Fatima.
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... e il cielo e la terra spariranno e verranno un nuovo cielo e una nuova terra e sarà finito il travaglio ...

Valtorta - Romani - 14 marzo 1950 lezione 34a

(Rm 8, 22-25)

Dice lo Spirito Santo:

(…) «Il mondo è popolato, anzi è stato popolato dal principio di creature irragionevoli e di creature ragionevoli.

Popolato non perché fossero molte di ogni specie, ma perché erano molte le specie delle creature irragionevoli, e su esse, regina, la coppia delle due creature dotate di ragione e d’anima spirituale e immortale, ben diversa da quella che viene detta “anima vivente” nel 1° capitolo della Genesi al versetto 30, e che non era che il respiro per cui nel Libro è scritto di loro che “avevano l’anima nelle nari” (Is 2,22).

E tutte le cose fatte erano “buone” (Gen 1,31) a giudizio dello stesso Dio Creatore che è Bontà assoluta e perfetta.

Erano “molto buone”. Di quale bontà? Solo di quella di servire all’uomo come aiuto nel coltivare l’Eden, o come cibo, o come diletto?

Ossia di una bontà passiva, perché quello dovevano fare, o di una bontà servile verso l’uomo, creatura diversa d’ogni altra per la sua posizione eretta, per la maestà dell’incesso, la bellezza del volto, la possanza degli atti e della voce, per quel dominio proprio dell’essere ragionevole che si manifesta nella volontà sicura, nel comando deciso, nella capacità di premiare o punire giustamente, tutte cose che incutono all’essere inferiore natural soggezione?

No. Erano “molto buone” perché ancor prive di ferocia, di malvagità, di astuzia; e il leone stava con la pecorella, e il lupo con l’agnello, e il leopardo col capretto, e i piccoli dell’orso pascolavano con quelli della giumenta (Is 11,6-9), così come traluce dal versetto 19° del II c. del Genesi, quando è detto che Adamo famigliarmente si intrattenne con tutti gli animali della terra e dell’aria, dando a tutti il nome, senza patire insulto dai feroci tra essi, né senza incutere timore a nessun d’essi, poiché erano buoni e sentivano istintivamente che l’uomo, lui pure “buono”, non li avrebbe puniti senza averne motivo; e così anche, come predice Isaia che sarà, quando “la scienza del Signore”, ossia il regno dello spirito, avrà veramente riempito la Terra (Isaia 11, 6 – 9).

Poi Adamo peccò e la Terra fu maledetta per causa di lui, e fra i molti triboli che essa produsse all’uomo decaduto, perché fattosi insubordinato a Dio, vi fu quello dell’insubordinazione delle creature inferiori a lui.

Ed egli, oltre al trarre con fatica il nutrimento giornaliero dalla terra divenuta maledetta, dovette a fatica difendersi dagli animali non più buoni, ribelli a lui come egli al Creatore, nemici tra loro, perché il disordine aveva ormai instaurato il suo regno, che durerà sinché non venga il Giorno del Signore ed il suo Regno, e il cielo e la terra quali sono ora spariranno e verranno un nuovo cielo e una nuova terra (Ap. c. 21, v. 1) e sarà finito il travaglio delle creature.

Perché sarà venuto veramente il giorno e il regno eterno per tutti i figli di Dio, i quali, sino a quel giorno, dovranno sempre lottare, sospirare e gemere, per generare da se stessi il “figlio di Dio”, nato tale non “da sangue e da voler carnale (Gv 1,13) ma per aver accolto la Vita divina, avendo accolto il Verbo fattosi Uomo, Colui di cui Isaia scrive, ripetendo le parole della Parola eterna:

“...Io t’ho redento e ti ho chiamato a nome: tu sei mio, ... Io sono tuo Salvatore ... Tutti quelli che invocano il mio Nome li ho creati per la mia gloria, li ho formati, li ho fatti”, e ancora: “Sono mio popolo, figli non rinnegati” (Is 43,1-3.7; Is 63,8).

Accogliere la Vita divina vuol dire potenziare la propria vita d’uomo ad opere soprannaturali.

Esser chiamati a nome e accorrere alla divina chiamata vuol dire fare ciò che l’Uomo‑Dio fece e ciò che si può fare, perché Egli vi ha redenti a salvati, quindi avete in voi elementi soprannaturali, prima di tutti la Grazia, per cui da giusti potete vivere e da santi ascendere col vostro spirito, sino al ricongiungimento di esso con la carne, al Cielo, ognuno al grado di gloria meritato con la corrispondenza alla misura del dono di Cristo ad ogni singolo uomo.

Non è da dirsi né da pensarsi che in Cielo, pur essendo diverse dimore, ossia diversi gradi di gloria, il premio dei beati sia più o meno grande.

No. La gloria alla quale il Padre vostro celeste vi ha predestinati è costituita dal vivere nel suo Tabernacolo.

La beatitudine celeste è costituita dal vedere Dio faccia a faccia. E tale visione tutti i beati l’avranno ugualmente.

Diverso il grado, perché non a tutti in ugual misura fu dato il dono di Cristo, ma però a tutti in misura sufficiente a raggiungere il grado che l’eterna Sapienza sa, da sempre, raggiungibile da quella creatura.

Ma uguale il premio, perché, sia il servo della gleba che il re potente, sia il dottore della Chiesa come l’indotto che appena sa dire, e neppur sempre bene, le orazioni più semplici e comuni, né sa altro che le verità essenziali della religione, se vivono in giustizia e in una misura di giustizia corrispondente alla chiamata divina e alla donazione divina proporzionata alla singola missione nel mondo, usano con uguale venerabondo rispetto i tesori da Dio dati loro e li fanno fruttare.

Quindi troveranno il loro tesoro nel Cielo (Mt 7,20; Lc 12,33).

Non tutti apostoli, non tutti profeti, non tutti evangelisti né sacerdoti, i santi del Cielo.

Non tutti eremiti, non tutti penitenti, non tutti martiri per la fede, i beati.

Non tutti vergini, non tutti genitori, non tutti fanciulli “i 144.000, la folla immensa che nessuno poteva contare, d’ogni nazione e tribù, popolo a lignaggio” di cui parla Giovanni (Ap 7,4-9)

Il Corpo mistico è fatto di membra d’ogni specie.

Però tutte, anche le più umili, sospirano e soffrono nella Chiesa militante per generare in sé il Cristo e giungere” per l’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, all’uomo perfetto, alla misura dell’età piena di Cristo” (Ef 4,13), quella perfezione simile a quella del Padre, che Gesù ha proposto agli uomini come misura perfetta dei figli di Dio.

Questo formare, generare per dare alla luce dei Cieli un “figlio di Dio”, è lavoro doloroso.

Per questo è detto che il popolo dei salvati osannanti all’Agnello è composto da quelli che “vengono dalla grande tribolazione” (Ap 7,14) data dalle sorgenti che già vi ho spiegato: il demonio, il mondo, l’io reso debole e alterato dalle conseguenze della Colpa.

E il paragone paolino: “dolori del parto” (Rm 8,22), richiama più che mai a queste conseguenze.

Come, se Adamo e la moglie di lui fossero rimasti innocenti e fedeli al Signore, senza dolore sarebbe stato per la donna il partorire e senza lotta e fatica per l’uomo e la donna il raggiungere il fine ultimo, così per tutti i discendenti di Adamo non sarebbero occorsi dolori, simili a quelli di un lungo travaglio, per pervenire al dì natale del Cielo avendo generato in sé il Cristo: il cristiano vero, altro cristo.

Ma con la colpa venne la condanna, e con la condanna la fatica d’ogni specie, da quella fisica a quella morale, a quella spirituale, per divenire “figli di Dio”.

Fatica che trova il sostegno suo nella speranza certa della finale salvazione.

Una speranza certa al punto che è simile già ad un vedere per intuizione ciò che sarà il futuro beato. E la speranza diventa fede. E la fede vi dà la pazienza nell’attesa di quel futuro.

La fede, la speranza, la carità, le tre virtù teologali che, specie la carità, aiutano a raggiungere lo sviluppo completo di quanto in germe è in voi: la Grazia, radice alla Gloria, e che, come dice il grande dottore (S. Tommaso Somma teologica parte terza, questione 62, art. 6 risposta alla terza obiezione; e anche S, Agostino in Sermone 169, num. 13 :”Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te”) , ha bisogno della cooperazione di tutte le vostre facoltà intellettive e spirituali e di tutte le vostre attività, sia di quelle sensibili, che di quelle spirituali, che di quelle soprannaturali, ossia quelle che si volgono con appetito e desiderio santo a Dio, per operare efficacemente in voi e portarvi al conseguimento del fine ultimo: la Gloria.

La trasformazione dell’uomo carnale in uomo spirituale, e da questo in figlio salito al possesso del Regno del Padre, di cui è coerede per Cristo e con Cristo (Rm 8,17), è realmente simile ad una lunga e laboriosa gestazione e ad un doloroso travaglio di parto.

Ma, voi che lo state vivendo, confortate il vostro spirito con le parole del Maestro divino: “La donna, quando partorisce, è in doglie, perché è giunta la sua ora; quando però ha dato alla luce il figlio, non ricorda più l’angoscia a motivo dell’allegrezza perché è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,21).

E ben più grande nascita è quella di un uomo che rinasce, per volontà propria, in spirito e verità, da uomo carnale a figlio di Dio.

E ancora ricordate le altre parole divine: “Con la vostra pazienza guadagnerete le vostre anime” (Lc 21,19), ossia darete ad esse la gloria dopo il lungo travaglio terreno.

Lavorate quindi con fedeltà e costanza alla vostra trasformazione in figli di Dio, e attendete con pazienza di vedere ciò che ora soltanto credete che sia e sperate di poter vedere.

Per lunga che sia l’esistenza ed aspra la prova, sempre smisuratamente inferiori in lunghezza e profondità sono rispetto all’eternità a alla beatitudine che vi attendono.

Per forti che siano le cause e gli agenti che vi dànno lotta e dolore, pensate che Dio vi ha dato agenti e cause di forza e di vittoria infinitamente più grandi di quelle che vi attaccano e affliggono: la Grazia, i Sacramenti, la Parola evangelica, la Legge resa facile dal movente messovi dal Cristo: l’amore; e infine l’aiuto e la preghiera dello Spirito Santo.»
Marzgiam
Bellissimo! non basta mai rileggere certe lezioni valtortiane.
Joshua.
Molto bello e confortante, per chi è nella sofferenza, nella tribolazione e nella prova. Soprattutto perché si commentano i vari aspetti della Parola di Dio. A questo dovrebbero riferirsi le rivelazioni: a supporto e commento della Parola di Dio e come salire nella scala di perfezione che Dio ci indica attraverso le sue grazie. Disse Gesù: "siate perfetti come il Padre che è nei Cieli".