Francesco I
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ANCORA SULLA DEPOSIZIONE DEL “PAPA ERETICO” DA PARTE DEL “CONCILIO IMPERFETTO” ~[1]~

di Don Curzio Nitoglia

IL “DECRETO DI GRAZIANO” E LA DEPOSIZIONE DEL PAPA ERETICO
DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO

*
IL LIBRO «LA DÉPOSITION DU PAPE HÉRÉTIQUE», PARIGI, MARE & MARTIN, 2019
È appena uscito un libro molto interessante ed attuale intitolato La déposition du Pape hérétique, diretto da Cyrille Dounot – Nicolas Warembourg – Boris Bernabé, (Parigi, Mare & Martin, 20191).
Esso è stato scritto da vari specialisti, per lo più professori universitari di “Storia del Diritto” alla Sorbona, quindi, è senz’altro un lavoro altamente specializzato, serio, ben documentato; inoltre – tra vari argomenti collegati al problema del “Papa deponendo” – esso tocca
1°) oltre la questione generale, assai dibattuta a partire dal 2016, della deposizione del “Papa eretico”;
2°) il problema del Decreto di Graziano (parte I, distinzione 40, canone 62) sull’impossibilità di deporre il Papa (“Prima Sedes a nemine judicetur”), tranne il caso che sia eretico (“Nisi deprehendatur a Fide devius”);
3°) infine affronta pure la questione del Sedevacantismo in tutte le sue sfaccettature (don George de Nantes, padre Noel Barbara, padre Saenz Arriaga, mons. Michel Guérard des Lauriers…).
Porgerò al lettore alcune sue tesi, facendo volta per volta qualche osservazione critica; infatti il libro è molto serio dal punto di vista della storia del Diritto canonico, ma non sempre è ben fondato secondo i princìpi della Teologia dogmatico/ecclesiologica tradizionale, la quale esula dalla materia propria dei cattedratici altamente qualificati che lo hanno composto e, quindi, non è condivisibile in toto, ma va integrato e completato dal punto di vista dogmatico sui vari argomenti giuridici/canonici affrontati con grande erudizione negli 11 Capitoli che lo compongono.

IL DECRETO DI GRAZIANO E LA DEPOSIZIONE DEL PAPA FATTA DALL’EPISCOPATO
Il primo problema che affronto in questa serie di articoli è quello del Decreto di Graziano (I parte, distinzione 40, canone 6, “Si Papa deprehendatur a Fide devius”) ripreso dal professor don P. Thierry Sol nel libro suddetto da un punto di vista giuridico/canonico.
L’Autore che tratta questa questione nel 1° capitolo (“Nisi deprehendatur a fide devius: les décrétistes face à l’hypotthèse d’un pape hérétique”) del libro succitato (pp. 29-56) insegna “Storia del Diritto Canonico” presso l’Università Pontificia della “Santa Croce” a Roma (dell’Opus Dei).
Egli, si fonda (pp. 29-30) su alcuni studi molto seri dal punto di vista della storia del diritto ecclesiastico3 e – nel primo capitolo del libro – si focalizza

1°) sul canone 6, distinzione 40, I parte del Decreto di Graziano “Si Papa”, secondo cui il Sommo Pontefice “a nemine est iudicandus, nisi deprehendatur a Fide devius / il Papa non può essere giudicato da nessuna autorità umana, tranne che sia caduto in eresia” (“Conciliarismo o Episcopalismo mitigato”), secondo il quale il Papa può essere giudicato e deposto solo in caso eccezionale di eresia, e
2°) sulla questione del Gallicanesimo (o “Episcopalismo radicale”4), secondo cui il Papa è sempre giudicabile e deponibile dal Concilio imperfetto – errore questo del Gallicanesimo o Conciliarismo radicale – che consegue (cronologicamente e logicamente) dal Conciliarismo mitigato, a partire dai suoi prodromi impliciti (decretalisti del XII sec.) sino alla sua formulazione esplicita (XIV/XV sec.). Infatti secondo l’Autore i nemici di papa Bonifacio VIII († 1303) si erano fondati nel XIV secolo su tale canone per farlo giudicare e poi deporre dal Concilio imperfetto, ossia dall’Episcopato senza il Papa, aprendo le porte alle teorie gallicane esplicite ed estreme.
Nel XII secolo si era arrivati implicitamente (senza volerne trarre le conclusioni pratiche) “soltanto” alla tesi ipotetica e teoretica che il Papa potesse essere giudicato dai Vescovi in caso di eresia (Conciliarismo mitigato) non solo dottoralmente, ma anche giuridicamente; però non si sosteneva ancora esplicitamente la dottrina della superiorità abituale del Concilio sul Papa (Conciliarismo radicale), che due secoli più tardi – nel Trecento – il Gallicanesimo (con Guglielmo di Occam † 1349 e Marsilio da Padova † 1343) esplicitò a partire dalle tesi dei canonisti o decretalisti del XII secolo5 (specialmente Uguccione da Pisa † 1210; cfr. nota n. 14) formulando l’ipotesi, sùbito trasformata dai loro posteri in tesi – secondo la tattica degli eresiarchi ben collaudata nel corso dei secoli – della superiorità abituale e non solo eccezionale o in caso di eresia dell’Episcopato sul Pontefice Romano, che col Grande Scisma d’Occidente (1378) divenne ancora più radicale.
L’Autore, infine, sostiene (p. 33) che i decretalisti del XII secolo distinguevano la Chiesa universale (Universitas fidelium, sine macula et ruga) dalla Chiesa romana, la quale per essi era soltanto locale, ossia riguardava solo la Diocesi di Roma e non era universale. Inoltre essi distinguevano l’infallibilità della Chiesa dall’infallibilità del Papa, poiché sostenevano che solo la Chiesa non potesse essere contaminata interamente dall’eresia; non così invece il Papa, il quale non sarebbe stato preservato, per assistenza divina, dall’errore. Teorie queste che aggravavano la dottrina fondata sul canone 6, distinzione 40, parte I del Decreto di Graziano quanto al potere dell’Episcopato di giudicare e deporre il Papa in caso ipotetico di eresia.

INFALLIBILITÀ DELLA CHIESA E DEL PAPA
Per rispondere a questa distinzione proto-gallicana, che assegna l’infallibilità solo alla Chiesa ma non al Papa, come se il Papa non fosse il Capo delle Chiesa di Cristo, basta rifarsi al Concilio Vaticano I, il quale ha definito che “il Papa gode della stessa infallibilità di cui Cristo dotò la sua Chiesa” (DB, 1839), ma ciò non significa che vi siano due infallibilità:
a) una della Chiesa, ossia i Vescovi (la Gerarchia), i Chierici e i fedeli (i subordinati) e
b) l’altra del Papa; di modo da avere due Gerarchie parallele: il Papato e l’Episcopato. Invece vi è una sola Gerarchia: il Papa cui l’Episcopato è subordinato, la quale governa la Chiesa discente (Chierici e fedeli laici) in cooperazione di subordinazione dei Vescovi col Papa.
Infatti l’infallibilità data da Cristo (Causa efficiente prima) alla sua Chiesa è una sola: quella esercitata da Pietro e dai suoi successori (causa efficiente seconda) e conferita loro da Gesù per il bene comune spirituale della Chiesa universale (causa finale).
La prerogativa dell’infallibilità si dice data alla Chiesa poiché è stata largita per il bene comune di tutta la Chiesa, ma essa è esercitata dal Papa non dai Vescovi, dai Sacerdoti e dai fedeli. La causa finale dell’infallibilità è il bene di tutta la Chiesa (Papa, Episcopato, Chierici e fedeli laici), ma la causa efficiente seconda – che la esercita subordinatamente a Dio, sua Causa prima – è il Papa, non l’Episcopato.
Per fare un esempio, la vita dell’uomo è una sola, ma pur derivando dall’anima, che è il principio della vita, si diffonde per tutto il corpo; così l’infallibilità è diffusa e circola per tutta la Chiesa docente (infallibilità attiva o in docendo) e discente (infallibilità passiva o in discendo), però essa deriva e dipende dal Papa come causa efficiente seconda subordinata a Dio, che è la Causa prima.
L’Episcopato, come successore degli Apostoli, non può esercitare ex sese il Magistero infallibile e neppure la Giurisdizione universale (su tutta la Chiesa) senza il Papa (successore di Pietro, Principe degli Apostoli); anche se per divina istituzione l’Episcopato fa parte della Chiesa gerarchica e docente, ma sempre subordinatamente al Papa (“cum Petro et sub Petro”). Perciò la Chiesa non potrebbe sussistere senza il Papa e neppure senza l’Episcopato (ossia i Vescovi residenziali aventi Giurisdizione nelle loro rispettive Diocesi); tuttavia il capo, il fondamento, la colonna della Chiesa docente e discente, gerarchica6 e subordinata è il Papa non l’Episcopato, che deve essere subordinato al Pontefice romano e che può comandare o condurre (Imperium), istruire (Magisterium), santificare (Sacerdotium) i Chierici/fedeli solo dipendentemente dal Papa. Per cui la definizione del Vaticano I non può essere intesa nel senso che la Chiesa, ossia l’Episcopato (più i Chierici e i fedeli), dà al Papa il potere di Magistero e di Giurisdizione. No! Questo potere gli viene direttamente da Dio e – tramite il Papa – esso è trasmesso da Dio all’Episcopato. Perciò l’infallibilità (e il governo) data da Cristo alla sua Chiesa è una sola: quella esercitata da Pietro e dai suoi successori, che è conferita loro da Gesù per il bene della Chiesa universale (Episcopato, Chierici e fedeli laici). Quindi, l’infallibilità è diffusa e circola per il bene di tutta la Chiesa (Vescovi, Chierici e laici) come causa finale, però essa deriva e dipende dal Papa come da causa efficiente.

Il Pontefice romano può esercitare l’infallibilità

1)
sia ex sese, infatti le sue definizioni sono infallibili e irreformabili (cioè non soggette a correzioni) anche senza il consenso della Chiesa; altre volte il Papa può esercitarla, solo se vuole e senza esservi obbligato,

2) attraverso l’Episcopato a lui subordinato
a) riunito in Concilio ecumenico7, oppure
b) disperso nelle Diocesi di tutto il mondo: Magistero Ordinario Universale8 (cfr. San Tommaso d’Aquino, Quodlibetum, 9, q. 7, a. 16; A. Piolanti, Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, pp. 214-215, voce “Infallibilità pontificia”; V ed. Proceno – Viterbo, Effedieffe, 2018).
Il potere d’insegnare anche, e non esclusivamente, infallibilmente, tramite il Magistero conferito da Cristo alla sua Chiesa come causa finale, ossia per il suo bene, risiede in Pietro e nei Papi (suoi successori) come nella sua fonte o causa efficiente seconda principale; mentre negli Apostoli e nei Vescovi (loro successori) solo subordinatamente al Vicario di Cristo, come cause efficienti seconde strumentali o subordinate al Papa (“cum Petro et sub Petro”). Quindi essa si diffonde in tutto il Corpo della Chiesa per il suo bene comune, derivando dal Papa e pure dai Vescovi, solo se il Papa li vuole unire a sé in virtù del Primato di giurisdizione, che ha ricevuto da Gesù nella e sulla Chiesa universale, non essendo necessitato a pronunciarsi collegialmente con l’Episcopato, come vorrebbe la teoria della “Collegialità episcopale”, la quale – diminuendo il Primato papale – tenderebbe a fare del Corpo dei Vescovi un’entità per la sua stessa natura sempre unita in atto al Papa, di cui il Sommo Pontefice avrebbe bisogno per esercitare il suo supremo Magistero e la sua Giurisdizione quasi come un “Primus inter pares”.

DECRETALISTI DEL XII SECOLO E GALLICANI DEL TRE/QUATTROCENTO
Tuttavia don Thierry Sol (p. 34) riconosce che per i decretalisti del XII secolo il Papa o la Prima Sede non poteva esser giudicato/a da nessuna autorità umana (Imperatore) o ecclesiastica (Episcopato, Collegio cardinalizio) “per se” o abitualmente, ma solo “per accidenso eccezionalmente, cioè in caso di eresia, poiché inferiore a lui; essi si fondavano su una lunga tradizione canonica elaborata sin dal VI secolo e consolidatasi sino al Mille/Mille e cento prima di essere “corretta” dal canone “Si Papa” del Decreto di Graziano (I parte, distinzione 40, canone 6); egli si fonda soprattutto sul libro di J. M. Moynihan, Papal Immunity and Liability in the Writings of the Medieval Canonists, Roma, Gregoriana University Press, 1961.
Senonché il canone 6 “Si Papa”, parte I, distinzione 40, del Decretum Gratiani fu ripreso dal medesimo Graziano a partire dal De rebus ecclesiasticis (lib. I, cap. 231) del Cardinale benedettino Deusdedit di Limosino in Francia († 11009), il quale lo attribuiva erroneamente al Santo Martire e Vescovo di Magonza Bonifacio († 754), che avrebbe attinto ai Moralia in Job (XXV, cap. 16, PL, LXXVI, col. 344-345) di S. Gregorio Magno († 604) e alle Sententiae (lib. III, cap. 39, PL, LXXXIII, col. 710) di S. Isidoro da Siviglia († 636). Quindi esso (canone 6, distinzione 40, parte I del Decretum Gratiani) è un canone spurio, non autentico o falso.
L’Autore (Thierry Sol) cita Walter Ullmann (Cardinal Humbert and the Ecclesia Romana, in “Studi Gregoriani”, n. 4, 1952, pp. 111-127), secondo cui il Cardinal Deusdedit avrebbe ripreso un testo del Cardinale Umberto de Silva Candida (XII sec.10), attribuendolo erroneamente a San Bonifacio (VIII sec.), e questa attribuzione falsa o spuria fu riasserita come vera poi da Graziano, che limitò al solo caso eccezionale dell’eresia del Papa (“Nisi Papa deprehendatur a Fide devius”), la sua immunità assoluta riguardo al giudizio giurisdizionale di ogni autorità umano/ecclesiastica. Quindi l’immunità incondizionata del Papa da ogni giudizio autoritativo o giuridico, venne ristretta al caso di eresiaa causa del “falso” compiuto dal Cardinale Umberto de Silva Candida, ripreso dal Cardinale Deusdedit e poi dal monaco benedettino Giovanni Graziano (Thierry Sol, cit., p. 40) – pur cercando di conciliare la ingiudicabilità del Papa da parte di qualsiasi autorità umano/ecclesiastica con l’eccezione del caso di eresia (p. 41).
L’Autore cita Maestro Rufino11 (Summa Decretorum, Aalen, Scientia, II ed., 1963, p. 94) il quale, nel 1159 circa, affermava che il Papa potesse essere giudicato solo per eresia. Nel 1167 il Vescovo Etienne de Tournai (Summa super Decretum Gratiani, dist. 21, cap. 7) riprese la tesi di Rufino, arrivando quindi implicitamente alla tesi della superiorità dell’Episcopato o del Concilio imperfetto sul Romano Pontefice, così altri Autori posteriori (Simone di Bisignano12, Summa in Decretum Gratiani; Siccardo di Cremona13, Summa Canonum; Uguccione da Pisa14, Summa Decretorum e Liber Decretalium) ripresero – tra il 1170 e il 1190 – questa eccezione alla regola, sostenendo che l’eresia renderebbe il Papa inferiore all’Episcopato e al Collegio cardinalizio e dunque giudicabile autoritativamente e deponibile, ed essi aprirono, così, la strada al Conciliarismo o Episcopalismo esplicito e radicale. Il Concilio imperfetto veniva visto da costoro come avente una giurisdizione superiore a quella del Papa solo nel caso di eresia di quest’ultimo; secondo costoro inoltre l’infallibilità sarebbe stata una prerogativa spettante alla Chiesa come “Congregatio fidelium” piuttosto che alla persona del Papa (Conciliarismo mitigato).

L’Autore conclude asserendo che i decretalisti del XII secolo si trovarono di fronte ad un bivio:
1°) salvare da una parte il Primato del Papa e
2°) difendersi dall’altra parte dai possibili ipotetici abusi di un Pontefice “che avesse deviato dalla Fede”.

Tuttavia essi si trovarono davanti ad un’assenza di soluzione pratica realmente applicabile al caso eccezionale di un Papa ipoteticamente eretico. Quindi ricorsero alla preghiera come l’arma più efficace per ottenere da Dio che una tale eventualità (dell’eresia papale) non si presentasse mai. Essi videro l’eventualità dell’eresia de Papa solo come una tragica ipotetica possibilità, che solo la preghiera avrebbe potuto allontanare definitivamente (cit., p. 55). Dunque essi non sono tacciabili di esplicito Conciliarismo neppure mitigato, ma soltanto di aver aperto implicitamente la via al Conciliarismo mitigato esplicito.

FINE DELLA PRIMA PARTE
…continua…

d. Curzio Nitoglia

Veritasanteomnia
@Pietro81 Probabilmente una fake
rgiancarlo
chiedo scusa visionato tutto il video della s.messa di tokyo è un falso
Pietro81
Chiedo scusa ma siamo sicuri che la pastorale con la pachamama sia vera e non sia un fake?
Francesco I
È comunque meno grave possedere una ferula con una divinità pagana che adorare la divinità stessa, ed organizzare un sabba delle streghe in chiesa !
Pietro81
Allora per cortesia controlliamo queste cose prima di fare i post perché già di confusione ce n è in abbondanza grazie
rgiancarlo
qui ha passato ogni limite, è la sua santissima trinità
warrengrubert
Il video meriterebbe un post a parte.