti 2,38-40; 3,14-20). San Paolo, nella Lettera ai Romani, incomincia la sua ampia presentazione del Vangelo ricordandoci la legge morale naturale, scritta nel cuore di ogni uomo, che ci rivela la nostra colpevolezza e il nostro bisogno di essere salvati attraverso la fede in Gesù Cristo (Rm 1-3).
In questo modo, l’insistente proclamazione della legge morale da parte della Chiesa, specialmente sui temi più controversi nel nostro tempo, rappresenta un servizio essenziale alla sua missione di evangelizzazione. Questo annuncio, però, è sempre iscritto nel contesto della chiamata alla vita in Cristo, nel cui Cuore misericordioso, aperto per noi sulla Croce, troviamo la grazia di essere convertiti dai nostri peccati e di vivere secondo i comandamenti di Dio, soprattutto secondo il supremo comandamento della carità.
Il pontificato di Papa Francesco dovrebbe quindi essere inteso come una chiamata radicale a raddoppiare i nostri sforzi per una nuova evangelizzazione. Radicale nel senso che, nel nostro rapporto con gli altri e con il mondo, dobbiamo incominciare dall’inizio, la chiamata di Cristo a vivere in Lui. Questa chiamata di Cristo è la buona novella dell’amore e della misericordia di Dio che il nostro mondo desidera ardentemente; nello stesso tempo, come Simeone predisse alla Madonna quando il Signore fu presentato al tempio, è anche “un segno che sarà contraddetto” (Lc 2,34), in ogni epoca ed in particolare nella nostra società “post-cristiana”. Questo perché l’annuncio di Gesù Cristo non può essere autentico senza la proclamazione della sua Croce. Papa Francesco l’ha ricordato con eloquenza nella sua omelia rivolta ai Cardinali elettori il pomeriggio seguente alla sua elezione:
“Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore. Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti” (Omelia di Papa Francesco, 14 marzo 2013).
A fronte di una galoppante scristianizzazione dell’Occidente, la nuova evangelizzazione, come Papa Francesco sottolinea, deve essere chiaramente fondata in Cristo crocifisso, che solo può vincere il mondo per il suo bene e la sua salvezza.
Cardinale Raymond Leo Burke
Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
Presidente del Comitato consultivo dell’Istituto
Dignitatis Humanae.

Da: www.news.va/…/la-chiamata-dec…