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Il Vaticano: «Draghi ha ragione: non vogliamo bloccare il ddl Zan»

Parolin: lo Stato italiano è laico, concordo con il premier. Italia Viva e Forza Italia: ora serve un confronto vero

Alessandro Di Matteo
2 minuti di lettura
(ansa)

Adesso il Vaticano prova ad abbassare i toni, Oltretevere si cerca se non altro di stemperare il clima, dopo il botta e risposta con il governo italiano sul ddl Zan. È il segretario di Stato Pietro Parolin a pronunciare parole che suonano appunto come un gesto di distensione, anche se nel merito vengono ribadite le critiche messe nero su bianco nella “nota verbale” trasmessa all’ambasciatore italiano.

La Santa sede, spiega, non chiede di «bloccare la legge», ma solo di fare attenzione a non scrivere norme che possano generare «problemi interpretativi», cioè che possano essere usate per sanzionare non solo comportamenti discriminatori ma anche la semplice espressione di un’opinione. Parole che, però, in ogni caso non aiutano a svelenire il clima in Parlamento, dove la Lega torna a chiedere al Pd e al centrosinistra di «sedersi al tavolo», ricevendo però un «no, grazie» in risposta dagli interlocutori, che non si fidano delle intenzioni del leader del Carroccio Matteo Salvini.

Parolin, di sicuro, ha voluto allentare la tensione con il governo italiano, dopo la replica del premier Mario Draghi in Senato, ma anche mettere a tacere le voci di dissidi interni allo stesso Vaticano. Il segretario di Stato di fatto smentisce l’ipotesi che la famosa “nota verbale” sia stata fatta uscire all’insaputa di Papa Bergoglio: «Si informano sempre i superiori». Quindi, Parolin si assume la responsabilità di un atto che – assicura – doveva rimanere riservato: «Ho approvato io la “nota”, si trattava, pero’, di un documento interno, scambiato tra amministrazioni governative per via diplomatica. Un testo scritto e pensato per comunicare alcune preoccupazioni e non certo per essere pubblicato». Tra le righe, questo significa che secondo il Vaticano va cercato nella politica o nelle istituzioni italiane il responsabile della trasmissione ai giornali del documento.

In realtà, proprio mentre Parolin spiegava la posizione del Vaticano, un fedelissimo di papa Francesco, il gesuita Antonio Spadaro, rilanciava su Twitter una frase pronunciata tempo fa dal pontefice: «Uno Stato dev’essere laico. Gli Stati confessionali finiscono male...». Un’uscita che in qualche modo ha di nuovo alimentato le voci che parlano di un’iniziativa non proprio condivisa da tutti Oltretevere. Di certo, Parolin tende la mano a Draghi: «Lo Stato italiano è laico, concordo con il presidente del Consiglio».

Ma in Parlamento, appunto, siamo ancora al muro contro muro. Andrea Ostellari, leghista, presidente della commissione Giustizia del Senato dove è bloccato il Ddl Zan, chiede a tutte le forze di maggioranza di sedersi ad un tavolo «con rispetto di tutti» e con la «disponibilità a trovare una sintesi». Un’offerta che il Pd respinge al mittente. Prima garbatamente, con Franco Mirabelli: «Andremo a vedere, ma mi pare molto difficile trovare una strada comune». Poi, in maniera definitiva, con il segretario Enrico Letta: «Per noi va approvato così com’è», perché «la Lega non è credibile, finora ha semplicemente cercato di affossare tutto». Se proprio si vuole il dialogo, si faccia in Parlamento, «è il luogo del confronto, naturale e per definizione, quindi andiamo in Parlamento e lì ci confronteremo».

Il Pd sa che i numeri sono a rischio, e infatti accende i riflettori su Itali viva, di fatto sostenendo che il leader Matteo Renzi potrebbe far mancare il voto di qualcuno dei suoi, soprattutto negli scrutini segreti: «Se Iv vota, la maggioranza c’è», dicono dal Nazareno per alzare la pressione. Renzi, ovviamente, nega, assicura che i suoi voteranno ma mette comunque in guardia dalle forzature. «Italia Viva ha già votato alla Camera e voterà in Senato. Ma suggerisco prudenza» dice a Repubblica.

Ma anche dalle file di Forza Italia si chiede a Enrico Letta di accettare il dialogo. Spiega la sentarice azzurra Licia Ronzulli: «Serve un confronto vero, non di facciata, una legge che renda più severe le pene e che possa essere votata da tutti». Di sicuro, il 6 luglio, l’Aula voterà la calendarizzazione del contestato provvedimento. —

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