l Sacramento dell'Eucaristia attraverso le testimonianze delle pitture catacombali

Monastero Virtuale - il sacramento dell'Eucaristia nelle pitture catacombali

I primitivi monumenti cristiani sono tutti esclusivamente sepolcrali; cioè sono iscrizioni poste sulle tombe dei cimiteri sotterranei critiani, o affreschi dipinti sull'intonaco delle rozze pareti di quelle cripte scavate nella viva roccia del tufo, o sarcofagi adorni di figure simboliche. Su quelle pietre ed in quelle pitture domina un linguaggio figurato e simbolico che trova la sua spiegazione nei libri del vecchio e del nuovo Testamento ed in alcuni brani degli scrittori cristiani. Quei simboli sono però tutti concordi nel ricordare la fede professata dai defunti nei dogmi del cristianesimo e l'uso da loro fatto dei sacramenti, e di invocare perciò a quelle anime la pace e la beatitudine eterna, che la fede stessa e la pratica della vita cristiana avevano loro meritato.

Un simbolo assai antico del Sacramento dell'Eucaristia fu la vite e questo si vede in alcuni dei più antichi centri delle catacombe romane, quali sono il vestobolo dei Flavi nel cimitero di Domitilla e la cripta di Ampliato nello stesso ipogeo, che appartengono senza dubbio alla fine del primo secolo della Chiesa.

Poco dopo, la rappresentazione simbolica tanto nota del buon pastore dà occasione ad un altro simbolo più chiaramente eucaristico, cioè a quello del latte che è il mistico nutrimento dato dal pastore al suo gregge. Ed ecco in un cubicolo del cimitero di Callisto una bella pittura del Pastor bonus con il secchio del latte chiaramente riconoscibile dal colore biancastro. E in un'altra cripta poco discosta, il recipiente col simbolico cibo è posto su di un'ara in mezzo a due pecore; gruppo importantissimo che ci mostra il latte eucaristico sostituito al pastore stesso in mezzo alle pecore e così pure l'altare eucaristico attorniato e custodito dai fedeli di Cristo.

La migliore illustrazione di questo simbolo possiamo ricavarla dagli atti di S. Perpetua, documento preziosissimo dell'antica letteratura cristiana, e scritto dalla martire stessa sul principio del terzo secolo mentre attendeva in carcere il momento del supplizio. Ivi è narrata una visione che ebbe la santa durante il sonno, quando le apparve appunto il pastore simbolico e per prepararla al vicino martirio le diè a gustare del latte dolce rappreso che essa devotamente mangiò mentre gli astanti dicevano in coro il liturgico amen.

Ma il simbolo più arcano e più solenne del mistero eucaristico è senza dubbio il pesce. Non può stabilirsi con assoluta certezza quale sia la vera origine storica di questo simbolo, che troviamo adottato dai primordi del Cristianesimo. Secondo la interpretazione più comune esso deriverebbe dalla parola greca IXTUS Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore ». Il pesce è assai spesso nei monumenti unito al pane; e taluni Padri, citando quel simbolo, alludono evidentemente alla prodigiosa moltiplicazione ed al pesce mangiato da Cristo con i suoi discepoli dopo la risurrezione onde è più naturale che la genesi storica di quel mistico segno sia stata la memoria dell'episodio della moltiplicazione del pane e dei pesci.

E forse questo antico concetto fece poi pensare alla ingegnosa combinazione delle lettere del nome greco, che riproducono la formula di fede in Cristo figlio di Dio e Salvatore del mondo.

È dunque il pesce il simbolo arcano e solenne di Cristo nei monumenti dei primi secoli, e rappresenta semplicemente Cristo quando trovasi isolato e posto come segno ideografico a completamento di una frase epigrafica. Così sopra un loculo dell'antichissimo cimitero di Priscilla leggiamo l'espressione ALEXANDER. IN..... e subito dopo è graffito il pesce, che completa la frase ALEXANDER IN CHRISTO.

Nello stesso modo il delfino, ossia il pesce creduto l'amico ed il salvatore dell'uomo, è rappresentato in un prezioso affresco delle catacombe intrecciato al tridente, simbolo della croce, per esprimere in modo velato e simbolico la crocifissione di Cristo, scena che nei primi secoli non si aveva il coraggio di rappresentare dai fedeli nella sua storica realtà.
Ma il pesce unito al pane acquista un significato speciale e rappresenta senza dubbio l'Eucaristia.
Hanno questo significato pertanto i numerosi affreschi delle catacombe, che riproducono le moltiplicazioni operate da Cristo, ove vediamo costantemente, disposti in bell'ordine, i canestri ricolmi di pani che sopravanzarono secondo il racconto evangelico.

La quale scena è effigiata in due modi; e cioè nel momento stesso in cui Cristo distribuisce ai discepoli i pani e i pesci, ovvero col banchetto in cui i discepoli mangiano il pane e il pesce, la quale scena è unita talvolta a quella del battesimo come in questa pittura. (Fig. 1).

Fig. 1.
Battesimo ed Eucaristia. -- Pittura del III secolo.
(Catacombe di S. Callisto).

Senza dubbio le rappresentazioni trascendono la realtà storica ad esempio in un sarcofago di Arles accanto al prodigio della moltiplicazione è rappresentata la mensa col pesce, che non può essere un accessorio storico del fatto biblico, ma indica senza dubbio il significato eucaristico di quel gruppo.

Negli accennati conviti dipinti nelle catacombe si nota quasi sempre il numero costante di sette personaggi; e questo ci fa pensare a quei sette discepoli che secondo il racconto di S. Giovanni mangiarono con Gesù risorto là sulla sponda del lago di Tiberiade. E talvolta la rappresentanza di questo fatto è resa più manifesta dal particolare che i convitati sono dipinti quasi ignudi per indicare che essi erano pescatori, e che venivano appunto dalle loro barche dopo aver pescato tutta la notte, come narra il Vangelo. E appunto questa disposizione speciale di sette persone con i canestri ricolmi di pani ci fa distinguere negli affreschi cimiteriali il banchetto eucaristico da quello che simboleggia soltanto il convito celeste, ove il numero dei convitati è qualunque.

Un altro simbolo non meno importante, ma più raro nelle pitture cimiteriali, è quello della prodigiosa mutazione dell'acqua in vino avvenuta nelle nozze di Cana; tipo anche questo e figura del banchetto eucaristico e della trasformazione sacramentale. Ed in maniera assai espressiva lo vediamo in due affreschi del cimitero del Ss. Pietro e Marcellino congiunto al banchetto celeste, di cui l'Eucaristia è un pegno sicuro; e così pure su numerosi sarcofagi. Ma la Celebrazione dell'to dell'Eucaristia è in modo più chiaro e solenne attestata da alcuni speciali dipinti veramente preziosi
Il primo per antichità è un gruppo ripetuto due volte in un cubicolo del cimitero di Callisto sulla via Appia in quelle che vengono chiamate Cripte di Lucina. L'affresco non è posteriore agli esordi del secondo secolo. Vi è dipinto un pesce unito ad un canestro di vimini ricolmo di pani, fra i quali appare chiaramente un piccolo vaso roseggiante di vino. È evidente che in questo gruppo il ricordo della moltiplicazione evangelica fu messo in relazione all'Eucaristia, giacchè l'elemento del vino non ha che fare con quel prodigio è dà alla pittura il significato eucaristico. (Fig. 2-3).

Fig. 2.

Simboli eucaristici: Il pesce con i pani. -- II secolo
(Catacombe di S. Callisto).

Deve riconoscersi in questo affresco una vera e propria dichiarazione della fede cristiana nel dogma della presenza reale; giacchè l'unione materiale del pesce col canestro contenente gli elementi eucaristici esprime chiaramente la compenetrazione delle sacre specie con Gesù Cristo stesso.

Sempre nel cimitero di Callisto, il massimo dei cimiteri romani, in quelle cripte che diconsi dei sacramenti si ammira una serie nobilissima di pitture simboliche non posteriori al principio del terzo secolo.

A capo della serie è raffigurato Mosè nell'atto di far scaturire l'acqua dalla rupe del deserto, simbolo della Chiesa, la quale dalla pietra mistica raffigurante Cristo trae l'acqua della grazia, origine dei sacramenti. Da quell'acqua infatti, che è sgorgata giù dalla rupe, il mistico pescatore trae un piccolo pesce, rappresentando simbolicamente il battesimo, e a questo fa poi seguito un altro simbolo battesimale, cioè la figura del paralitico risanato nella piscina.

Dopo il sacramento della iniziazione cristiana, in un altro cubicolo prossimo sono dipinte due scene allusive al gran mistero eucaristico. Nel centro vi è il consueto banchetto dei sette personaggi accompagnato dai canestri. Questi convitati, che mangiano pane ed il pesce, sono i fedeli, i quali purificati dalle acque della grazia si siedono al banchetto dell'agnello divino, che è preparazione e caparra della beatitudine celeste. (Fig. 4.).


Fig. 3.

Banchetto eucaristico. -- III secolo.
(Catacombe di S. Callisto).

Ma poi il significato eucaristico del gruppo è reso anche più manifesto dall'altra scena
effigiata a sinistra ed unica fino ad ora (Fig. 5.).

Fig. 4.

Oblazione eucaristica. -- III secolo.
(Catacombe di S. Callisto).

Qui è rappresentato un personaggio vestito di solo pallio, ritto in piedi ad un tripode su cui sta un pane ed un pesce, e l'uomo protende verso quei cibi la mano destra in atto evidentemente consacratorio. D'altro lato del tripode è collocata una figura muliebre che alza le braccia in atteggiamento di preghiera.

Viene qui riprodotta l'azione del sacrificio eucaristico ed il momento stesso dela consacrazione, quando il pane diviene IXTUS, cioè il corpo di Cristo Figlio di Dio Salvatore. è chiaro che qui l'artista ha voluto effigiare la Chiesa, la quale pure si dipingeva sotto l'allegoria di una donna orante. Qui dunque è rappresentata la Chiesa che innalza le sue preghiere innanzi all'altare del sacrificio eucaristico. E l'interpretazione del sacrificio data al gruppo è confermata ancora dal dipinto dell'episodio del sacrificio d'Abramo, figura e tipo del grande sacrificio della redenzione.
A queste preziose pitture si aggiunge un' altra pittura insigne scoperta nell'antichissimo cimitero di Priscilla. L'affresco si vede nel fondo di una grande cripta già conosciuta in quel cimitero e adorna di altri dipinti antichissimi. Esso per il luogo ove trovasi e per lo stile è stato giudicato dagli archeologi opera del principio del secondo secolo. (Fig. 6).

Fig. 5.

La « Fractio panis » Comunione eucaristica. -- II secolo.
(Catacomba di Priscilla).

Una tavola di forma ricurva intieramente ricoperta di un drappo occupa in lunghezza tutto il campo del quadro e su questa sono collocati due piatti, uno con alcuni pani, l'altro con un pesce. Alla mensa sono assisi sei personaggi, cinque uomini ed una donna velata. A capo del tavolo è seduto un personaggio barbato, il quale con ambo le mani protese sopra il tavolo sta in atto di spezzare il pane mentre a lui dinanzi è posto il calice del vino.

A destra e a sinistra del banchetto sono disposti i consueti sette canestri che ricordano, come sempre, il prodigio della moltiplicazione. Il personaggio barbato in quel nuovo atteggiamento è il sacerdote, o il vescovo, il quale preseiede l'adunanza liturgica e compie il rito della fractio panis ricordato come il rito eucaristico per eccellenza negli atti degli apostoli e nelle lettere di S. Paolo; i sei personaggi sono i fedeli che assistono alla liturgia e si dispongono a mangiare il pane divenuto IXTUS, cioè il corpo di Cristo, ed a bere il calice salutare.

Questa pittura è preziosa per la sua antichità e per la novità della composizione; e può ben dirsi che essa rappresenta la liturgia eucaristica del secondo secolo, in quale doveva celebrarsi appunto in quella cripta cimiteriale.
Abbiamo dunque nell'insigne dipinto un'altra rappresentazione simbolica del sacrificio diversa da quella descritta del cimitero di Callisto, più antica di quella e con l'aggiunta dell'atto liturgico quale operavasi dal sacerdote. E possiamo dire che se nella prima è rappresentato l'atto della consacrazione, nella seconda è più specialmente riprodotto il momento della comunione.
I pani ed i pesci sono talvolta incisi o scolpiti sulle pietre sepolcrali delle catacombe e sempre collo stesso significato eucaristico. Ed essi talvolta sono disposti per modo da esprimere un concetto speciale, cioè l'ardente desiderio dei fedeli verso l'eucaristia; e così può intendersi il gruppo dei pesci che corrono verso i pani contrassegnati da una croce. Ed il pensiero stesso è pure indicato nell'altra composizione più frequente della colomba che si dirige verso il vaso simbolico o che becca il grappolo della mistica vite.

Ma questo misterioso simbolismo eucaristico, costantemente riprodotto nei monumenti delle catacombe romane e che tanto bene si accorda colle testimonianze dei padri e degli scrittori ecclesiastici, trova pure una splendida conferma in due insigni iscrizioni, una appartenente alla Chiesa orientale, l'altra alla occidentale. La prima è l'iscrizione sepolcrale di Abercio vescovo di Gerapoli nella Frigia, dei tempi di Marco Aurelio, epigrafe rinvenuta in due soli frammenti che ora si custodiscono nel museo Lateranense. (Fig. 6).

Fig. 6.

Frammento della iscrizione di Abercio. -- II secolo.
(Museo Lateranense).

Si può considerare questa iscrizione come la regina delle iscrizioni cristiane. Ecco un piccolo stralcio:
« Io son Abercio, il discepolo del Pastore immacolato che pasce le sue greggi per i monti e per le valli, che ha grandi occhi che vedono tutto. Egli mi insegnò la dottrina della vita, e mi mandò a Roma a contemplare un regno ed una regina vestita di oro e con aurei calzari: ed ivi io vidi un popolo decorato da uno splendido segno; e vidi i campi della Siria e Nisibi passato l'Eufrate. E dovunque io trovai fratelli riuniti insieme..... E la fede mi fu sempre di guida e mi diè per cibo il pesce grande che la Vergine casta estrasse dalla fonte e diè a mangiare ai suoi amici avendo ottimo vino e ministrando loro una mescolanza di vino e di acqua insieme al pane ».

Lo stesso linguaggio simbolico troviamo in un'altra epigrafe contemporanea scoperta molto prima nelle Gallie e precisamente ad Autan. Il cristiano di nome Pettorio, cui essa appartenne, si rivolge agli altri fedeli chiamandoli figli dell'IXTUS celeste e li invita a purificarsi del cibo eucaristico.

Le du pitture così come le altre pitture cimiteriali ci ritraggono al vero lo stesso atto liturgico della comunione dei primi secoli rappresentando i fedeli nell'atto di ricevere nelle loro mani il cibo eucaristico.

La corrispondenza meravigliosa delle due iscrizioni di Abercio e di Pettorio con i monumenti delle catacombe romane ci mostra l'accordo perfetto sul dogma dell'Eucaristia fra le due Chiese di Oriente e di Occidente fin dal secondo secolo.

E cosa certissima che fin dai primi tempi si usò celebrare la liturgia sulle tombe dei martiri; e basterebbe la testimonianza degli atti di S. Policarpo scritti poco dopo la morte di lui, nel 155, ove si accenna al sacrificio, che doveva offrirsi sulla sua tomba nel giorno dell'anniversario. La stessa cosa è riferita in altri atti di martiri. E tali celebrazioni si tenevano con piena libertà certamente anche prima di Costantino; giacchè è certo che i cristiani ebbero il libero possesso dei loro cimiteri nei primi tre secoli, essendo quei luoghi garantiti e difesi dalle leggi romane che tutelavano la inviolabile proprietà delle tombe. Siffatta libertà ebbe però delle interruzioni; giacchè sotto il regno di Valeriano nel 258 e poi durante quello di Diocleziano le catacombe furono confiscate. Anche allora però i cristiani continuarono il pio costume di adunarsi a pregare nei cimiteri. Ma la violenza dei persecutori li raggiunse anche in quei profondi recessi; e là sulla Salaria innanzi all'avello dei SS. Crisanto e Daria la Messa dei Martiri fu interrotta dal martirio stesso degli adunati; e sull'Appia il pontefice Sisto II venne sorpreso dai soldati romani, mentre celebrava sulla cattedra, e fu condannato a morire nel luogo stesso ove aveva adunato i fedeli.

E a queste adunanze vietate da Valeriano ai fedeli si collega probabilmente l'episodio di quella comunione nelle catacombe, che resterà memorabile nei fasti della Chiesa perseguitata, perchè diè occasione alla tragica morte di Tarcisio, il primo martire dell'Eucaristia. Fu là sulla via Appia, la via dei trionfatori romani, divenuta, poi la via trionfale dei Martiri, fu là che il giovane accolito, recante le sacre specie ai confessori racchiusi nelle prigioni, volle piuttosto morire che cedere ai profani i misteri divini.

Quando vennero i giorni della pace costantina non cessò l'uso delle sotterranee adunanze liturgiche sulle tombe dei Martiri. Basiliche risplendenti si innalzarono allora sui loro sepolcri: ma il pio costume delle riunioni liturgiche negli ipogei continuò ancora.

E così Prudenzio, che alla fine del quarto secolo visitò i cimiteri romani, descrivendo la cripta di S. Ippolito sulla via Tiburtina accenna alle turbe numerose di visitatori che si affollavano nei sotterranei ; e di tanta pietà ci resta la testimonianza dei nomi stessi dei fervorosi devoti, che, discesi in quelle cripte, graffivano qua e là sull'intonaco delle pareti acclamazioni e preghiere.

Ai devoti pellegrinaggi succedettero i giorni di abbandono per le catacombe, allorquando le spoglie gloriose degli eroi della fede vennero tolte da quei sotterranei e trasferite nelle grandi basiliche romane; e per più di dieci secoli cessò ogni adunanza liturgica nelle cripte venerande crollate sotto le rovine.