Caro Direttore,
nel mondo, per influenza, nel 2018 sono decedute 633.000 persone (media giornaliera 1734); nel 2019, 647.000 (media giornaliera 1772). Nel 2020, per influenza covid-19, o meglio per pregresse patologie preesistenti, sono deceduti (aggiornamento 1 aprile) 42.000 soggetti. Una domanda sorge spontanea: il covid-19, uccide o allunga la vita? Strana malattia per un novello virus che rispetto ai "vecchi", non solo non ha toccato i bambini e lasciati privi di conseguenza la quasi totalità dei contagiati, ma ha addirittura dimezzato di dieci volte i decessi. Su una popolazione mondiale di 7,5 miliardi, i contagiati sono 900.000, tradotto in percentuale lo 0,012 %. Se poi si calcolano i deceduti, la percentuale si abbassa allo 0,0042 %. Eppure, nonostante l'esiguità dei numeri, l'11 marzo l'OMS ha innalzato il livello di pericolosità del corona virus da epidemia a pandemia. Giusto per fare un raffronto con le (vere) pandemie che realmente hanno ucciso: influenza di Hong Kong (1968), 2 milioni; influenza spagnola (1918 - 1920), tra i 50 ed i 100 milioni; peste (1348-1351), 25 milioni; Asiatica (1957) un milione; Aids (tuttora attivo) 3 milioni. L'elenco degli schiaffi di Madre (o meglio Matrigna) Terra, potrebbe continuare all'infinito. Paradossalmente, rispetto al passato, stiamo vivendo un periodo sereno, turbato (ma solo in parte) unicamente dagli "arresti domiciliari" a cui metà mondo si è felicemente autocondannato.
Gianni Toffali

Caro Toffali, i numeri che lei elenca fanno riflettere sulla fragilità del nostro mondo e in particolare sul diffuso timore del collasso del sistema sanitario, a causa di Covid19, che è il vero incubo di ogni Stato coinvolto. Ma se la sua lettera vuole in realtà porre l’interrogativo sull’eccezionalità del coronavirus, credo che la risposta chiave sia nell’assenza del vaccino come anche di una terapia per batterlo. Ciò che colpisce nei racconti dei sopravvissuti, dei guariti come anche di coloro che sono ancora sotto cura è quanto dicono sul lavoro di medici ed infermieri: professionisti straordinari ma alle prese con il dubbio persistente se una medicina, una terapia, una singola scelta o decisione compiuta su un singolo paziente serva o meno contro il virus. È questa incertezza che genera pathos. In altre parole il virus del Wuhan ha ancora un vantaggio tattico su di noi: non abbiamo gli strumenti scientifici per bloccarlo. Da qui l’importanza del valore delle chiusure di quartieri, città, intere nazioni. Fino a quando non avremo il vaccino o una terapia efficace contro il virus, l’unico strumento efficace per proteggerci è chiuderci in casa per evitarlo.