17 maggio 2019 - 16:43

Vicenza, altare arcobaleno per la veglia in chiesa contro l’omofobia

Il parroco vicentino Don Dario Vivian: «Sbagliato escludere i credenti omosessuali, chiediamoci se anche nell’amore gay c’è Dio»

di Elena Tebano

Vicenza, altare arcobaleno per la veglia in chiesa contro l'omofobia Don Dario Vivian alla veglia contro l’omofobia di Vicenza
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Quando Don Dario Vivian, mercoledì, ha celebrato la veglia contro l’omofobia nella chiesa di San Carlo al Villaggio del Sole, a Vicenza, sull’altare c’era una bandiera arcobaleno e il sacerdote portava intorno al collo una stola con gli stessi colori. «Abbiamo organizzato la veglia di preghiera per sollecitare una presa di coscienza come Chiesa e credenti sull’atteggiamento problematico che abbiamo tenuto nei confronti delle persone omosessuali — dice Don Dario, 65 anni, che si occupa anche della pastorale del gruppo di fedeli lgbt «La parola»—. Per fortuna il clima in questi anni nella Chiesa cattolica è cambiato, soprattutto con papa Francesco. Oggi si parla di amore omosessuale e ci si interroga se quella tra due persone dello stesso sesso possa essere non solo una relazione umanamente significativa ma anche una relazione in cui c’è la presenza di Dio, visto che dio è amore».

Molti dei fedeli gay, lesbiche, bisessuali e transgender presenti, che frequentano il gruppo in parrocchia, non hanno saputo trattenere lacrime e commozione. Per i cattolici lgbt quei parati arcobaleno erano il simbolo del fatto che le loro identità fino ad allora inconciliabili potevano finalmente essere unite nella chiesa.

L’altare addobbato con la bandiera Rainbow a Vicenza L’altare addobbato con la bandiera Rainbow a Vicenza

Don Dario Vivian segue da tempo le persone lgbt. «All’inizio questi gruppi erano un po’ catacombali — dice con un sorriso —. In realtà l’ideale sarebbe che non ci fosse più la necessità di fare un discorso specifico per gli omosessuali credenti. Ma che venissero accettati nella differenza in mezzo agli altri fedeli, come ogni altra minoranza». La veglia è stata fatta alla vigilia della Giornata internazionale contro l’Omofobia, una delle molte iniziative organizzate nelle parrocchie quest’anno per dire no alla discriminazione delle persone lgbt. Secondo quanto riporta il quotidiano dei vescovi italiani, l’Avvenire, ci sono stati o ci saranno infatti incontri e veglie a Palermo, Parma, Sanremo, Lucca, Alessandria, Roma, Trieste, Bologna, Siracusa, Firenze e Torino. «La preghiera è anche un’invocazione affinché il mondo sia diverso, affinché cambi atteggiamento rispetto alla negatività, al rifiuto e alla violenza che non riguarda solo la condizione omosessuale» spiega Don Dario .

La questione di fondo per i fedeli lgbt riguarda la possibilità di vivere una dimensione di coppia. Molti di loro vivono con sofferenza la posizione tradizionale della Chiesa, più disposta a perdonare chi vive relazioni magari promiscue e poi «si pente» dei propri comportamenti omosessuali, di una persona risolta che stia felicemente in una relazione gay monogama e duratura. «Oggi dobbiamo chiederci come i fedeli possano vivere l’amore omosessuale — dice Don Dario —. Credo che sia più significativo che la persona possa avere una relazione stabile con il proprio compagno o la propria compagna dello stesso sesso che disperdere le proprie relazione affettive e sessuali, cosa che in definitiva rende soli. Dobbiamo interrogarci come Chiesa cattolica, così come hanno fatto molte chiese riformate».

Oggi, spiega Don Dario, nella prassi le parrocchie spesso accolgono le persone omosessuali e le loro relazioni. «Nel concreto si dice alle persone: meglio se hai un compagno e cerchi di vivere questo rapporto. Ma è più difficile che questo venga detto ufficialmente, anche perché la Chiesa cattolica ha una dimensione mondiale, e su questi temi i vescovi africani, per esempio, hanno posizioni diverse da quelli europei». La Chiesa non può non tenerne conto: «Bisogna stare dentro una doppia velocità: quella dei pronunciamenti ufficiali, che però sta pian piano cambiando — spiega Don Dario —, e poi i cammini dentro le singole realtà. Prima di Papa Francesco in Italia questo discorso sull’omosessualità era impossibile, ora non più».

Quanto ai paramenti arcobaleno, il sacerdote vicentino racconta di averli tirati fuori per l’occasione: «Sono quelli della bandiera della Pace, ma in questo caso si sono rivelati doubleface». La parrocchia mercoledì era affollata. «Per la prima volta mi sono sentito accolto in chiesa — dice Mattia Stella, gay vicentino che ha partecipato alla veglia —. Per la prima volta mi sono sentito non giudicato. Quando il parroco è entrato con la stola arcobaleno siamo rimasti tutti colpiti. La cosa più bella è stata che hanno partecipato anche le persone del quartiere, i credenti non lgbt».

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