Querida Amazonia:

le conseguenze di una svolta che non c’è stata

di Roberto de Mattei

Pubblicatoil 12 febbraio 2020 su Corrispondenza Romana





Colpo di freno sui “viri probati”; fallimento del Sinodo sull’Amazzonia; aperto contrasto con i vescovi germanico-amazzonici. In questi tre punti può racchiudersi la dinamica avviata dalla Esortazione post-sinodale di papa Francesco Querida Amazonia, presentata il 12 febbraio 2020.
Attorno all’Esortazione pontificia, che ha messo l’ultimo sigillo al Sinodo sull’Amazzonia, svoltosi a Roma dal 6 al 27 ottobre 2019, si era creata una grande attesa.  Sia l’Instrumentum laboris del 17 giugno che il documento finale del 26 ottobre proponevano una nuova cosmologia panteista, di cui era espressione la statuetta della Pachamama venerata nei Giardini Vaticani e portata in processione in San Pietro, prima di essere gettata nel Tevere da Alexander Tschugguel. Questa visione cosmologica rimane l’aspetto più scandaloso del Sinodo panamazzonico, che però si proponeva altri ambiziosi obiettivi, a cominciare dall’introduzione dei viri probati: ossia l’accesso al sacerdozio di uomini sposati, dopo che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI avevano categoricamente escluso questa ipotesi, avanzata dai settori più progressisti della Chiesa fin dall’epoca del Concilio Vaticano II.
Il paragrafo 111 del documento finale approvato dal Sinodo aveva assunto, negli ultimi mesi, un forte valore simbolico. Questo paragrafo proponeva di «ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti della comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile».

Mentre papa Francesco lavorava al testo definitivo della sua Esortazione, il 13 e il 29 gennaio 2020 il cardinale Cláudio Hummes, relatore generale del Sinodo per l’Amazzonia e presidente della Repam, ha inviato a tutti i vescovi due lettere sub secreto, per sensibilizzarli sull’imminente uscita del testo di papa Francesco. Nella seconda di queste lettere il cardinale brasiliano allegava un link al paragrafo 111 del documento finale del Sinodo sull’Amazzonia, lasciando intendere che avrebbe costituito parte dell’Esortazione post-sinodale.
L’introduzione dei viri probati avrebbe dovuto iniziare in alcune regioni dell’Amazzonia per poi estendersi alla Chiesa universale. Non sarebbe stata liquidata solo una mutevole “disciplina ecclesiastica”, ma una legge della Chiesa fondata su un precetto di origine divino-apostolica. Però nell’Esortazione post-sinodale Querida Amazonia, è assente il riferimento non solo al paragrafo 111, ma a qualsiasi altro paragrafo del Documento finale del Sinodo, al contrario di quanto era accaduto con la Amoris laetitia, che nelle sue note aveva citato circa ottanta volte la Relatio finalis del Sinodo del 2015.
E’ vero che nel paragrafo 3 della sua Esortazione papa Francesco invita a leggere il Documento sinodale, nella speranza che la Chiesa possa essere “arricchita” dai “lavori dell’Assemblea”, ma l’assenza di ogni esplicita menzione di passi o paragrafi del Sinodo sull’Amazzonia è la presa di atto del suo fallimento.
Il  Sinodo panamazzonico è  ridotto a un sogno evanescente, «un testo – come scrive Andrea Tornielli – scritto come una lettera d’amore».

La lettera ai vescovi del cardinale Hummes, di cui il Papa non era certamente all’oscuro, conferma come lo stesso papa Francesco abbia rinviato fino all’ultimo la sua scelta, sotto la spinta di due opposte pressioni: da una parte quella dei vescovi germanico-amazzonici, dall’altra quella dei cattolici ortodossi, che hanno salutato come un “manifesto” il libro a quattro mani del cardinale Sarah e di Benedetto XVI Dal profondo dei nostri cuori, pubblicato nel mese di gennaio.
Questa seconda spinta ha prevalso e l’assenza del cardinale Hummes dalla conferenza stampa di presentazione, si rivela significativa. Il cardinale si trova a San Paolo del Brasile, dove la protesta contro l’Esortazione post-sinodale è destinata a manifestarsi. Eppure, nell’incontro con i giornalisti del 28 gennaio 2019, sull’aereo di ritorno da Panama, Papa Francesco aveva fatto una distinzione tra le sue personali convinzioni favorevoli al celibato e ciò che – aveva detto – potrebbe essere necessario alla Chiesa, dal punto di vista pastorale. In quell’occasione il Papa aveva citato un libro del vescovo emerito di Aliwal (Sud Africa) Fritz Lobinger, Teams of Elders. Moving Beyond Viri Probati, che suggeriva l’introduzione di due tipi di preti nella Chiesa: i primi celibi, a tempo pieno; i secondi sposati, con famiglia.
L’Osservatore Romano del 6 febbraio 2019 aveva rilanciato la «proposta per i preti di domani» formulata dal vescovo Lobinger, lasciando intendere che il Sinodo sull’Amazzonia l’avrebbe fatta propria.

Ciò non è accaduto e l’insoddisfazione degli ambienti progressisti è destinata ad esplodere. La Querida Amazonia, a differenza della Amoris laetitia, non segna la “svolta” dirompente annunciata da mons. Franz-Josef Overbeck, vescovo di Essen, secondo cui, dopo il Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia, «niente sarebbe stato più come prima». Ma ciò che soprattutto non va dimenticato è che l’Esortazione di papa Francesco è pressoché simultanea all’inizio del percorso sinodale dei vescovi tedeschi che nella loro assemblea di Francoforte, hanno insistito nella richiesta delle due forme di presbiterato, quella celibataria e quella “uxorata.
La Querida Amazonia appare, sotto questo aspetto, come uno schiaffo alla Conferenza episcopale tedesca.

Qualcuno ricorderà a questo punto la strategia dei “due passi avanti e uno indietro” di papa Francesco, ma quando un treno viaggia ad alta velocità, una brusca frenata può farlo deragliare, ponendo fine alla corsa in modo drammatico.
Il processo rivoluzionario è una macchina sociale che spesso diviene incontrollabile e travolge i macchinisti. «La Rivoluzione divora i suoi figli». Questa celebre frase che il girondino Pierre Victurnien Vergniaud (1753-1793) pronunciò davanti al tribunale giacobino che lo condannava a morte, costituisce una chiave per comprendere l’eterogenesi dei fini di ogni azione che si allontani dalla verità e dall’ordine.

Anche la manifestazione dei cattolici di Acies ordinata a Monaco di Baviera, rivela tutta la sua importanza dopo l’Esortazione post-sinodale del 12 febbraio.
In concomitanza con la Querida Amazonia, il cardinale Reinhold Marx ha annunciato che a marzo abbandonerà la carica di presidente della Conferenza episcopale tedesca. Gli osservatori collegano questo gesto alle forti pressioni contro il processo sinodale che l’arcivescovo di Monaco ha ricevuto negli ultimi mesi, tra cui vengono citate l’opposizione del cardinale di Colonia Rainer Maria Woelki, la “correzione fraterna” subita da parte dei vescovi ucraini di rito latino e le accuse di Acies ordinata, nella conferenza stampa svoltasi il 18 gennaio nella sua diocesi.
Al percorso sinodale dei vescovi tedeschi, che li conduce verso una nuova chiesa, separata da quella cattolica, apostolica e romana, Acies ordinata ha opposto a Monaco la pubblica professione di fede del Credo. Oggi Acies ordinata è il simbolo di tutti coloro che nella Chiesa combattono le forze del caos in maniera ordinata, stando in piedi con il rosario in mano e lo sguardo rivolto al nemico, come esorta sant’Ambrogio: «Il soldato sta in assetto di guerra, non sta seduto; il soldato in armi non sta reclinato, ma sta in piedi ben eretto. Per questo è detto ai soldati di Cristo: “Ecco ora, benedite il Signore, voi tutti servi del Signore, che state in piedi nella casa del Signore”» (Commento a dodici Salmi, Città Nuova, Roma 1980, Salmo I, n. 27, p. 69).






febbraio 2020

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