07/04/2021 di Luca Marcolivio

Ddl Zan, Perucchietti: «Pericoloso il ruolo di certi influencer sui giovani»

Nelle pressioni esercitate dalle lobby fuori e dentro il parlamento affinché il ddl Zan sia approvato, subentrano una molteplicità di fattori. L’elemento più palese, comunque, è la comunicazione emotiva, ovvero la banalizzazione dei reali contenuti della bozza di legge e degli interessi che nasconde. È anche per questo, che i sostenitori del ddl contro l’omofobia, si appoggiano a personaggi famosi e influencer amati in particolare dai giovani. Lo dichiara a Pro Vita & Famiglia la ricercatrice e saggista Enrica Perucchietti, che, forte dei suoi studi nel settore, ha indicato nello sdoganamento dell’utero in affitto uno degli obiettivi a cui, in modo opaco, le lobby puntano attraverso l’approvazione del ddl Zan, che oggi dovrebbe essere incardinato in Senato.

 

Si parla molto del dibattito politico e mediatico intorno al ddl Zan. Molto meno delle lobby che, in modo oscuro, fanno pressione per l’approvazione. Di che soggetti si tratta e a cosa puntano?

«La questione è abbastanza articolata, comunque, negli ultimi tempi è diventato sempre più chiaro che, dietro l’accelerazione degli eventi, vi sono gruppi di pressione e lobby che sono riuscite a incardinarsi sempre più all’interno dei palazzi del potere, per portare avanti le loro istanze. Come abbiamo visto anche negli USA, questa visione del mondo è accettata trasversalmente da forze politiche sia di sinistra che di destra, che difendono anche con violenza queste istanze. Al tempo stesso, si ricorre a una vera e propria propaganda, con tutte le sue tecniche di ingegneria sociale per “convertire” l’opinione pubblica al pensiero liquido, multiforme e spersonalizzante del gender e di tutte le sue varianti».

È evidente che molti dei sostenitori del ddl Zan, anche se non possono dirlo in modo esplicito, puntano allo sdoganamento dell’utero in affitto, procedura attualmente vietata dall’ordinamento italiano. Una legge contro l’omofobia rappresenterà dunque una finestra di Overton per arrivare progressivamente a un obiettivo oggi non condiviso dalla maggioranza dell’opinione pubblica?

«Sì, siamo proprio alla finestra di Overton. Attraverso il metodo della gradualità si punta a convertire l’opinione pubblica all’accettazione etica di una pratica barbarica e schiavistica come quella della maternità surrogata. Da un lato si punta a una mistica sacrificale, come se le madri surroganti fossero donne che, con un atto d’amore, si sacrificano per donare un bambino a chi non può averlo. Dall’altro, si sfruttano una serie di scappatoie legali. Infine, c’è il boicottaggio dei dissidenti, di coloro che, in modo genuino, ancora criticano questa tecnica di sfruttamento e mercificazione del corpo femminile e dei neonati: in tal modo si legittima un clima di intolleranza. In questo caso, la proposta Zan rischia di impedire a chiunque di esprimersi in modo critico su una tematica come l’utero in affitto, che pure in Italia è proibito. Tuttavia, anche a causa della propaganda in atto, sembra che la maggior parte delle persone non lo sappia. È diventato “normale” pensare che si tratti di qualcosa di moralmente accettabile e quindi da legalizzare».

Il clima di censura che anima attualmente i social potrebbe rappresentare un terreno fertile per l’approvazione di una legge liberticida come, appunto, il ddl Zan?

«Indubbiamente si tratta di un tassello utile ad imporre una sorta di “psicoreato” orwelliano. Si vuole impedire a chiunque di esprimere un pensiero critico. Si pensi a un caso emblematico come quello di J.K. Rowling, massacrata sui social per aver chestertonianamente affermato che “le foglie sono verdi in estate”. In questo clima di intolleranza, i paladini del politicamente corretto, calate le maschere, si rivelano i più feroci e i più violenti assertori della censura e della coercizione. Se non ti converti al pensiero unico, se non la pensi come loro, rischi di finire perseguitato dai novelli inquisitori e di essere simbolicamente mandato al rogo, silenziato e oscurato».

È possibile che, per soffocare sul nascere il dibattito, i sostenitori del ddl Zan, parleranno in modo strumentale di “fake news”?

«In primo luogo, punteranno a banalizzare e a svuotare il dibattito, portandolo sul piano della comunicazione emotiva. È quello che già stanno facendo certi influencer. Sfruttando la tecnica dell’empatia, si mette in moto un cortocircuito tra le persone, che finiscono così di “ragionare di pancia”. L’obiettivo è il divide et impera, si vogliono determinare delle tifoserie, in modo da orientare, plasmare ed eterodirigere il consenso. Quando si parla di propaganda e di manipolazione dell’opinione pubblica, le fake news rientrano spesso in questa casistica. Quindi è probabile assisteremo a strumentalizzazioni di casi di cronaca, a vere e proprie fake news e al ricorso a una serie di tecniche di ingegneria sociale. In primo luogo, comunque, si punterà sulla comunicazione emotiva».

Ha accennato al ruolo degli influencer. Nei giorni scorsi ha avuto una certa eco l’endorsment di Fedez sul ddl Zan. Come si manifesta il ruolo dei vip in questo caso?

«Molti vip hanno preso posizione in maniera superficiale e banale. Si cerca di puntare su personaggi noti, che si esprimono soprattutto sui social o sul web, in grado di plasmare i più giovani, attraverso la comunicazione emotiva di cui sopra. Parliamo di persone che probabilmente non hanno nemmeno letto la bozza del ddl, però usano riferimenti toccanti, in grado di muovere emozioni ed empatia nel pubblico. Spostano l’attenzione dai reali contenuti del disegno di legge verso questioni ininfluenti, che poco c’entrano con il vero dibattito. Impostano il discorso su quanto questo ddl sia fondamentale per permettere alle persone omosessuali di vivere in tranquillità la loro vita, ne fanno un baluardo delle libertà individuali, quando invece è esattamente il contrario».




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