Il catastrofico castigo su Sodoma e Gomorra: fuoco piovve dal cielo! – Don Dolindo Ruotolo, commento

PAGINA BIBLICA DI STRAORDINARIA ATTUALITÀ'. E' BENE RIFLETTERVI PERCHÉ' QUELLO CHE ACCADE OGGI HA UNA SOMIGLIANZA MOLTO FORTE CON LA SITUAZIONE DI DEGRADO E BALORDO PECCATO DI QUEL TEMPO. L'ORA TERRIBILE DELLA DIVINA GIUSTIZIA SI AVVICINA...

« Il Signore dunque fece piovere sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco dal cielo. Distrusse quella città e tutto il distretto, sia gli abitanti delle città che la vegetazione del suolo » (Genesi 19, 24-25).

L’ora terribile della giustizia era venuta per Sodoma, per Gomorra e per le altre città peccatrici. Il sole s’era levato già sull’orizzonte e nulla faceva sospettare quello che stava per avvenire. Gli abitanti, abituati alle mollezze di una vita impura, poltrivano ancora nei letti. Quand’ecco, il cielo si coprì di una caligine fitta, rosseggiante, infuocata, che cominciò già a togliere il respiro; boati spaventosi riempirono di terrore quel luogo, e le folgori guizzavano l’una dopo l’altra nel cielo caliginoso, accrescendo il terrore. Un vento infuocato cominciò a soffiare, e sibilava come urlo di morte tra gli alberi, tra le case e tra i ritrovi della colpa; ululava come voce di terribile giustizia. La terra si scosse, e sembrò che una fiamma l’avvolgesse tutta. Scoppiò un uragano tremendo; non era acqua ma fuoco, fuoco vivo che consumava ogni cosa. Si accese tutto il bitume di cui era ricco il sottosuolo della città, si scossero e bollirono le acque del lago, prima fresco ed ameno, coronato di folta vegetazione. Quelle acque già limpide s’intorbidarono, strariparono come fiotto melmoso e bollente, invasero le città il cui suolo sprofondò, e tutto fu arso. Gli abitanti non ebbero tempo neppure di fuggire, perirono tutti, ed il luogo prima così ameno, si mutò in una fornace ardente, le cui faville si alzavano fino al cielo.

Oggi rimane ancora, come testimonianza della divina giustizia, il luogo desolato dove furono le città peccatrici, ed il mare che prima stava tra le fitte boscaglie come gemma cerulea, divenne oscuro, bituminoso e senza vita; perciò fu chiamato ed è chiamato Mar Morto. I pesci che vi entrano muoiono, e gli uccelli che lo sorvolano cadono come fulminati; non alligna più la vita là dove fu profanata con tanti peccati contro le leggi stesse della vita.

Alcuni suppongono che il Mar Morto si sia formato dopo la distruzione delle città peccatrici, altri suppongono che il Mar Morto, prima del cataclisma, sia esistito ove è attualmente, perché gli strati geologici che compongono le sue rive, sono anteriori alla creazione dell’uomo. D’altra parte se il Mar Morto si fosse formato dopo il cataclisma, sorgerebbero gravissime difficoltà, prima tra le altre, per il corso del Giordano che attualmente vi si riversa, perché se non vi fosse stato già il lago, il fiume avrebbe dovuto riversarsi nel Mar Rosso, superando un’altezza di 430 metri, il che è assurdo.
Noi crediamo che prima del flagello il Mar Morto era un amenissimo lago, coronato di foreste nella valle che per la sua amenità era chiamata la valle di Siddim; il cataclisma lo mutò in un lago di morte quale oggi si vede, e le sue acque strariparono verso il territorio delle città peccatrici, coprendolo. Oggi infatti la parte del Mar Morto che sta a mezzogiorno, dove erano Sodoma, Gomorra e le altre città, non raggiunge cinque o sei metri di profondità, mentre quella che sta a settentrione raggiunge i 399 metri di profondità. È chiaro dunque che a mezzogiorno, dove sorgevano le città peccatrici, doveva esservi la pianura la quale oggi fa parte anche essa del Mar Morto. Questa spiegazione che è del resto logica e fondata sui fatti, si accorda pienamente con quello che è detto nei capitoli 13, 10 e 14, 3.

L’urto tremendo di due amori nella distruzione delle città peccatrici e nella nostra vita.

Il castigo con il quale Dio colpì le città peccatrici fu senza dubbio terribile e fu un atto di pura giustizia come si disse. Persino nel diluvio universale la terribile scena di distruzione era come dominata dalla misericordia nell’arca che galleggiava sulle acque, qui tutto fu terrore di giustizia. Anche gli uomini antidiluviani furono colpiti per l’impurità, ma i Sodomiti erano come l’emblema stesso dell’impurità più degradante, perché contraria alle leggi della vita, e perciò Dio li colpì con il fuoco.

Il Signore è inesorabile con l’impurità, perché questo è il peccato che più direttamente contrasta il suo Amore. Egli ci ama immensamente e ci ha fatti liberi per avere il nostro amore. Il suo amore vuol riversarsi in noi e il nostro amore deve rifondersi in Lui. Egli ci lascia liberi, ma è geloso di questo amore perché è proprio l’amore suo che vuol renderci sommamente felici nella sua eterna felicità.
Ora che cosa contrasta di più l’amore di Dio quanto l’impurità? Quando il nostro cuore s’infanga, quando si riempie di un amore estraneo al Signore, quando si concentra nelle creature o peggio in se stesso, senza dare adito al Creatore, allora è stretto da ogni parte da tribolazioni, che sono le voci dell’Amore che picchia alle sue porte per entrare.

L’amore umano deve essere dominato da Dio, poiché questo è diritto dell’eterno Amore. Il Signore ci ha dato la legge della carità, perché noi lo amassimo nel prossimo, ed ha santificato il Matrimonio rendendolo Sacramento, perché la funzione dell’amore umano si mutasse in funzione del divino amore. Egli così non ha menomato la nostra libertà, ma nello stesso tempo ha salvaguardato i diritti del suo amore, che sono imprescrittibili. Egli, può dirsi, ci lascia liberi in tutto e sembra quasi assente da noi, fuorché nell’amore, perché ci ama e vuole essere amato. Il suo amore si fa sentire appena è offeso, reagisce, ci insegue, ci percuote, ci ricaccia nelle più tormentose angustie ma non cede. L’impurità lo contrasta in questo amore, ed Egli l’insegue e la combatte fino alla distruzione.
Egli è vigilante amore anche quando le creature si uniscono santamente; le tribolazioni della carne, proprie dei coniugi, delle quali parla san Paolo (cf 1Cor 7, 28), sono l’amore vigilante di Dio che impedisce il pieno riversarsi di una creatura nell’altra, e che le costringe a ricercarlo fuori dei diletti della carne o delle effimere armonie della vita. Non lo vediamo noi che l’amore troppo vivo ed ardente fra due creature è troncato presto dal Signore, e che persino l’amore materno o paterno troppo concentrato nel figlio è spezzato dalla morte? Se Dio fa questo con l’amore benedetto da Lui, che cosa non farà con l’amore che gli è estraneo, o peggio con quello che si concentra in se stesso? Chi ama illecitamente una creatura, però nei limiti della legge naturale, conserva ancora un barlume d’amore, perché ama la creatura di Dio, e in certo modo esce ancora fuori di sé, pur fermandosi sull’umana nullità; ma chi si riversa in se stesso, o ama per se stesso il turpe diletto che lo soddisfa, si allontana così completamente dall’Amore che si trova per necessità di fronte ai fulmini dell’Amore contrastato e profanato. Un peccato contro natura non conserva più neppure il più piccolo vestigio d’amore, è turpe concentramento in se stesso, è orrore che Dio abomina e colpisce senza misericordia.

È un fatto che nessun peccato è colpito più severamente da Dio quanto quello dell’impurità; i più spaventosi flagelli che l’umanità ricorda sono dovuti a questo peccato, le più gravi angustie della vita hanno questa triste radice. Le calamità del mondo, la rovina di tante città, i terremoti, le pestilenze, le guerre, la fame, hanno origine dall’impurità. Anche quando sono castighi dell’irreligiosità e della miscredenza hanno la radice nell’impurità, perché l’irreligiosità è l’impurità dello spirito che infallibilmente, presto o tardi, diventa impurità della carne, come l’impurità della carne porta con sé quella dello spirito ed allontana da Dio.

Tu, piccolo verme umano, inutilmente tenti persuaderti che certi peccati sono frutto del tuo istinto o delle tue esigenze fisiologiche, inutilmente neghi Dio e la sua giustizia per essere più libero nelle tue degradazioni. L’Amore eterno non ti dà tregua, ti insegue, e la lotta fra Lui e l’amore tuo recalcitrante è duello all’ultimo sangue. Egli ti castiga nel corpo e te ne fa sentire il peso, finché tu non l’abomini e non ricacci da te la carne come oggetto indegno del tuo amore; Egli ti acceca la mente, ti indurisce il cuore, ti priva di ogni grazia, perché tu nell’angoscia del tuo spirito lo cerchi come refrigerio. Egli a volte ti punisce con la stessa impurità, e permette che tu cada in abissi profondi di abominazione, che ti senta schiavo di abiti inveterati, e ti riconosca un orrore finché non confessi il tuo male, e non ti emendi, dandoti vinto all’Amore che ti cerca e che solo può purificarti. Le tue vie sono tenebrose e piene di affanni, il tuo cuore è stretto da un torchio, la tua anima cammina come lo spirito immondo del quale parla il Vangelo (cf Mt 12, 43), per luoghi aridi, cercando riposo e non lo trova; cerca compagnie più cattive per tentare almeno così di giustificare il suo operato, ma è sempre angustiata finché non cede all’Amore eterno che la insegue per amore!

Dio non rinuncia alle esigenze del suo amore, è l’unico diritto che vuol conservare pieno su di noi, perché sa che solo il suo Amore ci sazia. L’affanno con il quale l’impurità ci tormenta viene da Lui direttamente, Egli non si affida ad altri per punire l’amore infedele, e come per Sodoma e Gomorra è detto: Il Signore fece piovere sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco dal cielo, così per ogni anima il flagello che punisce l’impurità viene direttamente dal Signore. Non fu un’eruzione vulcanica l’inabissamento delle città peccatrici, fu l’impeto dell’Amore contrastato che arse di sdegno; non vengono dalle creature i castighi sugli uomini impuri, vengono da Dio, è il Signore che fece piovere fuoco e zolfo di angustie e di desolazione su di loro.

Satana che è invidioso del nostro bene, ci spinge perciò all’impurità fin dai più teneri anni, e tenta di porre come base di ogni vita che si schiude questo tristissimo germe di sventure. Per questo la vita infantile di certe creature è irta di spine, benché non si sia ancora sviluppata: quelle immodestie, quelle curiosità impure, quegli atti sconci, quelle parole degradanti fanno piovere fuoco di angustia sulla giovane vita che cresce. A volte una sola immodestia in un’anima che Dio predilige e che destina a grandi cose, può determinare un’infanzia ripiena di lutto, di fame, di percosse, di contrasti, di affanni; un solo peccato impuro può rendere la vita disgraziata e piena di sventure. È inutile ricercare nel Cielo la cattiva stella che è stata causa del nostro amaro destino; la stella del cielo è l’Amore eterno che ci incalza, e l’amaro destino è l’amore nostro infedele; il combattimento è l’urto di questi due amori, e la vittoria deve rimanere all’eterno Amore.

Se la creatura ostinatamente rifiuta l’Amore, le avviene come a Sodoma e a Gomorra: è sommersa nel fuoco eterno e non ha più scampo. L’Amore la insegue in ogni ridotta della libertà, in ogni trincea del cuore, in ogni rifugio dei sensi, e giunge fino al punto che preferisce vederla nell’odio eterno, anziché data all’amore di un altro. È terribile, ma è la verità! L’anima dannata è tutta odio, ma almeno così non può dare ad altri quell’amore che avrebbe dovuto dare a Dio. Odia se stessa, odia l’Inferno, odia i dannati, odia la vita, odia la morte, odia Dio, ma lo odia perché non può amarlo. È questa la forma che prende l’amore ingrato che non si è fatto sconfiggere dall’eterno Amore: lo odia, ma non ama altri, lo odia ma lo apprezza sopra tutte le cose, ne rifugge ma non trova riposo fuori di Lui, arde ma non trova refrigerio fuori di Lui. Non può dire mai: Io ti ho scambiato per un altro amore, poiché lungi da Lui non trova che l’odio, e la vittoria è sempre dell’eterno Amore.

Il tremendo castigo di Sodoma e di Gomorra è qualcosa che somiglia all’Inferno; il diluvio fu una purificazione, il fuoco fu una distruzione; Dio volle lasciarci una testimonianza dell’Inferno perché l’uomo non osasse sfuggire al suo eterno Amore. Mandò direttamente i suoi angeli, per punire le città scellerate dove non si amava che il senso, affinché l’umanità avesse capito che i diritti dell’Amore sono inviolabili.

Arrestiamoci tremanti innanzi al cataclisma spaventoso, non indaghiamo se gli uomini che vi furono travolti si salvarono o si persero; è l’unico flagello che Dio ha coperto solo con il manto terribile della giustizia, senza che in esso rifulga un barlume di misericordia, perché è il flagello che ci ammonisce ad amare Lui solo. Egli sa nella sua infinita scienza se ha dei fiori anche tra quelle fiamme, a noi non rimane che il terrore del castigo, perché solo così i sensi ribelli possono essere domati, e possono darsi all’eterno Amore.

Vinci dunque Tu, o Signore, in questa mia carne già macchiata, vincimi con un altro fuoco, mandami lo Spirito Santo perché io sia pura e ami te solo sopra tutte le cose! Non permettere che io bruci nella fiamma della concupiscenza, ma brucia Tu con il fuoco del tuo Santo Spirito le mie reni ed il mio cuore, affinché io ti serva con il corpo casto e ti piaccia con il cuore mondo. Eccomi, io mi ti do interamente, e non voglio che in me ci sia nulla di estraneo al tuo amore. Se io sentissi in me gli involontari moti della mia miseria, siano essi come gemiti della carne inferma che sospira a te; e se fossi tormentato dalle tentazioni di satana, siano esse come combattimenti trionfanti per darti una vittoria più gloriosa e più piena. Tu nella morte dissolverai questo mio corpo per cancellarvi persino le orme che vi lasciò quello che ti è estraneo; sarà l’ultimo colpo del tuo amore trionfante, che strapperà l’anima all’angustia della carne, la libererà dal laccio e le darà ali di colomba per volare a te. Io accetto sin da ora la morte e la dissoluzione di questo mio corpo in espiazione delle infedeltà del mio amore, e ti supplico a purificare l’anima mia con il tuo Sangue, affinché essa non sia tocca da altra fiamma e non bruci d’altro amore che in quello del tuo infinito Amore!