APOLOGETICA
25 di Kasleu, ossia perché proprio il 25 dicembre
dal Numero 48 del 20 dicembre 2020
di Paolo Risso

Un viaggio tra le pagine bibliche dell’Antico e del Nuovo Testamento, alla scoperta di ciò che i primissimi lettori del Vangelo davano per scontato. Si comprende perché il 25 dicembre non è una data casuale o convenzionale: in essa si compiono antichi misteri.

I Vangeli danno la data del Natale di Gesù, o almeno aiutano a scoprirla? Fino a non molto tempo fa, si sosteneva che il Natale di Gesù, celebrato il 25 dicembre dal IV secolo, sostituiva la festa pagana del “Sole invitto”, fissata dall’antica Roma il 25 dicembre, qualche giorno dopo appena il solstizio d’inverno (21 dicembre), quando il sole, cominciando ad allungarsi le giornate, riprendeva a dimostrarsi invincibile dalle tenebre. Per i cristiani, però, il Sole invitto che nasce è Gesù solo, Luce vera che illumina tutte le notti. Di più certo sulla data sicura del Natale, non si saprebbe nulla. In realtà ora pare appurato che non è così.

“Nel turno di Abia”

Leggiamo con puntuale attenzione il Vangelo di Luca: «Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria della classe di Abia, e aveva in moglie una discendente di Aronne, chiamata Elisabetta [...]. Non avevano figli perché Elisabetta era sterile ed entrambi erano avanti negli anni. Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore, nel turno della sua classe, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l’offerta dell’incenso» (Lc 1,5-27).

Sappiamo come andarono le cose. A Zaccaria apparve l’angelo Gabriele che gli annuncia la nascita di un figlio. Zaccaria appare incredulo e vuole un segno. Così rimane muto fino a quando questo figlio – Giovanni Battista, il precursore di Gesù – nascerà.

L’evangelista Luca conclude così il suo capitolo: «Compiuti i giorni del suo servizio Zaccaria tornò a casa. Dopo quei giorni, Elisabetta sua moglie concepì e si tenne nascosta per 5 mesi e diceva: “Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna di tra gli uomini”». Luca subito collega un altro racconto, un’altra annunciazione: «Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, detta Nazareth, a una vergine sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria».

A quel tempo era noto a tutti che nel santuario di Gerusalemme, lo stesso re Davide aveva stabilito che «i figli di Aronne» incaricati di svolgere il servizio sacerdotale, fossero distinti in 24 classi, in ebraico “sebaot” cioè “turni perenni”. Dal primo libro biblico delle Cronache (vv. 1-19) sappiamo che la classe di Abia era l’ottava durante l’anno.

Ne viene che il Vangelo sembra non rispondere a una domanda la cui risposta dà in realtà per scontata: in che periodo dell’anno cadeva il turno di Abia cui Zaccaria apparteneva? I primissimi lettori dei Vangeli lo sapevano.

Due specialisti contemporanei, la francese Annie Jaubert e il professore dell’università ebraica di Gerusalemme Shemarjahu Talmon, hanno pubblicato al riguardo importanti ricerche negli anni ’50 del secolo scorso, assai poco considerate allora, ma di essenziale utilità. I loro studi consentono di sapere che il turno di Abia cadeva tra il 23 e il 30 dell’ottavo mese (“Heshvan”) corrispondente al nostro periodo tra fine di settembre e inizio di ottobre. Si comprende allora perché il Rito bizantino il 23 settembre fa memoria liturgica del concepimento di Giovanni il Battista.

A questo punto, il primo capitolo del Vangelo di Luca ci appare più chiaro. Sei mesi dopo (25 marzo) ricorre la data dell’annunciazione dell’angelo Gabriele a Maria e l’incarnazione di Gesù nel suo seno verginale. Nove mesi dopo l’annuncio a Zaccaria, la festa della nascita di Giovanni il Battista (24 giugno). Nove mesi dopo l’annuncio a Maria, il Natale di Gesù. Come ognuno può constatare, tenendo presente il Vangelo di Luca, il libro delle Cronache e i testi dei citati studiosi (1), vediamo che l’annuncio a Zaccaria, l’annuncio a Maria, la nascita di Giovanni Battista e il santo Natale di Gesù (25 dicembre) non sono stati fissati a caso o per sostituire feste pagane, ma secondo storia e verità.

Non esiste la “favola di Cristo” (fabula Christi quae tot commoda dedit nobis), ma esiste soltanto la Verità di Cristo. “Tout se tient”, tutto si sostiene, tutto si conferma a vicenda – come dicono i francesi. Gesù il Cristo, il suo Natale, la sua vita, morte e risurrezione, non sono favole, leggenda, genere letterario, ma la Verità storica ed eterna.

“La festa delle luci”

La data del Natale secondo il calendario ebraico ricorre il 25 di Kasleu, corrispondente al nostro 25 dicembre. Quando Gesù nacque era il 25 di Kasleu, e Israele festeggiava l’anniversario della dedicazione del suo tempio, fatto da Giuda Maccabeo, nel 164 a.C., solo poco più di un secolo prima di Cristo. Leggiamo quella epica pagina dal primo Libro dei Maccabei.

«In quei giorni Giuda e i suoi fratelli dissero: “Ecco, sono stati sconfitti i nostri nemici: andiamo a purificare il santuario e a riconsacrarlo”. Così si radunò tutto l’esercito e salirono al monte Sion. Trovarono il santuario desolato, l’altare profanato, le porte arse e cresciute le erbe nei cortili, come in un luogo selvatico o montuoso, e le celle sacre in rovina. Allora si stracciarono le vesti, fecero grande lamento, si cosparsero di cenere, si prostrarono con la faccia a terra, fecero dare i segnali con le trombe e alzarono grida al Cielo. Giuda ordinò ai suoi uomini di tenere impegnati quelli della Cittadella, finché non avesse purificato il santuario. Poi scelse sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, che purificarono il santuario e portarono le pietre profanate in luogo immondo. Tennero consiglio per decidere che cosa fare circa l’altare degli olocausti, che era stato profanato. Vennero nella felice determinazione di demolirlo, perché non fosse loro di vergogna, essendo stato profanato dai pagani. Demolirono dunque l’altare e riposero le pietre sul monte del tempio in luogo conveniente, finché fosse comparso un profeta a decidere di esse. Poi presero pietre grezze, secondo la legge, ed edificarono un altare nuovo, come quello di prima. Restaurarono il santuario e consacrarono l’interno del tempio e i cortili; rifecero gli arredi sacri e collocarono il candelabro e l’altare degli incensi e la tavola nel tempio. Poi bruciarono incenso sull’altare e accesero sul candelabro le lampade che splendettero nel tempio. Posero ancora i pani sulla tavola e stesero le cortine. Così portarono a termine tutte le opere intraprese. Si radunarono il mattino del 25 del nono mese, cioè il mese di Kasleu, [...] e offrirono il sacrificio secondo la legge sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Nella stessa stagione e nello stesso giorno in cui l’avevano profanato i pagani, fu riconsacrato fra canti e suoni di cetre e arpe e cimbali. Tutto il popolo si prostrò con la faccia a terra, e adorarono e benedissero il Cielo che era stato loro propizio. Celebrarono la dedicazione dell’altare per otto giorni e offrirono olocausti con gioia e sacrificarono vittime di ringraziamento e di lode. Poi ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e piccoli scudi. Rifecero i portoni e le celle sacre, munendole di porte. Grandissima fu la gioia del popolo, perché era stata cancellata l’onta dei pagani. Giuda, i suoi fratelli e tutta l’assemblea d’Israele, poi, stabilirono che si celebrassero i giorni della dedicazione dell’altare nella loro ricorrenza, ogni anno, per otto giorni, cominciando dal venticinque del mese di Kasleu, con gioia ed esultanza» (1Mac 4,36-59).

Un fatto epico. Il tempio di Gerusalemme ricostruito dopo il ritorno dalla prigionia a Babilonia, era stato profanato da Antioco IV nel 169 a.C. (cf. 1Mac 1,21-24) e aveva subito il danno più grave quando, nel mese di Kasleu del 167, le autorità siriane lo avevano dedicato a Giove Olimpico con un altare idolatrico. Giuda Maccabeo, nel 164 a.C., aveva riconsacrato a Jahvé il tempio e l’altare e aveva stabilito che si celebrasse ogni anno l’avvenimento della dedicazione con festa annuale il 25 di Kasleu. Al tempo di Gesù, si celebrava ancora, come ricorda l’evangelista Giovanni, al capitolo 10 con il nome greco dell’Encenia (festa della Dedicazione, cf. Gv 10,22). Gli ebrei la chiamavano nella loro lingua, la festa della luce, in ebraico Kannukah!

Gesù volle nascere a Betlemme, a pochi chilometri da Gerusalemme, proprio il 25 di Kasleu – la Kannukah –, mentre il tempio del suo popolo cominciava a illuminarsi di luci e sull’altare riconsacrato si offriva per otto giorni un sacrificio di pace.

Quando Gesù Bambino vagisce sulla mangiatoia della grotta di Betlemme, il tempio si riveste di luce e risplende per otto giorni come luce nella notte. Perché ha voluto nascere proprio quel giorno, Gesù?

Gesù è il vero tempio, il nuovo tempio, in cui siamo accolti dal Padre suo e possiamo adorarlo in spirito e verità. Gesù è il nuovo vero altare su cui Egli si immola con il suo sacrificio redentore. Gesù è la vera Luce – la vera e definitiva Kannukah –, la festa della Luce che non dura solo otto giorni, ma dura in eterno, capace di illuminare tutti i problemi più profondi dell’uomo e della società. Del mondo intero, ieri, oggi e sempre.

La dedicazione del tempio di Israele, fatta da Giuda Maccabeo, si compie in modo definitivo nell’Incarnazione del Figlio di Dio, nella nascita e nella vita di Gesù, l’uomo-Dio. Il Natale compie i profeti, i patriarchi e i sapienti di Israele, e compie la storia nobile dei Maccabei, che ha il suo punto più alto nella dedicazione del tempio profanato. Il Natale è Dio che irrompe nel mondo e si fa tempio, altare e luce.

Il 25 dicembre, calcolato sulla base dei documenti antichi che abbiamo citato, che scolpisce nella storia la data iniziale di una storia nuova, realizzando il 25 di Kasleu di Giuda Maccabeo, è il nostro Natale, il Natale del nostro Salvatore, la data centrale della storia dell’umanità. Anche noi, per mezzo della vita divina che ci ha portato, siamo inseriti in Gesù Bambino per essere altare, tempio e luce. Con il Bambino di Betlemme siamo la nuova e definitiva “Kannukah”.

C’è da piangere di gioia, come piangeva il beato canonico Giuseppe Allamano: «Ci pensate, ragazzi? Un Dio... bambino... per me».  

Nota

1) Annie Jaubert, Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques, e di S. Talmon, The calendar Reckoning of the Sect from the Judean desert, citati nel libro di A. Tornielli, Inchiesta su Gesù Bambino, Il Giornale, Milano 2004, pp. 86-102.

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