C’era una volta la missionionarietà della Chiesa. Il cambio di paradigma dei gesuiti è completo

Il cambio di paradigma — ovvero mettere l’antropocentrismo pastoralista al posto del cristocentrismo ecclesiologico — e di conseguenza mettere da parte la dottrina, è caratteristico di questo pontificato. Ne abbiamo un’altra ennesima triste prova con la Costituzione appena uscita Praedicate Evangeliumvedi qui – sulla riforma della Curia romana, con cui Francesco espone, pure, il suo pensiero su come dev’essere la Chiesa cattolica. Ma questo è un processo non suo, bensì è cominciato negli anni ’60 del secolo scorso, quando i neomodernisti usarono il Concilio Vaticano II per ingannare la Gerarchia e cambiare la Chiesa dall’interno, come afferma essere il progetto Modernista descritto dal Buonaiuti – vedi qui“Riformare Roma con Roma”. La Compagnia di Gesù guidata dal basco Pedro Arrupe, in modo particolare, decise di applicare e diffondere questi cambiamenti rivoluzionari il più velocemente possibile, riuscendo a trovare una perfetta sintesi tra i suoi periti di punta al Vaticano II, il tedesco Karl Rahner e il francese Henri de Lubac. Pedro Arrupe è stato il vero mentore di Jorge Mario Bergoglio.

Nel gennaio del 2014, pochi mesi prima di morire, il compianto Mario Palmaro scrisse una lettera al quotidiano on-line La Nuova BQ esternando il suo dolore per l’avanzare dell’apostasia, favorita — non cominciata — dal pontificato di papa Francesco.

Gesuisitazzione della Chiesa

Ne nacque un dibattito in redazione in cui s’intromise l’allora reggente di Alleanza Cattolica, Massimo Introvigne, il quale affermò che quelli che si scandalizzavano di questo pontificato in realtà non lo capivano, perché il lodevole intento di Francesco consisteva nel gesuitizzare la Chiesa.

Intervenne infine mons. Antonio Livi, anch’egli compianto, che disapprovava la replica di Introvigne perché «se si presentano le scelte personali del Papa come se con questo egli intendesse stabilire nuove regole, anche canoniche, valide per tutta la Chiesa, appiattisce la figura del Papa al livello delle beghe clericali. Si ricasca così nell’errore funesto di spacciare l’opinabile per dogmatico, il che poi conduce, nella coscienza dei fedeli, a quella relativizzazione dell’assoluto che consegue all’assolutizzazione del relativo».

Uno dei più grandi e santi pontefici della storia fu sicuramente Pio V, fedele figlio di San Domenico, il quale mai pensò, neppure per un secondo, di voler domenicazzare la Chiesa, perché Essa è più grande e Madre di tutti gli ordini religiosi, non viceversa.

Inoltre, tutti coloro che espressero perplessità — noi compresi — sul nuovo Papa (era sufficiente leggere la sua biografia) notarono la sua volontà gesuicizzante, ed era anche questo motivo di preoccupazione, per varie ragioni.

Del resto, chiunque se n’è accordo. Persino il super-laicista e ultra-sinistroso quotidiano on-line Huffington Post, commentando la costituzione apostolica Praedicate evangelium, con la quale papa Francesco riforma — rivoluziona — la Curia romana, sostiene che «fa impressione vedere nero su bianco la nuova struttura, che ricalca quella della Compagnia di Gesù, i gesuiti».

Anche la giornalista Angela Ambrogetti, in un articolo su ACI Stampa, ha rilevato che la riforma — rivoluzione — è strutturata «secondo lo schema gerarchico tanto caro a Sant’Ignazio», ovvero «evangelizzazione dunque, pastoralità, e missione con grande attenzione alle questioni economiche e una forte conferma dell’autorità assoluta del Papa». Eppure dell’originale e autentico spirito ignaziano, questa costituzione pastorale — e questo pontificato — ha ben poco.

«La Costituzione destinata a mandare in soffitta la Pastor Bonus di Giovanni Paolo II più che un approccio giuridico, ne ha uno unico tutto pastorale», spiega la giornalista. «Lo si vede dalla prima parte, centrata su evangelizzazione e missione, anzi su una vera “conversione missionaria”». Così alla fine «la svolta “pastoralista” di Papa Francesco è arrivata».

Infatti il punto veramente centrale della Praedicate evangelium è l’aver applicato alla Curia romana «la tesi teologica oggi prevalente del primato della pastorale sulla dottrina», come spiega Stefano Fontana su La Nuova BQ. «Il Dicastero per l’evangelizzazione è posto in posizione eminente anche rispetto alla Congregazione, ora Dicastero, per la dottrina della fede». Questo significa che, per Francesco, l’annuncio del Vangelo precede la Dottrina del Vangelo. «Considerare ora l’evangelizzazione come precedente la Dottrina e non collegata ad essa in modo essenziale rappresenta un serio problema», continua il prof. Fontana. «L’annuncio deve sempre essere anche pienamente dottrinale perché la Dottrina è lo stesso Cristo che viene annunciato, il Logos Eterno del Padre».

Svolta pastoralista

Tale svolta pastoralista è stata fortissimamente iniziata non da Francesco, ma da tre suoi confratelli: il tedesco Karl Rahner, il francese Henri de Lubac, che furono periti di punta al Vaticano II, e il basco Pedro Arrupe, preposto generale della Compagnia di Gesù dal 1965 al 1983.

Arrupe, oltre che essere il vero mentore del giovane Jorge Mario Bergoglio, è colui che riuscì a far convergere le strade di Rahner e de Lubac, quando i due si divisero nella metà degli anni ’70 (essendo il tedesco più radicale del francese), riformando — rivoluzionando — la Compagnia col nuovo paradigma dello spirito del Vaticano II e diffondendolo fino agli estremi confini della cattolicità.

Ma questo non sarebbe stato possibile se i gesuiti non avessero perso lo spirito del loro santo Fondatore, Ignazio di Loyola, fin da poco dopo la sua morte. Questo non lo affermiamo noi, ma un grande santo, ovvero Carlo Borromeo, il quale «scrisse al suo confessore che la Compagnia di Gesù, governata da leader che erano più politici che religiosi, stava diventando troppo potente per preservare la moderazione e la sottomissione che erano necessari… “Essa domina re, principi e signoreggia, sia sulle faccende temporali, che su quelle spirituali. Questa “pia” istituzione ha perso lo spirito che originariamente l’animava e per questo motivo saremo costretti ad abolirla”…» (J. Huber, Les Jesuites, Sandoz et Fischbacher, Paris 1875).

L’ecclesiologia dei gesuiti non è autenticamente cattolica, poiché non hanno un rapporto diretto con la Chiesa, per questo fin da subito hanno voluto un relazione privilegiata col Romano Pontefice. Essi prima appartengo prima alla loro Compagnia, dopo alla Chiesa. «La madre è la Compagnia, e ce ne basta una», disse papa Francesco ai confratelli dell’America centrale.

Rifiutando la Chiesa (come fece Martin Lutero), oppure bypassandola (come fanno i modernisti, in particolare i gesuiti), si crea così un Gesù a propria immagine e somiglianza, facendolo di lui non l’inviato dell’Eterno Padre ma il sacerdote dell’umanità, la cui missione consiste non nella proclamazione della Verità e nella Redenzione delle anima, ma nel compiere opere di solidarietà filantropiche fine a se stesse per rendere questa terra — la “casa comune” — un posto lieto e felice per tutta l’umanità, senza distinzione di sesso, razza, e addirittura religione (Dichiarazione di Abu Dhabi).

Papa Francesco sta portando a compimento ciò che il suo mentore Pedro Arrupe aveva diffuso su tutta la cattolicità negli anni ’70, facendo della Chiesa, la Sposa di Cristo — anzi illudendosi di farlo –, la serva del mondo. Eppure egli stesso non si rende conto di essere parte del grande disegno del Cielo che porterà al Trionfo del Cuore Immacolato di Maria, quando nella Chiesa terminerà la confusione dottrinale e vincerà su questo mondo moderno ateo e anticristiano.

Alla fine il Cuore Immacolato trionferà

Sarà infatti proprio questo Papa — nel cui pontificato confluiscono tutti gli errori neomodernisti — a fare la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria in comunione con tutti i vescovi del mondo. Senza accorgersene, proprio lo stesso Francesco — il meno mariano di tutti i papi — o meglio il “minimalista mariano” più alto nella Gerarchia… compirà l’atto chiesto dalla Santissima Vergine a Fatima per mettere le cose apposto nella Chiesa cattolica, di cui è Madre e Regina.

San Josemaria Escrivà de Balaguera, fondatore dell’Opus Dei, diceva che il Signore Iddio ha un grande senso dell’umorismo. Satana ultimamente se la ride parecchio, ma Dio ride bene perché ride per ultimo e, come si suol dire, la sa più lunga del diavolo… e dei gesuiti!


Per approfondire la deriva della Compagnia di Gesù consigliamo la lettura del poderoso dossier del sito Cooperatores-Veritatis.org

P.S. Tutto quanto abbiamo letto non ci distolga dal pregare insieme a Papa Francesco il 25 marzo per l’Atto di Consacrazione. Per alcuni ciò può sembrare contraddizione, ma non lo è. Davanti a tutti questi fatti — criticabili con carità ed educazione come dato anche dal Diritto Canonico — nessuno è autorizzato a delegittimare chi li compie o chi li favorisce, tanto meno nessuno può delegittimare un Pontefice. Restiamo perciò uniti nella Preghiera alla quale si unirà anche Benedetto XVI dalla sua cappella privata il giorno 25 marzo Solennità dell’Annunciazione.

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