DON FLORIANO, Un segno di maggior rispetto dei vescovi italiani nei riguardi dei cosiddetti no-vax e no-green pass

Come vi sembra? Mah!

Finalmente! Anch’io, leggendo tutti i titoli e articoli della stampa avevo creduto che, sbagliandosi un’altra volta e più del solito, i vescovi italiani si fossero pronunciati contro i cosiddetti no-vax e no-green pass (dico cosiddetti a ragion veduta, perché ben si sa che queste due definizioni non hanno senso e sono state create ad arte dalla parte avversa). Ieri e oggi i mass media non hanno fatto altro che ripetere questa menzogna. «La Stampa», ad esempio, ha scritto: «I vescovi contro No Vax e No Green Pass: “Egoismo e distorta concezione dei diritti”. Il messaggio della Cei nella Giornata per la Vita: “Queste manifestazioni [sono] una malintesa affermazione di libertà”». Tg24, da parte sua, ha dato la notizia con queste parole: «Green pass, la Cei condanna le proteste: “Da irresponsabili e lontane dal Vangelo”» [cfr.https://tg24.sky.it/cronaca/2021/11/17/green-pass-cei-proteste-vangelo] e persino l’agenzia di informazione SIR, cattolica (che riporta il documento integrale), ha dato un’identica impostazione all’intervento dei vescovi italiani, limitativa e tendenziosamente distorta [cfr.https://www.agensir.it/chiesa/2021/11/17/44a-giornata-nazionale-vita-consiglio-permanente-cei-custodire-ogni-vita]. Tutto ciò è strano, a dire il vero, ma anche significativo; strano perché è ovvio che non si può far dire a un testo ciò che esso non dice; significativo, perché mette in luce che giornali e mass media vengono influenzati da una regia unitaria, alla quale, sia pure in buona fede e per motivi meramente professionali, fanno riferimento; ma, intanto, tale riferimento unitario c’è e l’impostazione ideologica che esso ha, viene condivisa o, fors’anche, fatta condividere.

Superate queste pre-comprensioni iniziali, fuorvianti, ho cercato il documento al sito ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana e l’ho trovato cliccando al link: <https://www.chiesacattolica.it/custodire-ogni-vita/>, apribile già dalla pagina home. Per comodità dei lettori, lo riporto qui sotto, naturalmente in forma integrale. Esso, dal punto di vista tecnico, si configura come «Messaggio che il Consiglio episcopale permanente della C.E.I. ha preparato per la 44ª Giornata nazionale per la Vita, che si celebrerà il 6 febbraio 2022, sul tema: “Custodire ogni vita. ‘Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse’ (Gen 2,15)”».

Il documento è così pieno di buone intenzioni che m’ha fatto pensare a quelli che, cinquant’anni fa, scrivevamo noi seminaristi al termine dei giorni di esercizi spirituali; ed erano così carichi di proponimenti di vita santa e casta (soprattutto) che sentivamo aleggiare sul nostro capo un’aureola dorata; sembrerebbe che i vescovi abbiano i piedi per terra e, infatti, quando ad esempio si parla di soldi, mostrano di perdere tutto in un colpo l’attitudine ai voli pindarici; ma qui, in questo documento scritto ancora il 28 settembre e pubblicato solo ieri 17 novembre (chissà perché tanto ritardo!) hanno ancora un’anima contorta e romantica da seminarista sognatore o da predicatore alle prime armi. Sembra, però, ma non è; eppure sembra proprio… Ancora un po’ di tempo, di santa cottura, e il 6 febbraio 2022 pùffete! Estrarranno dal cassetto la risposta ai dubia coscientiae, che essi non hanno ma a noi vengono, e magari ci porteremo dietro anche dopo il 6 febbraio, persino aggravati.

Serviti ai miei nobili ospiti al tavolo della lettura, questi stuzzichini preliminari, passo con loro ai primi e ai secondi.

Il primo è l’osservazione che i vescovi, checché abbiano intravisto e visto i mass media e io pur aguzzando la vista proprio non ho adocchiato, non hanno neppure nominato i cosiddetti no-vax e no-green pass, per cui tanto meno hanno parlato contro, ma si sono limitati ad osservare, con espressioni iper-generiche, che nel corso degli ultimi quasi due anni la pandemia (usano questo termine, pure generico e per certi aspetti, come è noto, impreciso, come ha dichiarato la stessa OMS) ha messo in luce, nel comportamento delle persone, l’inclinazione al bene o al male che portavano in sé. Qualcuna ha mostrato, perciò, la sua generosità umana e il suo spirito di carità cristiana; qualche altra, invece, ha rivelato il suo egocentrismo, di cui probabilmente già si sospettava, inzuppato di fragilità psicologiche e raggelato al punto giusto da un ben scarso senso del bene comune, giungendo in alcuni casi a comportamenti al limite della legalità. Tutto qua!

Avete capito che si riferiscono ai no-vax e ai no-green pass? Io no, forse perché non sono figlio né di Andreotti né di nonno Voltaire, ma non ho sospettato che vogliano dire quel che io potrei pensare ma penso che non abbiano voluto dire. Forse è anche per l’età, ma certe capriole, sia pure cervellotiche, non so farle più. E poi, da devoto figlio di Santa Romana Chiesa, ecc. ecc., quando mai avrei potuto ferire la mia spiritualità tradizionalista sospettando, sia pur lontanamente, che i vescovi italiani, forse andati alla scuola di qualche gesuita, avessero voluto, alla maniera degli antichi Manichei, dividere la società in due categorie: da una parte i buoni e dall’altra i cattivi? Mai e poi mai, lungi da me; per quanto a volte, a dire il vero, nella mia umanità non ancora perfetta, mi venga qualche dubbio… Mai e poi mai sarebbero stati così vanitosi da far credere che, autogiustificandosi, avessero inavvertitamente preteso di essere essi nella categoria delle «persone per bene», come quel fariseo che pregava Dio dicendo: «Io sono migliore di costui, io…, io…». No, i vescovi non hanno nulla di farisaico, almeno quando si ricordano di essere e di dover fare i vescovi.

Né avrei potuto pensare fossero, allora, da mettere nella categoria degli irresponsabili, che dicono di portare avanti un progetto di fraternità universale, dal gusto tanto simile a quello della Massoneruia, e poi dividono la società e la Chiesa in due categorie. E il criterio di demarcazione della nuova santità ecclesiale e sociale sarebbe l’obbedienza al vaccino e al green pass. Follie! I vescovi non sono folli, per quanto a volte parlino in maniera così misteriosa che noi, povera gente comune, siamo costretti a ricorrere ad un vocabolario o ad un teologo per comprenderli, come nella vita sociale ormai si è costretti a rivolgersi ad un commercialista e, più spesso che un tempo, ad un avvocato. Non è vero?

E allora le loro Eminenze Reverendissime, le loro Eccellenze pure Reverendissime, e i rossi monsignori che gironzolano loro attorno cercando di tener nascosto il loro leccaculismo, rispondano, caritatevolmente, sottilmente, ambiguamente, anche alla maniera dell’avvocato Azzeccagarbugli se riesce loro meglio: perché e come mai riescono a fare, le loro Eminenze, le loro Eccellenze e i rossi lecca… che li aiutano ed omaggiano, a scrivere un documento sacerdotale di così alto valore, senza MAI fare il nome di Gesù, usando il termine Cristo una sola volta, il termine Dio solo due volte, non nominando mai la Madonna e i Santi, ma la natura e il creato sì, cioè – giusto come i Massoni – fermandosi solo ad uno sguardo orizzontale e senza trascendenza? Come possono parlarci di morale senza mai accennare alla santità, mai al sacerdozio, mai al peccato, mai alla redenzione, mai ai sacramenti? Non dicono mai di essere cattolici, ma solo cristiani, senza volersi distinguere dai protestanti!! E, così facendo, sarebbero i portavoce delle 227 diocesi cattoliche italiane? Di 227 vescovi ecc. ecc. che da quasi due anni non sanno aprir bocca e incoraggiare i fedeli, pur di non scontentare un Governo ateo e antidemocratico, che essi vescovi ecc. ecc. si ostinano vergognosamente a difendere e imporre ai fedeli, scandalizzando moltissimi dei 61.692.127 Italiani attuali?

Ad ogni modo, pur con tutte queste acrobazie, pur con vescovi pusillanimi ecc. ecc., prendiamo atto con un sospiro di sollievo che, nel documento del 28 settembre, pubblicato il 17 novembre per una iniziativa del 6 febbraio 2022 (che lungimiranza e caritas urget nos nelle loro vene, stavo per dire quanto amor di patria, visto che mettono sullo stesso piano il Vangelo e la Costituzione!), non hanno avuto il coraggio di scagliarsi contro i no-vax e i no-green pass. Oh, scusate: intendevo dire: hanno avuto la saggezza di ammettere, sia pur così indirettamente, che anche tra i no-vax e i no-green pass c’è della generosità, della buona fede, dell’amor di patria e, dunque, che anche tra i pro-vax e i pro-green pass c’è dell’egoismo, dell’indifferenza e dell’irresponsabilità, del menefreghismo del Vangelo e della patria.

Quante acrobazie, illustrissimi, per voler servire a Dio senza perdere i favori di Mammona! Vi chiedo, infine, rivolgendomi direttamente a voi, un piccolo e spero non discomodo favore personale (visto che vi sentite dei generosi e caritatevoli, non egoisti e irresponsabili): di porgere un caldo saluto al cardinal Pollarrosto, ammiratore del cardinal Borromeo (ammiratore platonico, ma questo lo sappiamo solo noi suoi intimi), e un abbraccio, anche se non lo merita, a monsignor Ecchisenefrega, che il nunzio apostolico in Italia s’è già sbilanciato, più volte, nel proporre ad una sede arcivescovile, sempre che non dia troppo nell’occhio, con il suo penetrante zelo pastorale, alla sensibilità di quei fedeli che si ostinano (lo pensate, lo so) ad essere fedeli alla dottrina e alla Chiesa di sempre e, perciò, vi risultano scomodi (vi stanno sulle scatole) e scartate e marginalizzate come ottusi, meno interessanti dei protestanti e dei migranti, meno utili dei grandi banchieri e dei loro sostenitori!

don Floriano Pellegrini

Messaggio del Consiglio permanente della C.E.I. per la 44ª Giornata nazionale per la vita.

Al di là di ogni illusione di onnipotenza e autosufficienza, la pandemia ha messo in luce numerose fragilità a livello personale, comunitario e sociale. Non si è trattato quasi mai di fenomeni nuovi; ne emerge però con rinnovata consapevolezza l’evidenza che la vita ha bisogno di essere custodita. Abbiamo capito che nessuno può bastare a sé stesso: “La lezione della recente pandemia, se vogliamo essere onesti, è la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme” (Papa Francesco, Omelia, 20 ottobre 2020). Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prenda cura di lui, che custodisca la sua vita dal male, dal bisogno, dalla solitudine, dalla disperazione.

Questo è vero per tutti, ma riguarda in maniera particolare le categorie più deboli, che nella pandemia hanno sofferto di più e che porteranno più a lungo di altre il peso delle conseguenze che tale fenomeno sta comportando.

Il nostro pensiero va innanzitutto alle nuove generazioni e agli anziani. Le prime, pur risultando tra quelle meno colpite dal virus, hanno subito importanti contraccolpi psicologici, con l’aumento esponenziale di diversi disturbi della crescita; molti adolescenti e giovani, inoltre, non riescono tuttora a guardare con fiducia al proprio futuro. Anche le giovani famiglie hanno avuto ripercussioni negative dalla crisi pandemica, come dimostra l’ulteriore picco della denatalità raggiunto nel 2020-2021, segno evidente di crescente incertezza. Tra le persone anziane, vittime in gran numero del Covid-19, non poche si trovano ancora oggi in una condizione di solitudine e paura, faticando a ritrovare motivazioni ed energie per uscire di casa e ristabilire relazioni aperte con gli altri. Quelle poi che vivono una situazione di infermità subiscono un isolamento anche maggiore, nel quale diventa più difficile affrontare con serenità la vecchiaia. Nelle strutture residenziali le precauzioni adottate per preservare gli ospiti dal contagio hanno comportato notevoli limitazioni alle relazioni, che solo ora si vanno progressivamente ripristinando.

Anche le fragilità sociali sono state acuite, con l’aumento delle famiglie – specialmente giovani e numerose – in situazione di povertà assoluta, della disoccupazione e del precariato, della conflittualità domestica. Il Rapporto 2021 di Caritas italiana ha rilevato quasi mezzo milione di nuovi poveri, tra cui emergono donne e giovani, e la presenza di inedite forme di disagio, non tutte legate a fattori economici.

Se poi il nostro sguardo si allarga, non possiamo fare a meno di notare che, come sempre accade, le conseguenze della pandemia sono ancora più gravi nei popoli poveri, ancora assai lontani dal livello di profilassi raggiunto nei Paesi ricchi grazie alla vaccinazione di massa.

Dinanzi a tale situazione, Papa Francesco ci ha offerto San Giuseppe come modello di coloro che si impegnano nel custodire la vita: “Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà” (Patris Corde). Nelle diverse circostanze della sua vicenda familiare, egli costantemente e in molti modi si prende cura delle persone che ha intorno, in obbedienza al volere di Dio. Pur rimanendo nell’ombra, svolge un’azione decisiva nella storia della salvezza, tanto da essere invocato come custode e patrono della Chiesa.

Sin dai primi giorni della pandemia moltissime persone si sono impegnate a custodire ogni vita, sia nell’esercizio della professione, sia nelle diverse espressioni del volontariato, sia nelle forme semplici del vicinato solidale. Alcuni hanno pagato un prezzo molto alto per la loro generosa dedizione. A tutti va la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento: sono loro la parte migliore della Chiesa e del Paese; a loro è legata la speranza di una ripartenza che ci renda davvero migliori.

Non sono mancate, tuttavia, manifestazioni di egoismo, indifferenza e irresponsabilità, caratterizzate spesso da una malintesa affermazione di libertà e da una distorta concezione dei diritti. Molto spesso si è trattato di persone comprensibilmente impaurite e confuse, anch’esse in fondo vittime della pandemia; in altri casi, però, tali comportamenti e discorsi hanno espresso una visione della persona umana e dei rapporti sociali assai lontana dal Vangelo e dallo spirito della Costituzione. Anche la riaffermazione del “diritto all’aborto” e la prospettiva di un referendum per depenalizzare l’omicidio del consenziente vanno nella medesima direzione. “Senza voler entrare nelle importanti questioni giuridiche implicate, è necessario ribadire che non vi è espressione di compassione nell’aiutare a morire, ma il prevalere di una concezione antropologica e nichilista in cui non trovano più spazio né la speranza né le relazioni interpersonali. […] Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare ragioni di vita; occorre chiedere l’applicazione della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore” (Card. G. Bassetti, Introduzione ai lavori del Consiglio Episcopale Permanente, 27 settembre 2021). Il vero diritto da rivendicare è quello che ogni vita, terminale o nascente, sia adeguatamente custodita. Mettere termine a un’esistenza non è mai una vittoria, né della libertà, né dell’umanità, né della democrazia: è quasi sempre il tragico esito di persone lasciate sole con i loro problemi e la loro disperazione.

La risposta che ogni vita fragile silenziosamente sollecita è quella della custodia. Come comunità cristiana facciamo continuamente l’esperienza che quando una persona è accolta, accompagnata, sostenuta, incoraggiata, ogni problema può essere superato o comunque fronteggiato con coraggio e speranza.

“Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene” (Papa Francesco, Omelia, 19 marzo 2013).

Le persone, le famiglie, le comunità e le istituzioni non si sottraggano a questo compito, imboccando ipocrite scorciatoie, ma si impegnino sempre più seriamente a custodire ogni vita. Potremo così affermare che la lezione della pandemia non sarà andata sprecata.

Roma, 28 settembre 2021

IL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

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