Stat Crux
2728

SIAMO PECORE SENZA PASTORE? di Francesco Lamendola

SIAMO PECORE SENZA PASTORE?

L'unico "vero" Pastore è Gesù: "E si commosse, perché erano pecore senza pastore". Strani pastori, questi sacerdoti buonisti, dialoganti e pizzaioli: si commuovono per le pecorelle di ogni gregge, tranne che per quelle del loro di Francesco Lamendola

E si commosse, perché erano pecore senza pastore

di

Francesco Lamendola

Leggiamo in Marco, 6, 34: Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. La folla si era radunata sulle rive del mare di Galilea, perché si era sparsa la voce della presenza del Maestro; era un luogo solitario, e i discepoli, a un certo punto, si preoccuparono perché tutta quella gente, migliaia di persone, non aveva niente da mangiare. Chiesero pertanto a Gesù di licenziare la folla, affinché ciascuno potesse recarsi nei villaggi vicini a procurarsi del cibo; ma Gesù, vedendo che erano tanti e che erano già affamati, e che c’erano moltissimi bambini, non volle congedarli a quel, modo, e ordinò si sfamarli con quel poco, con quel niente che c’era: e fece uno dei più bei miracoli riferiti dai Vangeli, la moltiplicazione dei pani e dei pesci – un miracolo, oltretutto, dal’altissimo valore simbolico e pedagogico. Questo episodio ci mostra uno degli aspetti più tipici della predicazione di Gesù Cristo e anche del suo carattere: la compassione, la capacità di commuoversi per la sorte degli uomini, e il desiderio di porgere aiuto, non solo a parole, ma con azioni concerete. È lo stesso atteggiamento che lo aveva spinto, su richiesta della Vergine Maria, a compiere il primo miracolo della sua vita pubblica: la trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana. La molla che ha spinto Gesù ad agire è la stessa di quella volta, la compassione: il desiderio di evitare una figura umiliante ai due sposi di Cana, e adesso quello di dare ristoro a una folla affamata che era venuta apposta per ascoltare la sua Parola. Gesù, con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ha voluto far capire che chi cerca la Parola di Dio, troverà anche il pane materiale di cui ha bisogno per vivere; ma che il pane materiale non placa la fame se non per qualche tempo, mentre la Parola di Dio placa la fame dell’anima, per sempre. Ecco dunque l’errore, gravissimo, che commettono quei cattolici i quali si affannano unicamente a soddisfare i bisogni materiali degli uomini e tacciono sulla cosa essenziale, la Parola di Dio: il pane materiale è necessario per vivere, ma è anche l’elemento che accomuna gli uomini a tutte le altre specie viventi; la fame dell’uomo è più nobile, però, di quella degli animali, perché è fame di verità, di bene e di assoluto: è fame di vita eterna. Gesù è venuto sulla terra per insegnare a placare questa fame; la fame del corpo, si placa dopo aver soddisfatto la fame dell’anima. Un corpo ben nutrito, se l’anima è lontana da Dio e immersa nella menzogna e nel male, non va lontano: a che serve all’uomo guadagnare il mondo intero, se perde se stesso? Gesù non trascura i bisogni materiali dell’uomo; la preghiera che Lui stesso ha insegnato, il Padre nostro, dice fra l’altro: dacci oggi il nostro pane quotidiano. Gesù sa che gli uomini hanno bisogno di pane; non è venuto sulla terra, tuttavia, per insegnar loro a procurarsi quel pane, ma a sfamare il loro bisogno essenziale, quello di verità. Vuol far capire che quando c’è la Parola di Dio, c’è tutto; il pane materiale non mancherà, come non è mancato alle folla affamata sulle rive del mare di Galilea, e come non mancava ai ragazzi di san Giovanni Bosco, quando, riuniti la mattina per ricevere il pane della colazione, ce n’era sempre per tutti, anche se il loro numero era sproporzionato al poco pane che doveva essere distribuito.

Gesù, solo e vero Maestro per un cristiano, non è venuto a fare il ristoratore o il pizzaiolo. Strani pastori, questi sacerdoti buonisti, dialoganti e pizzaioli: si commuovono per le pecorelle di ogni gregge, tranne che per quelle del loro !

Ecco dove sbagliano i cattolici che pensano solo a soddisfare la fame del corpo e che trasformano chiese e basiliche in mense e ristoranti, spostando i banchi destinati alla preghiera e sostituendo l’odore di pasta al ragù al profumo dell’incenso. La chiesa è fatta per pregare e non per mangiare; nutrire i poveri è un’azione santa, ma il suo significato, per un cattolico, non può essere quello di anteporla alla preghiera, all’adorazione di Dio, al senso della trascendenza. Se ciò avviene, siamo in presenza di una falsificazione. I preti che tolgono i banchi da preghiera e li sostituiscono con le lunghe tavolate per il pranzo di centinaia di persone, e gli arcivescovi che fanno fare la pizza nelle loro cattedrali e poi si fanno fotografare mentre la distribuiscono ai poveri, indossando il grembiule e maneggiando piatti e stoviglie come un tempo maneggiavamo la Croce e l’aspersorio, stanno facendo una ben misera rappresentazione teatrale. Stanno anteponendo il pane materiale al pane spirituale, che è la cosa essenziale, senza la quale il cristianesimo non è più il cristianesimo, ma un’associazione di volontariato come tante; e stanno peccando di vanità, perché si fanno ammirare e glorificare per la buona azione che stanno facendo, il che toglie loro ogni merito davanti a Dio. Quando fai del bene, che non sappia la tua destra quel che ha fatto la tua sinistra, raccomanda Gesù Cristo. Hanno già avuto la loro ricompensa, Egli dice di questo tipo di persone. Che siano dei sacerdoti e perfino dei cardinali a cadere in un simile atteggiamento, è deplorevole: quelli che dovrebbero guidare i fedeli, scivolano malamente sulla prima buccia di banana, quella dell’amor proprio. Gesù, solo e vero Maestro per un cristiano, non è venuto a fare il ristoratore o il pizzaiolo. Si è mostrato sollecito verso i bisogni materiali di quella folla, sul mare di Galilea; ha pensato che non sarebbe stata una bella cosa lavarsene le mani e mandarli a provvedere da sé per il cibo; ha pensato anche che molti, probabilmente, non avevano neppure il denaro necessario. Quindi, Gesù sa che gli uomini hanno bisogno del pane; ma vuole insegnarci che il pane, di per sé, non giova alla vita eterna, e che la vera fame dell’uomo non è quella del cibo materiale, ma del cibo spirituale, che illumina l’anima, la ristora e la dispone a ricevere la grazia di Dio. E se c’è il Pane disceso dal cielo, che è Lui stesso, allora anche le difficoltà materiali si possono affrontare nella maniera giusta; ma se l’anima sprofonda nell’egoismo e nell’indifferenza, allora il disporre di mezzi materiali servirà solo ad allontanarla ulteriormente da Dio. Infatti è molto più facile trovare Dio, e con ciò il senso della vita umana, quando si è poveri e bisognosi; mentre le ricchezze, di regola, spingono gli uomini a curarsi solo di se stessi. Donaci un cuore nuovo, uno spirito nuovo, o Dio, tale è la preghiera di conversione del cristiano, sulle tracce del profeta Ezechiele: e il cuore nuovo, capace di amare e di sentire, al posto del nostro vecchio cuore di pietra, chiuso nel suo egoismo, è il frutto della riscoperta della povertà come mezzo per tornare a ciò che è essenziale. Dio è l’essenziale; tutto il resto è secondario. Non si vuole, con ciò, ignorare il problema sociale ed economico della miseria e della fame; bensì ricordare che il cristianesimo non è l’ennesima proposta di giustizia umana, bensì una maniera nuova di porsi d fronte al mondo, che nasce dalla conversione spirituale e fa perno sulla fede nella sapienza e bontà assolute di Dio.

Dio è l’essenziale, tutto il resto è secondario: non si vuole ignorare il problema sociale della fame, ma ricordare che il cristianesimo e la Chiesa non è l’ennesima proposta di "giustizia umana" e soprattutto una catena di ristorazione collettiva !

Sorge però un problema. Molti cattolici dei nostri giorni trovano che l'atteggiamento di posporre la ricerca del pane materiale a quella del pane divino, che poi è non solo la Parola, ma il Corpo di Gesù Cristo, abbia un sapore troppo démodé; che potesse andar bene per i loro nonni, gente illetterata e sempliciotta, e magari anche un po' superstiziosa, ma non si addice a loro, che sono persone così colte e intelligenti, e soprattutto così attente allo spirito dei tempi (dove non si capisce bene di quale spirito si tratti: dello Spirito Santo forse no, anche perché lo Spirito Santo è eterno e non va soggetto alle mode di questo o di quel secolo; però, dal Vaticano II in poi, questa misteriosa espressione è entrata, con ben poca discrezione, nella mente e nel vocabolario di tutti i cattolici). Questo non dovrebbe essere un problema, perché il Vangelo si rivolge a tutti e non ad alcuni, e mostra a tutti la via della verità e della salvezza eterna; quelli che la pensano diversamente e hanno in mente una conoscenza speciale riservata a pochi, non dovrebbero essere chiamati cristiani, ma gnostici. Tuttavia, inutile negarlo, il problema c'è; e c'è per il fatto che la mentalità moderna è entrata nella mentalità cristiana e l'ha profondamente alterata e modificata. Gli uomini moderni pensano che le difficoltà dell'esistenza trovino le risposte più adeguate nella scienza, nella tecnica, nell'economia e nella politica; non pensano che la prima e più importante di tutte le risposte stia nella preghiera. E questo perché sono ancora credenti di nome, ma di fatto sono diventati increduli: credere prima alla scienza, alla medicina, alle riforme politiche e sociali, e poi, se ne avanza, alla Provvidenza divina, significa non essere più cristiani. La verità è che Darwin, Marx e Freud hanno sostituito il Vangelo nel modo di pensare e di sentire di moltissimi "credenti": gli stessi che, non fidandosi della Provvidenza e riponendo la loro fiducia più nelle loro stesse opere che nell'azione di Dio, trasformano le basiliche in refettori, e le parrocchie in centri di accoglienza per migranti. La verità è che codesti cattolici “moderni” (l’espressione stessa è incongrua e contraddittoria: o si è cristiani, o si è moderni; perché la modernità nasce da un progetto anticristiano) chiedono alla cultura moderna, e non al Vangelo perenne, gli strumenti, teorici e pratici, per affrontare la vita. Chiedono a una biologia materialista di spiegare il mistero delle origini; chiedono a una politica materialista di instaurare la giustizia sociale; chiedono alla psicanalisi, una pseudo scienza materialista e imparentata con la magia nera, di risolvere i loro conflitti interiori; e allo stesso modo si rivolgono all’economia materialista per placare la fame dello stomaco, ma pare non abbiano molto da dire quanto alla fame della anima, che nessun pizzaiolo e nessun ristoratore potrà mai attenuare, anche mettendo cento coperti in più sotto le volte di questa o quella basilica, con o senza fotografi e giornalisti a immortalare la grande bontà e sollecitudine di santegidini e autoproclamati arcivescovi di strada.

Il signore vestito di bianco, che si fa idolatrare come papa (e più santo di san Francesco) sulla tomba del "marxista" e quasi santo don Lorenzo Milani: l'antesignano del “rinnovamento” conciliare.

Ciò che traspare da simili comportamenti e orientamenti della neochiesa e dei neocattolici è una diffusa tendenza a sostituire alla Provvidenza di Dio la loro alacre operosità; alla Verità di Dio, le loro verità particolari, ben calate nella storia e, per ciò stesso, transitorie e discutibili; al solo e unico modello di Gesù Cristo, tanti modelli semi-idolatrici, a cominciare da quello del signore argentino, il quale, pur avendo mostrato in cento occasioni di non conoscere il significato della misericordia, viene nondimeno presentato come il più misericordioso di tutti i duecentosessantasei pontefici che si sono succeduti nel corso di duemila anni di storia della Chiesa. Se avesse la centesima parte della misericordia che i mass-media gli attribuiscono, di certo avrebbe preso carta e penna, o meglio ancora il telefono, per rispondere alla lettera aperta rivoltagli più di due anni fa da uno dei tanti cattolici angosciati e confusi dal suo modo di agire e di parlare, il professor Snyers, il quale gli aveva scritto: Santo Padre, chi è lei veramente? Lei mi fa paura. Avrebbe anche risposto ai quattro cardinali che gli avevano chiesto chiarimenti al confusionario, o peggio, Amoris laetitia, o, in alternativa, un incontro privato. E si sarebbe degnato di spiegare ai Francescani e alle Francescane dell’Immacolata di quale gravissima colpa si siano macchiati, tanto da commissariarli, chiudere il loro fiorente seminario, far sì che venissero coperti di fango senza però specificare alcuna accusa. Ma se il clero, a cominciare dal signore vestito di bianco che si fa idolatrare come papa, più santo di san Francesco e più misericordioso di Gesù Cristo, non è capace di avere un po’ di misericordia verso i fratelli cattolici, allora le mense allestite dentro le chiese per sfamare i poveri, la lavanda dei piedi ai poveri islamici, i viaggi “apostolici” negli Emirati Arabi per inseguire una non specificata, ma comunque massonica, pace e fratellanza universali, o quelli (come in Myanmar e Bangla Desh) nel corso dei quali non si pronuncia neppure il nome di Gesù Cristo, sono una inutile ostentazione di buonismo, di filantropismo, di pacifismo, di cosmopolitismo, magari di ambientalismo, ma non hanno niente a che fare col Vangelo di Gesù Cristo. Il quale Gesù Cristo è un padrone esigente: non potete servire due padroni, ammonisce da sempre. Qualcuno si ricorda ancora il movimento chiamato cristiani per il socialismo? Oggi è stato pressoché dimenticato, ma negli anni ’70 del secolo scorso faceva furore. Ed è stato dimenticato perché alla eccezionalità dei preti contestatori della stagione del Concilio, e poi del ’68, è subentrata, come osserva il professor Stefano Fontana, la quotidianità di una “teologia” e di una prassi “cristiana” che hanno non solo ereditato, ma sviluppato e sposato in pieno le derive più estremiste e rivoluzionarie di quella stagione. Per questo non si parla più di don Giulio Girardi: perché il 90% dei preti è diventato uguale a lui. E per questo non si parla più di Ernesto Buonaiuti; perché il grosso del clero “cattolico” è divenuto modernista. E per questo non si parla mai del Forteto: per non gettare ombre cupe sull’opera e sull’eredità morale del grande, e ormai quasi santo, don Lorenzo Milani, antesignano del “rinnovamento” conciliare. Eppure, l’autentica misericordia nasce dal rispetto della verità, come la vera compassione nasce dal rispetto del proprio essere. Non si può rinunciare al Vangelo per amore dei non cattolici, beninteso se si vuol continuare ad essere cattolici e magari ad essere sacerdoti: perché il sacerdote è stato consacrato nel nome di Gesù Cristo e non nel nome degli idoli della modernità. E il sacerdote, all’atto della consacrazione, si è prostrato davanti al Santissimo, non davanti alla religione umanistica della Fratellanza universale. Strani pastori, questi sacerdoti buonisti ed ecumenisti, dialoganti e pizzaioli. Si commuovono per le pecorelle di ogni gregge, tranne che per quelle del loro.Se ne infischiano se una dice: Voi chi siete? mi fate paura. Si sono scordati che Gesù Cristo ha affidato loro le sue pecorelle, col mandato di convertire e condurre in salvo anche le altre: non di riconoscere la perfetta liceità dell’esistenza di più greggi, ma di unire tutta l’umanità sotto un unico Vangelo e un unico Pastore. Che è Lui solo, il Signore Gesù. O no?...

Del 08 Febbraio 2019

www.accademianuovaitalia.it/…/7272-pecore-sen…
Marziale
Noi siamo, pecore senza pastore. In tutta l'Apocalisse non viene menzionato una sola volta il Duce del Gregge di Cristo. L'Apocalisse non parla di un Papa che si erge a scudo del Gregge e che combatte per difenderlo. La sacra figura del Vicario di Cristo è drammaticamente assente. Questa è una profezia colossale ma sconosciuta. Noi siamo nel tempo ultimo e nel tempo ultimo non c'è un pastore …Altro
Noi siamo, pecore senza pastore. In tutta l'Apocalisse non viene menzionato una sola volta il Duce del Gregge di Cristo. L'Apocalisse non parla di un Papa che si erge a scudo del Gregge e che combatte per difenderlo. La sacra figura del Vicario di Cristo è drammaticamente assente. Questa è una profezia colossale ma sconosciuta. Noi siamo nel tempo ultimo e nel tempo ultimo non c'è un pastore terreno. Oppure : sembra un pastore ma è un ladro. Ed è questa la situazione che viviamo.
Marziale
vincenzo angelo
Prima lettura liturgica del giorno,dalla lettera agli ebrei ."Fratelli,per mezzo di Gesu' Cristo offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio,cioe' il frutto di labbra che confessano il suo nome".(n.d. cioe' il nome di Gesu' Cristo,a scanso di equivoci).Orazione del giorno dopo la Comunione:"O Dio ,che ci hai nutriti alla tua mensa,fa' che per la forza di questo sacramento,sorgente inesauribile …Altro
Prima lettura liturgica del giorno,dalla lettera agli ebrei ."Fratelli,per mezzo di Gesu' Cristo offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio,cioe' il frutto di labbra che confessano il suo nome".(n.d. cioe' il nome di Gesu' Cristo,a scanso di equivoci).Orazione del giorno dopo la Comunione:"O Dio ,che ci hai nutriti alla tua mensa,fa' che per la forza di questo sacramento,sorgente inesauribile di salvezza,la VERA fede si estenda fino ai confini della terra.Per Cristo nostro Signore. ..Amen