Pio XII e gli Ebrei: online la «Lista Pacelli»


Articolo della Fraternità San Pio X




Su richiesta di Papa Francesco, una parte degli archivi della Segreteria di Stato riguardanti l’aiuto prestato dal Papa Pio XII agli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, è stata messa online. Un modo per torcere il collo alla leggenda nera di un papa collaboratore o indifferente alla sofferenza di milioni di uomini e donne.

II ricercatori accreditati che vi hanno avuto accesso da alcuni anni parlano di «Lista Pacelli», in contrasto con la famosa «Lista Schindler». Si tratta di 170 volumi – che rappresentano 40.000 file digitali – che ripercorrono la storia spesso sconosciuta di 2700 persone di origine ebraica che chiesero aiuto alla Santa Sede durante la Seconda Guerra Mondiale.

Da tutta l’Europa occupata dai nazisti affluivano quotidianamente centinaia di richieste di aiuto. Per far fronte alla situazione, Papa Pio XII aveva incaricato un funzionario della Segreteria di Stato – Mons. Angelo dell’Acqua – a gestire le richieste indirizzate al successore di Pietro, per fornire tutto l’aiuto possibile.

Il torto di questi uomini, donne e bambini era di essere di origine israelita.
Nella presentazione del prezioso materiale ormai accessibile a tutti, Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario della Santa Sede per le relazioni con gli Stati, spiega in cosa consistessero le richieste.

Esse potevano riguardare l’ottenimento di visti o passaporti per espatriare, l’ottenimento di asilo, la riunificazione delle famiglie, la liberazione dalla detenzione o il trasferimento da un campo di concentramento ad un altro, la richiesta di notizie relative alle persone deportate, la fornitura di cibo o di vestiti, il sostegno finanziario, il sostegno spirituale e altro ancora.

Ognuna di queste richieste costituiva un caso che, una volta trattato, veniva conservato in una serie di documenti confidenziali raccolti sotto il titolo Ebrei. Questa serie è composta da più di 2700 casi. E il detto Monsignore cita, tra gli altri, il caso emblematico di Werner Barasch, ebreo tedesco convertito al cattolicesimo nel 1938.
Prigioniero nel campo di concentramento spagnolo di Miranda de Ebro, il giovane di ventitre anni, il 17 gennaio 1942, si rivolse a Papa Pio XII in termini diretti: «Se oggi ti scrivo è per chiederti di aiutarmi da lontano».
Alcuni giorni dopo, la Segreteria di Stato si interessò del caso, intervenendo tramite l’intermediario del Nunzio di Madrid, fece liberare il giovane e gli fornì un visto per gli Stati Uniti.
Nel 2001, Werner Barasch raccontò come l’intervento decisivo di Pio XII probabilmente gli avesse salvato la vita.
Si scopre anche che il Vaticano rilasciò quasi 959 visti a dei cattolici di origine ebraica, che permisero loro di emigrare in Brasile.

Nina Valbousquet, storica, membro della Scuola francese di Roma, precisa che «Questa filiera brasiliana era il frutto di un accordo fra la Santa Sede e il Brasile, che poneva come condizione che i richiedenti fossero cattolici di origine ebraica convertiti entro il 1935», e fa notare che gli archivi messi online dal Vaticano «non possono essere compresi senza accedere ad altre fonti relative allo stesso periodo».

Dal momento che ci sarebbe la tentazione di descrivere Pio XII preoccupato di venire in aiuto dei soli Ebrei convertiti, trascurando quelli rimasti legati alla religione dei loro padri, la Valbousquet spiega che «Se il Vaticano si è opposto a trattare con Ebrei che non si erano convertiti al cattolicesimo, era perché all’epoca  l’occuparsene era percepito come un’ingerenza nella politica dei paesi stranieri».

E per torcere il collo alla leggenda nera del papato durante la guerra, basta ricordare che i conventi e le case religiose di Roma, su ordine di Pio XII, aprirono le loro porte per nascondere i numerosi Ebrei nel periodo peggiore dell’occupazione nazista.





giugno 2022
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