Direttore dell’Osservatorio sul Pluralismo religioso a Torino, professore universitario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, coordinatore nazionale della sezione «sociologia della religione» della Associazione italiana di sociologia.

Luigi Berzano, con i suoi studi su pluralismo e libertà religiosa, rappresenta un punto di riferimento autorevole nel panorama culturale italiano e non solo.

Professor Berzano, cosa pensa dell’Asti Pride in programma il 6 luglio? Favorevole o contrario?

«Penso che per Asti e per gli astigiani sarà un bel momento di festa»

E’ una risposta del prete o del sociologo?

«Di entrambi. Come sociologo ritengo che i Pride siano figli di questa società liquida in cui anche i concetti di identità di genere e identità sessuale sono liquidi. Da un punto di vista storico, è indubbio che gli attivisti di Stonewall avevano nel 1969 la stesse forti e condivisibili motivazioni di tutte le rivendicazioni sindacali che hanno contribuito a migliorare le condizioni sociali dei lavoratori. Lottavano per diritti che io ritengo essere al di sopra di ogni discussione».

Oggi cos’è cambiato secondo lei?

«Con il passare degli anni molti diritti rivendicati dalle coppie omosessuali sono stati riconosciuti. I Pride quindi oggi sono diventati altro da quelle rivendicazioni. Qualcuno li definisce “parate” di dubbio gusto».

Come li definirebbe?

«Momenti di festa, di condivisione. Penso che la felicità per essere reale vada sempre condivisa con gli altri, non vissuta in solitudine».

Lei è quello che si chiama “un servo di dio”. La Chiesa cattolica, storicamente, condanna le “pratiche omosessuali” come peccati da espiare. Lei cosa pensa, davvero, delle persone omosessuali.

«Le rispondo con le parole di Papa Francesco che nel viaggio di ritorno dal Brasile, nel 2013, a una domanda sul tema rispose secco: “Chi sono io per giudicare?”. Ecco: chi sono io per giudicare?».

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