Francesco I
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Estratti dell’omelia pronunciata dal Card. Eugenio Pacelli a Notre-Dame di Parigi, il 13 luglio 1937

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Pubblicato su Medias Presse Info
a cura di Francesca de Villasmundo

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… ma non è solo il fascino di Lisieux e del suo “Piccolo Fiore”che mi muove in questo momento, sulla cattedra di questa Cattedrale, è anche l’impressione che fa nascere in me questa stessa Cattedrale.
Voglio dire, fratelli miei, tutto ciò che evoca nel mio spirito, nella mia anima, come nell’anima e nello spirito di ogni cattolico, e direi anche in ogni anima retta e in ogni spirito coltivato, il solo nome di Notre-Dame de Paris! Perché qui è l’anima stessa della Francia, l’anima della figlia primogenita della Chiesa che parla alla mia anima.

Anima della Francia di oggi, e cioè le sue aspirazioni, le sue angosce e la sua preghiera; anima della Francia di un tempo, la cui voce, che sorge da un passato quattordici volte secolare, che evoca le Gesta Dei per Francos, sia tra le prove sia tra i trionfi, suona nelle ore critiche come un canto di nobile fierezza e di imperturbabile speranza.
Voce di Clodoveo e di Clotilde, voce di Carlo Magno, e soprattutto voce di San Luigi, in questa isola dove sembra ancora vivere e che egli ha adornato, nella Santa Cappella, con la più gloriosa e la più santa delle corone [la Corona di Spine di Nostro Signore Gesù Cristo]; voce anche dei grandi dottori dell’Università di Parigi, dei maestri nella Fede e nella santità… Il loro ricordo, i loro nomi scritti sulle vostre strade, mentre proclamano il valore e la virtù dei vostri antenati, segnano, come una strada trionfale, la storia di una Francia che avanza e che va avanti nonostante tutto, una Francia che non muore!
Oh! Queste voci! La cui incomparabile armonia sento risuonare in questa Cattedrale, capolavoro del vostro genio e del vostro amorevole lavoro che l’hanno eretta come monumento di questa preghiera, di questo amore, di questa vigilanza, di cui io trovo il simbolo parlante in questo altare su cui Dio scende sotto i veli eucaristici; in questa volta che ci accoglie tutti insieme sotto il manto materno di Maria; in queste torri che sembrano sondare l’orizzonte sereno o minaccioso come guardiani vigili di questa capitale.
Prestiamo l’orecchio alla voce di Nostre-Dame de Paris; in mezzo al rumore incessante di questa immensa metropoli, tra l’agitazione degli affari e dei piaceri, nell’aspro turbinio della lotta per la vita; testimone pietosa delle sterili disperazioni e delle gioie deludenti; Notre-Dame de Paris che, sempre serena nella sua calma e nella sua pacifica gravità, sembra ripetere senza posa a tutti quelli che passano: Orate, fratres; essa che sembra essere, direi volentieri, essa stessa un Orate fratres di pietra, un invito perpetuo alla preghiera.

[…]

La vocazione della Francia! La sua missione religiosa! Fratelli miei, ma questa cattedra stessa non le rende forse testimonianza? Questa cattedra che evoca il ricordo dei più illustri maestri, oratori, teologi, moralisti, apostoli, la cui parola, da secoli, infrange i limiti di questa navata, predica la luminosa dottrina della verità, la santa morale del Vangelo, l’amore di Dio per il mondo, i pentimenti e le risoluzioni necessarie, le lotte da sostenere, le conquiste da intraprendere, le grandi speranze di salvezza e di rigenerazione.

[…]

Allora, con tutta l’audacia di un uomo che sente la gravità della situazione, con l’amore senza il quale non v’è vero apostolato, con la chiara conoscenza delle realtà attuali, condizione indispensabile di ogni rinnovamento, come griderei da qui a tutti i figli e le figlie di Francia: “Siate fedeli alla vostra tradizionale vocazione! Mai ora è stata più grave per imporvi i vostri doveri, mai ora è stata più bella per corrispondervi. Non lasciate passare l’ora, non lasciate appassire i doni che Dio ha adattato alla missione che vi ha affidato; non sprecateli, non profanateli al servizio di qualche altro ideale ingannevole, inconsistente o meno nobile e meno degno di voi!”
Ma per far questo, ve lo ripeto, ascoltate la voce che vi grida: Pregate, Orate fratres! Altrimenti farete solo opera umana, e, nell’ora presente, di fronte alle forze avverse, l’opera puramente umana è votata alla sterilità, e cioè alla disfatta; sarebbe il fallimento della vostra vocazione.
Sì, è questo che intendo nel dialogo della Francia del passato con la Francia di oggi. E Notre-Dame de Paris, nel tempo in cui i suoi muri si ergevano da terra, era veramente l’espressione gioiosa di una comunità di fede e di sentimenti che, a dispetto di tutte le differenze e di tutte le debolezze, inseparabili dall’umana fragilità, univano tutti i vostri padri in un Orate fratres la cui onnipotente dolcezza dominava tutte le divergenze accidentali.
Al presente, questo Orate fratres, la voce di questa Cattedrale non cessa di ripeterlo; ma quanti cuori in cui non trova più eco! quanti cuori per i quali sembra essere solo una provocazione a ripetere il gesto di Lucifero nell’orgogliosa ostentazione della loro incredulità!
Questa volta sotto la quale si è manifestata con uno slancio magnifico l’anima della Francia di un tempo e dove, grazie a Dio, si manifestano ancora la fede e l’amore della Francia di oggi; questa volta che sette secoli fa unì le sue due braccia verso il cielo come per portare le preghiere, i desideri, le aspirazioni di eternità dei vostri antenati e vostre, per ricevere e trasmettervi di ritorno la grazia e le benedizioni di Dio; questa volta sotto la quale in tempo di crisi l’incredulità, nel suo orgoglio superbo, ha celebrato i suoi blasfemi trionfi con la profanazione di ciò che vi è di più santo davanti al Cielo; questa volta, fratelli miei, contempla oggi un mondo che ha forse bisogno di redenzione più che in ogni altra epoca della storia e che, al tempo stesso, non ha mai creduto che se ne potesse fare a meno.

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Notre-Dame de Paris, testimone nei secoli passati di tante esperienze, di tante disillusioni, di tanti begli ardori tristemente fuorviati, vi rivolge (…) la sua esortazione alla vigilanza, esortazione impregnata di materna bontà, ma anche di gravità e di sollecitudine; “Vegliate, fratelli! Vigilate, fratres! Vigilate!
Oggi, non si tratta più, come un tempo, di sostenere la lotta contro forme deficienti o alterate della civiltà religiosa che in gran parte conservavano ancora un’anima di verità e di giustizia ereditate dal cristianesimo o inconsciamente da esso attinte, oggi è la sostanza stessa del cristianesimo, la sostanza stessa della religione ad essere in gioco. La sua restaurazione o la sua rovina è la posta delle lotte implacabili che sconvolgono e scuotono alla base il nostro continente e con lui tutto il resto del mondo.

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Caduto dalle vette della rivelazione cristiana, da dove poteva vedere il mondo con un colpo d'occhio, l’uomo non riesce più a vedere l’ordine nei contrasti della sua fine temporale ed eterna; non può più sentire e gustare l’armonia in cui le dissonanze si risolvono pacificamente. Che tragico lavoro di Sisifo quello di perseguire la restaurazione dell’ordine, della giustizia, della felicità terrena nell’oblio o nella negazione stessa delle relazioni essenziali e fondamentali!

[…]

Una intelligente organizzazione tecnica sembrava rendere l’uomo definitivamente padrone delle forze della natura e, nell’orgoglio della sua vita, davanti alle leggi più sacre della natura, l’uomo muore di fatica e di paura di vivere, e lui, che dà alle macchine quasi l’apparenza di vita, ha paura di trasmettere la propria vita agli altri, cosicché le dimensioni sempre maggiori dei cimiteri minacciano di invadere con le tombe tutto il terreno lasciato libero dall’assenza di culle.

[…]

Vigilate! Eh! Sì, ci sono tanti che, come gli apostoli nel Getsemani, nel momento stesso in cui il loro Maestro stava per essere arrestato, sembrano addormentarsi nella loro cieca incoscienza, nella convinzione che la minaccia che incombe sul mondo non li riguardi, che non hanno alcuna parte di responsabilità, che non corrono alcun rischio nella crisi in cui l’universo si dibatte con angoscia (…).
Quanti restano sordi e inerti all’avvertimento di Cristo ai suoi Apostoli: Vigilate et orate ut non intretis in tentationem ! (…) Vigilate ! (…)

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