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Eremita carmelitana scrive ad Aldo Valli: “Care sorelle d’Italia, ecco perché state sbagliando”

Cari amici di Duc in altum, come sapete, qualche giorno fa un buon numero di monasteri di clarisse e carmelitane scalze ha fatto pervenire una lettera aperta al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Pubblicata da Avvenire, la lettera intende “dare voce ai nostri fratelli e sorelle migranti che scappano da guerre, persecuzioni e carestie” e vi si legge fra l’altro: “Molti monasteri italiani, appartenenti ai vari ordini, si stanno interrogando su come contribuire concretamente all’accoglienza dei rifugiati, affiancando le istituzioni diocesane. Alcuni già stanno offrendo spazi e aiuti. E, al tempo stesso, tutte noi cerchiamo di essere in ascolto della nostra gente per capirne le sofferenze e le paure”.

L’iniziativa di queste monache non ha però raccolto unanime consenso tra le consacrate. Ne è testimonianza il contributo che ho ricevuto e che propongo alla vostra attenzione. L’ha scritto una eremita che si dice “profondamente addolorata” a causa dell’iniziativa delle monache, alla quale, da parte mia, ho accennato due giorni fa.


A.M.V.

***

Un appello ideologizzato


Caro Valli, sono una eremita professa di spiritualità carmelitana, e sono rimasta profondamente addolorata leggendo la lettera aperta sottoscritta da alcuni monasteri di claustrali.

Non penso che tutte le sorelle sappiano bene di che cosa si stia parlando, e spero che non sia stata carpita la loro buona fede e ingenuità.

Questo appello, fortemente ideologizzato, ha in Avvenire una sponda altrettanto di parte. Basta leggere nel titolo quel “sorelle d’Italia”, che ha un evidente riferimento al partito politico, e si capisce come la maggior parte delle monache siano state strumentalizzate in chiave di opposizione e non di comunione.

Il testo è oltremodo penoso e dimostra come il fumo di Satana sia penetrato anche dietro le grate (per chi le ha ancora) dei monasteri di clausura, sotto forma di confusione e disinformazione.

Il fatto poi di presentarsi prima di tutto come donne, e solo dopo come figlie di Dio, la dice lunga sul cambio di visuale, da soprannaturale a meramente materiale e sociologica.

Nella lettera ci si chiede come delle monache possano intervenire in questa situazione e l’unica risposta che viene loro in mente è un’attività da assistenti sociali.

Si sono dimenticate della potenza della preghiera di intercessione e del rapporto di unione con Dio, che sono la vera ricchezza dei contemplativi e che possono cambiare il corso della storia.

Quando si perdono la fede teologale e le proprie radici il risultato sono questi tristi “appelli”, così ben strumentalizzati da chi non aspetta altro.

Probabilmente le monache che hanno partorito questa iniziativa non conoscono gli inviti che i vescovi africani continuano a fare ai migranti (non profughi, che sono altra cosa) perché restino nei loro paesi e non si facciano adescare da promesse di una vita facile e benestante, che non esiste.

Non sanno – forse – nulla del traffico di esseri umani che è una tragedia che grida vendetta al cospetto di Dio, e che vede le varie Ong in primo piano come becchini ben remunerati, ma si rifugiano in un buonismo tanto triste quanto ignorante.

Care sorelle in Cristo, ritornate da Emmaus a Gerusalemme, dalla mondanità alla vostra vocazione, allora sì che salverete il mondo.

Caro Valli, la ringrazio per tutto quello che scrive e che serve a dar voce a chi – mediaticamente – non ce l’ha.

In Gesù

Giovanna di Maria Madre della Divina Grazia, eremita diocesana

Fonte:

www.aldomariavalli.it/…/care-sorelle-di…

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PER APPROFONDIRE: “Cristianesimo non è buonismo”: Parla padre Giacobbe Elia, esorcista, prete anti immigrazione

Roma, 19 lug -“L’accoglienza non va mai attuata discapito della sicurezza. La società che si riempie di sconosciuti e delinquenti è destinata a morte certa”. Non tutta la Chiesacattolica è stata fagocitata dal vortice immigrazionista. In qualche sparuto angolo d’Italia c’è ancora chi è capace (e ha il coraggio) di pensarla diversamente dalle alte e altissime gerarchie ecclesiastiche in materia di porti da aprire, muri da abbattere, ponti e restare umani.

La legittimità dei confini

Uno di questi è Padre Giacobbe Elia, prete della Marsica, la cui intervista è apparsa oggi su La Verità. Elia da sempre sostiene la legittimità dei confini – che hanno avuto dall’alba dei tempi un ruolo decisivo e cruciale nell’edificazione di tutte le civiltà – e della loro difesa; elogia l’uso del crocifisso fatto dal ministro dell’interno Salvini durante la scorsa campagna elettorale, riferendosi all’invocazione della protezione di Maria come un gesto “che ha onorato Dio”, perché “ha ricordato a tutti noi le radici cattoliche della nostra fruttuosa civiltà”.

Cristianesimo non è buonismo

Sull’immigrazione, Elia non è di manica larga: “I fedeli comprendono sempre di più che questo fenomeno è artificioso”, sostiene. “Sanno bene che i veri poveri giacciono dimenticati in Africa”. Guai a confondere “cristianesimo con buonismo“. Del resto “quelli che invitano ad aprire le porte, non accolgono nessuno nella propria casa“. Di Papa Francesco, che dice di costruire ponti, dice che “Vive in Vaticano, circondato da mura. Solo le città che hanno mura possono costruire ponti”, creati dall’economia, dal desiderio di conoscere altre civiltà. “Ma può conoscere un’altra civiltà solo chi ne possiede una propria”.

Fonte:

www.ilprimatonazionale.it/…/cristianesimo-n…