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Paul
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ELUANA ENGLARO.- I FATTI.- Lucia Bellaspiga, nota scrittrice e giornalista di Avvenire, autrice di numerosi libri, ci dell’incredibile storia di un ragazzo risvegliatosi dal coma dopo 10 anni; ed ancora …Altro
ELUANA ENGLARO.- I FATTI.-

Lucia Bellaspiga, nota scrittrice e giornalista di Avvenire, autrice di numerosi libri, ci dell’incredibile storia di un ragazzo risvegliatosi dal coma dopo 10 anni; ed ancora “Eluana, i fatti”. La scrittrice ha veramente impressionato la platea raccontando particolari inediti sulla vita e sulla terribile morte di Eluana Englaro. E fa riferimento a dati e fatti. Ad esempio alla cartella clinica dell’Ospedale di Sondrio, Divisione di Lungodegenza, ore 4 del mattino del 15 ottobre 1993. Eluana è in stato vegetativo ‘permanente’ – come si diceva

allora – da quasi due anni. Nella sua stanza succede qualcosa: “La paziente ha cominciato a lamentarsi ….”, si legge nella ‘Documentazione clinica’ che la riguarda (e racconta i 17 anni dall’incidente alla morte). Non è un’eccezione che Eluana emetta suoni, sospiri, gemiti, le accade da due anni e lo farà per altri 15, fino al giorno prima della morte a ‘La Quiete’ di Udine. Ma quella notte non si placa, forse appare più agitata del solito: fatto sta che Eluana continua a ‘lamentarsi’, come volesse dire qualcosa : “Stimolata a dire la parola ‘mamma’ è riuscita a dirla due volte, in modo comprensibile”.
E se Eluana fosse stata affetta dalla sindrome “locked-in” o sindrome del chiavistello ? è una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure comunicare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. Ci sono altre persone, in queste condizioni che possono muovere soltanto le palpebre o il pollice. E con questo sistema possono, con un cursore che passa sulle lettere, esprimere il proprio pensiero. La scrittrice ha continuato affermando di aver visto Eluana pochi mesi prima la sua morte, ed ha dichiarato davanti ad un pubblico esterrefatto e ammutolito: "La pelle di Eluana era liscia e bella, come quella di un neonato. Eluana pesava 53 chilogrammi, non era calva, ma ben curata. Non c'erano macchine che la tenessero in vita. Eluana era sì una disabile grave, non era malata ! Dopo la sua morte l'autopsia ha registrato che il suo fisico era tipico di una persona in perfetto stato di salute: nessuna piaga da decubito, il peso del suo cervello era nella norma e le
sue gambe erano tornite. Eppure ci sono giornalisti che hanno fatto le loro deduzioni, pur non avendola mai vista". Dalle pagine del resoconto autoptico risulta che «di piaghe neanche l’ombra». L’11 febbraio è anche il giorno in cui iniziano a circolare altre verità: «Secondo i periti era in buone condizioni di nutrizione», scriveva l’Ansa. «Al momento del decesso pesava 53 chili», rivela il Corriere della Sera: altro che «meno di 40 chili», dunque. Eluana pesava 56 o 57 chili prima di partire per Udine. Come ricordato sopra, «È stato calcolato anche il peso del cervello, sarebbe uguale a quello di una persona normale». Per la pubblica opinione è un fulmine a ciel sereno: il gruppetto di medici che la seguiva aveva infatti assicurato cose ben diverse. Che lei morendo non avrebbe sofferto perché «il suo cervello, come quello di Terri Schiavo, è ridotto almeno alla metà del suo peso».
Anche giornalisti come Saviano – ha denunciato Bellaspiga riferendosi ad un articolo pubblicato su El Pais dell'11 febbraio 2009 - scrivevano inesattezze che ritraevano Eluana con "viso deformato, smunto, gonfio, orecchie callose, la bava alla bocca e un corpo senza espressione e senza capelli".
In definitiva il libro testimonia il modo crudele di nascondere la verità da parte dei media.
E, in conclusione, il terribile resoconto della cena che si consumava a Udine nel palazzo seicentesco di uno dei promotori del diritto di morte di Eluana: mentre lei giaceva in obitorio andava in onda un ricevimento "in guanti bianchi" per ringraziare tutti i giornalisti, Avvenire ovviamente escluso. Cena a base di manicaretti ed altre squisitezze, mentre la povera Eluana era stata privata del nutrimento più semplice : acqua e cibo che le venivano dal sondino, e moriva di fame e di sete con il corpo disidratato la cui temperatura raggiungeva, sembra, i 42 gradi.
VIDEO MOVIMENTO PER LA VITA CIVITAVECCHIA
FAUSTO DEMARTIS
Giosuè
Ne è venuto fuori un protocollo sanitario. Quando un paziente è ormai in fin di vita, gli fanno la sedazione con morfine o droghe varie. Gli tolgono l'alimentazione. So per certo da un parente, che il proprio coniuge, verso fine vita, in questa situazione, per il quale il marito alla minaccia di rivolgersi ai carabinieri, hanno iniziato ad alimentarlo. Poi è stato inviato a casa ed è ispirato …Altro
Ne è venuto fuori un protocollo sanitario. Quando un paziente è ormai in fin di vita, gli fanno la sedazione con morfine o droghe varie. Gli tolgono l'alimentazione. So per certo da un parente, che il proprio coniuge, verso fine vita, in questa situazione, per il quale il marito alla minaccia di rivolgersi ai carabinieri, hanno iniziato ad alimentarlo. Poi è stato inviato a casa ed è ispirato serenamente. Questo avviene nel Veneto (cattolico? no di certo). E dov'è l'etica cristiana, di certo nelle scuole no, dove parlano nelle conferenze solo i filosofi atei, modernisti, che plagiano i ragazzi. Genitori... dove siete? Sacerdoti, dove siete? Vescovi... dove siete?
Marcellino condivide questo
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ELUANA, I FATTI
Giosuè
Ne è venuto fuori un protocollo sanitario. Quando un paziente è ormai in fin di vita, gli fanno la sedazione con morfine o droghe varie. Gli tolgono l'alimentazione. So per certo da un parente, che il proprio coniuge, verso fine vita, in questa situazione, per il quale il marito alla minaccia di rivolgersi ai carabinieri, hanno iniziato ad alimentarlo. Poi è stato inviato a casa ed è ispirato …Altro
Ne è venuto fuori un protocollo sanitario. Quando un paziente è ormai in fin di vita, gli fanno la sedazione con morfine o droghe varie. Gli tolgono l'alimentazione. So per certo da un parente, che il proprio coniuge, verso fine vita, in questa situazione, per il quale il marito alla minaccia di rivolgersi ai carabinieri, hanno iniziato ad alimentarlo. Poi è stato inviato a casa ed è ispirato serenamente. Questo avviene nel Veneto (cattolico? no di certo). E dov'è l'etica cristiana, di certo nelle scuole no, dove parlano nelle conferenze solo i filosofi atei, modernisti, che plagiano i ragazzi. Genitori... dove siete? Sacerdoti, dove siete? Vescovi... dove siete?
william jenny barbero
anch io ho fatto intervenire la polizia che ha battuto alla porta di quella casa dove mia sorella in fase terminale per una malattia era affamata nella speranza che morisse prima. Gli inquilni sono cattolici praticanti che leggono ogni mattina il messale
Marcellino
MOVIMENTO PER LA VITA CIVITAVECCHIA
COMUNICATO STAMPA CONFERENZA UNO DI NOI – del 12-2-2013

Si è svolta ieri pomeriggio, alle ore 17,30, la conferenza dibattito sul tema “L’embrione, il malato, il disabile, Eluana : UNO DI NOI”, organizzato dal Movimento per la Vita di Civitavecchia in collaborazione con la Curia vescovile di Civitavecchia.
Nella Sala Giovanni Paolo II gremita di gente, il Vescovo …Altro
MOVIMENTO PER LA VITA CIVITAVECCHIA
COMUNICATO STAMPA CONFERENZA UNO DI NOI – del 12-2-2013


Si è svolta ieri pomeriggio, alle ore 17,30, la conferenza dibattito sul tema “L’embrione, il malato, il disabile, Eluana : UNO DI NOI”, organizzato dal Movimento per la Vita di Civitavecchia in collaborazione con la Curia vescovile di Civitavecchia.
Nella Sala Giovanni Paolo II gremita di gente, il Vescovo Mons. Luigi Marrucci ha rivolto un saluto ai presenti ed ai relatori, ed ha espresso grande affetto al Pontefice dimissionario Benedetto XIV, che con tutte le forze si è speso per la Chiesa compiendo nel contempo una scelta coraggiosa, innovativa e difficile. Mons. Marrucci ha inoltre speso parole di incoraggiamento e di elogio al Movimento per la Vita, che in questi anni, in Italia, ha contribuito ad affermare il valore della maternità, in linea con il dovuto rispetto che spetta alla vita umana nascente, tessendo una rete di solidarietà attorno alle famiglie e consentendo la nascita di 140.000 bambini. Dio si è fatto embrione e i cristiani non devono avere paura di affermare sempre la cultura della vita. Parimenti il Presidente Regionale della federazione del Lazio, ha salutato i presenti e ringraziato il Vescovo Mons. Marrucci, per la sensibilità in tema di diritti dell’uomo e per l’aiuto concreto offerto ai Movimenti e Centri di Aiuto di Civitavecchia e di Tarquinia.
La giornalista-scrittrice Ombretta del Monte, volontaria del Movimento locale, ha presentato gli ospiti ed i relatori, l’eurodeputato On. Carlo Casini, Presidente Nazionale degli oltre 600 movimenti e centri di aiuto alla Vita presenti nel territorio nazionale, la giornalista di Avvenire Lucia Bellaspiga, autrice di diversi saggi e del libro su Eluana Englaro “Eluana, i fatti”, Roberto Bennati, Presidente Regionale del Movimento per la Vita. Due canti sul tema della vita, interpretati da Annalaura Lelli, hanno evidenziato la bellezza della Vita, introducendo le relazioni.-
L’On. Carlo Casini ha invitato ad adottare uno “sguardo” diverso sull’embrione, attraverso l’iniziativa europea “UNO DI NOI”. Guardare all’embrione per quello che è, senza pregiudizi dettati dalle ideologie, ovvero un essere appartenente alla specie umana, un essere umano, vivo e vitale, che non può essere manipolato, distrutto e fatto oggetto di sperimentazioni, proprio in virtù della sua umanità, comprovata dalla scienza.
I cittadini di tutta Europa, ha continuato l’on.Casini- esprimendo una larga adesione all’iniziativa “Uno di noi”, possono aiutare il vecchio continente a ritrovare la sua anima: dichiarando che ogni essere umano fin dal concepimento è uno di noi,essi chiedono che la dignità umana sia messa al centro della integrazione europea e che ogni risorsa economica e intellettuale dell’Unione sia destinata sempre a promuovere la vita umana e mai a distruggerla.
Casini ha evidenziato come la petizione, che mira a raccogliere un milione di firme in almeno sette Stati, intende chiedere all’Europa di salvaguardare la vita fin dal suo stato embrionale. Si tratta di interpellare le coscienze, risvegliandole, dare voce a chi non ha voce, perché è paradossale che proprio in un’epoca in cui la scienza ha svelato tutto il processo della nascita umana, si nega che l’embrione è più di un grumo di cellule.
E’ seguita la testimonianza di Lucia Bellaspiga, nota scrittrice e giornalista di Avvenire, autrice di numerosi libri, trai i quali : “E adesso vado al Max! Massimiliano Tresoldi “ : che parla dell’incredibile storia di un ragazzo risvegliatosi dal coma dopo 10 anni; ed ancora “Eluana, i fatti”. La scrittrice ha veramente impressionato la platea raccontando particolari inediti sulla vita e sulla terribile morte di Eluana Englaro. E fa riferimento a dati e fatti. Ad esempio alla cartella clinica dell’Ospedale di Sondrio, Divisione di Lungodegenza, ore 4 del mattino del 15 ottobre 1993. Eluana è in stato vegetativo ‘permanente’ – come si diceva

allora – da quasi due anni. Nella sua stanza succede qualcosa: “La paziente ha cominciato a lamentarsi ….”, si legge nella ‘Documentazione clinica’ che la riguarda (e racconta i 17 anni dall’incidente alla morte). Non è un’eccezione che Eluana emetta suoni, sospiri, gemiti, le accade da due anni e lo farà per altri 15, fino al giorno prima della morte a ‘La Quiete’ di Udine. Ma quella notte non si placa, forse appare più agitata del solito: fatto sta che Eluana continua a ‘lamentarsi’, come volesse dire qualcosa : “Stimolata a dire la parola ‘mamma’ è riuscita a dirla due volte, in modo comprensibile”.
E se Eluana fosse stata affetta dalla sindrome “locked-in” o sindrome del chiavistello ? è una condizione nella quale il paziente è cosciente e sveglio, ma non può muoversi oppure comunicare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo. Ci sono altre persone, in queste condizioni che possono muovere soltanto le palpebre o il pollice. E con questo sistema possono, con un cursore che passa sulle lettere, esprimere il proprio pensiero. La scrittrice ha continuato affermando di aver visto Eluana pochi mesi prima la sua morte, ed ha dichiarato davanti ad un pubblico esterrefatto e ammutolito: "La pelle di Eluana era liscia e bella, come quella di un neonato. Eluana pesava 53 chilogrammi, non era calva, ma ben curata. Non c'erano macchine che la tenessero in vita. Eluana era sì una disabile grave, non era malata ! Dopo la sua morte l'autopsia ha registrato che il suo fisico era tipico di una persona in perfetto stato di salute: nessuna piaga da decubito, il peso del suo cervello era nella norma e le
sue gambe erano tornite. Eppure ci sono giornalisti che hanno fatto le loro deduzioni, pur non avendola mai vista". Dalle pagine del resoconto autoptico risulta che «di piaghe neanche l’ombra». L’11 febbraio è anche il giorno in cui iniziano a circolare altre verità: «Secondo i periti era in buone condizioni di nutrizione», scriveva l’Ansa. «Al momento del decesso pesava 53 chili», rivela il Corriere della Sera: altro che «meno di 40 chili», dunque. Eluana pesava 56 o 57 chili prima di partire per Udine. Come ricordato sopra, «È stato calcolato anche il peso del cervello, sarebbe uguale a quello di una persona normale». Per la pubblica opinione è un fulmine a ciel sereno: il gruppetto di medici che la seguiva aveva infatti assicurato cose ben diverse. Che lei morendo non avrebbe sofferto perché «il suo cervello, come quello di Terri Schiavo, è ridotto almeno alla metà del suo peso».
Anche giornalisti come Saviano – ha denunciato Bellaspiga riferendosi ad un articolo pubblicato su El Pais dell'11 febbraio 2009 - scrivevano inesattezze che ritraevano Eluana con "viso deformato, smunto, gonfio, orecchie callose, la bava alla bocca e un corpo senza espressione e senza capelli".
In definitiva il libro testimonia il modo crudele di nascondere la verità da parte dei media.
E, in conclusione, il terribile resoconto della cena che si consumava a Udine nel palazzo seicentesco di uno dei promotori del diritto di morte di Eluana: mentre lei giaceva in obitorio andava in onda un ricevimento "in guanti bianchi" per ringraziare tutti i giornalisti, Avvenire ovviamente escluso. Cena a base di manicaretti ed altre squisitezze, mentre la povera Eluana era stata privata del nutrimento più semplice : acqua e cibo che le venivano dal sondino, e moriva di fame e di sete con il corpo disidratato la cui temperatura raggiungeva, sembra, i 42 gradi.
Al termine tutti i presenti sono stati invitati a sottoscrivere la petizione UNO DI NOI, e ricordiamo che è possibile farlo anche on-line, nel sito ec.europa.eu/…/signup.do Chi vuole può anche firmare il modulo nella nostra sede di Ciitavecchia di Viale della Vittoria 37, esclusivamente il venerdì dalle 16 alle 17. ed in tutte le sedi dei movimenti e cav d'Italia —
Un altro commento da Marcellino
Marcellino
segnalato da: blogsantostefano.altervista.org
Per chi avesse ancora il dubbio - assai lecito e comprensibile - di non aver capito bene la tesi di Alberto Giubilini e Francesca Minerva, ieri all’università di Torino i due giovani studiosi italiani docenti in Australia la ribadivano a chiare lettere: «Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche …Altro
segnalato da: blogsantostefano.altervista.org

Per chi avesse ancora il dubbio - assai lecito e comprensibile - di non aver capito bene la tesi di Alberto Giubilini e Francesca Minerva, ieri all’università di Torino i due giovani studiosi italiani docenti in Australia la ribadivano a chiare lettere: «Se pensiamo che l’aborto è moralmente permesso perché i feti non hanno ancora le caratteristiche che conferiscono il diritto alla vita, visto che anche i neonati mancano delle stesse caratteristiche, dovrebbe essere permesso anche l’aborto post-nascita». Ovvero: al pari del feto, anche il bambino già nato non ha lo status di persona, pertanto l’uccisione di un neonato dovrebbe essere lecita in tutti i casi in cui è permesso l’aborto, anche quando il neonato non ha alcuna disabilità ma ad esempio costituisce un problema economico o di altra natura per la famiglia.

«È la prima volta che ci invitano a parlarne in Italia e per noi è una grossa occasione», hanno esordito i due colleghi dell’università di Melbourne ringraziando Maurizio Mori, direttore del master di Bioetica all’ateneo di Torino, per aver organizzato il dibattito. «Le nostre non sono idee nuove - hanno ammesso i due -, già filosofi come Singer negli anni ’70 le hanno elaborate, ma il nostro intento era rendere esplicite certe conseguenze normative e tenere conto di implicazioni socioeconomiche: se queste sono importanti per ammettere l’aborto, allora lo sono anche se il bambino è già nato». Uno dei loro maestri è Peter Singer, dunque, caposcuola a Melbourne della bioetica utilitarista, ma loro lo superano persino: «Singer finora ne aveva parlato solo in caso di imperfezioni, in particolare lui citava i bambini nati con sindrome di Down in quanto vite non degne di essere vissute. Noi accettiamo che la sindrome di Down e le altre malattie sono una buona ragione per abortire, tutelando così gli interessi di chi dovrà sobbarcarsi l’onere di crescere queste persone, ma coerenza vuole che ciò valga anche per uccidere un neonato dopo la nascita».

Quali siano allora queste caratteristiche che ci rendono persona è presto detto: «Non basta per esempio provare piacere o dolore, perché ciò avviene anche a un feto, serve uno sviluppo neurologico superiore, cioè avere degli scopi, delle aspettative verso il futuro, provare un interesse per la vita. E un neonato non li ha».
Teorie che i due studiosi avevano già pubblicato nel 2012 sul Journal of Medical Ethics con un articolo dal titolo esplicito - "After birth abortion: why should the baby live?" -, scatenando polemiche a tutte le latitudini e, obiettivamente, trovando ben pochi estimatori anche nel mondo più laico. «Prima di oggi abbiamo subìto una gogna mediatica - ha lamentato Francesca Minerva - ci hanno minacciati, ho persino avuto paura di morire. In fondo alle idee di Singer di 30 anni fa, quando non eravamo nemmeno nati, noi abbiamo aggiunto solo un pezzetto: il fatto che non occorra che il neonato sia disabile per poterlo uccidere». Ma a Maurizio Mori, già tra i più decisi sostenitori dell’eutanasia di Eluana Englaro (e a nostra esplicita richiesta enumerato tra i maestri cui i due australiani si sono ispirati), la loro tesi è invece sembrata argomento degno di serio dibattito: «Siete troppo modesti. Non avete aggiunto solo un pezzetto, avete anche inventato un nome: aborto post-nascita».

«Non è vero che di tutto bisogna poter parlare nelle università - gli ha opposto Assuntina Morresi, membro del Comitato nazionale di bioetica -, non esiste una neutralità del mondo accademico: come nessuno si sognerebbe di sostenere da una cattedra il negazionismo della Shoah o una tesi discriminatoria contro i neri, così l’omicidio dei neonati è un tema che non va ospitato. Astrarre vuol dire abbracciare un’ideologia pericolosa che ci permette di fare tutto».

Le tante incoerenze e aporie logiche le ha sottolineate anche Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica della Cattolica di Milano: «Se per essere persona occorre provare un interesse per la vita, allora chi chiede l’eutanasia non va ascoltato, perché non gli interessa vivere, dunque è una non persona.. Già le premesse, insomma, sono sbagliate». Non solo: se è vero che il neonato in fondo è la stessa persona che un attimo prima era feto, «il ragionamento è vero anche all’inverso, e allora è l’aborto a diventare illecito». Artificiosa, secondo Pessina, anche l’identificazione aborto/omicidio: il primo infatti sorge quando non si possono tutelare entrambi i diritti, della madre e del nascituro, «ma quando il figlio è nato, posso senz’altro correre incontro ai diritti della madre senza eliminare il bambino, ad esempio con l’adozione».

In una situazione "paradossale" si è detto Giovanni Fornero, storico della filosofia e dichiaratamente laico: «Sono uno dei maggiori teorici della differenza tra bioetica cattolica e laica, ma sull’uccisione dei neonati le due non possono che coincidere. Mi stupisce che Giubilini e Minerva si lamentino della gogna: oggi viviamo in società democratiche che hanno come idea fondamentale il fatto che tutti gli esseri umani hanno pari diritti. Per far valere tale uguaglianza si sono versati lacrime e sangue, fino alla "Dichiarazione dei diritti dell’Uomo" del 1948, non a caso scritta dopo il nazismo. La tesi dell’infanticidio mina la base su cui poggiano tutte le Carte internazionali. La bioetica laica reagisca: come dice Bobbio, non lasciamo ai soli cattolici la prerogativa di combattere affinché il precetto di non uccidere sia rispettato».

Più volte abbiamo chiesto ai due studiosi quale valore aggiunto porti infine il discettare di omicidio dei neonati. Non abbiamo ottenuto risposta.

Lucia Bellaspiga - avvenire.it
segnalato da: blogsantostefano.altervista.org


12/01/2013 20:04:55