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I codici Ratzinger nel libro di Odifreddi. Benedetto XVI svela Bergoglio al matematico ateo

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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“Un esempio eccezionale di dialogo tra Fede e Scienza … un’intensa e profonda corrispondenza epistolare tra il matematico ateo Piergiorgio Odifreddi e papa Benedetto XVI”.

Così viene presentato il libro “In cammino alla ricerca della verità”, Rizzoli, maggio 2022 ma, a fronte delle 150 pagine di verbose riflessioni di Odifreddi che, con sfoggio di pur notevole erudizione, propina i soliti luoghi comuni dell’ateismo militante, (compresa l’estenuante citazione della storia di Ipazia), le pagine di Benedetto XVI sono meno di una ventina, di cui oltre la metà biglietti di auguri, scuse per il ritardo nella risposta e benedizioni per i casi personali del matematico. Un po’ pochino per definirlo un “eccezionale dialogo tra Scienza e Fede”. La spiacevole sensazione che se ne trae è che Odifreddi abbia avuto poco tatto e molto calcolo, da buon matematico, a vendere quel suo sostanziale monologo come un dialogo col papa 90enne il quale, poverino, si scusa in continuazione di non avere le forze e la salute per rispondere nel dettaglio.    

Eppure, nonostante la clamorosa sproporzione – almeno quantitativa -  fra i contributi, il Santo Padre, nella sua signorilità e generosità, ha autorizzato quella pubblicazione con una doppia firma, dopo averne verificato le bozze.

In effetti, nella prima parte in cui il matematico riferisce dei gustosi colloqui personali avuti col vero papa in sede impedita, sono contenute alcune perle, alcuni meravigliosi Codici Ratzinger sfuggiti alla comprensione di Odifreddi, il quale, pure - bisogna dargli atto – aveva capito che c’era qualcosa che non tornava nelle sue “dimissioni”.

 Tanto per cominciare, ecco cosa riferisce il matematico: “Gli dico (a papa Benedetto n.d.r.) che l’avevo visto in televisione con i nuovi cardinali nominati nel Concistoro di una decina di giorni fa, e lui precisa che è stato papa Francesco a insistere per l’incontro: forse per suggerire che si è trattato PIÙ DI UN DOVERE, CHE DI UN PIACERE”.

Buono sapersi, tra l’altro non possiamo trattenere un largo sorriso ripensando alla stessa occasione, di tre anni dopo, (2019) quando antipapa Francesco aveva presentato i suoi pseudo cardinali all’”emerito”, Benedetto XVI che disse loro: “Vi raccomando la fedeltà al papa”, ovviamente SENZA SPIEGARE QUALE. Apprendiamo quindi che nel 2016 papa Benedetto, di malavoglia, aveva ricevuto quegli ecclesiastici abusivamente vestiti di rosso, perché Bergoglio ci teneva che gli venissero presentati, probabilmente nella pia illusione che in tal modo potessero essere convalidati.

Prosegue Odifreddi: “A proposito dei due libri, gli faccio presente che la giustificazione che ha dato in entrambi delle sue dimissioni, di essere state dettate dalla constatazione di non poter più fare viaggi intercontinentali, in generale, né partecipare alle Giornate della Gioventù, in particolare, a molti è apparsa soltanto come una scusa diplomatica. Ma lui nega pacatamente, e conferma con un disarmante sorriso: «Invece, è proprio così»”.

E ha ragione, è proprio così: papa Ratzinger era impedito nell’esercizio delle sue funzioni, non poteva più “fare il papa”, viaggi compresi. Come sempre, Benedetto dice la verità.

E’ però ammirevole che sulla clamorosa questione della veste bianca, Odifreddi si sia fatto venire almeno un dubbio. Di questo meraviglioso codice Ratzinger abbiamo trattato più approfonditamente  QUI.

“Io insisto che almeno la scusa che ha dato ad Andrea Tornielli in una lettera, di continuare a vestirsi da papa perché non c’erano a disposizione vesti diverse, appare francamente incredibile: soprattutto in Vaticano, dove le vesti nere e rosse non mancano, e quelle bianche quasi si cuciono addosso al neoeletto papa, all’ultimo momento. Ma ancora una volta Benedetto XVI conferma, aggiungendo che nei giorni convulsi delle dimissioni non ebbe nemmeno il tempo di impaccare le sue cose. Gli domando se indossa la veste bianca solo quando riceve qualcuno, ma lui scuote la testa, e dice che la tiene anche quando è solo. Vedo che ora invece nei piedi ha dei sandali da frate, al posto dei famosi mocassini rossi”.

Tra la Declaratio e l’abbandono della “Sede di San Pietro” passarono 17 giorni, più che sufficienti per il papa per procurarsi una veste di qualsiasi colore avesse voluto, per non parlare dei tre anni successivi (il colloquio era del 2016). Quindi, Benedetto continua, con umorismo, a cercare di far capire al matematico che nei giorni convulsi della sua detronizzazione non ha abbandonato la veste bianca “per motivi pratici” – come scrisse a Tornielli - in quanto non esiste una veste specifica da papa impedito. Ma lui porta comunque la talare diversa da quella da papa, essendosi privato della mantelletta e della fascia, simbolo dei due elementi del ministerium ai quali ha rinunciato di fatto: annunciare il Vangelo e governare la barca di Pietro.

Una nota interessante, il matematico la riferisce qui: “Mi ricordo di dirgli che LA VERITÀ si può anagrammare in due modi antitetici, che riflettono le nostre rispettive posizioni: per lui è RIVELATA, per me RELATIVA. Il papa sembra sorpreso e sbalordito, e commenta che è straordinario come un gioco di parole possa nascondere qualcosa di sorprendentemente profondo. Intuisco che gli piacciono gli anagrammi, e lui conferma che è sempre stato così”.

Sembra una frase quasi preparata, come quelle dei libri di Seewald: infatti, il Codice Ratzinger è costellato da giochi di parole, anfibologie ed enigmi di cui Benedetto XVI è maestro, come il suo amato attore Karl Valentin QUI.

Continua Odifreddi: “Io proseguo citando i passi falsi di papa Francesco sulle riforme, come le imbarazzanti nomine di monsignor Lucio Vallejo Balda e della signora Francesca Immacolata Chaouqui, poi finiti sotto processo e condannati per lo scandalo Vatileaks 2. Papa Benedetto scuote sconsolato la testa, sottolineando con un sorriso amaro che quelle erano nomine nuove, e non gente scelta da lui”.

Appunto, nomine di Bergoglio, completamente invalide, come tutto ciò che ha fatto l’antipapa.

A questo proposito vale la pena citare il canone 335: “Mentre la Sede romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per tali circostanze”. Come leggete, la sede impedita del papa, dove il papa resta papa, sebbene prigioniero, è la perfetta alternativa alla sede vacante prodotta da morte o regolare abdicazione del pontefice. Quindi non stiamo parlando di astruse cavillosità, ma di una situazione del tutto contemplata dal Diritto canonico.

Ma qui Odifreddi ci regala una perla: “Mi viene in mente per associazione di idee che l’indomani sarà il quinto anniversario dell’elezione di Francesco, e chiedo a Benedetto XVI quale sia il bilancio di un pontificato che sembra aver sollevato più aspettative di quante ne abbia potuto realizzare. Il papa emerito risponde che Bergoglio è una persona molto colta, anche se i suoi modi semplici possono ingannare”.

Avrete colto la straordinaria, raffinata anfibologia: la frase si può intendere sia nel significato per cui i modi familiari e alla mano di Bergoglio possono erroneamente far supporre che non sia una persona colta, sia il fatto che, nonostante sia una persona colta, non è una persona buona e può ingannare con i suoi modi amichevoli, come infatti è del tutto dimostrato da varie finzioni propagandistiche di Bergoglio, tipo la falsa visita a sorpresa al negozio di dischi, preparatissima, con l’appostamento del suo fotografo Javier Martinez Brocal. QUI  .

Ripetendo la storia del “giornalista che si trovava lì casualmente”, Bergoglio ha infatti ingannato un miliardo e passa di persone col suo fare semplice, “alla uno di noi”.

Prosegue il matematico: “Io chiedo invece il permesso di domandare un chiarimento su un punto delicato, che è stato sollevato da padre Georg: l’ormai famosa distinzione tra il “papa attivo” e il “papa contemplativo”. Benedetto XVI rimane un attimo in silenzio, forse domandandosi se affrontare questo discorso o no, ma poi conferma. E ripete l’analogia del padre che, anche se rinuncia alle funzioni di padre, rimane comunque padre. In altre parole, lui rimane papa “ontologicamente, ma non funzionalmente”: dal che discende, in particolare, che c’è un solo papa regnante”.  

Il riferimento è a un antico uso dei contadini bavaresi: a una certa età il fattore si ritira in una piccola dependance, e lascia al figlio la gestione di tutto. Ma non è che con questo il padre smette di ESSERE padre, piuttosto cessa di FARE il padre. Quindi Benedetto – in quanto in sede impedita -  rimane papa nell’ESSERE papa, ontologicamente, ma senza le funzioni che sono gestite da uno che non E’ il papa, ma che FA il papa come usurpatore, ovvero il  papa illegittimo regnante. Infatti, Mons. Gaenswein non parlava QUdi papa attivo e papa contemplativo, ma di due membri (uno attivo e uno contemplativo) compresi in una “sorta di ministero allargato in cui c’è “un solo papa legittimo, ma due successori di san Pietro viventi”. Ergo, dato che Benedetto è in sede impedita, il papa legittimo è quello contemplativo, Ratzinger, l’emerito, cioè colui che ha diritto di essere papa, mentre il membro attivo è il papa illegittimo, Bergoglio, regnante, cioè quello che FA il papa.

Non era facilissimo da capire, ma se ci siamo riusciti noi, la questione era del tutto alla portata di un logico come Odifreddi che, di seguito, ci regala un’eccellente considerazione sulle manfrine comunicative di Bergoglio: “Come lei saprà, Scalfari e papa Francesco hanno un rapporto amichevole, per alcuni versi simile a quello che abbiamo noi. Con la differenza che Scalfari, ogni volta che esce da un colloquio privato con Bergoglio lo pubblica, all’insegna di un’interpretazione fantasiosa del motto di Berkeley: esse est percipi (a legentibus). Come se non bastasse, ogni volta il giornalista mette in bocca al papa affermazioni per lo meno azzardate: l’ultima delle quali, che l’Inferno non esiste e le anime dannate non vanno da nessuna parte, ma semplicemente “si dissolvono”.  Regolarmente il portavoce del papa smentisce che quelle cose siano state dette, ma regolarmente il giornale continua a pubblicarle, senza peraltro riportare mai le smentite, e senza che il Vaticano gli chieda di farlo. Il 2 aprile, nel giorno dedicato in tutto il mondo a stigmatizzare le cosiddette fake news, io ho dunque invitato sul sito di Repubblica il fondatore e il giornale a smetterla di praticare questo tipo di giornalismo fasullo e scorretto.  Apriti cielo! Invece di un’improbabile mea culpa, è arrivato un farisaico stracciarsi di vesti, seguito da un prevedibile licenziamento. Poco male per me, perché già da tempo non mi sentivo più in sintonia con il giornale con il quale ho collaborato per diciott’anni. Ma molto male per la Chiesa, perché tutti gli altri giornali e i loro lettori continuano a domandarsi come mai papa Francesco insista a parlare con un giornalista inaffidabile, che gli fa dire cose semplicemente “eretiche”. Ormai la percezione diffusa è che Bergoglio e Scalfari giochino di concerto, per far passare di soppiatto idee che non si potrebbero diffondere apertamente”.

Perfetto. Qui Odifreddi ha colto nel segno. Peccato invece che non si sia incuriosito di una straordinaria battuta del papa quando il matematico gli sottopone quel vergognoso polpettone mistificatorio del film “I due papi” di cui abbiamo trattato QUI :

Racconta il matematico: “Il ruolo di Benedetto è impersonato da Anthony Hopkins, un attore da Oscar, e Ratzinger nota che esiste qualche somiglianza fra loro: anche nell’età, aggiungo, visto che Hopkins ha dieci anni in meno, e il film narra eventi di una decina di anni fa. È invece Jonathan Price nei panni di papa Francesco a non convincere Ratzinger, SOPRATTUTTO PER IL COLORE DELLA PELLE”.

Ora, davvero pensate che la critica di Benedetto fosse al truccatore, colpevole di aver scelto una nuance sbagliata per il fard di Jonathan Price? E’ chiaramente una battuta per dire che Price ha la “pelle” sbagliata, bianca, cioè indossa l’abito da papa e questo non lo convince perché Bergoglio non è il papa.

Nel cosiddetto “rompicapo della mozzetta rossa” avete, infatti, letto come papa Benedetto rivela come Bergoglio sia abusivamente vestito di bianco QUI 

Vi lasciamo con un’ultima commovente allusione anfibologica del Santo Padre, quando in pieno Covid, manda un biglietto a Odifreddi: “Anche noi viviamo nel nostro piccolo Monastero in una specie di quarantena e speriamo nel ritorno della libertà”.

Ma questa sembrerà ai bergogliani e agli “una cum” solo una banale considerazione in tempi di pandemia, sappiamo che la capirà solo chi “ha occhi per vedere e orecchie per intendere”.

Lo facciamo apposta: sull’esempio di papa Benedetto, dobbiamo sempre lasciare un tanto d’ombra per gli increduli.

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