2016-02-19 11:05:00

P. Lombardi commenta i temi affrontati dal Papa con i giornalisti


Sui giornali di tutto il mondo grande risalto oggi alla conferenza stampa del Papa sull’aereo che lo riportava a Roma dal Messico. Tra i temi che hanno maggiormente attratto l’attenzione dei media: le parole su Trump e l’immigrazione, la questione dei greco-cattolici dopo l’incontro tra Francesco e Kirill, il virus Zika e il ricorso ad aborto e contraccezione e il dibattito in Italia sulle unioni civili. Roberto Piermarini ha commentato questi temi con il portavoce vaticano e direttore della nostra emittente Padre Federico Lombardi, al seguito del Papa in Messico

D. – Il Papa ha sottolineato che chi pensa soltanto a fare i muri e non i ponti, non è cristiano. Molti hanno parlato di una scomunica, se così possiamo dire, nei confronti del candidato repubblicano alla corsa alla Casa Bianca, Donald Trump…

 R. – Ma il Papa ha detto quello che ben sappiamo, quando seguiamo il suo magistero e le sue posizioni: che non bisogna costruire muri, ma ponti. Questo lo dice da sempre, continuamente, e lo ha detto anche a proposito delle questioni delle migrazioni in Europa, moltissime volte. Quindi non è affatto una questione specifica, limitata a questo caso. E’ un suo atteggiamento generale, molto coerente con quello che è un seguire con coraggio le indicazioni del Vangelo di accoglienza e di solidarietà. Naturalmente, questo poi è stato molto rilanciato, ma non è che volesse essere, in nessun modo, un attacco personale né un indicazione di voto. Il Papa ha detto chiaramente che non entrava nelle questioni del voto nella campagna elettorale degli Stati Uniti e ha anche detto – cosa che naturalmente non è stata molto ripresa – che lui diceva questo nel caso che fosse esatto e vero quello che gli era stato riferito, quindi dando il beneficio anche del dubbio a proposito di quello che gli è stato riferito delle espressioni del candidato repubblicano. E’, quindi, il noto discorso dell’accoglienza, del costruire ponti invece che muri, che è caratteristico di questo Pontificato. Va interpretato e capito in questo senso.

 D. – Al Papa è stato chiesto anche un commento sulle reazioni dei greco-cattolici in Ucraina dopo la dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e dal Patriarca Kirill. Quali sono le cose da sottolineare nella risposta del Pontefice?

 R. – Ci sono state delle cose molto interessanti in questa risposta. Anzitutto, il Papa ha messo in rilievo il suo profondo, antico e ottimo rapporto personale con l’arcivescovo maggiore Shevchuk. E questo è molto interessante, evidentemente. Poi ha messo in rilievo anche quanto è stato riferito di positivo dell’intervista dell’Arcivescovo maggiore. Ciò che è stato più importante nell’evento è stato l’incontro stesso e questo l’Arcivescovo lo capisce benissimo, come tutti lo capiamo benissimo. La grande novità è il fatto di avere aperto una porta per un rapporto diretto tra il Papa e il Patriarca, che è naturalmente l’inizio, la possibilità di un cammino che poi può svilupparsi, avere tante conseguenze positive. La questione del documento e dei punti che riguardano l’Ucraina nel documento è poi una dimensione anche un po’ più opinabile, se vogliamo. Come il Papa ha messo in rilievo, si può capire che persone molto coinvolte, con grandi sofferenze, abbiano delle loro reazioni o delle loro prospettive personali o comuni, per cui sentono una difficoltà ad accettare quello che è scritto sull’Ucraina nel documento. Allo stesso tempo, dobbiamo essere oggettivi e vedere che nel documento si parla di attese di pace, di responsabilità nell’agire nei confronti della pace. E il Papa ha aggiunto nella sua risposta che egli ha sempre insistito che gli accordi di Minsk vanno presi sul serio e bisogna cercare di realizzarli effettivamente. Poi io noterei che, anche nella dichiarazione comune, ci sono dei punti molto importanti per quanto riguarda le Chiese greco-cattoliche, come la chiarissima affermazione del loro diritto all’esistenza, e anche questo non era scontato. Quindi, il fatto che le Chiese greco-cattoliche siano da considerare, da rispettare pienamente nella loro esistenza e nella loro vita, anche da parte ortodossa e del Patriarcato russo, e questo è un punto certamente significativo. Mi pare, quindi, che il Papa abbia dimostrato la sua comprensione per delle difficoltà di accettazione da parte di chi vive una situazione drammatica, ma abbia anche aiutato – come lui dice – a vedere le cose più nell’insieme, e nell’insieme la valutazione positiva da dare nell’incontro è assolutamente dominante e anche assai presente nella stessa intervista dell’arcivescovo maggiore.

 D. – Riguardo alle strategie di contrasto alla diffusione del virus Zika, caldeggiate dall’Oms, Papa Francesco ha ribadito che l’aborto è un crimine, un male assoluto. I media parlano oggi di un’apertura del Papa alla contraccezione. Cosa può dirci in proposito?

 R. – L’aspetto fondamentale mi sembra che sia stato colto, ed è che il Papa parla della inaccettabilità dell’aborto come soluzione. In questi casi, invece, purtroppo, ci sono state delle prese di posizione o delle dichiarazioni che sembrano andare piuttosto in questa direzione del facilitare l’aborto, cosa che per noi è assolutamente inaccettabile. Il Papa distingue poi nettamente la radicalità del male dell’aborto come soppressione di una vita umana e invece la possibilità di ricorso a contraccezione o preservativi per quanto può riguardare casi di emergenza o situazioni particolari, in cui quindi non si sopprime una vita umana, ma si evita una gravidanza. Ora non è che lui dica che vada accettato e usato questo ricorso senza nessun discernimento, anzi, ha detto chiaramente che può essere preso in considerazione in casi di particolare emergenza. L’esempio che ha fatto di Paolo VI e della autorizzazione all’uso della pillola per delle religiose che erano a rischio gravissimo e continuo di violenza da parte dei ribelli nel Congo, ai tempi delle tragedie della guerra del Congo, fa capire che non è che fosse una situazione normale in cui questo veniva preso in considerazione. E anche - ricordiamo per esempio – la discussione seguita ad un passo del libro intervista di Benedetto XVI “Luce del mondo”, in cui egli parlava a proposito dell’uso del condom in situazioni a rischio di contagio, per esempio, di Aids. Allora il contraccettivo o il preservativo, in casi di particolare emergenza e gravità, possono anche essere oggetto di un discernimento di coscienza serio. Questo dice il Papa. Mentre sull’aborto non ha dato spazio a delle considerazioni. Poi il Papa ha insistito che bisogna cercare naturalmente di sviluppare tutta la ricerca scientifica, i vaccini, in modo tale da contrastare questa epidemia e questo rischio del virus Zika, che sta suscitando tanta preoccupazione, e però bisogna che non si cada nel panico e quindi nel far prendere degli orientamenti o delle decisioni che non sono proporzionati alla realtà del problema. Quindi capire bene la natura del problema, continuare a studiarla, a reagire anche con la ricerca, per trovare le soluzioni più sostanziali e più stabili; evitare comunque un ricorso all’aborto e, se ci fossero delle situazioni di emergenza grave, allora una coscienza ben formata può vedere se ci sono delle possibilità o delle necessità di ricorso a non abortivi per prevenire la gravidanza.

 D. - In Francia alcuni hanno associato la risposta del Papa sui vescovi responsabili di copertura nei casi di pedofilia, al caso del cardinale Barbarin. E’ corretto questo riferimento?

 R. – No! Secondo me non ha assolutamente alcun fondamento. La domanda era fatta da un giornalista messicano che aveva in mente – diciamo – le vicende del padre Maciel o anche quelle degli Stati Uniti, che sono più vicine al Messico, e quanto riguarda casi effettivi di copertura, in cui cioè irresponsabilmente dei sacerdoti che siano stati colpevoli o che si siano comportati in modo assolutamente grave, vengono sposati mettendo così a rischio altre situazioni. In questo senso il Papa dice: il vescovo mancherebbe di responsabilità e quindi poi dovrebbe dimettersi. Ma il caso del cardinale Barbarin è completamente differente: egli non ha assolutamente preso delle iniziative per coprire, ma si è trovato di fronte ad una situazione che risaliva a molti anni prima, in cui non aveva avuto delle accuse particolari, e ha sempre affrontato la questione con estrema responsabilità. Quindi non ritengo affatto che questa risposta del Papa si possa riferire a questo caso, che è delicato e complesso e in cui il cardinale mi sembra che si stia muovendo con molta responsabilità.

 D. - Rispondendo ad una domanda sul dibattito nel parlamento italiano sulle unioni civili, Francesco ha detto che “il Papa non si immischia”. Però ha aggiunto che un parlamentare cattolico deve votare secondo “una coscienza ben formata”. E’ significativo che molti media abbiano omesso i termini “ben formata”…

 R. – Sì. Il Papa ha risposto molto brevemente, dicendo che appunto non voleva immischiarsi nelle questioni della politica italiana. Però ha aggiunto questo tema della “coscienza ben formata”, dicendo che “non è la coscienza del ‘quello che mi pare’”. Quindi libertà di coscienza non vuole affatto dire adesso io dico quello che mi sembra, prendo l’atteggiamento che mi sembra più vantaggioso o più facile o motivato da interessi politici o di giochi di potere. No! Dice: la coscienza ben formata è quella che si orientata a delle considerazioni profonde e oggettive dei valori di responsabilità nei confronti della persona, della famiglia e della società. Ecco, in questo caso credo che la “coscienza ben formata” debba essere ben consapevole di quale sia il valore della famiglia nella società e che la famiglia va difesa anche dal punto di visita legislativo e che c’è il valore dell’interesse dei bambini, dell’interesse dei figli e della loro educazione, che spesso viene dimenticato a vantaggio invece di interessi di carattere più individualistico. Allora, in questo senso, il Papa – senza dare delle indicazioni operative particolari e lasciando anche alle Conferenze episcopali le loro responsabilità – aiuta a capire che c’è tutto un lavorio di approfondimento, in cui anche la Dottrina Sociale della Chiesa aiuta una visione della realtà umana più approfondita ed oggettiva, cui bisogna ispirarsi nelle decisioni che riguardano il bene della società, il bene della famiglia, il bene delle persone.

 D. - La conferenza stampa del Papa sull’aereo ha fatto passare in secondo piano il successo della visita del Papa in Messico. Cosa le è rimasto di questo viaggio di Francesco?

 R. – Mi è rimasto moltissimo, evidentemente. Mi è rimasta l’idea di un grande incontro che è avvenuto: il Papa parla sempre della “cultura dell’incontro” e un viaggio è l’incontro tra il Papa e un grande popolo. In questo caso un popolo che ama il Papa e che esprime anche molto efficacemente i suoi sentimenti e il suo amore, e a cui il Papa si è avvicinato con tutta la ricchezza della sua umanità e della sua capacità di comunicare l’amore di Dio attraverso i suoi gesti, attraverso la sua vicinanza, attraverso il suo calore e la sua tenerezza. Il motto di questo viaggio era “Messaggero di misericordia e di pace” e mi pare che sia stato veramente realizzato. Mi rimane anche il momento culmine dal punto di vista spirituale che è l’incontro tra il Papa e la Vergine di Guadalupe, alla sera, dopo la celebrazione della Messa: quel momento, quel tempo di dialogo silenzioso, che esprimeva il rapporto più intenso tra la Vergine e il Papa. Questo rapporto si è poi sviluppato anche facendo vedere le sue conseguenze, la sua ispirazione in tutti gli altri momenti del viaggio. Un viaggio – possiamo dire - “guadalupano”. Certamente il Papa ha tenuto presente e ha mostrato la sua consapevolezza dei grandi problemi del Messico, che – sappiamo - il Papa ha toccato e che ha ripetuto molte volte: le migrazioni, la violenza, il narcotraffico, le ingiustizie nei confronti degli indigeni… Però questa gravità dei problemi non ha impedito che il messaggio fondamentale del Papa fosse un messaggio di incoraggiamento, di speranza e di richiamo di tutti alla responsabilità . Questo parlare anzitutto ai giovani, al popolo del Messico come un popolo giovane: i giovani sono la ricchezza, la speranza e coloro che, impegnandosi - a seconda della loro possibilità, e con l’aiuto responsabile anche di tutte le altre componenti della società -, possono far sperare anche in un futuro migliore. Quindi mi è parso un viaggio di misericordia, di pace, anche di grande speranza e di incontro gioioso, profondo, suscitatore di buone energie per il popolo del Messico. Più di così non so che cosa avremmo potuto desiderare…








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