"Ne manda più all'inferno la misericordia di Dio che non la sua giustizia" (S. Alfonso Maria de' Liguori)

(di Antonio Socci, 8 dic, 2015)

Da Joseph Ratzinger, “Guardare a Cristo”, pag. 76, Jaca Book 1986:

“Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura.

Una concezione del ‘vangelo’ dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con la vangelo biblico. Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole ‘lasciar correre’.

Il perdono è esigente e chiede ad entrambi – a chi lo riceve ed a chi lo dona – una presa di posizione che concerne l’intero loro essere. Un Gesù che approva tutto è un Gesù senza la croce, perché allora non c’è bisogno del dolore della croce per guarire l’uomo.
Ed effettivamente la croce viene sempre più estromessa dalla teologia e falsamente interpretata come una brutta avventura o come un affare puramente politico. La croce come espiazione, la come come “forma” del perdono e della salvezza non si adatta ad un certo schema del pensiero moderno.

Solo quando si vede bene il nesso fra verità ed amore, la croce diviene comprensibile nella sua vera profondità teologica. Il perdono ha a che fare con la verità e perciò esige la croce del Figlio ed esige la nostra conversione. Perdono è appunto restaurazione della verità, rinnovamento dell’essere e superamento della menzogna nascosta in ogni peccato.

Il peccato è sempre, per sua essenza, un abbandono della verità del proprio essere e quindi della verità voluta dal Creatore, da Dio”.

Joseph Ratzinger

S. Alfonso Maria de’ Liguori:

“Sant’Agostino dice che il demonio inganna gli uomini in due modi: con la disperazione e con la speranza. Dopo il peccato, tenta il peccatore alla disperazione con il terrore della divina giustizia; ma prima di peccare spinge l’anima al peccato con la speranza nella divina misericordia.

Perciò il Santo ammonisce: «Dopo il peccato, spera nella misericordia, prima del peccato, abbi timore della giustizia». Infatti non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. Dio usa misericordia con chi lo teme, non con chi si serve di essa per non temerlo.

È difficile trovare una persona così disperata, che voglia veramente dannarsi. I peccatori vogliono peccare senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano dicendo: «Dio è misericordioso; farò questo peccato e poi mi confesserò». «Farò ciò che mi piace, tanto Dio è buono»: cosi parlano i peccatori, come scrive sant’Agostino.

Però tanti con questo modo di pensare sono finiti male. Dice il Signore: Non dire: «La sua misericordia è grande; mi perdonerà i molti peccati» (Sir 5,6). Non dire: «Per quanti peccati io possa commettere, con un atto di dolore sarò perdonato!» E perché? Poiché ci sono presso di lui misericordia e ira, il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Dio pur essendo misericordioso, è anche giusto… Dio promette la sua misericordia a chi lo teme, non a chi abusa di essa. La sua misericordia si stende su quelli che lo temono (Lc 1,50), cantò la Madre di Dio. Agli ostinati Dio minaccia la giustizia. […]

Insomma, dice San Paolo, non ci si può prendere gioco di Dio (Gal 6,7). Non si può offenderlo continuamente con proposito e poi pretendere il Paradiso. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato: chi semina peccati non ha motivo di sperare altro che il castigo da scontare nell’inferno. La rete con la quale il demonio trascina le anime all’inferno e l’inganno sibilato attraverso le parole: «Peccate pure liberamente, perché vi salverete nonostante tutti i peccati».

Dio detesta la speranza di chi si ostina al peccato poiché la loro speranza è abominio. Una tale speranza provoca Dio al castigo, meritato da chi, abusando della sua bontà, lo ha offeso in tutti i modi.
S. Alfonso Maria de’ Liguori
Abramo
Vale la pena leggere questi due testi.