Il problema non è la lingua ma il modo di usarla, sia chiaro. Quando la liturgia a Roma passò dal greco al latino, sotto papa Damaso, si fece in modo di mantenere la stessa "atmosfera" sacra e si cercarono parole con significato analogo, se non identico, a quelle greche usate fino ad allora. Se si fece la traduzione, vuol dire che chi rimaneva a Roma, a parte i grecofoni migrati per Costantinopoli …More
Il problema non è la lingua ma il modo di usarla, sia chiaro. Quando la liturgia a Roma passò dal greco al latino, sotto papa Damaso, si fece in modo di mantenere la stessa "atmosfera" sacra e si cercarono parole con significato analogo, se non identico, a quelle greche usate fino ad allora. Se si fece la traduzione, vuol dire che chi rimaneva a Roma, a parte i grecofoni migrati per Costantinopoli, comprendeva il latino. Su questo non ci piove. La traduzione latina, però, continuò a mantenere termini in greco (oltre che in ebraico). Indicano i vari stadi storici della liturgia che, essendo vissuta, non ripudia il suo passato. Cosa è successo, invece, con la "riforma" voluta da Paolo VI-Bugnini? Chi l'ha fatta si è già all'origine posto in antitesi alla tradizione liturgica fino ad allora mantenuta è questo è problematico! La liturgia è stata totalmente ricomposta a tavolino e già questo è un altro elemento di rottura rispetto al passato. Il nuovo messale è risultato essere un composto di vari testi aperto, come si ha poi capito, a sempre nuove composizioni, il che lo fa una liturgia "mutanda", un po' come il Corona virus. E questo è un altro punto di rottura. Il peggior punto di rottura è rappresentato, però, dal fatto che sono state fatte delle sopressioni come il termine "anima" e che l' "atmosfera" sacra è in gran parte evaporata. La sola idea di "ripetere" genuflessioni, inchini di capo, prostrazioni, formule liturgiche, crea il mal di pancia a certo clero che, al contrario, ama ripetere all'infinito "certi" peccati. L'uomo ha bisogno di ripetizioni e quando una liturgia se ne priva state pur certi che verranno sostituite da altre antievangeliche. Il "nuovo messale", che romano più non è ossia non sgorga dalla prassi e dalla fede della Chiesa di Roma, si può definire "composito", "eclettico". In casi più sboccati ma efficaci "arlecchino" o "bastardo". Tutti i liturgisti, sia tradizionalisti che progressisti sono d'accordo nel definirlo "rivoluzionario" per come è stato prodotto e per il cambio di atmosfera che in chiesa ha dato. Ora, se il significato dei suoi testi tende ad essere in "evoluzione" continua, quanto più i testi di chi usa esorcismi e preghiere del genere. Allora non è che un esorcismo in latino sia più efficacie perché in quell'idioma ma perché proprio in quell'idioma si conservano ancora significati di grande densità che soprattutto nelle ultime traduzioni tendono a stingersi. Quando la Chiesa attraversa un'epoca di grande decadimento l'unica cosa che può fare è CONSERVARE LE TRADIZIONI LITURGICHE anche se sono in una lingua non più praticata, non abbattere le mura e fare entrare in sé forze, uomini, significati a lei alieni, come fa Bergoglio. Io vedo con i miei occhi che la "messa in latino" è sempre più frequentata da giovani e da famiglie con bambini e se loro ci vanno vuol dire che ciò che li nutre non è la mera comprensione letteraria di un testo ma una forza e una energia che nella "missa paulina" non trovano più. Questo è un fatto! La chiesa non è un'aula dove si insegna e si deve capire la logica matematica, è un ospedale spirituale in cui bisogna vivere e nutrirsi per essere risanati. La mera comprensione razionale nelle cose di fede è e rimane assai limitata poiché sono concetti che oltrepassano e di gran lunga la ragione umana. D'altra parte, Gesù Cristo non chiede l'intelligenza ma la dispozione del cuore, il che è tutta un'altra cosa. Altrimenti, invece di ignoranti pescatori, si sarebbe circondato di intelligenti farisei. Quindi facciamola finita con questo feticcio illuminista del "bisogna capire per partecipare attivamente".
fidelis eternis
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Tutti fratelli, purché tutti figli di Satana.