Il Limbo esiste? Il destino eterno dei bambini non battezzati

(...) E' il caso di occuparci di un problema teologico - che ha peraltro attirato recenti attenzioni da parte di alcuni - che non è oggetto di esplicita e chiara definizione di fede non impugnabile, ma appartiene alla categoria di “dottrina comune” la cui negazione sarebbe atto teoricamente possibile senza incorrere in eresia formale, ma comunque non avulso da temerarietà. Si tratta del Limbo, ossia di quel particolare luogo e stato caratterizzato dalla sola pena del danno, in cui verserebbero, dopo la discesa agli Inferi di Cristo (che liberò tutti coloro che vi sostavano in attesa della redenzione, ossia i santi dell’Antico Testamento, non esclusi perfino san Giovanni Battista e san Giuseppe), solo coloro che sono morti senza essere privati della colpa d’origine, ossia i bambini non battezzati. La soluzione del problema è certamente rilevante, anche in ordine alla delicata questione circa la sorte che attende le anime dei bambini abortiti, sia quelli che naturalmente si ritrovano ad essere tali sia le vittime - ahimè - dell’esecrabile e gravissimo delitto dell’aborto volontario e gli eventuali possibili rimedi da porre in essere. Vedremo che, riguardo questa tematica, il Magistero della Chiesa (attraverso Papi e Concili) è stato tutt’altro che silente (pur senza dichiarare esplicitamente alcun dogma di fede); tuttavia alcune delle opinioni che saranno espresse durante la trattazione sono di natura personale dello scrivente (cosa del tutto lecita, essendo questa materia - fin quando non ci saranno ulteriori, più esplicite e chiare definizioni in un senso o nell’altro - del tutto libera) e non si mancherà di farlo notare man mano che si dovessero esporre.

Cominciando dagli autorevoli interventi magisteriali in merito, il più antico a nostra disposizione è quello del glorioso Pontefice Innocenzo III (colui che approvò la forma di vita dei frati di san Francesco d’Assisi), il quale nella lettera a Imberto di Arles del 1201 scrisse queste testuali parole: “la pena del peccato originale è la mancanza della visione di Dio, mentre la pena del peccato attuale è il tormento dell’inferno eterno“ (Denz 780). Queste parole affermano chiaramente che conseguenza del solo peccato originale è la privazione della visione beatifica e che quindi basta la sua presenza per impedire all’anima di potervi accedere.

Qualche lustro più tardi, il Concilio di Lione (1274) sancì che “le anime di coloro che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale, subito discendono nell’Inferno, anche se punite con pene differenti” (Denz 858, il corsivo è mio). Il Concilio distingue chiaramente chi muore in stato di peccato mortale da chi muore col solo peccato originale, sancendo che si discende entrambi nel generico “inferno”, ma con pene differenti. Combinando tale asserzione con quella precedente di Innocenzo III, è più che evidente che la diversità di pene deve consistere nella sola pena del danno per chi muore col peccato originale e nei tormenti del senso per chi con la propria volontà ha peccato mortalmente senza pentirsene.
Papa Giovanni XXII, nella lettera agli Armeni del 1321, aggiunse un ulteriore tassello a tale mosaico. Scrisse infatti che “le anime di coloro che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale, discendono subito nell’Inferno, per essere tuttavia punite con diverse pene e in diversi luoghi” (Denz 926, anche stavolta il corsivo è mio). Dunque si ha anche una “diversità di luoghi” e non solo una diversità di pene. È chiara l’allusione alla differenza che, nella tradizione teologica cattolica, si era nel tempoandata stabilendo tra il cosiddetto “inferno dei dannati” (ossia l’inferno in senso stretto) e “gli inferi, o Sheòl, o limbo” (ossia l’inferno in senso lato o ampio), dove dimorerebbero le anime di coloro che sono morti solo col peccato originale e senza peccati personali attuali e dove discese il Salvatore nel Sabato Santo, a liberare i santi dell’Antica Alleanza.

Il Concilio di Firenze (1439) si spinse ancora più oltre, giungendo a dichiarare di voler definire come verità di fede la diversità di pene tra i peccatori in senso stretto e coloro che muoiono col solo peccato originale, senza tuttavia entrare dettagliatamente e in modo particolareggiato nel merito dell’esistenza del Limbo come luogo particolare e distinto dall’Inferno (cosa che, col senno di poi, forse sarebbe stata opportuna): “[Inoltre definiamo che] le anime di quelli che muoiono in stato di peccato mortale attuale o con il solo peccato originale, scendono immediatamente nell’Inferno, per essere punite con pene diverse” (Denz 1306, corsivi sempre miei). È questo senz’alcun dubbio il testo più autorevole a favore della tesi che sostiene l’esistenza del Limbo, che l’avrebbe “trasformato” in verità di fede solo se fosse stato un tantino più esplicito, ossia specificando la diversità delle pene e che il Limbo sarebbe un luogo particolare diverso e distinto dall’Inferno.

Infine, tra gli interventi magisteriali in senso stretto (con cui chiudiamo questa prima parte del discorso), va annoverato quello di Papa Pio VI che nella Costituzione Auctorem fidei (1794) - ove condannava le proposizioni del Sinodo di Pistoia - scrisse: “[si condanna] la dottrina che rigetta come favola pelagiana quel luogo degli inferi (che i fedeli ovunque chiamano con il nome di limbo dei bambini) nel quale le anime di coloro che sono morti con il solo peccato originale sono punite con la pena della privazione eterna senza la pena del fuoco” (Denz 2626, corsivi miei). Anche questo intervento, per la verità, è forte e abbastanza esplicito ed è di risoluta condanna nei confronti dei negatori di questa realtà: afferma l’esistenza di un “luogo degli inferi”, chiamato dai fedeli limbo dei bambini, dove si soffre la pena del danno senza altre pene del senso, in primis la pena del fuoco. Anche questa affermazione, di chiara natura magisteriale, deve essere tenuta nella debita considerazione prima di avanzare conclusioni precipitose e affrettate circa l’esistenza o meno di questa realtà. Tuttavia, non potendo definirsi esercizio di Magistero solenne e infallibile da parte del Romano Pontefice non può essere invocata come definitoria (in senso stretto) dell’esistenza del Limbo.

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Dopo aver passato in rassegna i principali interventi magisteriali della Chiesa in ordine alla questione dell’esistenza (o meno del limbo), è bene mettersi in ascolto di almeno altre due testimonianze autorevoli: il catechismo di san Pio X e l’opinione di san Tommaso d’Aquino.

Nel catechismo di san Pio X numerosi sono i punti in cui si parla del Limbo. Ecco quelli più significativi, a cominciare dal “Limbo dei santi padri”, di cui peraltro nessuno ha mai dubitato circa la sua esistenza:
115 D. Che cosa c'insegna il quinto articolo: Discese all’inferno, il terzo dì risuscitò da morte?
R. Il quinto articolo del Credo c’insegna: che l’anima di Gesù Cristo, separata che fu dal corpo, andò al Limbo dei santi Padri, e che nel terzo giorno si unì di nuovo al corpo suo, per non separarsene mai più.
116 D. Che cosa s’intende qui per inferno?
R. Per inferno s’intende qui il Limbo dei santi Padri cioè quel luogo dove erano trattenute le anime dei giusti aspettando la redenzione di Gesù Cristo.
Riguardo al cosiddetto “Limbo dei bambini”, queste sono le considerazioni che si leggono nel testo:
561 D. Quando si devono portare alla chiesa i bambini perché siano battezzati?
R. I bambini si devono portare alla chiesa perché siano battezzati, il più presto possibile.
562 D. Perché si deve avere tanta premura per far ricevere il Battesimo ai bambini?
R. Si deve avere somma premura per far battezzare i bambini, perché essi per la loro tenera età sono esposti a molti pericoli di morire, e non possono salvarsi senza il Battesimo.
563 D. Peccano adunque i padri e le madri che per la loro negligenza lasciano morire i loro figliuoli senza Battesimo, o lo differiscono?
R. Sì, i padri e le madri che per la loro negligenza, lasciano morire i figliuoli senza battesimo, peccano gravemente, perché privano i loro figliuoli dell’eterna vita; e peccano pure gravemente col differirne a lungo il Battesimo, perché li espongono al pericolo di morire, senza averlo ricevuto.

Come si vede dai testi sopracitati, l’esistenza o meno del Limbo pone gravi e seri problemi anche da un punto di vista pastorale, circa la necessità (o meno) di battezzare i bambini il più presto possibile, prassi che fino a non molto tempo fa era comune e quasi universale e che, con il passare degli anni, va sempre più scemando, portando ben al di là dei “primi dieci giorni di vita” il tempo di amministrazione dei Battesimi. Per non parlare poi degli ulteriori problemi che tale problematica pone a livello di ulteriori scelte pastorali, quali per esempio l’opportunità (o meno) di istituire “corsi di preparazione al Battesimo dei figli”, di differire il Battesimo qualora la fede dei genitori appaia labile ed evanescente (problema oggi, ahimè, abbastanza frequente) e molto altro. Prima di presentare una visione sistematica della situazione e offrire anche possibili opinioni in merito a queste ed altre questioni, ascoltiamo la voce del Doctor Angelicus e il suo pensiero circa l’esistenza del Limbo che si può così sintetizzare (cf S. Th., Suppl., q 69, artt. 4-7 e Appendice, q. 2).

Il limbo è ciò che la Bibbia chiama “inferi”. Fino alla venuta di Gesù, a detta dell’Aquinate, nel “limbo” dimoravano i “santi Padri” (“limbo dei santi Padri”), ossia i giusti e i santi dell’Antico testamento e l’unica pena che ivi si sperimentava era quella del danno, ossia l’assenza della visione beatifica, unitamente però ad un grande desiderio di vedere quel Dio che tali anime in terra avevano comunque conosciuto e servito. San Tommaso afferma che il Limbo dei santi Padri era un luogo temporaneo, la cui esistenza è cessata con la discesa agli inferi di Gesù. Esiste tuttavia anche “il limbo dei bambini”, dove vanno i bambini non battezzati, i quali non hanno né la fede né la speranza della visione beatifica. Anche qui l’unica pena presente è quella del danno, non però il desiderio ardente di Dio, perché i bimbi non battezzati non hanno e non possono avere idea di chi e quanto grande sia Dio e quindi di cosa perdono non avendone la visione beatifica. Tali anime hanno comunque una “conoscenza naturale di Dio”e godranno di molte cose che Dio darà loro. Secondo il Dottore Angelico, tuttavia, non godranno mai della visione beatifica, nemmeno dopo la risurrezione della carne e il giudizio universale. A parere dell’Aquinate, pertanto, il limbo dei bambini, oltre che esistere, sarebbe anche eterno.

Come si vede, da tale posizione dell’Aquinate discende un’altra ulteriore questione molto importante: senza il Battesimo, in una delle forme conosciute dalla Tradizione (di acqua, di sangue o di desiderio) è dunque irreversibilmente e invincibilmente preclusa qualunque speranza di avere la visione beatifica per le anime dei non battezzati? Anche per anime innocenti che hanno come sola “colpa” quello di avere ereditato un peccato da loro non commesso, anche se loro inerente come proprio? A tutte queste questioni come già detto cercheremo di rispondere, ora che abbiamo un quadro sintetico della situazione, nelle prossime righe.

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Dopo aver passato in rassegna le principali testimonianze magisteriali o comunque autorevoli sull’esistenza del Limbo, è necessario brevemente ricordare che nel 2007, la Commissione Teologica Internazionale (che è un organo ufficiale della santa sede, le cui pronunce tuttavia non sono da considerare espressione di Magistero in senso stretto) si è espressa a favore della non esistenza del Limbo, affermando la possibilità della salvezza delle anime dei bambini non battezzati. Non è possibile in questa sede analizzare nel dettaglio tutti i passaggi. È assai significativo riflettere, tuttavia, sulle affermazioni di principio (e anticipatore delle conclusioni a cui il documento perviene) formulate all’inizio del documento “La speranza della salvezza per i bambini che muoiono senza Battesimo”:

“La conclusione dello studio è che vi sono ragioni teologiche e liturgiche per motivare la speranza che i bambini morti senza Battesimo possano essere salvati e introdotti nella beatitudine eterna, sebbene su questo problema non ci sia un insegnamento esplicito della Rivelazione. Nessuna delle considerazioni che il testo propone per motivare un nuovo approccio alla questione, può essere addotta per negare la necessità del Battesimo né per ritardare il rito della sua amministrazione. Piuttosto vi sono ragioni per sperare che Dio salverà questi bambini, poiché non si è potuto fare ciò che si sarebbe desiderato fare per loro, cioè battezzarli nella fede della Chiesa e inserirli visibilmente nel Corpo di Cristo”.
Dunque c’è una possibilità di raggiungere la salvezza per queste anime; ma ciò non legittima la decadenza della prassi del Battesimo dei bambini né eventuali ritardi nell’amministrarlo.

A mio avviso è proprio da queste considerazioni che bisogna partire per porre correttamente l’intera questione prima di prospettare possibili soluzioni che, si badi, riflettono l’opinione personale di chi scrive essendo - lo si ribadisca ancora una volta - tale materia ancora oggetto di libera discussione teologica.

È effettivamente difficile pensare e credere che l’anima di un bambino che non ha colpa di non essere nato (o di non essere stato battezzato) possa, per tutta l’eternità, essere privato della visione beatifica, nonostante non abbia la capacità e la possibilità di rappresentarsi il bene infinito e sommo che si perde (neanche noi, fino a quando siamo in questa carne mortale, ci rendiamo conto di cosa Dio è e infatti non soffriamo per il fatto di non vederlo attualmente). La visione beatifica, infatti, è il fine per cui Dio crea ogni anima; e altro è che questo fine sia frustrato per la cattiva, perversa e impenitente volontà della persona, altro che sia frustrato senza alcuna colpa da parte di essa e senza (come sarebbe in questo caso) che apparentemente ci sia nessuna possibilità per evitare tale evenienza.

L’affermazione parallela che ribadisce la necessità del Battesimo per i bambini e bandisce l’eventuale procrastinazione temporale di esso, conferma che la grazia di Dio (e in particolare quella del Battesimo) è la via ordinaria (e normalmente unica) per accedere alla salvezza sic et simpliciter, ossia immediatamente e pienamente. È proprio su questa “non immediatezza” che bisogna riflettere circa la possibilità di salvezza dei bambini non battezzati, cioè sul “quando” e poi, eventualmente, anche sul “come” (il “perché” è di facile soluzione, come del resto anche il documento della CTI evidenzia, dato che è da riscontrarsi nella volontà salvifica universale di Cristo).

A mio avviso una possibile soluzione (peraltro - sempre a mio parere - possibile anche per gli adulti che, come insegna la Lumen Gentium, pur non appartenendo visibilmente alla Chiesa ne fanno parte col cuore) è affermare che il dono della salvezza sarà dato a queste anime il giorno della risurrezione della carne. Dalla Rivelazione, infatti, sembra apparire evidente (si consideri solo il capitolo 25 del vangelo di san Matteo) che dopo la risurrezione della carne e il giudizio universale rimarranno solo due luoghi e stati definitivi: il Paradiso per i beati e l’Inferno peri dannati. Il Purgatorio semplicemente cesserà di essere, in quanto luogo per definizione temporaneo destinato alla purificazione delle anime. Perché non pensare che cesserà di essere anche il Limbo? Che cioè il Signore darà a queste anime la grazia santificante in quel momento e tale dilazione non è altro che un modo che conferma la necessità e l’importanza del battesimo dei bambini che avrebbe appunto come effetto primario quello di immettere immediatamente nella pienezza della Grazia della Redenzione? Se tale ipotesi fosse vera anche per coloro che si salvano per la buona coscienza e per le opere buone compiute anche al di fuori dell’appartenenza visibile alla Chiesa, di nuovo emergerebbe l’importanza di far parte comunque del popolo di Dio, sia in ordine alla perfezione della santità raggiungibile che alla maggiore “celerità” con cui si raggiunge la meta della nostra fede: cosa per la quale è necessario ricevere il battesimo e gli altri sacramenti. In tal caso la necessità del Battesimo per la salvezza, il principio “extra Ecclesia nulla salus” e la volontà salvifica universale di Cristo resterebbero tutti ribaditi e salvaguardati.

Mi permetterei, infine, di avanzare un’ulteriore ipotesi teologica che, a mio avviso, non ha alcuna controindicazione ma che potrebbe essere assai benefica per le anime dei bambini non battezzati in attesa di ricevere la pienezza della visione beatifica. Se l’unico problema che si oppone alla visione beatifica è la presenza del peccato originale e l’assenza della grazia santificante; se il battesimo non è stato amministrato per impossibilità oggettiva (nei casi di aborto spontaneo e procurato); se unica condizione per amministrare il battesimo ai bambini è il consenso dei genitori (che devono chiederlo) e la presenza di una figura che eserciti la fede e la volontà a nome del battezzando (il padrino); se Cristo agisce ordinariamente attraverso i sacramenti ma non è vincolato da essi; non si potrebbe pensare che potrebbe esistere un modo per far arrivare a queste anime gli effetti del sacramento del battesimo (che non si è potuto celebrare per impossibilità oggettiva) dando loro immediato accesso alla visione beatifica? A mio avviso sì ed in modo molto semplice. Basterebbe che i genitori facessero celebrare una santa Messa “ad mentem offerentis” la cui intenzione sia quella, appunto, di far pervenire al proprio figlio gli effetti del battesimo non celebrato.

Se sappiamo con certezza che l’applicazione di una Messa suffraga un’anima del Purgatorio (abbreviando i tempi e l’intensità delle pene da scontare), perché non ammettere che una Messa con questa intenzione liberi immediatamente queste anime dalla pena del danno? Il consenso dei genitori ci starebbe, perché loro chiederebbero tale Messa; similmente farebbero loro stessi un atto di fede duplice, sia nella forza della Messa che nella necessità del Battesimo; l’accesso immediato alla beatitudine sarebbe in questo caso motivato da questo atto, che rispetterebbe il principio della necessità del Battesimo per la salvezza (perché ne rappresenterebbe una sorta di necessaria sostituzione); la possibilità che si compia dipende dal fatto che, non essendo Gesù vincolato dai sacramenti e dipendendo la mancata amministrazione del battesimo da circostanza oggettiva e invincibile, ci sarebbero tutte le ragioni per concedere tale grazia.

Nella tradizione della Chiesa, al riguardo, erano già emersi, accanto all’ordinario battesimo con acqua, le fattispecie del battesimo di sangue (per i martiri non battezzati) e di desiderio (per coloro che, pur desiderando di essere battezzati, anche implicitamente, non avevano potuto esserlo di fatto). Questa sarebbe solo un’ulteriore fattispecie da affiancare a quelle già emerse. In ogni caso nessun danno potrebbe derivare da una tale prassi: una Messa non ha mai fatto male a nessuno e non può comunque andare sprecata. Ci fosse anche solo una remota speranza che ciò servisse a dare immediatamente il dono della visione beatifica, non bisognerebbe pensarci due volte a farla celebrare.

Si tratta ovviamente di ipotesi chesi presentano alla sensibilità e alla fede del lettore; ma che, francamente, mi appaiono rispettose di tutte le delicate e complesse questioni che ruotano intorno a tale delicata tematica.

Don Leonardo Maria Pompei
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"I bambini uccisi nel seno materno sono ora come piccoli angeli attorno al trono di Dio"
(Medjugorje, Messaggio straordinario, 3 settembre 1992)
medjugorje.altervista.org
Tempi di Maria
@Veritasanteomnia Dipende. Di certo andrebbe fatta una distinzione tra aborto spontaneo e aborto procurato. Sull'aborto procurato, considerando quali siano le ragioni profonde che hanno mosso i governi a sancrire l'aborto come legge di stato la questione potrebbe essere considerata con una certa serietà (con chiara analogia alla vicenda dei santi martiri innocenti), il problema che si resterà sempre …Altro
@Veritasanteomnia Dipende. Di certo andrebbe fatta una distinzione tra aborto spontaneo e aborto procurato. Sull'aborto procurato, considerando quali siano le ragioni profonde che hanno mosso i governi a sancrire l'aborto come legge di stato la questione potrebbe essere considerata con una certa serietà (con chiara analogia alla vicenda dei santi martiri innocenti), il problema che si resterà sempre nell'ambito delle opinioni teologiche; sarebbe necessario su questo tema un pronunciamento magisteriale chiarificatorio ma attualemente penso proprio che lì a Roma abbiano altre cose a cui pensare...
Veritasanteomnia
Penso che per i bambini abortiti il Battesimo di sangue dovrebbe essere considerato quasi sicuro: non sono forse martiri?
Tele Maria
LA SORTE DEI BAMBINI MORTI SENZA BATTESIMO - lavocecattolica.it/memoria.liturgica.pdf