Questione teologica molto seria: Gesù e Maria soffrono per i nostri peccati? In Cielo si può soffrire?

Quesito

Caro padre,
mi è stato sempre detto od ho letto su scritti di santi (S. Faustina Kowalska, S. Teresa d'Avila,...) che Gesù e Maria soffrono per i nostri peccati e per il male del mondo, ma come fanno vista la loro eterna felicità in Paradiso? Forse, nel dire che soffrono ora, è per ricordarci che quello che hanno affrontato sul Calvario l'hanno fatto per noi, oppure ogni volta che noi pecchiamo ora Gesù soffre nell'eternità? E come diciamo che Gesù, Maria o i santi soffrono per i nostri peccati, anche Dio Padre o lo Spirito Santo, nella loro perfezione, provano, vedendo il male, questo sentimento umano dovuto al peccato?
Grazie
Michele


Risposta del sacerdote

Caro Michele,
1. Quando noi diciamo che il Signore si rattrista usiamo un linguaggio umano (i teologi direbbero: un linguaggio antropomorfico). Perché pensiamo che in Dio ci sia successione di pensieri e di sentimenti come avviene nella nostra vita.
In Dio invece non vi è successione di pensieri e sentimenti, perché è nell’eternità, senza un prima e senza un poi.
Vedi che dicendo queste cose si ha l’impressione che Dio sia addirittura imperfetto rispetto a noi. Ma questo è sbagliato.
Questo ci fa capire che il nostro modo di parlare di Dio e anche il conseguente nostro modo di pensare su Dio è sempre molto inadeguato.
Dio ha già visto tutto, anche quello che viene dopo il peccato: il trionfo su di esso, la glorificazione eterna di Gesù e anche la nostra.

2. Se vogliamo usare un’espressione corretta diciamo che Dio ha sofferto in Cristo, perché Cristo, Dio fatto carne, ha visto tutto il male che si sarebbe compiuto nel mondo da Adamo fino all’ultimo istante della storia.
Ha visto anche la situazione dei dannati. E per tutti nella sua anima umana ha provato una pena e una tristezza infinita.

3. In Cielo la Madonna, gli Angeli e i santi vedono la tristezza provata da Cristo. Ma la vedono nel medesimo tempo in cui contemplano la sua gloria e il suo trionfo sul male e sulla morte. Per cui in Cielo non c’è tristezza.
Padre Angelo

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Quesito
Caro padre,
mi chiedevo come va intesa la sofferenza di Gesù e Maria? A volte anche nelle apparizioni la Madonna dice che Gesù soffre a causa del peccato ecc..., ma questo è incompatibile con la beatitudine. Allora mi chiedo: questo va inteso nel senso di Cristo totale con le sue membra che siamo noi?
Quindi Gesù soffrirebbe negli uomini per il male fatto loro da altri uomini, guerre ecc... anche perchè lui stesso disse ciò che farete a loro e come se viene fatto a me.
Qualcuno ipotizza che il soffrire è stato temporaneo ma l’aver sofferto è eterno.
In conclusione come va intesa quindi la sofferenza di Dio?
come sempre la ringrazio.
Luca


Caro Luca,
la soluzione da te data è esatta. Il linguaggio usato è antropomorfico.
Come ha detto Pascal: “L’agonia di Cristo dura fino alla fine del mondo”. E continua nelle membra del suo corpo mistico.
Questa agonia è una continuazione della sofferenza che ha sopportato fin dal primo istante del suo concepimento fino al momento della sua morte.

Ogni peccato si rivolta su colui che lo compie, ma ha anche una ricaduta sociale, fa male a tutti.
Giovanni Paolo II ha scritto in Reconciliatio et poenitentia: “Parlare di peccato sociale vuol dire, anzitutto, riconoscere che, in virtù di una solidarietà umana tanto misteriosa e impercettibile quanto reale e concreta, il peccato di ciascuno si ripercuote in qualche modo sugli altri. È, questa, l’altra faccia di quella solidarietà che, a livello religioso, si sviluppa nel profondo e magnifico mistero della comunione dei santi, grazie alla quale si è potuto dire che "ogni anima che si eleva, eleva il mondo". A questa legge dell’ascesa corrisponde, purtroppo, la legge della discesa, sicché si può parlare di una comunione del peccato, per cui un’anima che si abbassa per il peccato abbassa con sé la Chiesa e, in qualche modo, il mondo intero. In altri termini, non c’è alcun peccato, anche il più intimo e segreto, il più strettamente individuale, che riguardi esclusivamente colui che lo commette.

Ogni peccato si ripercuote, con maggiore o minore veemenza, con maggiore o minore danno, su tutta la compagine ecclesiale e sull’intera famiglia umana. Secondo questa prima accezione, a ciascun peccato si può attribuire indiscutibilmente il carattere di peccato sociale” (n. 16).

Gesù, però, con la sua risurrezione ha vinto la morte e ha ricevuto il premio della sofferenza. È entrato definitivamente in quel mondo in cui ha preparato e promesso per noi. Di là farà con i suoi quello che si legge nell’Apocalisse: “Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,4).

Allora: morte, lutto, lamento, affanno, sono cose di questo mondo, non del paradiso. Quando saremo di là queste cose saranno “passate”.
Padre Angelo

Fonte:
www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php
Acchiappaladri
Prima ancora di leggerlo ... grazie per l'articolo che riguarda una questione che da tempo volevo approfondire.
alda luisa corsini
Proprio bello.