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Nel toto-Papa spunta Krajewski, l'elettricista degli okkupanti

Luigi Bisignani
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Caro direttore, Chito in discesa, l’elettricista in forte risalita, il prete di strada ancora coperto. Sono le ultime proiezioni sul ‘totoPapa’ che verrà, da sempre lo sport preferito in Vaticano. Solo nel caso di Bergoglio le scommesse partirono poche ore prima che venisse eletto dal momento che il cardinale argentino aveva preso 13 voti e si poneva subito come gran favorito. Iniziò, con la misericordia e la perfidia che a volte solo i preti sanno usare, un chiacchiericcio sulla sua salute per via di alcuni acciacchi legati, si diceva, a seri problemi polmonari. Fu il cardinale dell’Honduras Oscar Maradiaga, un salesiano da sempre anticapitalista, finito poi in una storiaccia di fondi ricevuti da un’università, e legatissimo all’arcivescovo di Buenos Aires, a rassicurare sulle sue condizioni e a dare il via all’elezione di Bergoglio.

 

Sicuramente qualcuno sperava in un pontificato breve, i trentatré giorni di Papa Luciani sono sempre infatti nei pensieri addolorati di ogni porporato. Papa Francesco, a parte i mille acciacchi del diabete, i dolori all’anca e qualche problema alla circolazione, sta benissimo e se evitasse i dolci dei quali è ghiottissimo starebbe ancora meglio. Ma questo non toglie che la toto-successione sia in gran fermento anche perché, un po’ con malizia e tanto divertimento, è proprio lo stesso Bergoglio ad alimentare le «scommesse» con i suoi cambi di umore sempre più repentini. Fino a poco tempo fa il suo preferito era il «filo cinese» Luis Antonio Tagle, filippino, detto Chito, chiuso in queste ora a casa a Manila perché colpito dal Covid-19. Presidente anche della Caritas, è un self made man che inizia da dattilografo. Nel 2019 il Papa lo ha chiamato in Curia a dirigere una delle Congregazioni più importanti, l’ex Propaganda Fide dove è stato visto solo tre volte. Adorato dai media, ha la battuta prontissima e, visto che Francesco ha detto di venire «dalla fine del mondo», lui ha risposto «io dall’inizio». Ma qualcosa, soprattutto per il suo incarico alla Caritas, deve essere andato storto se ora il Papa sta puntando tutto su quello che viene ormai comunemente soprannominato l’elettricista, cioè il polacco Konrad Krajewski, che ha invece, dal 2013, il titolo di Elemosiniere di Sua Santità.

 

È balzato alle cronache per aver riattaccato la luce in una palazzina occupata da abusivi, e girare i centri sociali con una Fiat Qubo per portare coperte e cibo a clochard. Recentemente si è anche dimenticato di ringraziare quei funzionari del Ministero dell’Interno che gli hanno inviato un’offerta consistente per le sue missioni per conto del Papa come quella dell’aiuto ai transessuali di Torvajanica. Un’immagine vincente, quindi, per proseguire nella Chiesa dei poveri e degli ultimi. Tutte le mattine lo trovi in un bar sotto le mure leonine che canta e balla «descamisado» con gruppi di giovani preti, come se avesse completamente dimenticato l’austerità e l’eleganza di quando è stato compito cerimoniere di tre Papi. Aveva infatti un rapporto molto particolare con il cerchio magico di Wojtyla, capitanato militarmente da Stanislao Dziwisz, ex Arcivesco di Cracovia che sta vivendo giorni amari lontano da Roma, infastidito dalle chiacchiere sul patrimonio dei suoi familiari. Ma nei disegni di Santa Marta, dove alloggia Francesco, il papabile da evitare, soprattutto perché italiano, sebbene anche lui sia un antesignano della Chiesa degli ultimi, è Matteo Zuppi, romano 65enne arcivescovo di Bologna. Pupillo della comunità di Sant’Egidio, «l’Onu di Trastevere», sa bene da che parte stare «contro il populismo che dà risposte sbagliate», afferma pure che «il cardinale è rosso perché deve testimoniare il sangue».

Ora è in pole position per succedere al cardinale Gualtiero Bassetti a capo della CEI, dove fino a ieri veniva dato per favorito il modesto vicario di Roma Angelo De Donatis. Ma se i boomakers danno questi come preferiti, figli di chi guarda solo gli ultimi e dimentica i principi della Chiesa universale, c’è sempre un convitato di pietra, malfermo nelle gambe ma con una testa lucidissima, che difficilmente vuole continuare ad assistere a questo andazzo. È l’emerito Ratzinger, che conta su alcuni porporati di grandissimo standing, in prima fila Roberto Sarah, guineano, prefetto della Congregazione per il culto divino, che proprio ieri assieme al carismatico americano Raymond Burke si è commosso assistendo all’anteprima di un film su Fatima, diretto da Marco Pontecorvo e prodotto da uno scienziato illuminato, Stefano Buono. La pellicola viene distribuita in tutto il mondo con grande successo, ma non trova, per ora, accoglienza nelle sale italiane. La storia di Suor Lucia, la potenza di un miracolo che sveglia le coscienze nel Portogallo del 1917. Anche in Vaticano serve oggi una nuova luce. Lunga vita al Papa.

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