IL VERO SAN FRANCESCO, LIBERATO DALLE STRUMENTALIZZAZIONI

Altissimo e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta, speranza certa, 
carità perfetta e umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera 
e santa volontà.
Amen. (Preghiera di San Francesco davanti al Crocifisso di San Damiano, Fonti Francescane 276)san2bfrancesco2bdavanti2bcrocifisso

San Francesco d’Assisi ha vissuto il Cristianesimo in tutta la sua totalità, grandezza e drammaticità: arrivando al dolore della crocifissione e alla compiutezza dell’obbedienza alla volontà del Padre nostro che sta nei cieli. Sono passati quasi otto secoli da quando papa  Gregorio IX iscrisse frate Francesco d’Assisi nel catalogo dei Santi. Il 18 giugno 1939, papa Pio XII lo proclamava, insieme a santa Caterina da Siena, patrono d’Italia. San Francesco dunque va conosciuto ed incontrato nella sua perfetta imitazione di Cristo: non è un “paravento” da utilizzare per “farsi belli e giusti”, anche se nel passato e nel presente non pochi hanno fatto e fanno questa operazione bassamente strumentale. Non è la prima volta che nella Storia i santi ma anche la stessa figura di Nostro Signore Gesù Cristo vengono spogliati della vera luce e gloria della santità. Vengono usati come pretesto  per insegnare un altro “Vangelo” e magari per favorire un progetto anticristiano. 

L’impegno comune dovrebbe essere di opporsi alle strumentalizzazioni nei confronti di san Francesco. 3c19060805722fe5ccd5643e55c37b05

Il caso più grave di falsificazione è senz’altro toccato a S. Francesco di Assisi, figlio di Pietro di Bernardone e di Pica di Bourlemont. Una falsificazione che ha una lunga storia, cominciarono gli umanisti, poi i protestanti, “libertini”, gli illuministi, fino al pastore calvinista-liberale Paul Sabatier, che seguendo le orme di Ernest Renan che aveva demitizzato la figura di Cristo ora si doveva “demitizzare” anche quella del suo più popolare discepolo. Un processo falsificatorio perseguito poi in campo cattolico, dai modernisti e infine oggi dai cosiddetti progressisti. Secondo questa tesi il “Francesco della Storia” fu un personaggio che tentò di creare una fraternità di  “spiriti liberi” che doveva  permettere alla comunità cristiana di liberarsi dalle istituzioni ecclesiastiche, bisognava tornare al primitivo comunismo e realizzare una fratellanza globale e cosmica. 

Ma basta informarsi andare alle fonti storiche francescane e tutte le falsità spudorate saranno smentite. Nel 1921 il Papa Benedetto XV già ammoniva:“Quel personaggio di Assisi, d’invenzione prettamente modernista, che recentemente alcuni ci presentano come poco rispettoso della Sede apostolica e come campione di un vago e vuoto ascetismo, non può essere identificato con Francesco né considerato come un santo”. E più avanti ammoniva: “Chi apprezza il valore del santo, deve apprezzarne anche l’ossequio e il culto dati a Dio; perciò o inizi ad imitare quello che loda, o smetta di lodare quello che non vuole imitare; chi ammira i meriti dei santi, deve anche segnalarsi per santità di vita”.

San Francesco non fu “buonista”. E’ la principale deformazione alla quale il santo è stato sottoposto. S. Francesco avrebbe inventato un nuovo modello di apostolato, quello di “mera ‘testimonianza’ propositiva, rifiutandosi di ricorrere non solo ad ogni tipo di polemica o condanna, ma anche d’imposizione o divieto…

Il santo rifuggiva ogni compromesso e denunciava il male in concreto, predicava il timore di Dio e minacciava castighi infernali. Era molto severo nei confronti dei suoi stessi frati, intransigente nella disciplina religiosa.SanFrancesco_PB060102e.jpg

San Francesco non fu pacifista arrendista. Per il mondo progressista cattolico, S. Francesco è il precursore del moderno pacifismo, promotore del disarmo unilaterale.  Ma la pace che auspicava e predicava il Serafico era quella spirituale assicurata dalla conversione della creatura al Creatore. La pace francescana non è la pace che l’uomo trova in sé stesso, ma la pace che l’uomo trova in Dio. Il santo amava presentarsi come un “soldato di Cristo” e un “araldo del gran Re”. La regola francescana intendeva proibire non la guerra come tale, ma solamente le guerre ingiuste. S. Francesco non può essere arruolato al vile ed opportunistico arrendismo tipico degli odierni pacifisti fanatici, anche sedicenti cattolici, che si proclamano ‘adoratori della pace’ e promuovono marce a senso unico inalberando una multicolore ‘bandiera della pace’.  Sfatiamo, infine, la cosiddetta Preghiera semplice di San Francesco”, una tra le più famose del mondo per la sua sdolcinatezza sessantottina (della serie “mettete i fiori nei vostri cannoni”): è quella che inizia con “Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace. Dove è odio, fa’ che io porti l’amore…”. San Francesco non l’ha mai scritta, si tratta di un testo di inizio Novecento e non è stata neppure scritta da un frate francescano. In effetti, come hanno appurato gli studiosi, sarebbe difficile attribuire a Francesco una preghiera in cui Gesù Cristo non è neppure nominato o che non faccia riferimenti alla Bibbia o nella liturgia cattolica. L’equivoco è nato perché il testo, la cui data di composizione e l’autore sono incerti, fu fatto stampare sul retro di una immaginetta di San Francesco nel 1918 da padre Etienne Benoit perché gli sembrava che la “Preghiera semplice” richiamasse tutti i valori di cui Francesco era stato portatore in vita.

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San Francesco non fu contro le Crociate. Non essendo pacifista, il Serafico non fu nemmeno contrario alle Crociate. Risulta invece che Francesco provasse un sincero entusiasmo per le Crociate ed ammirazione per le cavalleresche imprese riferite dalla letteratura dell’epoca. S. Francesco partecipò alla quinta Crociata, quella proclamata nel 1213 da Papa Innocenzo III, per poter predicare ai musulmani ed assistere caritatevolmente i crociati nei pericoli fisici e soprattutto spirituali cui andavano incontro. Francesco la chiamava “la santa impresa”, considerandolapienamente lecita, valutandola come un intervento di legittima difesa militare di quei luoghi sacri e di quei popoli del vicino oriente un tempo cristianizzati dal sangue dei martiri e dal sudore dei confessori della fede”. Del resto Francesco-e-il-sultano-giotto.jpgFrancesco giustificò la Crociata proprio in faccia al sultano musulmano dell’Egitto. Ed è falsa quella tesi che sostengono alcuni che S. Francesco fece una scelta missionaria in opposizione a quella crociata. Era inconcepibile una contrapposizione tra Missione e Crociata. La vocazione del missionario e quella del crociato erano anzi considerate come apparentate, in quanto derivavano entrambe dalla comune prospettiva della cristiana testimonianza mediante il pellegrinaggio.  Sostenitore delle Crociate, è famoso il suo confronto durante una crociata nel 1219 con il Sultano Malik al-Kami durante il quale, semplicemente, tentò di convertirlo, come è evidente dal tenore del suo discorso: ” I cristiani agiscono secondo massima giustizia quando vi combattono, perché voi avete invaso delle terre cristiane e conquistato Gerusalemme, progettate di invadere l’Europa intera, oltraggiate il Santo Sepolcro, distruggete chiese, uccidete tutti i cristiani che vi capitano tra le mani, bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla sua religione quanti uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare, adorare, o magari solo rispettare il Creatore e Redentore del mondo e lasciare in pace i cristiani, allora essi vi amerebbero come se stessi». Francesco, se si leggono i suoi scritti durante le Crociate, denuncia l’Islam come una religione falsa che porta alla dannazione.

San Francesco non fu ecumenista in senso relativista. Nel suo Testamento, egli esige che i frati sospettati di eresia o scisma vengano imprigionati e consegnati al cardinale protettore dell’Ordine per essere inquisiti. I Papi del XIII secolo, per promuovere la Santa Romana Inquisizione contro l’eresia, ricorsero non solo all’Ordine domenicano, ma talvolta anche a quello francescano. La frase consacrata dalla Tradizione: “Fuori della Chiesa non c’è salvezza”, era ben presente in Francesco. A questo proposito è attuale l’ammonizione di Pio XI: “ah quanto male fanno e quanto si allontanano dalla conoscenza dell’Assisiate coloro che, per accondiscendere alle proprie fantasie ed errori, s’immaginano e s’inventano – incredibile a dirsi! – un Francesco insofferente della disciplina della Chiesa, noncurante degli stessi dogmi della dottrina della fede, anzi precursore ed araldo di quella pluralistica e falsa libertà che si è cominciato ad esaltare agli albori dell’età moderna, e che tanto danno ha causato alla Chiesa ed alla società civile”.

San Francesco non fu filo-islamico (in senso relativista). Giacomo da Vitry, amico del Serafico e testimone dei fatti, ha scritto che Francesco di fronte al sultano d’Egitto ha avuto un atteggiamento di perfezione apostolica. La sua predica riassume e riunisce “i tre elementi- chiave necessari per il trionfo del cristianesimo: rinnovamento morale e spirituale attraverso una vita di ascesi, di semplicità e di umiltà; (…)la predicazione, la propagazione della parola efficace, parola che infiamma le folle e le porta alla conversione; (…) il confronto (militare) con i saraceni, mirante a soccorrere la Chiesa orientale desolata che cerca la sua liberazione”.

San Francesco non fu ecologista animalista. In pratica esagerando l’amore per le creature di S. Francesco, viene presentato come un profeta del moderno ecologismo come un vegetariano o animalista.

Alcuni addirittura  lo dipingono come una sorta di naturista, cioè uno che rinuncia ai beni materiali, alla civiltà, compresi i vestiti, fino ad arrivare a presentarlo come un contestatore hippy, in un promotore del tribalismo e magari anche del nudismo.

Il misticismo di S. Francesco non si può per nulla accostare alla perversa idolatria della natura tipica di chi venera Gea (o Gaia) al posto di Dio. Al contrario egli considerava la terra come una dimora provvisoria, per poi raggiungere la vera Patria celeste. Scrive il beato Tommaso da Celano, fin dalla sua conversione, “la bellezza dei campi e l’amenità dei vigneti, e tutte le altre cose che comunemente saziano gli occhi degli uomini, avevano perduto ogni attrattiva per lui. Non senza stupore egli si rese conto dell’improvviso cambiamento avvenuto in se stesso e cominciò a ritenere sommamente stolto chi si perde dietro simili cose”.006l14906_7kdb6_in_frame_corr

Anche nel celebre Cantico delle creature, poema tanto frainteso quanto celebrato,  la bellezza delle creature sono viste in corrispondenza della bellezza suprema cioè di Dio. Scrive don Divo Barsotti: “le creature sono poste al servizio dell’uomo;(…) se Dio è lodato con tutte le sue creature, è anche lodato per il dono di ogni creatura all’uomo(…). E’ il peccato dell’uomo che ha diviso e opposto Dio e la creazione”.

In pratica S. Francesco considerava gli animali, i vegetali e i minerali non come idoli, “ma semplicemente come creature che, con la loro bellezza e col loro simbolismo naturale e soprannaturale, possono facilmente avviarci alla conoscenza e all’amore di Dio in Cristo”.

Gli animalisti non possono rivendicare S. Francesco come loro patrono, quasi ch’egli fosse come gli indù che considerano gli animali sacri e intoccabili. Non considerò mai gli animali suoi pari, ma volle esercitare su di loro una vera e propria autorità. Non possiamo nemmeno arruolarlo tra i vegetariani, S. Francesco non ha mai condannato il consumo delle carni o la caccia o l’impiego degli animali per aiutare l’uomo.

San Francesco non fu un agitatore libertario, non fu un ribelle, un anarchico, un tribale, precursore di quell’irrazionale rifiuto della (vera) civiltà che si è recentemente espresso in fenomeni di patologia sociale sessantottina o post-sessantottina, come i ‘figli dei fiori’, gli hippy, i freak, i punk, gli ‘indiani metropolitani’ e i no-global. Certamente le fonti storiche rivelano che se i frati minori avevano rinunciato ai beni terreni, non avevano per niente rifiutato quelli spirituali, i valori morali e sociali, tantomeno le conquiste della Civiltà cristiana.

La “libertà e la letizia francescane sono il risultato – scrive Guido Vignelli  in “San Francesco antimoderno” – di chi ha messo ordine nella propria anima e nella propria vita, con una rigorosa ed aspra ascesi, con una lotta contro gl’istinti che ci seducono, disorientano e schiavizzano, con una disciplina interiore ed esteriore capace di dominare le idee, tendenze e passioni disordinate”.

San Francesco non fu rivoluzionario.

Sicuramente San Francesco non fu il precursore del pacifismo o il paladino della violenta rivolta degli “oppressi” contro il capitalismo.  Non è un pauperista rivoluzionario.

Certamente S. Francesco non istigò mai alla ribellione ecclesiale, “non volle mai contrapporre la propria confraternita alla gerarchia o al semplice clero, come se fosse una setta di puri ed eletti destinata ad animare una Ecclesia spiritualis destinata a sostituirsi alla Ecclesia carnalis”. Egli piuttosto volle inserirsi nella Chiesa istituzionale con un ruolo di servizio e di collaborazione e soprattutto di supplenza riformatrice: noi siamo mandati – diceva – in aiuto al clero, per la salvezza delle anime, in modo da supplire alle sue mancanze”.

Non può essere definito rivoluzionario chi inizia la sua missione obbedendo al celebre comando del Crocifisso: “Va’ e restaura la mia casa!”. Francesco non istigò mai i poveri alla rivolta. A differenza dei pauperisti eretici o eretizzanti come Valdo, egli non era ossessionato dal problema della povertà economica ma semmai da quello della povertà spirituale, tanto da ripetere spesso che bisogna preoccuparsi non della condizione terrena bensì del destino ultraterreno.

Egli non predicò nessun tipo di lotta di classe, anzi cercò sempre di garantire la concordia e l’armoniosa collaborazione fra signori e sudditi. S. Francesco non ha mai messo in discussione l’autorità dei governanti, li esortava a giudicare i sudditi con onestà, prudenza e soprattutto con misericordia. Mentre sulla povertà, “lo spirito francescano non pretendeva d’imporre la povertà come regola sociale a chi non può o non vuole accettarla, ma esortava a dare l’esempio di un assoluto distacco dalle ricchezze per ispirare in tutti, ricchi e poveri, un soprannaturale disprezzo delle vanità terrene”. Inoltre c’era in Francesco uno stretto legame tra elemosina e proprietà, non si può donare se non esiste la proprietà.

San Francesco voleva i paramenti sacri ed i calici più preziosi per celebrare la Santa Messa ed adorare la Santa Eucaristia:

SAN FRANCESCO D’ASSISI, PRIMA LETTERA AI CUSTODI: FF 241.

2 Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici che debbano venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di Lui scritte che consacrano il corpo. 3 I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa. 

M TOMMASO DA CELANO,MEMORIALE (COMUNEMENTE DETTO VITA SECONDA), 201: FF 789. Un giorno volle mandare i frati per il mondo con pissidi preziose, perché riponessero nel luogo più degno possibile il prezzo della Redenzione, ovunque lo vedessero conservato con poco decoro.

Ricorda Pio XI: “non solo pontefici, cardinali e vescovi (hanno ricevuto) le insegne del Terz’ordine, ma anche re e principi, alcuni dei quali elevati alla gloria della santità, che dallo spirito francescano vennero nutriti di divina sapienza; ne derivò che le più elette virtù tornarono ad essere stimate e vissute nella società civile, insomma rinnovando la faccia della terra”.

Infine San Francesco non rifiutò la cultura. E’ un ultimo pregiudizio, “il quale Francesco sarebbe stato un tipo bizzarro che avrebbe voluto raccogliere nella sua fraternitas solo uomini sempliciotti e ignoranti, se non proprio idioti e sciocchi…”. E’ una falsità grossolana, perché anche qui basta considerare come l’Ordine, fin dal suo inizio, accolse o formò alcune fra le migliori menti dell’epoca, naturalmente non c’è lo spazio per fare un elenco dettagliato. Molti erano docenti universitari, che per gli studenti dell’epoca, scrive Vignelli, “(…)doveva essere uno spettacolo edificante vedere quei loro docenti insegnare dalle cattedre delle prestigiose università di Oxford o della Sorbona, vestiti con un misero saio e a piedi nudi, per poi andare a svolgere umili lavori o a mendicare per la città…”

L’Italia, la stessa Europa, deve molto a S. Francesco, dal suo Ordine e Terz’Ordine germogliarono la pace domestica e la tranquillità pubblica, l’integrità dei costumi e la mansuetudine, lo studio e la cultura, il retto uso e tutela della proprietà, fattori tutti di civiltà e di benessere.

Fonti

Il Francesco d’Assisi che avete in mente non è mai esistito

https://www.ibs.it/san-francesco-antimoderno-difesa-del-libro-guido-vignelli/e/9788864092010