CERTEZZE SU GESU' - Padre Idelbrando A. Santangelo

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Christian Chabanis nel suo libro Dio esiste? No... (Mondadori) intervistando gli uomini moderni più illustri della Scienza e della Cultura francese che si dichiarano atei fa vedere come infondo la maggioranza di essi sono agnostici più che atei e hanno una certa nostalgia di Dio; quelli poi che si dichiarano atei dicono onestamente che il loro ateismo è una scelta, ma non ne hanno alcuna prova.
Ionesco confessa candidamente quello che forse la maggioranza degli atei dovrebbero confessare se ne avessero il coraggio, e cioè che il suo ateismo è dovuto a una caduta, ossia al suo peccato.
Da quel momento, egli dice, posso dire di avere abbandonato il cielo e ho l'impressione che il cielo mi abbia abbandonato. Mi sono sempre più immerso nella vita: avido, vorace. Più invecchio, più nutro un folle desiderio di vivere, una enorme golosità, una sensualità: il vino, la vita, che è il contrario della "vera vita ", la gloria letteraria: tutto questo. E sento che all'origine di tutti questi enormi desideri vi è, come prima causa, il mio primo errore: cioè la mia caduta personale (Dio esiste? No..., p. 255). Ma aggiunge di non essere sicuro del suo ateismo, come dell'ateismo della maggioranza di quanti si dicono atei.
L'economista Georges Elgozy più che dall'idea di Dio è colpito dall'idea dell'immortalità, perché in fondo è quella che ci riguarda. E dell'immortalità dice con amarezza: Non ne so nulla, non ho alcuna prova.
Nello scrivere Les damnés de 1'opulence, mi ero detto: sono duemila anni che non è giunto nessuno di grande levatura a dirci qualcosa che ci stupisca e che potrebbe cambiare la nostra vita. Abbiamo una marea di abitudini che sono inverosimili e delle quali la gente peraltro non vuole più sentire parlare e ha ragione di non volerle più. Forse qualcuno che sarebbe più grande degli altri non potrebbe cambiare tutto ciò?
E rileggendo quel che avevo scritto, mi sono chiesto se per caso non stessi auspicando un Cristo! E non comprendevo più me stesso. Considero il Cristo venuto se non da un altro mondo, da un'altra dimensione, comunque. Gli uomini non hanno uguali capacità di intelligenza, di comprensione, di carità. Un uomo che merita l'ammirazione di tutti gli altri per la totalità di carità che ha assunto, è unico nella storia. Che poi sia di origine divina, non saprei dire. Onestamente, non lo posso dire. Ma vorrei che ve ne fossero altri come lui; vorrei peraltro che tutti gli uomini fossero simili a lui. è qualcosa di straordinario. Io stesso vorrei possedere certe qualità che egli aveva. E non smetto di lottare contro il mio egoismo, contro tutto ciò che disgraziatamente ho in comune con tutti gli uomini, per tentare di uscire dalla mia mediocrità di uomo egoista » (Dio esiste? No..., p. I I4).
Potremmo ricordare all'Elgozy quanto dice Platone nell'Apologo della Caverna: "Vi parlo di un mondo della luce che ignoriamo nel nostro universo di ombre e di tenebre e, come voi, non posseggo il mezzo per essere certo di esso. Bisognerebbe quindi che qualcuno venisse da quel mondo per farci certi di quel che io non faccio che cogliere". E, se questo qualcuno è venuto a rivelarci tale mondo di luce, non è la cosa più importante e più interessante per l'uomo andare a vedere se è vero?
Dall'illuminismo a oggi si è ampiamente predicato che il Cristianesimo è superato dai tempi e che può vivere e proliferare soltanto dove regna una mentalità infantile e magica, mentre basta una solida cultura storica e scientifica per eliminarlo.
Se leggi questo libro senza pregiudizi, con mentalità critica, potrai vedere che le cose stanno esattamente al contrario. L'incredulità può esistere e proliferare soltanto dove c'è l'ignoranza dei motivi di credibilità, dove c'è il pregiudizio accompagnato da una mentalità antistorica e antiscientifica.
Basta una ricerca onesta su Gesù con seri criteri storici e scientifici per vedere l'inconsistenza e la puerilità dell'incredulità.
In tutta questa ondata anticristiana una cosa resta inspiegabile: quale interesse può avere l'uomo ad eliminare Gesù?
Se Gesù fosse una favola, non sarebbe la più bella favola del mondo?
Gli interessi dell'uomo sono nella storicità e nella divinità di Gesù o nella sua eliminazione?
è meglio per l'uomo che Gesù sia ancora vivo, o è meglio che sia scom arso, come tutti gli uomini vissuti prima di noi?
è vero che non sono gli interessi dell'uomo a stabilire la verità o la falsità di un fatto storico, ma è altrettanto vero che se da un fatto passato dipende la mia fortuna, come ad es. da un testamento di molti miliardi a mio favore, io non vado cercando prove che distruggano quel testamento, ma documentazioni serie e non contestabili che ne provino l'autenticità dinanzi alla legge.
Se Gesù ha detto, come ha detto, che non ti annienterai con la morte, che non si annientano le persone che ami, che risorgeremo insieme e vivremo insieme felici eternamente, perché non vedi se Gesù ha detto veramente tali parole, se queste sue parole sono attendibili, se tutto questo che umanamente è inconcepibile ha in effetti garanzie sicure?
E se questa tua fortuna dipendesse, come dipende, da questa tua ricerca storica e scientifica su Gesù, perché non farla? Questo libro ti aiuterà in ciò.


1. CON GESù è NATA LA SPERANZA
L'uomo fin dall'origine ha avuto l'intuizione di un creatore ed ha cercato di mettersi in contatto con lui.
Per questo Plutarco poté asserire: « Puoi percorrere la terra e interrogare tutti gli uomini: non troverai un popolo ateo ». L'ateismo è un prodotto di alienazione.
Per tale motivo siamo convinti che tutte le religioni sono buone in quanto rappresentano lo sforzo dell'uomo per arrivare a Dio; sebbene tutte siano incomplete o imperfette, perché miste ad errori, e perché « nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo ha voluto rivelare » (Mt. 11,27). Ci sono poi delle religioni cosiddette rivelate.
Sono le grandi religioni antiche: l'induismo, il buddismo, l'islamismo. Ad esse si aggiunge, quasi in ogni secolo, qualche nuova piccola religione, frutto di qualche esaltato, dalla vita effimera.
Negli ultimi cento anni c'è stata una vera fioritura di presunti profeti. I principali sono:
Nel secolo scorso Husam Alì Nuri che fondò il Baha'ismo; Joseph Smith che fondò i Mormoni.
In questo secolo Russel che fondò i Testimoni di Geova; Moon che fondò la Religione dei principii universali, ossia la Nuova Era.
I seguaci di tali religioni hanno tutti una mentalità acritica e prescientifica.
Nessuna di tali religioni ha basi storiche: nessuna può far resistere i suoi fondatori e i suoi Libri presunti rivelati all'assalto della Storia delle Forme, della Storia della Redazione, della Storia della Tradizione; nessuna ha documentazione scientifica dei suoi presunti fatti soprannaturali. Nessuno dei fondatori di tali religioni dà altre prove all'infuori della sua personale affermazione; ma nessuno è testimonio di se stesso.
Ci sono molti che restano dubbiosi e incerti su quale sia la vera religione, quale scegliere, se tutte sono vere, se tutte sono false.
Ci sono poi quelli che dal cattolicesimo passano all'una o all'altra setta cristiana o addirittura a una religione pagana.
Tutti costoro partono da un cristianesimo mal conosciuto o totalmente sconosciuto.
Oggi c'è tutta una crociata contro Gesù.
Non è solo una crociata ingiustificata, ma è un vero karakiri. Di Gesù non hanno nulla da temere né i poveri, i diseredati, gli oppressi, né coloro che vogliono il bene di tutti costoro.
Per questo i marxisti E. Bloch, V. Gardavsky, R. Garaudy, M. Machovec, L. Kolakowsky, i quali manifestano un coraggioso interesse per la figura di Gesù e per il suo messaggio, concordano nel ritenere Gesù un uomo coerente, portatore di un messaggio di alto potenziale rivoluzionario, che ha molte cose interessanti da dire anche oggi. Per essi Gesù è il « grande modello di libertà » (R. Garaudy); « un esempio di coraggio senza compromessi » (L. Kolakowsky); « colui che con le sue azioni ci mostra che l'uomo può fare miracoli » (V. Gardarvsky).
E addirittura Machovec giunge a dire: « Non sarò io a deplorare la scomparsa della religione in quanto tale. Ma nel caso che dovessi vivere in un mondo che abbia potuto dimenticare totalmente la "causa di Gesù" allora io preferirei non vivere più... A me sembra che in un simile mondo... sarebbe impossibile anche la vittoria, rettamente intesa, della "causa di Karl Marx " ».
Gesù è il grande amico e difensore dei poveri, degli umili e degli oppressi, e si proclama il giustiziere supremo di quanti li hanno oppressi o anche solo non aiutati: è il grande premiatore di tutti quelli che li soccorrono.
è stato lui che ha iniziato una vera rivoluzione a favore dei poveri. Di Gesù non hanno nulla da temere né le persone oneste e buone che vivono secondo natura e cercano nella vita di fare del bene; né i peccatori desiderosi di salvezza, perché proprio per essi egli è venuto in terra ed è morto in croce.
Di Gesù non hanno ancora nulla da temere coloro che non si contentano della terra, ma desiderano vivere felici eternamente: per far loro conoscere la strada per raggiungere tale felicità eterna egli si è fatto uomo.
Forse tu pensi che sono una favola i miracoli e la resurrezione di Gesù. Questo libro ti farà vedere che non c'è niente di più storico di essi, e ti accenderà una speranza.
Infatti se Gesù è risorto risorgeremo anche noi, incorruttibili, belli e immortali, come lui l'ha promesso; e insieme a noi risorgeranno i nostri cari per essere con noi eternamente felici. Perché combattere questa meravigliosa speranza?
In definitiva il problema si riduce a questo: se Gesù è ancora vivo, anch'io vivrò eternamente; se Gesù è scomparso, anch'io mi annienterò. Ogni salvezza fuori di Gesù è una favola.
Di Gesù hanno da temere solo gli egoisti, gl'imbroglioni, i violenti, coloro che non amano e sono vissuti solo per sé, coloro che non hanno esaurito tutti i possibili godimenti della terra e solo per godere sono vissuti, o che, peggio ancora, per ottenere questo hanno oppresso o strumentalizzato gli altri; essi infatti, saranno puniti col fuoco eterno.
Tutti coloro che amano la luce, la bellezza, la bontà, la sapienza, la dolcezza le troveranno in Gesù, come nella sorgente.
Tutti quelli che vogliono un mondo più pulito, più giusto, più pacifico, più fraterno troveranno in Gesù il più grande aiuto e alleato, anzi l'unico mezzo per attuarlo.
Tutti quelli che vogliono vivere eternamente troveranno in Gesù il pegno della resurrezione.
Dopo il fallimento dei miti umani di questi ultimi secoli, finiti tutti in un bagno di lagrime e di sangue, Gesù e il suo messaggio restano l'ultima speranza dell'uomo e dell'umanità.
Per questo a un amico che non provava alcuno interesse per Gesù Dostoevskij ebbe a dire queste parole di fuoco: « Voi mi dite che hanno distrutto in voi la fede di Gesù. Ma conoscono essi Gesù nel suo essere? Certamente no, perché non appena lo si conosce un po', ci si trova in presenza di un essere meraviglioso, rassomigliante a tutti gli uomini buoni, ma infinitamente migliore. Io credo che non c'è nulla di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più virile, di più perfetto di Gesù. Me lo dico con amore geloso che di simile non solo non esiste nulla, ma neppure può esistere. Voglio dire di più. Se qualcuno mi provasse che Cristo è fuori della verità e che la verità stesse realmente fuori di Cristo, preferirei essere con Cristo e non con la verità ».
Ma fortunatamente la verità è con Cristo; anzi la verità è Cristo. Per persone psichicamente normali e intellettualmente oneste il cammino verso la verità è semplice e facile: basta studiare criticamente la storia e osservare scientificamente le fonti e i fatti che propone la Chiesa Cattolica.
A chi ha in partenza giudizi belli e fatti, ossia pregiudizi, tale cammino è impossibile.
Una persona che studia serenamente tali fonti e tali fatti non può non vedere la verità. « Chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto » ha detto Gesù (Mt. 7,8).
Chi studia bene il Cattolicesimo scopre che è l'unica religione che resiste agli assalti congiunti di tutti coloro che lo combattono in nome della filosofia o della psicologia, o della sociologia, o della storia o della scienza.
Questo libro è appena una traccia. Sui singoli capitoli di esso c'è una immensa mole di opere specializzate, che tolgono ogni minimo dubbio residuo a chi ancora ne avesse e allargano smisuratamente la panoramica. Tuttavia il presente, per chi legge senza ostilità e senza pregiudizio, forse è una traccia sufficiente per vedere la grandezza del problema di Gesù e la bellezza e la verità della fede cristiana.

2. BREVE STORIA DELLA CRITICA AI VANGELI
Fa stupore come per libri scritti 3040 anni dopo la morte di Gesù sia stato possibile concepire tutte le critiche che saranno menzionate nel presente capitolo. Le esponiamo e per dovere storico e per far vedere come da un lato esse si distruggano l'una l'altra, e come dall'altro esse abbiano dato più luce sulla composizione dei Vangeli (Gesù, comunità cristiana, evangelista), sull'attribuzione delle singole parti all'una o all'altra fonte e, in definitiva, sulla storicità dei Vangeli stessi.
Passiamo in rassegna le principali teorie sulla formazione dei Vangeli, principalmente sulla scorta del Latourelle (A Gesù attraverso i Vangeli, Assisi); di S. Zedda (I Vangeli e la critica oggi, Treviso); di Lambiasi (L'autenticità storica dei Vangeli, EDB).
I. RADICALIZZAZIONE DELLA CRITICA E SCUOLA LIBERALE
Fino al secolo XVII i Vangeli vennero pacificamente accettati da tutti come libri storici, anche se nell'interpretazione eretici e protestanti in molte cose divergevano.
Gli attacchi della storicità dei Vangeli cominciarono nel mondo protestante. Il primo a negarli fu H.S. Reimarus (16941768); lo fece in un manoscritto di 4.000 pagine pubblicato dal Lessing nel 1774; però limitatamente al loro contenuto soprannaturale. Per lui Gesù fu un messia politico fallito che i discepoli, non rassegnati, divinizzarono; e di lui storicamente sappiamo quasi nulla. D.F. Strauss (18081874) radicalizza la teoria di Reimarus scrivendo nella sua Vita di Gesù nel 1837 che nei Vangeli non c'è nulla di storico, e che anzi è impossibile approdare da essi alla vita e alla personalizzazione di Gesù. « Sono stati i cristiani, egli dice, che hanno costruito il mito di Gesù; di essi l'interprete principale è il Vangelo di Giovanni; l'unico, che parla con chiarezza della divinità di Gesù e che fu scritto, a conclusione della formazione del mito di GesùDio, nel 2° secolo ».
Contro di lui insorge la Scuola Liberale, i cui esponenti più noti sono Harnack e Renan. Essa sostiene che è possibile ricostruire storicamente la vita e l'autocoscienza di Cristo, basandosi sul Vangelo di Marco e su una fonte perduta, chiamata Quelle.
« Queste due fonti, essa dice, vanno spogliate dagli elementi soprannaturali creati in seguito dalla predicazione cristiana ».
La Scuola Liberale nega il soprannaturale, ma sostiene che la persona storica di Gesù è il fondamento del cristianesimo e che per conoscere Gesù bisogna percorrere la via della storia. Infine sostiene che Gesù non ha detto mai di essere Dio, ma che rappresenta l'aspirazione universale alla liberazione, alla redenzione da ogni schiavitù, a un mondo migliore, alla vittoria attraverso la lotta, alla trasfigurazione attraverso la corruzione, e che, in definitiva, Gesù è il liberatore spirituale etico.
W. Wrede nel 1901 nel suo libro sulla Genesi del Messianismo nei Vangeli sostiene che Marco non è uno storico, ma un teologo; che il segreto messianico è una creazione della chiesa primitiva.
Dopo i suoi attacchi alla Scuola Liberale, questa viene abbandonata e soppiantata, tra la ta e la 2a guerra mondiale, dalla Storia delle Forme (Formgeschichte) e, nel dopoguerra 1945, dalla Storia della Redazione (Redaktionsgeschichte), dalla nuova Ermeneutica, e dalla Scuola della Tradizione.
II. STORIA DELLE FORME
Indicheremo la Storia delle Forme o Formgeschichte con la sigla FG. I principali esponenti della FG sono R. Bultmann e Dibelius.
La FG vuole ricercare la preistoria del Vangelo e ricostruire la storia della tradizione preevangelica con l'esame delle forme letterarie. Si studiano i caratteri della «piccola letteratura», e li si trovano nei Vangeli: presentazione anonima, negligenza completa della topografia e della cronologia, dipendenza del compilatore alla tradizione, tendenza all'edificazione e al meraviglioso, ecc.
Dibelius enumera sei forme per i Vangeli: la storia della passione, i paradigma (racconti molto brevi), i detti sapienziali di Gesù, le novelle (i miracoli), le leggende, le raccolte di sentenze.
Bultmann invece distingue: apoftegmi (detti di Gesù con involucro scenico) detti del Signore, narrazioni meravigliose, narrazioni storiche con tratti leggendari (Zedda: 1 vangeli e la critica oggi, Treviso, I, pag. I7).
Dibelius, decomponendo tutti i brani dei Vangeli, riconosce come storici solo un po' di detti di Gesù, mutilandoli tutti dalle presunte aggiunte fatte dalle comunità primitive.
Bultmann non riconosce detti da Gesù neanche quelli; per lui furono tutti creati dalle comunità cristiane primitive.
Già nel 1926 nel suo libro Gesù il Bultmann aveva insegnato che gli evangelisti mescolano elementi storici e elementi mitici, dei quali è impossibile rintracciare il nucleo storico. Le parole di Gesù furono inventate dalle comunità cristiane; altre rielaborate da esse.
I Vangeli sono nati dalla fede; non si può dare un fondamento storico al Kerigma cioè alla Predicazione; né un sostegno umano alla fede. Non si può neanche dimostrare che Cristo si sia ritenuto il Messia.
Nel 1960 nel suo libro Das Verhaltnis Bultmann ancora scrive che c'è una rottura tra il Cristo storico e il Kerigma; che è impossibile e illegittimo uno studio storiografico su Gesù; e che la fede cristiana inizia col Kerigma, che si sostituisce al Gesù della storia.
Infine, nel suo libro Nuovo Testamento e Mitologia precisa che per mito non intende leggenda; che Cristo non è il Salvatore, ma il luogo scelto da Dio per farci conoscere la salvezza; che la resurrezione non è un fatto storico, ma un annuncio di salvezza.
1. La FG ha dei meriti
a) Riabilita la Tradizione contro il principio protestante della sola Scrittura. Insegna che la Tradizione precede la Scrittura e poi la segue e che per un periodo di 25 30 anni prima che i Vangeli fossero scritti, il loro materiale è stato l'oggetto della predicazione della Chiesa primitiva; e ciò è vero.
b) Applica il principio dei generi letterari ai Vangeli: un'arringa, un dramma, un poema, un testo legislativo, un capitolo di storia esigono commenti diversi. La FG applica il principio dei generi letterari non solo ai Vangeli, ma anche alle unità minori e addirittura alle singole pericopi di esse, per cercare di arrivare alla formulazione di esse da parte delle primitive comunità cristiane. Senza volerlo né prevederlo, ci ha indicato il mezzo con cui gli insegnamenti di Gesù si trasmisero fedelmente.
c) Cerca di conoscere attraverso l'analisi delle forme la vita della chiesa primitiva, di ricostruirne l'ambiente e di conoscere meglio il testo attraverso la conoscenza dell'ambiente, in quanto c'è un'interazione tra testo e ambiente.
Così attraverso i continui riferimenti al Vecchio Testamento si vede che Matteo scrive il suo Vangelo per gli ebrei; mentre attraverso la noncuranza del VT e l'accentuazione dei fatti che fanno vedere la potenza di Cristo e i suoi miracoli si vede che Luca scrive per i pagani.
2. La FG ha gravi difetti
a) Non ha interesse per la conoscenza del rapporto fra Gesù e la primitiva comunità cristiana.
b) Esagera la potenza creatrice della primitiva comunità cristiana, al punto di crederla capace di inventare quanto di più grande e di più originale esiste sulla terra, il Vangelo.
La storia dimostra che all'origine di ogni movimento ideologico c'è una fortissima personalità: Platone, Aristotele, Maometto, Marx, ecc.
c) Ha sottovalutato, fin quasi ad ignorarlo, il ruolo degli evangelisti riducendoli a semplici raccoglitori.
d) Classifica per principio come leggendari i fatti che naturalmente non si possono spiegare, quali i miracoli e la resurrezione di Cristo, per non essere costretta a confessare che Cristo è Dio, se dovesse ammettere come storici quei fatti.
Per tali motivi Bultmann è stato attaccato dai suoi stessi discepoli. Il Kasemann, discepolo di Bultmann, insorge nel 1964 contro il suo maestro dimostrando che il Kerigma era contenuto in sostanza nei detti e nei fatti di Gesù; che Paolo nel suo Kerigma si riferisce al Gesù storico che ha sofferto, è morto, è risuscitato; che i Vangeli non predicano, ma raccontano, che fanno ricorso al genere letterario della storia, che si appoggiano nella storia, che il Kerigma vi è contenuto in germe.
« E precisamente perché hanno fatto l'esperienza di Gesù come Signore, egli ancora dice, che i primi cristiani dopo Pasqua non hanno messo da parte la storia di Gesù e hanno scritto i Vangeli ». (Das problem des historischem Jesus, p. 139): « Per proteggere la purezza del Kerigma la Chiesa ha fatto riferimento alle parole e ai fatti di Gesù (ib., pag. 64): essa rifiuta un cristianesimo che non passi per la storia; essa rinnova il ricordo del passato, proteggendo la predicazione con il ritorno alla storia di ciò che è successo una volta per tutte. La signoria attuale di Gesù è inseparabile da ciò che è accaduto: la salvezza ha visto la sua realizzazione prima di noi e fuori di noi. è in questo modo che il Vangelo degli evangelisti impedisce al Vangelo predicato di trasformarsi in mito, gnosi, ideologia » (NT Questions, p. 40).
Un altro attacco contro Bultmann viene recentemente da un altro suo discepolo, Gunter Bornkamm. Egli nel suo libro Jesus von Nazareth dice che i Vangeli proclamano che la fede non comincia con essi, ma vive di una storia che li precede e che la presentazione che fa il primo cristianesimo di Gesù è colma fino all'orlo di storia (p. 22).
L'attacco più violento a Bultmann, tale da demolirlo completamente, viene da un altro protestante, J. Jeremias, specialista di lingua aramaica e di ambiente ebraico. Egli nel suo libro Il problema di Gesù storico (Brescia, 1973) accusa Bultmann di avere eliminato l'incarnazione, di avere sostituito Paolo a Gesù, di avere destoricizzato il Nuovo Testamento. L'origine del cristianesimo, egli dice, è la comparsa di Gesù, crocifisso da Ponzio Pilato, e il suo messaggio.
Oggi il Bultmann è ricordato ed è ancora di attualità per l'introduzione nello studio dei Vangeli della Scuola delle Forme; ma è da tutti abbandonato per i presupposti razionalisti e fideisti che l'hanno ispirato.
III. LA REDAKTIONSGESCHICHTE O STORIA DELLA REDAZIONE
La redaktiongeschichte (che per brevità indicheremo con la sigla RG) è sorta nel 1956 con lo studio di Marxsen Der Evangelist Markus. Mentre la FG si è occupata soprattutto delle piccole unità dei Vangeli e dell'ambiente dove essi nacquero, la RG si occupa piuttosto dei grandi insiemi e cerca di individuare le cause che hanno dato loro la vita. Così mentre Bultmann e Dibelius con la loro FG avevano completamente trascurato gli evangelisti, riducendoli a semplici compilatori di quelle forme e pericopi dei detti e fatti di Gesù che le comunità cristiane primitive andavano inventando e predicando, il Marxsen pose giustamente la sua attenzione su di essi, li considerò degli autori veri e propri, indagò sul modo come essi giunsero a redigere i Vangeli e quale fu il contributo personale di ognuno di essi nello scrivere il suo Vangelo.
La RG dimostra che il redattore dei Vangeli non si limita a prendere dalla comunità cristiana le varie forme e pericopi degli insegnamenti di Gesù, ma vi aggiunge i propri ricordi diretti o indiretti, il proprio piano, il proprio punto di vista teologico, un suo proprio linguaggio e un personale procedimento redazionale che 1'esegesi può evidenziare. Già si conoscevano le caratteristiche di ogni evangelista, ma la RG arriva a distinguere in maniera netta ciò che in ogni vangelo proviene dal lavoro redazionale e ciò che proviene dalla tradizione primitiva. La RG prende in esame soprattutto Luca e Matteo che attingono alle stesse fonti: il Vangelo di Marco e la fonte scomparsa indicata con il termine « Quelle N; ma anche Giovanni è stato preso da essa in esame.
L'oggetto delle ricerche della RG è: far rilevare le precisazioni a un fatto o a un discorso fatte da un evangelista, le frasi volontariamente omesse, 1'attualizzazione di una pericope o di una parabola, l'aggiunta di un racconto proveniente da un'altra fonte, le indicazioni geografiche, i riferimenti al Vecchio Testamento, la drammatizzazione di una scena, l'interpretazione teologica della tradizione, ecc.
La RG ha il difetto di disinteressarsi dei particolari della vita di Gesù, che pure attenzionava molto la predicazione cristiana primitiva. La RG ci permette di vedere il grado di libertà e di fedeltà degli evangelisti nei confronti delle fonti; ma ci mette contemporaneamente in grado di constatare che tale libertà di interpretazione è controllabile e non distorce mai i fatti o i detti verso una personale visione delle cose: in realtà si tratta più di fedeltà che di libertà. Così ci troviamo in grado di distinguere gli strati più antichi della tradizione da quelli più recenti, quello che risale a Gesù, quello che è un'attualizzazione dei suoi insegnamenti alla comunità cristiana primitiva, e quello che è proprio dell'evangelista.
In pratica per mezzo del contributo della FG, della NE e della RG è stato fatto un esame ad altissimo livello scientifico dei contenuti dei singoli vangeli e addirittura di ogni versetto di essi, tale che ci permette, integrandoli, di risalire a quello che ha detto e fatto Gesù, alle sue attualizzazioni nelle comunità cristiane primitive, al contributo e alla interpretazione dei singoli evangelisti.
IV. LA NUOVA ERMENEUTICA
Indicheremo la Nuova Ermeneutica con la sigla NE.
La 2a ondata di reazione a Bultmann è venuta dalla NE, che è una scienza dell'interpretazione della Sacra Scrittura.
Essa parte dalla teoria del filosofo esistenziale Heidegger, secondo cui l'uomo, quando è sincero, è come un altoparlante dalla voce silenziosa del suo essere. Lo sforzo nostro non deve essere di capire il suo linguaggio, ma di capirlo attraverso il suo linguaggio.
D'altro lato, aggiunge Heidegger, non si potrebbe capire quanto egli in un testo dice, senza avere una qualche idea del suo valore esistenziale. Come si può capire l'amicizia, l'amore, la sofferenza, la solitudine se non si avesse una qualche esperienza di queste realtà?
Bultmann alla scuola di Heidegger elabora delle regole per la interpretazione di un testo: vedere il suo genere letterario; attenzionarne la grammatica e la sintassi; vedere quale significato abbia ogni parola per l'autore; conoscere la personalità e la cultura dell'autore; conoscere attraverso i documenti l'ambiente dell'autore.
E precisamente applicando questi principi di Bultmann che gli esponenti della NE sono andati contro Bultmann.
I principali esponenti della NE sono:
a) James Robinson. Egli dice che ora è possibile fare una Nuova Ricerca su Gesù; che la comunità primitiva ha mantenuto intatti i loghia, o « detti », di Gesù; che i Vangeli ci danno un'immagine kerigmatica della storia di Gesù; che il Gesù umiliato e il Gesù esaltato si identificano; che tra la predicazione di Gesù e il Kerigma di Paolo c'è la stessa dialettica e la medesima comprensione di sé: la vita nella morte, la gloria nella croce, l'esaltazione nell'umiliarzione.
b) G. Ebeling, ricalcando Heidegger, dice: « Essere e linguaggio sono strettamente collegati; il linguaggio permette all'essere di essere »; e aggiunge « Non si coglie l'essenza della parola cercando di vedere il suo contenuto, ma vedendo che cosa opera, a che cosa dà vita, che genere di avvenire dischiude (amore, odio, speranza, durezza, cattiveria). Soltanto la parola di Dio può promettere all'uomo un vero avvenire, cioè la salvezza ».
c) Fuchs dice: « Se prima si interpretava Gesù storico con l'aiuto del Kerigma cristiano primitivo, ora si interpreta codesto Kerigma con l'aiuto del Gesù storico.
La storia di Gesù è quella del suo linguaggio. Il dono di Gesù è il dono di se stesso e della sua parola.
Robinson, Ebeling e Fuchs rovesciano la posizione di Bultmann: « Non siamo noi, essi dicono, a interpretare il testo, ma è il testo che ci interpreta, cioè che illumina e giudica la nostra esistenza. Le parabole di Gesù sono un modo nuovo di concepire la vita: vanno lette non da spettatori, ma da attori; esse ci chiamano in causa, ci costringono a prendere decisioni esistenziali, ci invitano a scegliere tra la visione del mondo proposta da Gesù e quella proposta dal mondo ».
V. SCUOLA DELLA TRADIZIONE
A questo punto si forma la Traditionsgeschicte (TG) o Scuola della Tradizione la quale, utilizzando le ricerche della FG e della RG, rileva i tre tempi della formazione dei Vangeli.
Il 1° tempo è la scoperta dell'ambiente di Gesù; e quindi dell'insegnamento di Gesù, delle sue opere, della sua vita e le reazioni varie e contrastanti dell'ambiente verso di lui.
Il 2° tempo è la scoperta delle comunità cristiane primitive che rapidamente si diversificano, fanno distinguere un ambiente ebraico, uno greco e uno romano, e danno una coloritura propria all'identico messaggio di Gesù.
Il 3° tempo è quello della redazione. L'evangelista raccoglie il materiale, lo seleziona, sceglie il genere letterario da adottare, che è quello di « Vangelo » o lieto annuncio, con lo scopo di suscitare la fede in Gesù Messia e Figlio di Dio, pur restando fedele alla verità di Gesù.
Così la RG attraverso la critica testuale giunge a stabilire con la maggiore fedeltà possibile il testo originale dei Vangeli; scopre il ruolo e il piano proprio di ogni evangelista e quindi passa allo studio del Vangelo nella sua forma attuale (struttura, unità, teologia); la FG cerca di scoprire gli ambienti di vita dei primi racconti o « forme » dei Vangeli, i loro interessi; la mediazione della tradizione orale; e quindi ordina i contenuti in forme, limitando il ruolo degli evangelisti e compilatori.
Infine la NE cerca di scoprire quello che è avvenuto e non solo ciò che dice il testo; così arriva a conoscere la persona di Gesù, le comunità primitive, l'evangelista; fa vedere la continuità organica che va da Gesù al testo attuale; fa vedere l'attualizzazione dei testi al tempo della loro redazione e per tutti i tempi; ciò che sorpassa la mente stessa dell'evangelista, ma che certamente era nella mente di Cristo.
Attraverso tutti questi studi si arriva a scoprire che i Vangeli, pur non essendo del genere storico, sono i migliori libri storici. Infatti oggi la concezione positivista della storia come pura obiettività è finita. Gli avvenimenti arrivano alla nostra conoscenza attraverso almeno due interpreti: il testimonio e lo storico.
La storia della rivoluzione sovietica o della 2a guerra mondiale, ad es., risulta diversa se scritta da un marxista o da un fascista o da un democratico. In questo senso gli evangelisti sono gli interpreti più fedeli, perché ebrei e quindi naturalmente ostili alla Trinità. « Per questo, dice il Latourelle, essi nel tentativo di esprimere il significato ultimo della vita di Gesù, cioè il dono della sua vita per la salvezza di tutti, si mettono al centro degli interessi della storia, così come oggi la si concepisce. Nonostante la loro libertà nei confronti dei dati concernenti tempo e luogo, restano maggiormente fedeli a Gesù della cronaca più completa » (Latourelle: A Gesù attraverso i Vangeli, Cittadella, p. 112).
VI. LA SCUOLA TEOLOGICA
Alla generazione dei critici succede presso i protestanti, negli ultimi 15 anni, la Scuola dei Teologi.
Essi, ormai convinti attraverso gli studi della RG e della stessa FG di essere giunti al Gesù storico, costruiscono sui Vangeli una cristologia critica. E' sintomatico come l'onesta e intelligente critica interna fa arrivare cattolici e protestanti a identiche conclusioni.
W. Pannenberg nel libro Rivelazione come storia (Bologna 1969) e, dopo, in Cristologia (Brescia 1974) sostiene: « Il Gesù che oggi è annunziato non è altri che il Gesù che visse in Palestina, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e risuscitò.
D'altronde, poiché la resurrezione di Gesù, è l'espressione anticipata del termine della storia, è proprio essa che ci permette di afferrare fin da ora il senso della storia universale.
Cristo così diventa la spiegazione della storia come rivelazione di Dio. I libri del NT sono fonte storica e non semplicemente un testo di predicazione; non esprimono solo ciò che fu creduto, ma fanno conoscere quel Gesù che il cristiano crede ». J. Moltmann nel suo libro Il Dio crocifisso (Brescia 1973) fa l'autocritica della fede in Cristo. « Questa, egli s'interroga, proviene dalla persona e dalla storia di Gesù o è frutto di giudizi personali di valore? ». E risponde: « Il compito della cristologia è di verificare storicamente la fede fino alle sue ultime conseguenze per il presente e il futuro.
Un'ermeneutica, egli aggiunge, ristretta all'origine è sterile; un'ermeneutica che si interessi solo agli effetti della cristologia del cristianesimo nella storia del mondo perde di vista la giustificazione e l'autorità interne nella fede ».
Kasper, cattolico, in Gesù il Cristo (Brescia) afferma: « L'opposizione tra Gesù di Nazareth e il Cristo predicato non regge più. Bisogna vedere Gesù alla luce della fede ecclesiale, e interpretare la fede ecclesiale alla luce di Gesù ».
Duquoc, insieme con Pannenberg e Moltmann e contro Bultmann, afferma che dal Kerigma si può risalire al Gesù della storia e che i testi del NT non sono soltanto i testimoni della fede della Chiesa primitiva, ma sono delle memorie fedeli, che gettano una luce reciproca tra le espressioni di fede e gli elementi che hanno agito nella loro elaborazione.
Quello che Pietro proclama risorto e donatore dello Spirito, non è altri che il profeta seguito dalle folle, e, a motivo della sua libertà di parola e di comportamento, respinto e condannato dai rappresentanti dell'ordine religioso stabilito (Christologie 2,14).
La volontà degli evangelisti è quella di non separare mai l'annuncio del Risorto dalla sua esistenza storica, perché è l'uomo Gesù che è il Signore (ib., 2,17).
Schillebeckc, anche lui cattolico, nel suo libro Gesù, la storia di un vivente (Brescia) dice: « Il ricorso al metodo storico è per il cristianesimo questione di vita o di morte. C'è continuità tra il Gesù storico e il Gesù dell'annuncio della catechetica, della parenesi e della liturgia delle Chiese primitive. C'è una continua interazione tra il ricordo di Gesù e l'esperienza postpasquale, perché solo dopo che la resurrezione illuminò i ricordi del passato i discepoli penetrarono il senso della sua vita, quale realtà definitiva di salvezza e l'identificarono quale Messia e figlio di Dio ».
Così, dopo due secoli di storia della critica, il cerchio si chiude e, dopo prove critiche laboriosamente conquistate, gli studiosi cattolici e protestanti convengono a queste conclusioni che il Latourelle così riassume:
a) I redattori dei Vangeli si ricollegano alla Chiesa primitiva e a Gesù tramite una tradizione orale e scritta di cui essi sono i portavoci e gli interpreti.
b) I primi e qualificati annunciatori del Kerigma, gli apostoli, sono testimoni oculari e auricolari non solo dei fatti, ma insieme dei loro significati cioè della salvezza inaugurata dalla morte e resurrezione di Gesù (Atti 10,42).
c) Per 3 0 4 decenni dai fatti la Buona Novella è stata predicata, commentata, attualizzata secondo gli ambienti e i loro problemi: da questi gli evangelisti ereditano i tratti che li caratterizzano.
d) Gli evangelisti nel redigere i loro Vangeli, selezionano, coordinano il materiale raccolto, aggiungendovi loro ricordi, loro personali ricerche e, soprattutto, un loro progetto e una loro interpretazione.

3. GESù STORICO
I. ESISTENZA STORICA DI GESù
Non c'è, né ci può essere cosa più interessante che scoprire se Gesù è storico e che cosa c'è di storico nei Vangeli. Il motivo di questo interesse è evidente: se tutto è storico quanto essi dicono di lui, deve cambiare il nostro atteggiamento verso di lui, sia perché egli promette una salvezza reale, totale, eterna a coloro che lo accettano, sia perché egli predice un giudizio terribile a coloro che lo rifiutano o lo emarginano.
Prima o dopo, egli proclama, tutti gli uomini dovranno rendergli conto delle loro opere.
è questa pretesa di Gesù che ha fatto insorgere milioni di uomini contro di lui, mentre nessuno è insorto contro Zarathustra, né contro Budda, né contro Maometto nonostante le dottrine e i precetti da loro dati.
Ma dall'altro lato è questa stessa pretesa di Gesù che suscita fino ad oggi l'interesse e l'entusiasmo di milioni di altri uomini. Cosa c'è di storico su Gesù?
Dice Renan: « Che i Vangeli siano in gran parte leggendari è evidente, perché sono pieni di miracoli e di soprannaturale».
Gli fanno eco tutti i seguaci della Scuola Razionalista o Critica, i quali tanto poco razionalmente e criticamente hanno rovesciato il metodo scientifico; e cioè, invece di fare prima le ricerche storiche e poi trarne le conclusioni, prima hanno formulato la loro tesi mitologica e poi hanno cercato di trovarne i sostegni storici o, in mancanza, li hanno inventati, affermando che tutte le parti miracolistiche dei Vangeli sono state inserite in essi molto più tardi.
Uno dei cosiddetti grandi maestri della Scuola Critica, Ernest Havet dice: « Il primo dovere che ci ha imposto il principio razionalista, che è il fondamento di ogni critica, è di scartare dalla vita di Gesù il soprannaturale. Ciò porta via di colpo tutti i miracoli del Vangelo. Quando la critica rifiuta di credere alle narrazioni miracolose, essa non ha bisogno di addurre delle prove per suffragare la sua negazione: ciò che si racconta non è potuto accadere ».
Però di tutte queste affermazioni i razionalisti non hanno dato mai una prova. Dal canto suo la Pravda nell'edizione di Mosca del 7.4.1972, per dare una doccia fredda al crescente entusiasmo dei giovani alla persona di Gesù, fu più radicale e scrisse: « Il Cristo non è mai morto e non è mai risuscitato; non è mai esistito ».
La grande Enciclopedia Sovietica, sintesi della cultura moderna sovietica e rispettabilissima per il suo contenuto scientifico, alla voce « Gesù Cristo » si sbriga in due parole: « personaggio mai esistito ». La prima a protestare è stata nel mondo occidentale la stampa laica, perché tale affermazione gettava il discredito e il ridicolo su tutta la cultura laicista e sull'intero ateismo.
Tanta propaganda idiota non ha fatto altro che accrescere l'interesse del popolo russo per Gesù, per cui poco tempo dopo un rappresentante della cultura ufficiale sovietica (M. Koublanov) ebbe a dire che il problema non era se Dio s'era fatto uomo, ma come mai dell'uomo Cristo, certamente esistito, i suoi discepoli ne avessero potuto fare un Dio; ed egli per conto suo lo risolve con l'aspirazione degli schiavi ad affrancarsi.
Frattanto nel mondo occidentale compaiono molti libri marxisti, tra i quali Das Prinzip Hoffnung (Francoforte) del filosofo comunista ebreo ateo E. Bloch (+ 1977) che ebbe a dire: « La stalla, il figlio del falegname, il sognatore fra la gente semplice, la forca dell'ultimo giorno, tutto questo si fonda su un materiale storico, non su quello indorato che la leggenda predilige».
Gesù non era, secondo Bloch, il mite agnello di certe rappresentazioni cristiane. « Era un lottatore, venuto a portare il fuoco e la spada » (Ardusso, pag. 25).
E ha ben ragione Bloch di affermare la storicità di Cristo quando gli stessi storici pagani ne parlano.
Tacito: « Cristo viene condannato a morte da Ponzio Pilato sotto il regno di Tiberio » (Annali, 15,44)
Svetonio: « Claudio espulse da Roma gli ebrei i quali, richiamandosi a un certo Cristo, creavano disordini » (Vita di Claudio, 25,4).
Svetonio non distingue gli ebrei dai cristiani, che nel primo tempo furono in maggioranza di razza ebraica. Gli ebrei, arrabbiati verso i loro connazionali che si convertivano al cristianesimo, cominciarono a fare tumulti contro di loro.
Claudio, per togliere da Roma quei disordini, nell'anno 50 con un decreto cacciò da Roma tutti gli ebrei, compresi quelli diventati cristiani. Questa espulsione è la stessa di cui parla Luca al capitolo 18 degli Atti. Plinio il Giovane, proconsole nell'Asia Minore nella sua lettera (10, 96) a Traiano chiede se doveva perseguire i cristiani che trovava innocui e che « in un determinato giorno della settimana si radunavano e cantavano inni in onore di Cristo come per un Dio ».
Uno storico siriano, Mara bar Serapione, intorno all'anno 73 scrisse una lettera al figlio che studiava a Edessa nel Mar Nero; ivi fra l'altro gli dice: « Che è giovato agli Ateniesi uccidere Socrate... o agli abitanti di Samo bruciare Pitagora... o ai Giudei giustiziare il loro saggio Re, se da allora è stato loro tolto il regno? (evidentemente la catastrofe del 70)... Gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di Samo furono sommersi dal mare. i Giudei trucidati e scacciati dal loro paese; essi vivono da per tutto nella diaspora. Socrate non è morto grazie a Platone, né Pitagora a causa della statua di Hera, e neppure il Re saggio in virtù delle nuove leggi date da lui » (Cureton, Spicilegium Syriacum, 43 ss).
II. FONTI STORICHE DI GESù
Le prime fonti storiche che ci parlano di Gesù sono i libri di otto suoi contemporanei: le Lettere di Paolo, di Pietro, di Giacomo, di Giuda, i Vangeli di Marco, di Matteo, di Luca e di Giovanni, oltre agli Atti di Luca e alle Lettere di Giovanni.
Siccome i libri che narrano diffusamente gli insegnamenti e i tratti principali della vita di Gesù sono i Vangeli, contro di essi si è particolarmente accanita la critica dei razionalisti, ossia dei negatori del soprannaturale.
Per vedere la faziosità di tale critica basta fare un confronto tra il tempo che intercorre fra i personaggi storici anteriori, contemporanei e posteriori a Gesù, gli scritti che parlano di loro e i manoscritti che li riportano e il tempo che intercorre tra Gesù, gli scritti che parlano di lui e i manoscritti che li riportano.
Si vedrà come, mentre nessuno dubita della storicità di tali personaggi immensamente meno documentati di Gesù, è assolutamente ingiusto dubitare della storicità e autenticità di quanto narrano di Gesù gli otto scrittori suoi contemporanei e i molti scrittori cristiani del 1° e 2° secolo (per non parlare di quelli posteriori).
1. Per i personaggi storici
Diamo uno sguardo al tempo che intercorre:
a) tra tali personaggi e la stesura del libro che parla di loro. Di Socrate abbiamo tre discepoli che scrissero di lui: Platone, Aristotele, Senofonte;
di Cicerone scrisse Plutarco 70 anni dopo;
di Aristotele scrisse Apollodoro 3 secoli dopo;
di Budda sappiamo qualcosa da Massa Kassapa che scrisse tre secoli dopo;
di Confucio scrisse Mencio un secolo dopo;
di Maometto, pur venuto 600 anni dopo Cristo, scrisse la vita Ibn Ishaq 100 anni dopo;
conosciamo Augusto da Plutarco che scrisse 80 anni dopo, da Tacito che scrisse 102 anni dopo, da Svetonio che scrisse 105 anni dopo. Tiberio ebbe tre biografi: un contemporaneo, Velleio Patercolo, Tacito che scrisse 79 anni dopo, Svetonio 82 anni dopo.
b) Tra la stesura dei libri e i manoscritti più antichi che abbiamo di essi. Per i grandi poeti e filosofi greci (Eschilo, Euripide, Sofocle, Platone, Aristotele) intercorrono non meno di 1.200 anni. Per i grandi poeti e scrittori latini (Ovidio, Orazio, Cesare, Cicerone, Tacito) intercorrono da 800 ai 1000 anni.
Unica eccezione rappresentano le opere di Virgilio per le quali intercorrono 350 anni, perché continuamente scritte, quali libri di testo nell'antica Roma.
2. Per Gesù
a) Tempo che intercorre tra Gesù e il numero e l'età degli scrittori che parlano di lui:
Abbiamo testimonianze su di lui da 8 suoi contemporanei i cui scritti formano i libri del Nuovo Testamento: Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Pietro, Paolo, Giacomo, Giuda. Quindi abbiamo tutti gli scrittori cristiani dei primi secoli. Essi nelle loro opere parlano di Gesù e citano i Vangeli e gli altri scritti apostolici.
Le loro citazioni stabiliscono che i Vangeli furono scritti nella 2a metà del secolo I; e sono tante che con esse si potrebbero ricostruire i Vangeli stessi se essi fossero stati perduti.
Citiamo i principali scrittori dei primi 150 anni dalla morte di Gesù. Essi sono 15 e precisamente:
1) Didaché o dottrina dei 12 apostoli sulla vita cristiana, sui sacramenti, sull'ordinamento della Chiesa (I secolo).
2) Lettera di Barnaba sull'originalità del Nuovo Testamento (I secolo).
3) Lettera di Clemente, 3° successore di S. Pietro, contenente un ricco quadro dell'ideale della vita cristiana (I secolo).
4) Ignazio, vescovo di Antiochia, scrisse sette lettere verso l'anno 110 mentre veniva trasportato a Roma per essere dato in pasto alle belve: sono una inarrivabile testimonianza di amore a Cristo.
5) Policarpo, vescovo di Smirne, martire, scrisse probabilmente nello stesso anno 110 una lettera ai Filippesi per esortarli a restare fedeli a Gesù.
6) Ireneo, vescovo di Lione, discepolo di Policarpo, è il più grande teologo del 2° secolo. Scrisse molte e chiarissime opere per esporre la fede cristiana e confutare gli eretici.
7) La lettera a Diogneto, scritta probabilmente nel 124 da Quadrato, discepolo degli apostoli, per l'imperatore Adriano; contiene un quadro meraviglioso della vita dei primi cristiani (Bhilmeyer Tuechle: L'antichità cristiana, Morcelliana).
8) Papia, vescovo di Gerapoli, in Frigia, scrisse verso l'anno 130 cinque libri intitolati Spiegazioni di detti del Signore.
9) Aristide, filosofo cristiano di Atene, scrisse verso il 130 un'apologia del cristianesimo per l'imperatore Adriano.
10) Erma scrisse a Roma tra il 12o e il 140 il Pastore sulle concezioni e sulla pratica del cristianesimo.
11) Giustino, filosofo palestinese, scrisse un'Apologia del cristianesimo e della divinità di Cristo per l'imperatore Antonino Pio.
12) Taziano, discepolo di Giustino, scrisse verso il 160 la famosa concordanza dei Vangeli, chiamata Diatessaron.
13) Teofilo, vescovo di Antiochia, scrisse verso l'anno 180 tre libri ad Autolico sulla stoltezza dell'idolatria, sulla creazione e sulla Bibbia e altri libri di commento ai Vangeli e contro gli eretici.
14) Tito Flavio Clemente, ateniese coltissimo, scrisse alla fine del 2° secolo l'Esortazione ai pagani, il Pedagogo, l'Ipotiposi sulla morale, sulla gnosi cristiana e sulla Bibbia.
15) Verso la fine del secolo 2° nascono molti scrittori cristiani dei quali il più grande è Origene (18 5), un vero genio del cristianesimo e per le molte opere e per la profondità del suo pensiero.
b) Tempo che intercorre tra la stesura dei Vangeli e i manoscritti più antichi che li riportano.
I manoscritti antichi dei libri antichi si chiamano codici. Erano scritti in pergamena, ossia in pelle di agnello macerata con la calce e levigata con pomice, e chiamata così preché confezionata a Pergamo, antica città dell'Asia Minore, e di là esportata sotto gli Attalidi fin dal 2° secolo a. C., in tutte le città del mondo civile.
Abbiamo due codici dei Vangeli che risalgono a appena 300 anni dopo che i Vangeli furono scritti: il Codice Vaticano e il Codice Sinaitico. Quest'ultimo fu venduto ad altissimo prezzo da Lenin al British Museum.
Abbiamo 3 codici pure in pergamena che risalgono a 400 anni dalla stesura dei Vangeli:
il codice Alessandrino;
il codice di Efrem rescritto;
il codice di Beza.
Se poi vogliamo confrontare il numero dei codici esistenti per lo stesso periodo di anni delle opere pagane greche o latìne e quelle del Nuovo Testamento (Vangeli e lettere) la sproporzione diventa enorme: andiamo da uno o due manoscritti delle opere di Sofocle, di Euripide, di Tacito, al massimo di cento o 200 per le opere di Omero o di Orazio; mentre dei soli 8 scrittori cristiani contemporanei di Cristo abbiamo ben 34.086 codici.
Tutti questi codici riportano i Vangeli originali; ce lo provano in maniera categorica i papiri scoperti tutti in questo secolo e riportanti brani dei Vangeli più o meno lunghi, fino a molti capitoli. I papiri che possediamo sono fino ad oggi 70.
I più celebri sono quelli del Rylands che riporta Gv. 18,3133 e 37 ss. e risale al 125 (quindi ad appena 35 da quando fu scritto il Vangelo di Giovanni); il papiro Bodmer II che riporta Gv. 1, r r426 e risale al 15 o; il papiro Chester Beatty II che riporta gran parte dei Vangeli e degli Atti e risale al 200; ecc. (Lapple: La Bìbbìa oggi, EP).
III. COMUNITA PREPASQUALE
A questo punto interessa sapere: esisteva una comunità prepasquale attorno alla persona di Cristo, o la comunità cristiana è sorta dopo Pasqua?
E, nel caso positivo, ìn quale rapporto si trovò la comunità prepasquale con la comunità pasquale?
Per Bultmann il problema non ha interesse, perché parte del preconcetto del mito formato dalla comunità pasquale.
Per noi, invece, ha un grande interesse perché l'esistenza di una comunità prepasquale esclude categoricamente il mito.
Qui giustamente lo Schurmann fa osservare: Attorno a Gesù c'è un gruppo stabile. I discepoli devono abbandonare famiglia, beni, lavoro per unirsi in lui in una vita randagia e oltremodo scomoda, perché Gesù non è come un rabbino che insegna in una sinagoga, ma va passando continuamente da un paese e da un villaggio all'altro. Gesù vuole con sé uomini che si debbono totalmente dedicare alla predicazione del Vangelo.
Se un gruppo di persone (gli apostoli) avevano lasciato tutto per seguirlo, è segno che la fede c'era prima di Pasqua, perché tale comunità non è naturale, come la famiglia, e postula una causa. In una comunità simile che per 3 anni seguì e ascoltò Gesù era non solo possibile, ma logico che si formasse una tradizione che continuò dopo Pasqua.
E Gesù, quando vede che i suoi discepoli hanno assorbito i suoi insegnamenti, fa fare loro il rodaggio mandandoli a due a due a predicare il Vangelo del regno di villaggio in villaggio, conferendo loro, per renderli credibili, i suoi stessi poteri di guarire e di cacciare i demoni.
Ai discepoli interessava trasmettere il messaggio di Gesù più che la vita, come si rileva chiaramente dalla predicazione degli apostoli, riportata dagli Atti, e dalle loro lettere.
I loghia (detti) di Gesù non sono anonimi come quelli dei rabbini, e vengono trasmessi da loro accuratamente; questo è indice dell'immenso rispetto che avevano per Gesù.
IV. COMUNITA PASQUALE
Tra la comunità prepasquale e quella pasquale non c'è rottura di continuità.
Gli apostoli, sebbene interiormente distrutti dalla morte di Gesù, non pensano minimamente di tornare alle loro case, ma dopo lo sbandamento del Venerdì Santo si riuniscono di nuovo nel cenacolo senza nessuno scopo preciso: erano troppo legati a Gesù, la loro vita aveva subito una svolta per la sua sequela: il comune dolore, la comune disperazione (Lc. 24,2 t) e il comune disorientamento li riuniva.
Ma fino a quando ciò sarebbe durato?
La resurrezione di Gesù arriva al momento giusto per rianimarli e ricomporli.
Ricevuto il giorno dell'Ascensione il mandato di Cristo di predicare in tutto il mondo, e fortificati dallo Spirito Santo il giorno di Pentecoste, cominciano quel giorno stesso a predicare. La loro predicazione è un Kerigma, ossia un annuncio. A loro non interessava narrare la vita di Gesù, sia perché gli ascoltatori avevano conosciuto quasi tutti Gesù, sia perché essi avevano cose più urgenti da annunziare, e cioè che quel Gesù che i giudei avevano crocifisso era risuscitato ed era quindi il Kirios, ossia il Signore. Tutta la predicazione di primo impatto era Kerigmatica, cioè andava ai fatti più importanti della vita e della missione di Gesù per suscitare la fede in lui. Solo in un secondo momento, quando gli ascoltatori si erano convertiti a Cristo, cominciava la didaché, ossia l'istruzione o catechesi. I cristiani si andavano riunendo in ogni comune e, quando erano assai, in tante case nello stesso comune, e venivano istruiti dagli apostoli o dai presbiteri.
Il libro degli Atti (2,43) ci dice: « erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere ».
Era allora che si andavano trasmettendo i detti e i fatti di Gesù. Tali detti e fatti, o loghia, venivano memorizzati secondo l'uso rabbinico nelle sinagoghe, soprattutto perché la grande maggioranza della popolazione era analfabeta. è nella comunità pasquale l'origine e la fonte dei Vangeli.
V. ATTENDIBILITA' STORICA DEI VANGELI
Attraverso i Vangeli arriviamo ai discorsi fatti da Gesù?
Col Gerhardsson (Memory and Manuscript, Uppsala 1961) rispondiamo di sì per i seguenti motivi: Gesù fin dal suo apparire viene da tutti riconosciuto e chiamato Rabbi. Per essere possibile ciò era necessario che Gesù si comportasse come i rabbini ebrei.
Costoro leggevano in ogni discorso un brano più o meno lungo della Legge (o Torah, cioè il Pentateuco); lo ripetevano perché gli ascoltatori lo imparassero a memoria e poi, spesso, lo spiegavano.
I princìpi della pedagogia rabbinica erano due: far ripetere ai discepoli il testo a memoria; conservare inalterato il testo imparato a memoria. Naturalmente Gesù non si fermava alla Torah, ma la completava, come egli stesso afferma (Mt. 5,17) con i suoi insegnamenti.
Tali nuovi insegnamenti li dava con autorità (Mc. 1,22) e pretendeva che ad essi non venisse cambiata né una parola, né una virgola (Mt. 5,19). Per far ciò, seguendo l'uso rabbinico, Gesù doveva ripetere i suoi insegnamenti.
Non si poteva inventare da anonimi una tecnica e un contenuto così perfetti di tali insegnamenti. Occorreva una grande intelligenza e un grande maestro e questi non poteva passare inosservato. E questa persona infatti si impose fin dal suo primo apparire e subito fu chiamata Rabbi, cioè Maestro.
Gesù si è mostrato subito un rabbi perfetto, e per il contenuto altamente religioso del suo insegnamento e per la tecnica consumata con cui lo impostava, fatta da antitesi, da parallelismi, da proverbi, da parabole che subito venivano imparate a memoria.
Per esempio: « Se il tuo occhio ti scandalizza, cavatelo; è meglio andare in paradiso con un occhio solo, anziché all'inferno con tutti e due » (Mt. 18,9).
« Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la vita? » (Mt. 16,26).
« Chi vuol guadagnare la sua vita la perderà, chi perde la sua vita per me e per il Vangelo la troverà » (Mc. 8,3 5) ecc.
« Se il grano di frumento prima cadendo in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto » (Gv. 12,24).
Tutto l'insegnamento di Gesù e la sua vita sono direttamente collegati con la Torah e coi profeti, come egli stesso e gli evangelisti ripetutamente riferiscono.
Non c'è soluzione di continuità tra il VT e il NT, come non c'è soluzione di continuità tra il Vangelo predicato da Gesù e quello predicato dagli apostoli e dai discepoli.
Perciò il cristianesimo non comincia con la predicazione degli apostoli, ma con la predicazione di Gesù, di cui quella degli apostoli fu per primo una ripetizione e quindi lo sviluppo.
Gli apostoli erano in grado di trasmettere fedelmente tali insegnamenti perché avevano visto e ascoltato Gesù (Atti 4,20: I Gv. 1,13), perché erano vissuti nella sua intimità (Atti 1,2122), perché avevano mangiato e bevuto con lui (Atti 10,41). In conseguenza avevano sentito ripetere nei tre anni di vita pubblica tante volte quegli insegnamenti, per cui li avevano imparati a memoria, come i discepoli dei rabbini. S. Giovanni dà forza alla sua testimonianza: « Quello che era fin da principio, quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto coi nostri occhi, quello che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, del Verbo di vitaquello che abbiamo visto e udito lo annunziamo anche a voi, affinché voi pure siate in comunione con noi » (I Gv. 1,1 e 3).
Però tutti quegli insegnamenti dovevano essere calati nella realtà e nelle situazioni delle varie chiese nelle quali gli apostoli predicavano, perché si trattava di insegnamenti vitali per la salvezza. Per tal motivo potevano sorgere delle piccole varianti e nei discorsi e nei racconti. Per i racconti dei miracoli creavano una forma quasi stereotipata che rispecchiava i loro ricordi.
Sia i detti (o loghia) sia i racconti venivano memorizzati dai discepoli e trasmessi fedelmente agli altri.
Su tali tradizioni vigilavano attentamente gli apostoli perché restassero fedeli, come possiamo ampiamente vedere.
S. Pietro dice: « Non possiamo non parlare di quelle cose che abbiamo vedute e udite » (Atti 4,20); noi siamo testimoni di tutto quello che (Gesù) ha fatto nella regione dei Giudei e a Gerusalemme » (Atti 10, 39); « il Gesù che gli ebrei hanno crocifisso è risuscitato ed è apparso, e noi ne siamo i testimoni» (Atti 5,32).
S. Paolo dice: « Sapete bene quali sono le istruzioni che noi vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù » (I Ts. 4,2); orsù dunque, fratelli, state saldi e conservate le tradizioni che avete ricevute sia a viva voce, sia per mezzo della nostra lettera » (2 Ts. 2, r S e 3,6); « Se uno vi annuncia un Vangelo diverso da quello che avete ricevuto sia scomunicato » (Gal. I,9). Ed egli loda Luca per il suo fedelissimo Vangelo. S. Paolo sa bene quale sia la sua missione: « Noi siamo ambasciatori di Cristo, in modo che Dio stesso esorta per mezzo nostro» (2 Cor. 5,20); e giacché l'ambasciatore deve trasmettere fedelmente quanto il suo governo gli dice, S. Paolo va due volte a Gerusalemme per confrontare il suo Vangelo con quello degli altri apostoli « affinché non corra o non abbia corso invano » (Gal. i e 2,16).
Il Latourelle fa vedere l'accuratissima vigilanza degli apostoli e della Chiesa sulla fedeltà della tradizione: essa ci dà l'assoluta garanzia che, se non arriviamo alle identiche parole pronunciate da Gesù, certamente arriviamo a precise formulazioni del suo pensiero e dei suoi « loghia » o detti (A Gesù attraverso i Vangeli, Cittadella, Assisi).

4. AUTORI E ETA' DEI VANGELI
1. Autori

La parola Vangelo, dal greco euanghelion, significa lieto annuncio; fu usata fin da principio, da Gesù e dagli apostoli, per significare la gioia del messaggio di Gesù: la redenzione da lui compiuta, l'avvento del regno di Dio, il compimento delle promesse messianiche, la nostra elezione a figli di Dio ed eredi del Paradiso, la nostra resurrezione finale e la vita e la felicità eterna a cui siamo chiamati.
Nel linguaggio corrente la parola Vangelo significa il libro che ci parla di tutto questo.
Dopo tutte le critiche fatte ai Vangeli in questi ultimi duecento anni si può legittimamente ancora ritenere che la tesi trasmessaci da Papia, da Giustino, da Teofilo, vescovo di Antiochia, da Ireneo, dal Canone Muratoriano (tutti del 20 secolo) e da tutti gli scrittori cristiani posteriori, sia la giusta, e che cioè gli autori dei Vangeli sono Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Non potendo, per brevità, elencare le citazioni dei Padri sugli autori dei Vangeli citiamo le testimonianze di Papia e del Canone Muratoriano. Papia nella sua opera « Esposizione dei loghia del Signore » scrive nel I 10 « Se in qualche luogo veniva uno che avesse seguito gli Anziani (come discepolo), (da lui) mi informavo delle parole degli Anziani, che cosa avesse detto Andrea, o Pietro, o che cosa Filippo o Tommaso o Giacomo o Giovanni o Matteo o qualche altro dei discepoli del Signore, e ciò che dicono Aristone e Giovanni l'Anziano discepolo del Signore. Infatti pensavo che le cose che provengono dai libri non fossero così utili come quelle udite dalla voce viva e duratura ».
Sul Vangelo di Matteo Papia così si esprime: « Matteo dunque compilò in aramaico i loghia (del Signore), e ciascuno li tradusse come ne era capace».
Nel passo su Marco, Papia, riportando le parole del « presbitero », dice che Marco, essendo interprete (hermeneutés) di Pietro, scrisse accuratamente per quanto si ricordava, non però in ordine, le cose dette o fatte dal Signore (tà ypò toìì Kyrìou e lechthénta è prachthénta). Egli infatti non udì il Signore né lo accompagnò: fu discepolo di Pietro, come dicevo; costui (Pietro) secondo la necessità faceva le sue istruzioni, ma senza l'intenzione di fare una esposizione ordinata dei racconti del Signore (tón Kyriakón logìon), cosicché Marco non ha commesso errore scrivendo così alcuni loghia come si ricordava. Di una cosa infatti si preoccupò, di non tralasciare nulla di ciò che aveva udito, né di dire in questo alcuna menzogna » (Eusebio: Hist. Eccl., III, 39,15) .
Il frammento muratoriano (scoperto dal Muratori nel 1740) risale al Zoo. Di esso fu perduta la prima parte che parla dei Vangeli di Matteo e di Marco. La parte ritrovata dice: « Il 3° libro del Vangelo lo scrisse Luca... il 4° libro dei Vangeli lo scrisse Giovanni, uno dei discepoli ».
Dalla critica interna dei testi ci si accorge subito che gli autori dei Vangeli sono tutti ebrei, che hanno utilizzato delle fonti comuni, i loghia del Signore, cioè raccolte scritte di insegnamenti e di fatti di Gesù, e ci si accorge pure che Matteo scrive per gli Ebrei, perché non spiega le parole e le feste ebraiche, mentre gli altri evangelisti, scrivendo per pagani, li spiegano; che Marco scrive per i Romani forse a Roma, e dà spicco ai miracoli che fanno vedere di più la potenza di Gesù; che Luca scrive in una città greca per i pagani; che Giovanni scrive per gli ellenisti, forse ad Efeso, e imposta la speculazione filosoficateologica cristiana. Tutti i Vangeli sono scritti in greco.
2. Il Vangelo di Matteo
L'autore del I° Vangelo è l'apostolo Matteo, il pubblicano; sia perché è lui solo che per umiltà si nomina col nome con cui tutti lo conoscevano (Matteo il pubblicano), mentre gli altri evangelisti per salvargli l'onore lo chiamano col nome poco conosciuto « Levi »; sia perché il tono particolarmente antifarisaico del suo Vangelo rivela in lui il pubblicano fortemente odiato dagli scribi e dai farisei.
S. Matteo scrisse il suo Vangelo in greco poco dopo Marco, perché riporta molti passi di Marco.
Il testo originale aramaico del Vangelo di Matteo, molto più antico, andò perduto; la traduzione in greco è fatta tra il 70 e l'80.
Matteo scrive per i Giudei, come dimostrano le frequenti citazioni delle profezie del VT, delle quali fa vedere la realizzazione in Gesù. Matteo greco utilizza Marco e qualche altra fonte perduta, quella chiamata « Quelle »; però Matteo aramaico fu certamente scritto prima, tra il 50 e il 60. Ciò si vede pure dal fatto che Luca riporta 235 versi di Matteo.
3. Il Vangelo di Marco
L'autore del II° Vangelo è Marco. Dal suo Vangelo si deduce quanto fosse legato a Pietro e come egli fosse un giudeo, che però non scriveva per i Giudei. Ora sappiamo che Pietro lo chiama figlio suo (I Pt. 5,13) che egli era cittadino di Gerusalemme (Atti 13,12) che visse molto tempo a Roma assieme a S. Paolo negli anni 6162 (Col. 4,io) e a S. Pietro negli anni 6364 (I Pt. 5,13).
Egli scrive per i pagani e a Roma, come si vede dalla traduzione che fa di tutte le parole ebraiche e dai suoi latinismi.
Egli, infine, stende il suo Vangelo sullo schema della predicazione di Pietro, come risulta dal discorso di Pietro a Cesarea (Atti 10,3742). Sebbene il suo Vangelo sia il più breve, è il più ricco di particolari, quali solo un testimonio oculare gli poteva riferire (Es. 1,20; 3,5; 3,34; 4,35; 5,43; 8,22; 9,1429; 10,17; ecc.); è quello che più riporta i fatti di S. Pietro (1,1931; 8,2933 11,21; 13,3; (4,37; 16,7); non riporta i fatti che danno onore a Pietro (Mt. 14,29; 1615; Lc. 22,8; 22,31; 24,34).
Dato che Marco è la fonte di Matteo e di Luca e che in Marco non ci sono molte cose che si trovano in Mt. e Lc., è evidente che Marco scrisse prima, verso il 63, durante la predicazione di Pietro a Roma.
Lo conferma Clemente di Alessandria (nato nel 145 a Cesarea di Cappadocia) dicendo che Marco scrisse il suo Vangelo per venire incontro a suoi ascoltatori romani (Eusebio: Storia Eccl., 6,14).
4. Il Vangelo di Luca
L'autore del III° Vangelo è Luca, medico antiocheno, discepolo di Paolo, come risulta dal suo stile molto curato, dalla sua conoscenza della medicina e dai suoi tecnicismi uguali a quelli di Ippocrate, Dioscoride e Galeno, e dalla sua teologia uguale a quella di S. Paolo (istituzione dell'Eucaristia, Gesù il Signore, universalità della salvezza, apparizione di Gesù a Pietro, ecc.).
La data del Vangelo di Luca è stata assegnata dagli uni dopo 1170, dagli altri prima del 6o. Il motivo addotto dai primi è il discorso escatologico (Lc. 21,24) in cui sembrano esservi espressioni che rispecchiano i fatti del 70. Ma giustamente, osserva lo Zedda (I Vangeli e la critica oggi, Treviso), Luca dice solo più chiaramente quanto ha già detto Marco, usa espressioni di Daniele, sconosce la fuga dei cristiani nel 70 a Pella.
Il motivo addotto dai secondi (tra i quali il Ricciotti) è questo: Luca è l'autore degli Atti.
Se Luca avesse scritto gli Atti dopo 1170 sarebbe stato logico che, dopo aver scritto la vita e le sofferenze di Paolo per Cristo, ne avesse pure scritto il martirio, avvenuto precisamente nel 67. Ora nel prologo degli Atti Luca dice di avere già scritto il suo Vangelo. A noi sembra più probabile che Luca abbia scritto il suo Vangelo prima del 65.
5. Il Vangelo di Giovanni
Giovanni l'apostolo è l'autore del IV° Vangelo.
Lo si deduce chiaramente sia dal fatto che egli, parlando di sé, non si nomina mai, ma dice soltanto: « il discepolo che Gesù amava », e chiama Giovanni Battista semplicemente Giovanni; mentre gli altri 3 evangelisti lo nominano sempre e chiamano il precursore « Giovanni Battista » per distinguerlo da lui; sia perché presenta se stesso come testimonio oculare (Gv. 1,14; 19,35)
Dall'analisi del testo risulta che il suo autore fu un ebreo convissuto con Gesù, sia per l'interesse particolare che dimostra per le feste ebraiche e per la conoscenza perfetta delle usanze ebraiche, sia per le indicazioni topografiche e geografiche numerose e precise, per la molteplicità di particolari che dà, e che importano un testimonio oculare; l'indicazione delle date e anche delle ore, interventi di singoli apostoli, la loro presenza nell'ultima cena, la lavanda dei piedi, il tradimento di Giuda, ecc.
Giovanni scrisse dopo la distruzione di Gerusalemme tra l'8o e il 9o; non scrisse per ebrei, ma per pagani catecumeni e già cristiani.
6. Genesi dei Vangeli
I Vangeli sono uno dei massimi libri di letteratura per la loro semplicità, chiarezza, immediatezza, facilità di memorizzazione, ma non sono libri letterari; sono libri che narrano e documentano fatti tutti realmente avvenuti, ma non sono libri storici, nel senso che non sono la biografia di Gesù; sono libri di altissimo contenuto teologico, filosofico, morale, ma non sono libri di teologia, né di filosofia, né di morale.
I Vangeli sono un genere assolutamente unico e originale, da non potersi confondere né con i libri storici del tempo, né con i Veda indù, né con i poemi grecolatini.
Essi narrano l'intervento di Dio in Gesù Cristo. Ormai non può avverarsi niente di più importante nella storia sia personale che collettiva. Dinanzi a lui tutti debbono prendere una decisione o di accettazione o di rifiuto; ma tutti sono chiamati alla conversione e alla salvezza. La struttura e i temi essenziali del Vangelo dipendono dal Kerigma che li precede; il Kerigma è direttamente collegato a Gesù.
L'annuncio prende la forma di un'esposizione storica, perché la salvezza annunziata è un evento che si riallaccia all'esistenza storica di Gesù.
7. Scopo degli evangelisti
Gli evangelisti non hanno intenzione di scrivere la vita di Gesù, ma vogliono solo annunziare che Gesù è il Salvatore e il Signore, e vogliono insegnare ciò che gli uomini debbono fare per beneficiare della salvezza portata da lui.
Per questo in generale non mostrano molto interesse alla cronologia e alla topografia; designano i luoghi quasi incidentalmente. Il loro interesse è per il messaggio di Gesù.
I Vangeli hanno un carattere compilatorio come si può vedere dal Discorso della Montagna (Mt. s,67), dai cinque conflitti di Gesù coi Farisei (Mc. 2) dalle cinque dispute di Gesù coi capi dei Giudei (Mc. i i e 12), dal discorso delle parabole (Mt. 13), ecc.
Tuttavia or l'uno, or l'altro evangelista riporta varie volte il momento storico in cui un discorso fu pronunciato.
Se i Vangeli non ci danno una biografia di Gesù nel senso odierno, ci danno però un quadro identico della sua vita: inizio del ministero in Galilea, dopo l'incarcerazione del Battista, viaggio al Nord della Palestina, istruzione dei discepoli, viaggio a Gerusalemme, l'Eucarestia, la passione e resurrezione.
Questo quadro è del tutto naturale ed è tanto più storico, quanto meno intenzionale: lo aveva già fatto per conto suo molti anni prima Pietro nel suo discorso a Cesarea (Atti, 10).
Questa schematizzazione della primitiva predicazione degli apostoli, risalente all'anno stesso della morte e della resurrezione di Gesù e priva totalmente dei miracoli, dei discorsi e delle parabole di Gesù si spiega col motivo che fu fatta nella Giudea e nella Palestina, dove tutti avevano visto Gesù o ne avevano sentito parlare. In conseguenza la prima necessità degli apostoli non fu quella di raccontare la vita, ma di annunciare che quel Gesù che era stato crocifisso era il figlio di Dio, perché era stato accreditato da Dio con i miracoli, e dopo morto era risuscitato (Atti 2,22); e parlando essi a Giudei, facevano vedere come in Gesù si erano verificate le cose predette dai profeti (Atti 13,47).
La estrema semplicità di tale dichiarazione, ridotta ai dati essenziali della vita di Gesù, insieme alla sua arcaicità, è la conferma massima della storicità dei Vangeli.

5. PROVE INTERNE DELLA STORICITA' DEI VANGELI
I. CONTINUITA' CON L'AMBIENTE
Gesù è un ebreo osservante: osserva il sabato, va al tempio, paga le tasse, invia al tempio i lebbrosi che guarisce perché si facciano fare dai sacerdoti il certificato di guarigione, limita la sua predicazione agli ebrei, così come avevano fatto i profeti; si collega alla legge di Mosé e alla predicazione dei profeti; ne è uno zelatore instancabile, ne è la continuazione e il perfezionamento.
La missione di Gesù diverrebbe inspiegabile tolta dall'ambiente ebraico, al punto che tanti ebrei contemporanei sono arrivati a rivendicare Gesù come una gloria di Israele: J. Klausner dice di lui che è il più ebreo degli ebrei. Il filosofo M. Buber dice che Gesù è il fratello al quale appartiene un grande posto nella storia di Israele, un posto che non può essere descritto con nessuna delle categorie abituali (Zwei Glaubenweisen, pag. II).
a) Conoscenza perfetta del quadro politico del tempo
Gli evangelisti conoscono perfettamente la situazione politica della Palestina degli anni della vita di Gesù.
Il quadro politico dato dai Vangeli corrisponde minutamente alla realtà storica di quel tempo.
Per quanto riguarda le date c'è soltanto da notare che vanno tutte arretrate di 5 o 6 anni per uno sbaglio di calcolo di Dionigi il Piccolo. Questi, saltando involontariamente alcuni consolati romani, aveva posto la nascita di Gesù nell'anno 754 dalla fondazione di Roma; per cui Gesù nacque 5 o 6 anni prima dell'anno attuale.
Erode fu re della Palestina dal 37 al 4 a.C.
Augusto fu imperatore romano dal 30 a.C. al 14 d.C.
Tiberio fu imperatore dal 14 al 37 d.C.
Morto Erode il Grande il 4 a.C., la Giudea venne direttamente governata da Roma con dei procuratori.
Ponzio Pilato fu procuratore della Giudea dal 26 al 36 d.C.
Giuseppe Caifa fu sommo sacerdote dal 18 al 36 d.C.
L'Idumea, la Giudea, la Samaria sono sotto Archelao, figlio di Erode, dal 4 a. C. al 6 d. C.
Erode Antipa, anche lui figlio di Erode, fu tetrarca della Galilea e della Perea dal 4 al 39 d.C.
Filippo, altro figlio di Erode, fu tetrarca della Traconitide, dell'Iturea e dell'Abilene dal 4 al 34 d.C.
I Vangeli conoscono perfettamente i gruppi religiosi e politici del tempo: farisei, sadducei, zeloti, erodiani; conoscono i pubblicani, ossia gli esattori delle imposte, tanto odiati dal popolo perché collaborazionisti dei Romani; conoscono le rivalità tra Giudei e Samaritani, la differenza di mentalità tra Giudei e Galilei.
Questi sono tutti particolari confermati da Giuseppe Flavio e che solo dei contemporanei di Cristo potevano così bene conoscere. All'epoca di Gesù circolavano in Palestina tanti tipi di monete, soprattutto monete ebraiche e monete romane.
Quelle ebraiche erano le uniche che si potevano offrire al tempio, perché non contenevano immagini umane; e per questo si mettevano nell'atrio del tempio i cambiavalute che Gesù scacciò.
Le monete romane erano quelle che dovevano usare ogni anno gli ebrei per il tributo a Cesare.
Tali monete al tempo di Gesù erano d'argento e portavano l'immagine del Cesare Tiberio; per cui Gesù disse: « Date a Dio quel che è di Dio, date a Cesare quel che è di Cesare (Mc. 12,17).
b) Conoscenza perfetta della geografia e della topografia
Gli evangelisti conoscono perfettamente la geografia e la topografia della Palestina dei tempi di Gesù.
Della maggioranza di tali luoghi, in seguito alle invasioni e alle devastazioni operate dai Romani nel 70, dai Persiani nel 600 e dai maomettani nel 1000, non era rimasta più traccia e si era perduta anche la memoria.
Gli scavi archeologici degli ultimi 100 anni hanno confermato l'esattezza dei racconti e delle ubicazioni dei Vangeli. Citiamo alcuni esempi:
1) Il pozzo di Giacobbe in Samaria, ai piedi del monte Garizim, vicino Sichem, i cui ruderi furono scoperti nel 1913 dall'archeologo tedesco Ernst Sellin: in esso si svolse il dialogo di Gesù con la Samaritana (Gv. 4,3); sopra di esso sorge una chiesa grecoortodossa.
2) Betania con la casa di Lazzaro e delle sue sorelle sulle quali nel sec. IV era stata costruita una chiesa.
3) La piscina delle pecore di Bethesda a Gerusalemme, presso la quale Gesù guarì il paralitico da 38 anni (Gv. 5,2) scoperta negli scavi archeologici del 1871
4) Emmaus, a 13 Km da Gerusalemme, scomparsa totalmente senza lasciare tracce, identificata oggi col villaggio ElKubebe, dove nel 1873 furono ritrovati i resti di una chiesa dei crociati con dentro le mura di una casa che non può che essere che la casa di Cleofa (Lc. 24,13) come un'antica tradizione dice.
5) Magdala, patria di Maria Maddalena, risorta poi col nome ElMedshdel.
6) Cafarnao (Kefer Nahum=villaggio di Naum), dove Gesù guarì il servo del centurione romano (Mt. 8,513), ha potuto solo recentemente venire identificata in base ai risultati degli scavi nella collina di rovine di Tell Hum.
7) Betsaida che solo nel 1978 ha potuto essere identificata mediante gli scavi che hanno fatto scoprire la casa di S. Pietro, il quale nacque e visse appunto a Betsaida.
8) Gerasa, oggi ElKursi, presso cui Gesù guarì un indemoniato (Lc. 8,26).
9) Corozain, a Km 3 a NO del lago di Genezaret, distrutta come Gesù aveva profetizzato (Mt. I I, 21) e dopo tanti secoli risorta col nome di Chirbert Keraze.
10) La sinagoga di Cafarnao, dove Gesù predicò, fu scoperta soltanto nel 1981 da Virgilio Corbo e da Loffredo; così pure nel 198o il Corbo scoprì a Cafarnao la casa di S. Pietro.
c) Aramaismi
Nei Vangeli vi è una grande quantità di parole e di figure aramaiche che fanno vedere con chiarezza di essere stati scritti da ebrei.
Portiamo alcuni esempi: Abba=Padre, Rabbi=Maestro,; equivalenza tra debito e peccato; talitaqum=fanciulla alzati; parasceve=vigilia del sabato; Eli, Eli, lamma sabactani=Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato; il cammello per il buco di un ago; la porta stretta; le porte dell'inferno che non prevarranno; corban=offerta sacra; ephpheta=apriti; Golgotha=teschio; ecc.
II. DISCONTINUITA'
Se Gesù è Dio, come è Dio, deve totalmente trascendere, come trascende, la mentalità ebraica.
In Cristo ci sono dei tratti che rendono la sua persona e la sua dottrina assolutamente originali e impensabili per un giudeo: amore per i peccatori, misericordia per le prostitute, pietà per gli ammalati e per tutti i bisognosi, durezza verso gli ipocriti e verso i ricchi;
egli non tiene conto dei 613 precetti rabbinici e li riduce tutti all'unico precetto dell'amore;
all'ideale politico comune di una liberazione dai Romani e di uno splendido regno ebraico terreno sostituisce l'ideale di un regno spirituale, universale, esteso a tutti i popoli;
all'amore esclusivistico razziale e restrittivo agli amici oppone l'amore ai Samaritani, ai Romani e a tutti gli altri popoli, inconcepibile per un ebreo;
alle offerte del tempio e ai sacrifici oppone le opere di misericordia verso i poveri;
al disprezzo verso i pubblicani e le prostitute oppone la compassione e l'amore per redimerli;
alla purità legale da ottenersi mediante le abluzioni e i bagni oppone la purificazione del cuore mediante il pentimento e la conversione; alla legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente) oppone la legge dell'amore e del perdono;
al concetto di popolo eletto da Dio per discendenza carnale e all'orgoglio razziale oppone il concetto che tutti i popoli e tutti gli uomini sono uguali dinanzi a Dio, e che tutti possono far parte del suo popolo e divenire suoi figli, se si convertono e lo amano.
III. LA MOLTEPLICE ATTESTAZIONE
La testimonianza concorde di tante persone è la garanzia sicura della verità.
Le testimonianze sui fatti della vita di Gesù sono quattro: esse sono la copiatura di un unico racconto, ma provengono da quattro fonti diverse. Due provengono da testimoni oculari: Matteo e Giovanni; Marco, discepolo di Pietro, narra la predicazione di Pietro; Luca, discepolo di Paolo, è medico: dice espressamente di aver fatto diligenti ricerche (Lc. 1,3)
Se si fossero rifatti a un'unica fonte non ci sarebbero le discrepanze esistenti tra loro, quali risultano da un'attenta lettura.
Scegliendoli a caso riportiamo tre esempi:
1) 1° moltiplicazione dei pani: Mt. 14 e Mc. 6 dicono soltanto che le folle seguivano Gesù, mentre Gv. 6 e Lc. 9 aggiungono il perché le folle lo seguivano;
Mt. dice che Gesù s'impietosì della folla, Mc. Ne dice il motivo, Lc. e Gv. non ne accennano neanche;
in Mc. i discepoli chiedono se debbono comprare 200 denari di pane; in Gv. i discepoli dicono che non bastano 200 denari di pane; Mt. e Lc. omettono questo particolare.
2) La resurrezione di Gesù;
Mc. e Lc. parlano di tre donne al sepolcro, Mt. di due, Gv. di una. Mc., Lc., Gv. parlano della pietra tombale levata, mentre Mt. dice che fu un angelo a toglierla;
Mt. dice che quell'angelo parlò alle donne; Mc. dice che le donne trovarono un giovane biancovestito seduto sul sepolcro; Lc. parla invece di due angeli.
3) L'unzione di Gesù;
Tutti gli evangelisti sono d'accordo che avvenne a Betania.
Mt. (26,7) e Mc. (14,3) dicono che avvenne nella casa di Simone il lebbroso; Lc. (IO,4o) dice che avvenne nella casa di Lazzaro che Gesù aveva risuscitato dai morti.
Mt. e Lc. dicono che fu una donna; Gv. dice che fu Maria, sorella di Lazzaro.
Mt. e Mc. dicono che la donna versò l'unguento sul capo di Gesù; Lc. e Gv. dicono che lo versò sui piedi.
Da questi esempi si conclude rigorosamente:
a) che il nocciolo del racconto è identico ed è sicuro;
b) che le fonti evangeliche, ossia le testimonianze, sono 4 e non una, pur ammettendo che Mt. E Mc. si siano serviti molto di una fonte comune;
c) che ogni evangelista racconta i fatti così come li ricorda a distanza di tanti anni, o come la fonte da cui attinge li ricorda; e che Mt. e Lc., pur utilizando Mc., e tutti insieme forse un primitivo Mt., aggiungono o vi correggono dei particolari e degli altri fatti e discorsi che essi conoscono.
IV. LA V CAUSA SUFFICIENTE
Il metodo fondamentale per la scoperta della verità su un fatto storico controverso o su un delitto o sulla origine di un qualunque fenomeno è quello della causa sufficiente.
è il metodo seguito da tutti i tribunali di questo mondo, da tutti gli storici seri, da tutti gli scienziati.
Applichiamo tale metodo per spiegare i fatti della vita di Gesù sui quali nessuno studioso dubita e sui quali praticamente tutti (credenti e increduli) concordano.
1) Gesù suscitò grande entusiasmo e grandi speranze nelle folle.
Esse diverse volte addirittura vollero farlo re fino a portarlo, la domenica delle Palme, in trionfo proclamandolo Messia.
Dato che Gesù non indisse mai riscosse, né promise mai beni terreni l'unico motivo che poté esaltare quelle folle dovettero essere i suoi miracoli: in essi le folle vedevano la garanzia che Gesù era l'inviato del Signore e che Dio era con lui. Infatti lo vogliono proclamare re dopo il miracolo dei pani e dei pesci, quando con 5 pani e 2 pesci saziò 5.000 persone; ma egli scomparve; e lo proclamano Messia la domenica delle Palme, dopo la resurrezione di Lazzaro, quando da Betania arriva a Gerusalemme, preceduto da quella fama.
2) La sequela degli apostoli.
Questi uomini avevano un lavoro che permetteva loro di vivere sicuri; e quasi tutti erano sposati.
Come si può spiegare che hanno lasciato tutto per seguire Gesù che nulla aveva e nulla aveva promesso?
Gesù addirittura aveva fatto tutto per scoraggiarli. « Le volpi hanno le loro tane, egli aveva detto, gli uccelli i loro nidi, ma il figlio dell'Uomo non ha dove posare il capo » (Mt. 8,20). Anzi, ripetutamente, aveva loro promesso disagi, sofferenze e persecuzioni: « Chi mi vuol seguire prenda ogni giorno la sua croce e mi segua » (Mc. 8,24). « Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi » (Gv. 15,20); « Voi piangerete e gemerete e il mondo godrà» (Gv. 16,20); ecc. Non c'è altra spiegazione che questa: dovettero convincersi, vedendo i suoi miracoli, che egli era il figlio di Dio; come d'altronde esplicitamente lo dichiarò S. Pietro (Mt. 16,16).
3) L'ostilità dei sommi sacerdoti e delle classi dominanti (farisei, sadducei, scribi).
Tale ostilità non poté essere una semplice gelosia per l'immensa popolarità di Gesù perché anzi i capi degli Ebrei cercavano e, dove potevano, formavano tali persone; come fanno ancora oggi, sia per l'orgoglio e il prestigio nazionale, sia per il loro inestinguibile desiderio di dominio mondiale.
Se Gesù avesse voluto proclamarsi Messia, secondo la loro concezione politica, essi, vedendo tutti quei miracoli che faceva, invece di attribuirli a un'opera diabolica, sarebbero stati lietissimi di vedere che Dio era con lui, e con tutta la loro influenza e la loro opera l'avrebbero proclamato Messia e l'avrebbero messo a capo di tutti gli Ebrei.
I motivi di tale ostilità poterono essere soltanto la concezione di Gesù di un Messia, Servo e Unto di Javhé, destinato alla sofferenza e alla morte, la sua predicazione di un regno di Dio puramente spirituale, la sua denunzia per nulla politica, anzi antipolitica di ogni ipocrisia e di ogni peccato in chiunque si trovasse, e soprattutto in quelli che stavano a capo, che avrebbero dovuto dare il buon esempio e invece « non andavano essi in cielo e non permettevano che altri ci andassero » (Mt. 23,13).
4) La morte di Gesù.
Storicamente è sicuro che Gesù è stato crocifisso, che è stato crocifisso dai Romani e che i colpi di flagello gli furono dati da fermo e non mentre andava al luogo dell'esecuzione; questi infatti sono ordinati e quasi asimmetrici, e sono 121 e non 40, quanti ne prescriveva la legge ebraica.
Per tale esecuzione non c'è altra spiegazione che il titolo della croce. Ora ai Giudei non importava nulla una motivazione politica.
Anzi i loro capi non solo vedevano di buon occhio i torbidi contro Roma, ma, quando vedevano in un leader la capacità e la possibilità di scuotere il giogo romano, lo appoggiavano in pieno, come fece il celebre Rabbi Aqiba, capo spirituale degli Ebrei, che nel 131 proclamò Messia Simone Bav Kocheba.
Per tal motivo, se i sommi sacerdoti Anna e Caifa condannarono a morte Gesù, non poterono che farlo per motivi religiosi (perché Gesù esplicitamente dinanzi a Caifa si era proclamato il figlio di Dio); ma, portandolo ai Romani perché eseguissero la condanna, non poterono che dargli una motivazione politica « Egli si dichiara il re dei Giudei ». Esattamente come dicono i Vangeli.
La resurrezione morale degli apostoli dopo la crocifissione e la diffusione rapidissima del cristianesimo.
Di questa parleremo in seguito.

6. CONFERME ESTERNE ALLA STORICITA' DEL NUOVO TESTAMENTO
Questo argomento richiede una lunghissima trattazione perché riguarda la vita della Chiesa primitiva, diffusa già nel I secolo in tutto l'impero romano; ciò che è inconcepibile senza i Vangeli e senza Gesù Dio. Non potendola fare per i limiti di questo libro diamo solo alcuni accenni.
1. Scavi archeologici
Tra i racconti evangelici il più circostanziato è quello della passione di Gesù e della sua resurrezione, al punto da divenire una vera cronistoria; e gli scavi archeologici lo confermano pienamente.
La celebrazione della Pasqua, fatta da Gesù nell'ultima cena, si svolge secondo il preciso rito giudaico.
Le tappe delle ultime 24 ore della vita di Gesù sono tutte archeologicamente confermate da antichissime chiese costruite su ruderi di chiese ancora più antiche distrutte o dal tempo, o dai Persiani nel 614, o dal sultano Hakim nel 1009.
Le principali sono: 1) Il Cenacolo nel monte Sion, dove Gesù fece l'ultima cena e dove anche avvenne la Pentecoste.
2) La Chiesa dell'Agonia nell'orto del Getsemani (in ebraico gatsemanin=Frantoio delle ulive) che è nel pendio del monte degli Ulivi dove Gesù pregò, sudò sangue, fu tradito da Giuda e catturato dai soldati.
3) La Chiesa del Santo Sepolcro costruita da Costantino nel 33 o, distrutta dai Persiani nel 614, ricostruita dopo dai cristiani e quindi distrutta di nuovo dal sultano Hakim nel 1009, e ricostruita, infine, dai crociati nel 1149
4) La cappella dell'Ascensione a mezza costa del monte degli Ulivi a un Km da Gerusalemme, dove avvenne l'ascensione di Gesù (Lc. 24,50) è attestata fin dal 376, e fu trasformata dai mussulmani in Moschea.
2. La proclamazione della divinità di Gesù
Per gli increduli la vera difficoltà ad accettare la storicità dei Vangeli è la proclamazione da essi fatta della divinità di Gesù e della sua resurrezione.
E invece è precisamente questa il sigillo della loro storicità. Infatti, anche se fosse stato possibile per 8 scrittori pagani proclamare Dio un uomo loro contemporaneo, ciò era assolutamente impossibile per 8 scrittori ebrei: non lo avevano fatto neanche con Mosè. Ma nessun uomo fu proclamato Dio neanche dai pagani.
Nessun personaggio storico è stato proclamato Dio dai suoi storici:
a) Nessun uomo politico, nonostante i suoi successi:
non Hammurabi re di Babilonia, vissuto 18 secoli prima di Cristo, famosissimo per le sue conquiste militari, per la costruzione di canali irrigatori e di templi e per il suo Codice;
non Ramses I né il 11, vissuti 13 secoli prima Cristo, nonostante le loro grandi imprese militari e le imponenti costruzioni fatte;
non qualunque altro faraone;
non Ciro il Grande, vissuto sei secoli prima di Cristo, nonostante le sue immense e fortunate imprese militari, la sua mitezza e religiosità;
non i troppo famosi Augusto e Tiberio, vissuti al tempo di Cristo.
b) Nessun filosofo né riformatore religioso:
non Apollonio di Tiatia, quasi contemporaneo di Cristo, nonostante i suoi famosi prodigi, di cui il filosofo Flavio Filostrato, suo grande ammiratore, circa 100 anni dopo scrisse la vita;
non Maometto, nonostante Ibn Ishaq, suo primo biografo, abbia scritto ben 100 anni dopo la morte di lui;
non Confucio, nonostante Mencio, suo primo biografo, abbia scritto oltre 100 anni dopo la sua morte;
neanche Budda, nonostante Maha Kassapa, suo primo biografo, abbia scritto ben 300 anni dopo la morte di lui.
E per costoro, vissuti tutti tra gli idolatri sempre pronti ad accettare altri dei, era facile proclamarsi o venire proclamati Dio.
3. La tomba di S. Pietro
Per non parlare di tutti gli altri scavi che confermano le « Lettere degli apostoli » e la vita delle primitive comunità cristiane, citiamo quelli riguardanti la tomba di S. Pietro. Moltissimi protestanti e agnostici hanno addirittura negato la venuta a Roma di S. Pietro e quindi il fondamento storico della Chiesa Cattolica.
Noi, invece, sappiamo dalla stessa Bibbia che S. Pietro fu a Roma, dove scrisse la sua prima lettera. Infatti la Babilonia della cui comunità cristiana invia i saluti (1 Petr. 5,13) non può che essere Roma, come tutti i commentatori ammettono, e per la sua vita cosmopolita e le numerosissime lingue che vi si parlavano, e per la sua corruzione, e perché l'antico regno babilonese era stato distrutto da Ciro nel 589 a. C. e ridotto a un'oscura provincia persiana, mentre la sua capitale Babele era stata pure completamente distrutta dai Parti.
Dalla tradizione e da notizie degli antichi scrittori cristiani sappiamo pure che Pietro morì nel 67 sotto la persecuzione di Nerone a Roma, dove era andato nell'anno 42, dimorandovi così 25 anni. Fu seppellito nel colle Vaticano dove era stato ucciso.
Il presbitero Gaio nell'anno 200 scriveva che si potevano vedere nel colle Vaticano la tomba dell'apostolo Pietro e quella di Paolo sulla via Ostiense.
Confermano tale fatto gli scavi archeologici.
A 7 metri di profondità, esattamente sotto il centro della Basilica Vaticana e quello sottostante della Basilica Costantiniana, furono trovati dal Dott. Kaas durante la 2a guerra mondiale dei mosaici rappresentanti un pescatore con la lenza (S. Pietro), il buon Pastore, Giona e la balena, molte monete provenienti da tutte le parti dell'impero romano (offerte dai pellegrini alla tomba di S. Pietro), una colonnina del trofeo, ossia della tomba di cui parla il presbitero Gaio, con l'iscrizione greca « Petros eni » nel muro rosso sovrastante, risalente all'anno 160, che l'archeologa Margherita Guarducci completa e dimostra significare « Pietro è qui » (cioè in questo sepolcro).
Così abbiamo la certezza della tomba di S. Pietro: e così si spiega perché Costantino fece erigere la basilica vaticana in quel luogo, proprio sul pendio del Colle Vaticano, dovendo ricorrere a imponenti lavori di sterro e a muri di sostegno a sud, per ricavare la grande area della basilica: voleva che la tomba di S. Pietro ne fosse il cuore.

7. LA PERSONA DI GESù
1. L'amico Gesù

Quanti non conoscono Gesù possono anche parlare contro di lui. Ma quanti lo conoscono, sia pure superficialmente, non possono che parlarne bene.
Il motivo è semplice: Gesù è il grande amico dei deboli, dei poveri, dei malati, dei peccatori, il difensore degli oppressi, il fustigatore degli ipocriti e degli sfruttatori, l'esempio e il rivelatore dell'amore puro; il primo e il più grande predicatore della giustizia, della libertà, della fraternità, dell'uguaglianza; il lottatore strenuo contro gli egoismi e i vizi umani che tutti questi ideali insidiano e distruggono, il giusto che però comprende, compatisce, perdona, redime i deboli, i peccatori, le prostitute; il consolatore di quelli che piangono; il medico e il guaritore di quelli che soffrono: tutti costoro guardano a lui e vanno a lui come all'ultima speranza.
Bisogna mettersi contro tutta l'umanità che piange, che soffre e cade; bisogna schierarsi con gli sfruttatori, con gli oppressori, con i tiranni per mettersi contro Gesù.
Per questo tutte le dittature e tutti i tiranni sono contro di lui e contro la sua Chiesa che ne ripete la dottrina.
2. Gesù è povero e umile
Nasce in una capanna; ha per culla una mangiatoia, vive in una misera casetta fino a ;o anni; quando comincia a predicare per primo dice: « Beati i poveri »; pur essendo seguito da immense folle e riconosciuto da tutti un maestro, non cerca mai denari anzi non ne tiene affatto; dice senza tema di essere smentito: « Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli i loro nidi; il figlio dell'uomo non ha dove posare il capo» (Mt. 8,zo); muore nudo sulla croce.
L'umiltà va insieme con la povertà.
La povertà è il distacco da ciò che c'è fuori di noi; l'umiltà è il distacco da noi stessi.
Gesù non vuole essere servito, ma serve umilmente gli altri; non cerca né accetta lodi; non vuole suscitare entusiasmi verso la sua persona; raccomanda ai malati che guarisce di non dirlo a nessuno; fugge quando lo vogliono fare re; non cerca mai la sua gloria, ma soltanto la gloria del Padre.
3. Gesù è obbediente
Gesù visse solo per fare la volontà del Padre e la fece fino in fondo; poté con verità dire: « Il mio cibo è di fare la volontà del Padre mio » (Gv. 4,34).
Gesù, pur non essendo soggetto a nessuno, obbedì sempre alle leggi; rispettò sempre le autorità; non trasgredì mai il minimo comandamento del Padre, né la minima disposizione dell'autorità, al punto da poter sfidare i suoi nemici, dicendo: « Chi di voi potrà accusarmi di peccato? » (Gv. 8,46).
4. Gesù è dolce e misericordioso
Non rimprovera né pubblicani, né peccatori, né prostitute.
Egli si mette contro tutti sfidando l'impopolarità per sollevare e redimere i peccatori. A coloro che di questo l'accusano dice: « Non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati » (Mt. 9,12).
Rischia di venire lapidato mettendosi contro la legge di Mosè per salvare dalla lapidazione l'adultera; e approfitta di ogni minimo sentimento buono di ogni peccatore per redimerlo.
5. Gesù è sensibilissimo
Gesù è come noi, con un cuore come il nostro, ma immensamente più comprensivo, e più sensibile.
Si commuove dinanzi alle folle che vede sbandate come pecore senza pastore (Mt. 9,36).
Si commuove dinanzi alle folle affamate nel deserto che sarebbero venute meno nel viaggio di ritorno e, per sfamarle, moltiplica i 7 pani e i 2 pesci (Mt. 7,32).
Si commuove dinanzi alla vedova di Naim piangente dietro il cadavere del figlio, e glielo restituisce risuscitato.
Si commuove sino a piangere dinanzi al sordomuto e lo guarisce (Mc. 7,34)
Piange dinanzi alla tomba dell'amico Lazzaro e lo risuscita (Gv. 1I,35)
Non può vedere un bisognoso senza soccorrerlo, né una sofferenza lenza lenirla.
Di lui la folla poté dire: « Passò facendo del bene a tutti e sanando tutti (Atti 10,38).
6. Gesù è il normotipo umano
Da quando è comparso l'uomo l'evoluzione non è più nel corpo, ma in ciò in cui l'uomo è superiore all'animale, cioè nello spirito, cioè nell'intelligenza e nell'amore.
Gesù è venuto a mostrarci in sé la suprema saggezza e il supremo amore.
Lo scienziato evoluzionista ateo Le Compte du Nouy, studiando Gesù, ne restò colpito e conquistato al punto da proclamarlo nel suo libro « L'uomo e il suo destino » (Garzanti) l'essere più perfetto che sia comparso sulla terra, la punta evolutiva dell'umanità, colui che trascina l'umanità a evolversi, il normotipo umano; il modello che ogni uomo deve imitare per migliorarsi e superarsi. In lui non c'è nulla di eccezionale e di inimitabile.
Ha un corpo e un cuore come i nostri: soffre la fame, la sete, la stanchezza, il dolore, le ingratitudini.
Digiuna, ma non è un digiunatore; non rifiuta gli inviti a pranzo né a nozze; come tutti lavora per vivere; gioisce delle cose semplici; piange sugli amici e sulla prossima rovina di Gerusalemme.
Egli non volle praticare l'ascetismo di Giovanni Battista e dei grandi monaci penitenti perché a nessuno sorgesse l'idea che la santità è impossibile alla massa degli uomini.
Egli ha tutte le virtù; le ha in sommo grado, ma le pratica come qualunque uomo di buona volontà le potrebbe praticare. Ogni virtù in lui è come se fosse naturale.
La sua dolcezza è senza sdolcinature; la sua povertà senza disprezzo dei beni terreni; la sua castità senza misoginismo; la sua ubbidienza senza meccanicismo; la sua pazienza senza insensibilità e senza limiti; la sua carità senza particolarità e senza limiti.
Giustamente il filosofo russo Bardiaev dice: « Gesù incarna l'ideale perfetto dell'uomo; d'altro lato lui solo, essendo Dio, poteva realizzarlo perfettamente ».
Egli è l'essere al quale deve adattarsi ogni uomo che vuole evolversi. Ogni virtù che si ammira negli altri uomini in lui si trova perfetta e priva di ogni difetto.
In lui c'è la sapienza di Socrate, la povertà di Diogene; il distacco di Budda, la saggezza di Confucio, la prudenza dei Patres Conscripti, la modestia di Cincinnato, il sacrificio di Attilio Regolo. Egli muore in croce perché vuole morire, e vuole morire per salvare gli uomini.
In lui sono riunite tutte le virtù che si trovano disseminate negli uomini, ma sono portate alla perfezione massima possibile.
In lui le virtù sono in armonia tra loro; non c'è predominio di una sull'altra o la diminuzione di una a causa dell'altra.
Egli è giusto e misericordioso; perfettamente attivo e perfettamente contemplativo; è l'uomo del pensiero e l'uomo dell'azione; è il maestro e il modello di quanto insegna.
In lui ci sono un'umiltà profondissima ed il senso esatto della sua altissima personalità; l'intelligenza acutissima ed il sentimento più intransigente; l'amore supremo di Dio e l'amore supremo degli uomini.
Gesù resta nel mezzo tra gli estremi opposti che insidiano la virtù, quello per eccesso e quello per difetto, e armonizza in sè virtù apparentemente opposte. Egli è la perfezione vivente. Solo Dio poteva realizzare il modello perfetto dell'uomo; e Gesù lo ha realizzato perché era Dio.
I saggi cinesi o indiani, greci o romani, ebbero i loro difetti inerenti o a ristrettezza e a imperfezione delle loro idee, o ad incoerenza e a debolezza della loro natura, come Budda, Confucio, Zarathustra, Cratete, Diogene, Cicerone, Seneca, Marco Aurelio, ecc.
Altri uomini sono stati molto più perfetti di costoro: Paolo, Antonio, Ignazio di Antiochia, Benedetto, Gregorio Magno, Francesco d'Assisi, Vincenzo de' Paoli; ma essi erano seguaci di Gesù, ispirati da Gesù e modellati su Gesù. Colui a cui fa capo ogni perfezione è Cristo.
7. Il carattere di Gesù
Nessuna passione lo spinge o gli lega il cuore o gli offusca l'intelligenza.
Non perde mai il dominio di sé, non fa mai un'azione senza scopo. E lo scopo di tutte le sue opere e di tutta la sua vita è sempre e solo questo: glorificare Dio e beneficare gli uomini. Egli ascolta ed esaudisce ogni preghiera, soccorre ogni bisognoso, è sensibile ad ogni dolore, si commuove ad ogni sventura, asciuga ogni lacrima, compatisce ogni mancanza.
Moltiplica il pane per il popolo rimasto digiuno nel deserto; guarisce i lebbrosi, i ciechi, i paralitici e tutti gli altri ammalati; tratta con bontà i peccatori e le peccatrici; passa sanando tutti e facendo del bene a tutti; infine muore scusando e perdonando coloro che lo hanno messo in croce. Di lui il popolo poté dire: « Fece bene tutto » (Mc. 7,37).
Egli giustamente poté definirsi il figlio dell'uomo, cioè il tipo perfetto dell'uomo, l'uomo integrale e l'uomo ideale, il massimo vertice dell'umanità e la massima opera di Dio, perché niente di più grande Dio poteva fare dell'opera dell'Incarnazione del suo Figlio unigenito e niente di più grande di Gesù poteva spuntare sulla terra.
Senza di Gesù agli uomini sarebbe mancato il modello per umanizzarsi e la leva per divinizzarsi. Gesù non è né lento, né precipitoso; sa che ogni uomo che opera diligentemente e intelligentemente ha da Dio il tempo e i mezzi per compiere la sua missione nel mondo. Non è esaltato né depresso; egli sa che nessuno può ostacolare i piani di Dio su di noi, eccetto noi stessi; che nessuno può toglierci un capello senza la volontà di Dio; che nessuno può aggiungere o togliere qualcosa alla nostra personalità, alla nostra perfezione e alla nostra felicità eterna, eccetto noi stessi. Egli è il primo a mettere in pratica quanto dice.
Non è loquace come colui che non sa contenere i suoi istinti o i suoi desideri; né lapidario, come chi aspetta che ogni sua parola venga incisa sulle pietre. Non è digiunatore: egli sa che il lavoratore, qual è l'uomo comune, di cui egli è l'esempio, non può esserlo; né goloso, anzi è continuamente mortificato ed insegna che non l'uomo deve essere per il cibo (cioè dedicato a mangiare), ma il cibo deve essere per l'uomo (cioè per sostenerlo).
Non è rigorista, pur essendo santissimo: egli comprende la fragilità umana, la compatisce e la solleva, mentre gli altri, sebbene correi, l'affossano; né è lassista: egli esige tutto il possibile dalla volontà dell'uomo; sa che la minima indulgenza alle passioni o all'accidia trascina l'uomo all'abisso.
Tutti i suoi insegnamenti, mentre non deprimono nessuno, tendono a sollevare, a far sperare e a far redimere tutti. Egli non condanna alcuna cosa naturale; sa che ogni cosa creata è buona e che non quello che entra nell'uomo lo contamina, ma quello che esce da lui. Egli conosce perfettamente le esigenze, le tendenze, le forze ed il fine della natura umana; non impone pratiche né pesi superiori alle forze umane e condanna i farisei che le imponevano; non dispensa da alcun obbligo naturale, perché egli è venuto non a distruggere, ma a perfezionare la legge.
Egli sa ciò che la natura umana può sopportare senza schiantarsi nella sublimazione, e segna la meta fin dove l'uomo, evolvendosi e sforzandosi, può giungere (Chi è il Cristo, Comunità Editrice).
8. Gesù è l'ideale dell'uomo
Chiunque si mette contro Gesù si mette contro la verità, contro la giustizia, contro la bontà, contro l'amore. Bisognava che sorgessero uomini ispirati dall'odio e dalla cupidigia per mettersi contro Gesù. C'è una equivalenza tra Gesù e la bontà.
C'è una equivalenza tra i buoni e Gesù. Chiunque è nel peccato non si sente né può sentirsi a posto con Gesù. Chiunque ama il peccato sente di doversi allontanare da lui o, per lo meno, di doverlo coscientemente ignorare. Chiunque è abbrutito nel male sente di dover negare Gesù e di odiarlo. C'è una equivalenza tra la perfezione e Gesù.
Chiunque è desideroso di redenzione e di elevazione si sente attratto verso Gesù, e, andando a Gesù, da lui le ottiene. Gesù è il saggio. Tutti i suoi discorsi, hanno un filo conduttore; tutte le sue parole, pur essendo spontanee, sono misurate e precise, come le parole di un poema: non vi si trova un'incoerenza, un retorismo, un'imprecisazione. La sua dottrina è la più perfetta di tutte le dottrine, anzi l'unica perfetta. Egli assomma e completa quanto di bello hanno detto gli uomini e lo sovrasta infinitamente.
Viene a rivelare la paternità di Dio, la provvidenza, la carità, la fratellanza universale, la libertà, l'uguaglianza, il perdono dei nemici, la condanna della violenza, il distacco dalle varie cupidige, la rettitudine del cuore e del pensiero, ecc.
Egli dà l'indirizzo alle varie attività umane, la norma alle azioni, la regola nelle controversie, il rimedio a tutti i mali. Se gli uomini osservassero la sua dottrina, la terra diventerebbe un paradiso terrestre. C'è da concludere con l'Adam: « Non v'ha dubbio che, nel caso che si avveri la possibilità che Iddio appaia sulla terra nel Figlio suo, solo l'umanità di Gesù può essere considerata come la sede giusta, appropriata e unica di tale teofania» (Gesù il Cristo, Morcelliana, p. i;6).

8. GESù FIGLIO DI DIO
1. Insidie della logica

Con la logica si può dimostrare tutto e si può fare tutto. Di fatto tutte le filosofie, anche le più opposte, per la loro logica trovano tanti discepoli. Con la logica si possono fare e cose belle e cose inutili e cose mostruose, come i forni crematori di Hitler e gli ospedali psichiatrici dell'URSS. Ben a ragione disse Clemente di Metternich: « Datemi una frase qualunque di un uomo qualunque ed io ve lo farò legalmente impiccare ». Quasi c'è da diffidare della logica, almeno quando è astratta dai fatti. Bisogna avere i piedi a terra per non sbagliare, ossia vedere la conferma dei fatti, così come ogni ipotesi e ogni teoria scientifica diventa valida soltanto quando è convalidata dalle osservazioni e dagli esperimenti.
Per ogni problema che riguarda Dio e eventuali interventi di Dio nella storia si può aggiungere la certezza soltanto quando ci imbattiamo in fatti confermativi di cui solo Dio può essere l'autore.
Fino a quando non ci imbattiamo su tali fatti brancoliamo nel buio, e quindi tutte le concezioni di Dio e tutte le religioni possono essere vere, come possono essere false, sia parzialmente che totalmente.
Le cose che solo Dio può fare sono la creazione dal nulla, l'annientamento e la profezia. Nel miracolo ci sono una creazione, un annientamento o entrambe le cose: ciò che avviene, ad es., nella guarigione di un cieco senza nervo ottico. In scienza vige il principio: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
La profezia è la predizione di un avvenimento che dipende dalla libera determinazione di persone inconsapevoli o che ancora non sono nate. Tale conoscenza importa una scienza infinita che solo Dio può avere.
2. Gesù si proclama Dio
In tutta la storia umana non abbiamo avuto una sola persona psichicamente sana che si sia proclamata Dio, all'infuori di Gesù. Essendo l'autoproclamazione di essere Dio un fatto completamente fuori dell'ordinario, gli avversari del cristianesimo, non potendo ricorrere all'ipotesi di una megalomania o di una schizofrenia di Cristo, perché i suoi insegnamenti sono di una lucidità e di un'armonia meravigliosa e la sua vita è stata contrassegnata dall'umiltà, sono ricorsi alla tesi che Gesù mai si è proclamato Dio.
A tal fine rimandano a tempi tardivi simili affermazioni contenute nei Vangeli, quali sopraggiunte interpolazioni, o spiegano diversamente, con artifici acrobatici, il senso delle affermazioni di Gesù. Ma le parole di Gesù sono talmente chiare che non si possono in nessun modo equivocare.
Molte volte Gesù affermò la sua divinità, ben sapendo di imbattersi per questo nello sdegno e nell'odio degli Ebrei e di dover affrontare per questo la morte.
Riportiamo soltanto due affermazioni: Quando alla festa della Dedicazione del Tempio gli Ebrei gli chiedono di dir loro apertamente se è il Cristo, Gesù risponde: « Io e il Padre siamo una cosa sola ». Gli Ebrei allora lo vogliono lapidare. Gesù dice loro: « Vi ho mostrato molte opere buone in virtù del Padre mio. Per quale di queste opere mi volete lapidare? I Giudei rispondono: "Non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per la bestemmia, perché tu che sei uomo ti fai Dio"» (Gv. 10,33).
E tentarono di lapidarlo. Ma, non essendo giunta ancora l'ora sua, Gesù si sottrasse ad essi.
Quando poi egli fu dinanzi a Caifa, questi andò subito al nocciolo della questione per cui lo aveva fatto arrestare e gli chiese: « Ti scongiuro per il Dio vivente, di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio ». Gesù gli rispose: « Tu l'hai detto; anzi, io vi dico: d'ora in avanti vedrete il Figlio dell'uomo assiso alla destra dell'Onnipotente, e venire sulle nubi del cielo ». Allora il Sommo Sacerdote si stracciò le vesti dicendo: « Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo di testimoni? Ecco, avete sentito la sua bestemmia! Che ve ne pare? ». Quelli risposero: « è reo di morte! » (Mt. 26,6366).
A Gesù non fu contestato alcun delitto né alcun peccato. Egli è morto unicamente perché affermava di essere Dio.
3. Coscienza della sua divinità in Gesù
Se le parole di Gesù lasciassero un margine di incertezza sulle sue intenzioni, in nessun modo si potrebbe dire altrettanto sulla coscienza che Gesù aveva di sé e sulle sue pretese.
Tutto il Vangelo è consequenziale. Gesù parte dal presupposto di essere Dio.
Gesù chiede delle cose che, se egli non fosse Dio, sarebbero assurde: chiede di essere amato più del padre, della madre, dei fratelli, delle sorelle, dei figli (Mt. 10, 37); e a chi vuol seguirlo dice di lasciare tutti costoro (Lc. 14,26); si arroga il diritto di perdonare i peccati; cosa che può fare solo Dio, come egli stesso riconosce (Mc. 2,7); si proclama padrone del sabato (Mc. 2,28); raccomanda di non giudicare il prossimo, ma attribuisce a sé quello che può fare solo Dio: e cioè che egli sarà l'unico giudice degli uomini (Mt. 16,27 e 25, 31 46).
Mette allo stesso livello la legge del Vecchio Testamento e quella che dà lui: « Avete inteso che fu detto (da Dio)... ma io vi dico » (Mt. 5); egli non abolisce la legge del Vecchio Testamento, ma la completa (Mt. 5,17) superandola quando occorre perfezionarla (Mt. 5,21 SS).
Al contrario dei profeti che parlano in nome del Signore e lo specificano aggiungendo « Oracolo del Signore », Gesù parla sempre in nome proprio: « Infatti, io vi dico in verità: molti profeti e molti giusti desiderarono vedere quello che vedete e non lo videro; udire quello che voi udite e non lo udirono » (Mt. 13,17).
Giunge a pronunciare parole inaudite dagli uomini: « I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt. 24,35)
Non ammette che venga tolta o cambiata neanche una sola parola a quanto dice (Lc. 16,17); viene ad insegnare una dottrina nuova (Mt. 1, 27). Parla con autorità inappellabile e si proclama l'unico Maestro e l'unico Dottore (Mt. 23,810).
Il Vangelo avrebbe dovuto essere un capolavoro di schizofrenia, di ingegnosità, di megalomanie, di contraddizioni; invece è un capolavoro letterario, un capolavoro di consequenzialità dalla nascita alla croce, un capolavoro di semplicità, di equilibrio, di saggezza, di modestia, al punto che sotto questi aspetti viene universalmente da tutti ammirato. Soprattutto il Vangelo è il capolavoro assoluto della moralità, della religiosità, della umanità, al punto che i suoi principi hanno reso possibile l'umanizzazione dell'umanità e quindi il suo vero progresso. Senza il Vangelo sarebbero ancora sconosciuti dagli uomini la libertà, l'uguaglianza, la fraternità.
La sua stessa esistenza e i suoi contenuti non potevano venire che da Dio.
4. Concezione messianica di Gesù
Nell'ambiente giudaico del I secolo era viva l'attesa del Messia. Però su di lui erano divise le concezioni.
Dai manoscritti scoperti nelle grotte di Qumran nel 1935 risulta che i Giudei aspettavano almeno due Messia, quello di Aronne e quello di Israele (IQS IX,11); il I un MessiaSacerdote, il II un MessiaRe.
Il Messia Re viene chiamato Eletto di Dio, Luce delle Nazioni (I Henoch 39,6; 48,5) Figlio di David, Figlio dell'uomo (Dan. 7,13), che preesiste presso il Signore degli spiriti, che lo tiene nascosto e lo rivelerà all'ultimo giorno al tempo del giudizio escatologico (I Henoch 46,12; 48,210; 49,2; 62,7; 70,1).
Nella mentalità ebraica era estraneo completamente il titolo messianico del Servo sofferente di Jahvé, pur tuttavia così esplicitamente profetizzato da Isaia. Era per gli Ebrei inconcepibile che il re della gloria di Israele potesse essere così umiliato, maltrattato, torturato.
Presso i Giudei contemporanei di Gesù era viva l'attesa del Messia. Ne fanno eco in moltissimi punti i Vangeli. Ne citiamo solo alcuni.
I discepoli di Giovanni chiedono a Gesù: « Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro? » (Mt. I1,3).
La gente, gli ammalati lo chiamano figlio di David (Mc. 10,48). Dopo la moltiplicazione dei pani le folle vogliono proclamare Gesù re (Gv. 6,1415).
La domenica delle palme le folle credono giunto il momento della proclamazione del Messia e portano Gesù in trionfo gridando: « Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re di Israele » (Gv. 12,13).
Gesù, per spiegare il mistero della sua persona, utilizza i concetti messianici diffusi nel popolo, accetta i titoli messianici con cui viene chiamato, ma li trascende e pian piano prepara il popolo e particolarmente i discepoli a comprendere la sua missione.
Sì, egli è figlio di Dio riconosciuto da Pietro; è il figlio dell'uomo di Daniele, è il figlio di David; ma egli è soprattutto il Servo di Jahvé, l'Unto del Signore di Isaia, mandato con la missione profetica di predicare il Vangelo della salvezza e destinato a una morte di espiazione, e sgrida Pietro che lo vuole distogliere dall'andarle incontro.
Il suo regno non è di questo mondo.
« Egli entrerà nella sua gloria di Messia regale con la sua resurrezione e tornerà dalle nubi glorioso come figlio dell'uomo alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti » (Zedda: I Vangeli e la critica oggi, II, pag. 59).
Gesù, ben sapendo che la manifestazione completa della sua identità e della sua missione lo avrebbe portato allo scontro frontale e definitivo coi capi dei Giudei e alla morte, dosò sapientemente tale manifestazione lungo i tre anni della sua predicazione, attutendo l'entusiasmo delle folle dinanzi ai suoi primi discorsi e ai primi miracoli, raccomandando di non andare diffondendo la notizia dei suoi miracoli per completare la sua missione profetica, imponendo ai demoni di non proclamare la sua identità; e, quando chiese agli apostoli chi secondo loro egli fosse e Pietro rispose: « Tu sei il Cristo di Dio » (ossia l'Unto di Dio, il Messia), Gesù ordinò loro severamente di non dirlo a nessuno e, per non lasciar dubbi sulla sua missione non politica, ma spirituale ed espiatrice, aggiunse apertamente: « è necessario che il Figlio dell'uomo soffra molto, venga rigettato dagli Anziani, dai gran Sacerdoti e dagli Scribi, sia messo a morte e risorga il terzo giorno » (Lc. 9,22).
E, giunto il momento definitivo, quando Caifa gli disse: « Ti scongiuro per il Dio vivente, dimmi se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio », nel momento quando tacere la sua identità significava venire liberato, Gesù manifestò apertamente la sua identità sapendo di venire condannato per questo a morte.
La concezione messianica di Gesù era totalmente opposta a quella degli Ebrei; e quella degli Ebrei totalmente opposta a quella di Gesù. Quando Gesù moltiplica i pani gli Ebrei lo vogliono fare re perché vedono in lui la loro gloria e il loro benessere; quando lo vedono arrestato e impotente lo vogliono crocifisso.
La concezione di un regno messianico terreno era così radicata presso tutti gli Ebrei, che gli stessi apostoli, dopo aver seguito e ascoltato Gesù per tre anni, dopo la tremenda delusione della sua morte, quando lo vedono risuscitato, gli chiedono: « Signore, è questo il tempo in cui ristabilirai il regno di Israele?» (Atti f1,6).
La concezione messianica spirituale ed espiatrice di Gesù è la prova della veridicità dei Vangeli. La veridicità dei Vangeli ci fa trovare dinanzi al figlio di Dio.
5. Le credenziali di Dio
Quando Dio parla deve garantire che è lui che parla, altrimenti si presenterebbero innumerevoli falsi profeti a dire in suo nome le cose più assurde e a imporre i precetti più mostruosi.
Le credenziali di Dio sono, come abbiamo detto, le cose che può fare Dio solo: le profezie e i miracoli.
Sebbene 1'autoaffermazione di Gesù di essere Dio sia un fatto assolutamente unico nella storia, tuttavia non ne consegue necessariamente che Gesù sia veramente Dio. Bisogna provarlo.
I miracoli e le profezie, li troviamo soltanto lungo il filone della storia del popolo ebreo e della Chiesa Cattolica, ossia del Vecchio Testamento (da Mosè alla venuta di Gesù) e del Nuovo Testamento (da Gesù a noi).
In questo filone abbiamo una progressiva rivelazione di Dio, nella quale i concetti e le luci successive mai contraddicono i precedenti, ma li vanno sempre più chiarendo e sviluppando.
Tutta questa progressiva rivelazione viene man mano garantita da Dio con segni, prodigi, miracoli e profezie. E gli uomini vanno credendo soltanto alla vista di essi.
La Vecchia Alleanza comincia con i prodigi grandiosi che Dio operò per mezzo di Mosè: le 10 piaghe dell'Egitto, il passaggio del Mar Rosso, la colonna di nube, la manna del deserto, il serpente di bronzo; si conclude con la venuta di Gesù e col suo rifiuto, fatto dal popolo ebreo. Da quel giorno cessano presso gli Ebrei i miracoli e le profezie e passano al popolo della Nuova Alleanza, al popolo cristiano.
Dio stesso volle dare un segno di ciò agli Ebrei facendo distruggere il tempio di Gerusalemme, che egli si era fatto costruire a segno tangibile della sua Alleanza, dove di tanto in tanto, per far vedere la sua presenza in mezzo al suo popolo, si rendeva visibile sotto forma di una nuvoletta bianca, luminosissima, sopra le ali dei cherubini d'oro dell'arca santa.
Durante la distruzione di Gerusalemme fatta da Tito, narra il loro stesso libro del Talmud, il Sommo Sacerdote Pinha di Habhta, vedendo il Tempio in fiamme, salì sul tetto con i leviti più coraggiosi e, tenendo in mano le chiavi del Tempio, gridò fra le lacrime: « Santissimo e benedetto Creatore dell'universo, poiché non meritiamo più di essere custodi della tua casa, trasferiamo a te le chiavi che abbiamo ricevuto dai nostri padri ». Dette queste parole gettò le chiavi verso l'alto.
E allora, conclude il Talmud, qualcosa avente la forma di una mano discese dal cielo ed afferrò le chiavi del Tempio Santo.
Un ebreo, Goldstein, amaramente dice: « Forse quelle chiavi non servivano più ».
E difatti quelle chiavi non servivano più, perché Gesù aveva consegnate altre chiavi a Pietro per aprire e chiudere le porte di quell'altro tempio di cui parla l'Apocalisse (Ap. 21,22), di cui l'antico Tempio era la figura, e dei nuovi Templi, nei quali la nuova vittima, discesa dal cielo, si sarebbe offerta in sacrificio, e Pietro e i suoi successori avrebbero sancito coi sacramenti la Nuova Alleanza con gli uomini del nuovo Popolo Eletto.

9. TESTIMONIANZE NON SOSPETTE
1. Un testimonio non sospetto

Circa nel 1400 a. C. compare in Palestina un popolo che vanta i suoi natali da Abramo vissuto verso il 1950 a. C. Non ha legami etnici né culturali con nessun popolo. La sua religione è radicalmente diversa da quella degli altri popoli vicini. Sembra un isolotto nell'oceano.
è ancora un rozzo popolo nomade di pastori ed ha già, contrariamente a tutte le leggi dell'evoluzione e le regole della formazione dei miti, una religione perfetta.
Il suo concetto purissimo di un Dio unico, increato, infinito, provvido, fu, e molto imperfettamente, appena raggiunto 900 anni dopo dalla raffinatissima civiltà e speculazione filosofica greca. Scientificamente parlando l'origine della religione ebraica resta un mistero per tutti gli studiosi di religione, perché non ci sono tracce di religioni similari in nessun altro popolo di quel tempo. E come trovare un apparecchio TV in mezzo a un popolo primitivo disperso in mezzo alle foreste: l'unica spiegazione possibile è che qualche turista ve lo abbia portato. Mentre poi il fattore territoriale è determinante non solo per un popolo, ma anche per una razza, per gli Ebrei tale fattore non solo non è determinante, ma semplicemente non esiste.
Dovunque vanno e con chiunque stanno gli Ebrei si mantengono sempre ebrei.
Mentre tutti i popoli, nominati nella Bibbia, sono scomparsi, gli Ebrei, varie volte deportati dai Caldei, sottoposti a feroci acculturazioni dai Seleucidi, distrutti dai Romani e quindi dispersi per il mondo, non si sono mai integrati nelle nazioni ospitanti, ma si sono sempre mantenuti distinti pur senza capi, senza lingua propria, senza leggi.
Abbiamo assistito al miracolo unico nella storia di veder risorgere dopo 1900 anni la loro lingua parlata, ad opera di Teodoro Wuzmann ed il loro stato, su proposta di Lord Arthur Balfour con la sua dichiarazione del 2.11.1917
2. Missione degli Ebrei
Chi li ha tenuti vivi? Un libro: la Bibbia; ed una promessa: il Messia. Tale libro è in effetti la raccolta di numerosi libri scritti in ebraico da pii ebrei, da profeti nell'arco di 1000 anni; l'ultimo fu scritto nel 2° secolo I. C.
La Bibbia fu tradotta in greco attorno al 200 a.C. dai così detti « Settanta », per richiesta del re Tolomeo Filadelfo, che volle arricchire la celebre biblioteca di Alessandria con tutti gli scritti antichi allora conosciuti nel mondo.
La fedeltà del testo agli originali è stata di recente confermata dagli antichi codici risalenti a 100 anni a. C., scoperti nel 1935 nelle grotte del Qunram nel 1935.
La Bibbia non è, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il racconto delle gesta e delle glorie degli Ebrei, ma il racconto delle innumerevoli loro ignominie e prevaricazioni e di tutti i castighi che Dio, « giustamente », (Is. 42,24) vien detto, ha loro inflitto. Più che un libro scritto da Ebrei, sembra un libro scritto contro gli Ebrei. Basta leggere il cap. 9 del Deuteronomio.
Tale libro non risparmia nessuno, eccetto i loro giustizieri: i profeti; e narra con fredda obiettività le ignominie anche dei loro personaggi più cari, quali Aronne (Es. 32,2), David (2 Sam. 3 e 11), Salomone (I Re 1 i). Non risparmia nessuna vergogna, non tace nessun misfatto. Basta ricordare Acab, Jeu, Manasse, Atalia, ecc.
Si può dire che essi sono costretti da una forza superiore a mantenerlo integro e intatto, perché è la religione da esso propugnata che fa la guardia alla loro nazione, nonostante esso parli continuamente contro di loro. Citiamo ad es. alcuni brani.
Mosé rinfaccia ad essi i loro misfatti e conclude: « Siete stati ribelli al Signore da quando vi ho conosciuti » (Deut. 9, 524).
« Sordi, sentite, ciechi, aprite gli occhi per vedere. Chi è cieco se non il mio servo? Chi è sordo come colui al quale mandavo il mio messaggero? Chi è cieco al pari del mio favorito, e sordo come il servo del Signore? Hai vedute molte cose, ma senza badarci, avevi le orecchie aperte, ma senza udire! » (Is. 42,1820).
« Chi mi darà nel deserto un ricovero per i viandanti? Abbandonerei il mio popolo e mi allontanerei da lui, poiché sono tutti adulteri, un'accolta di traditori. Tendono la loro lingua come un arco; è la frode e non la verità che prevale in questo paese, perché a delitto aggiungono delitto, ma noi conoscono il Signore. Ognuno diffidi del suo amico e non abbia fiduci nel fratello, perché ogni fratello tende tranelli e ogni amico sparge calunnie. S'ingannano l'un l'altro, non c'è più verità nei loro discorsi, hanno abituato le loro lingue a mentire, sono perversi e incapaci di rinsavire. Frode su frode! Inganno su inganno! Essi si rifiutano di conoscere il Signore. Per questo così parla il Signore degli eserciti: « Ecco li proverò nel crogiuolo: ma come trattare la loro cattiveria? La loro lingua è una freccia micidiale e dalla loro bocca non esce che inganno; augurano al prossimo la pace, ma nel loro cuore gli preparano l'insidia ».
« Ecco a questo popolo io darò un cibo dell'assenzio e farò bere loro dell'acqua avvelenata. Li disperderò fra nazioni sconosciute da essi e dai loro padri; e manderò contro di essi la spada, fino a che io non li abbia distrutti» (Ger. 9,17 e 1415).
« E ora così parla il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: perché operate contro voi stessi tanto male? Voi finite col far distruggere in Giuda i vostri uomini, le donne, i fanciulli e i bambini lattanti, al punto che non rimarrà più nulla di voi, perché mi avete irritato con le opere delle vostre mani, offrendo incenso a dei stranieri nella terra d'Egitto. Voi siete entrati in questo paese per abitarvi; invece vi sarete sterminati e diventerete oggetto di maledizione e di obbrobrio per tutte le nazioni della terra! Avete forse dimenticato la malvagità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le colpe delle loro donne, i peccati vostri e delle vostre mogli, commessi nella terra di Giuda, nelle vie di Gerusalemme?
E tuttavia fino a questo giorno non si sono pentiti, non hanno timore, non hanno agito secondo la legge mia e i miei precetti, che io ho dato a voi e ai vostri padri. Per questo, così parla il Signore degli eserciti, Dio d'Israele: "Ecco io volgerò la mia faccia contro di voi per vostra rovina, e sterminerò tutto Giuda ».
Non è stato forse l'incenso che avete offerto nelle città di Giuda e nelle piazze di Gerusalemme, voi, i vostri padri, i vostri re, i vostri principi e il popolo del paese, che il Signore ha ricordato, e che ha suscitato lo sdegno nel suo cuore? Il Signore non poteva più sopportare la malizia delle vostre inclinazioni e le abominazioni da voi commesse. Ecco perché la vostra terra è stata ridotta a un deserto, trasformata in oggetto di orrore e di esacrazione, e non c'è chi vi abiti, come si avvera oggi » (Ger. 44,7 I i e 2122).
Ma è superfluo moltiplicare i passi.
Tutta la Bibbia non è altro che la storia delle infedeltà del popolo ebreo, dei castighi spaventosi avuti da Dio a causa di esse ed infine delle misericordie di Dio che salva un piccolo resto di esso (Is. 64, 8) in funzione della Promessa, ossia del Messia. Basta leggere i profeti sia maggiori che minori.
Ed è veramente curioso il fatto che, nonostante un miliardo di persone provino con la Bibbia che la storia degli Ebrei sia in funzione di Gesù Cristo che essi dovevano generare, ascoltare, portare in trionfo, rinnegare, torturare, uccidere per la salvezza dell'umanità intera, come ebbe a dichiarare il loro stesso sommo sacerdote Caifa (Gv. 18,14); nonostante provino con la Bibbia che per questo essi sarebbero stati rinnegati, distrutti, dispersi per il mondo, gli Ebrei non hanno mai neanche tentato di cambiarne una sola parola, contentandosi di interpretarla diversamente dai cristiani o di annotare che quella dizione deve essere uno sbaglio di copisti; come ad es. nel salmo 21 dove David profetizza la crocifissione del Messia con queste parole: « Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi ».
Alla parola ebraica « caharì » = « hanno trapassato », essi annotano che deve leggersi « caharù » = « come un leone ».
Così stando l'autenticità della Bibbia, da nessuno contestata, non ci resta che citarla per vedere come tutte le sue innumerevoli profezie messianiche si sono verificate in Gesù.
Se non ci fosse stato Gesùessa sarebbe stata falsa.
Secondo i profeti questa è la missione da Dio destinata agli Ebrei: di custodire gelosamente la rivelazione avuta da Dio, di trasmettere fedelmente la loro storia narrata dalla Bibbia, sebbene quasi tutta contro di loro; di far vedere continuamente la misericordia di Dio e la sua fedeltà alle sue promesse; il suo sforzo e lo sforzo dei profeti per mantenere il monoteismo; le decimazioni continue a cui sono stati sottoposti ed il risparmio di un loro piccolo resto erede della Promessa per dare i natali al Messia, per dare per mezzo suo la luce e la salvezza al mondo intero.
3. La prova più grande della divinità di Gesù
La prima prova della divinità di Gesù sono le profezie. Per esse non si può invocare nessun pretesto:
a) Né che non siano vere, perché si possono leggere in qualunque Bibbia cristiana o ebraica.
b) Né che siano state scritte dopo gli avvenimenti, perché furono scritte nel corso di 1300 anni prima della venuta di Gesù, e vengono custodite da quegli stessi Ebrei che uccisero Gesù e avrebbero avuto tutto l'interesse di sopprimerle.
c) Né che siano frutto di suggestione o spiegabili con mezzi che la scienza potrà trovare domani, come si tenta di fare per demolire i miracoli.
Lungo il corso di 1300 anni tanti profeti, ignari l'uno dell'altro, depongono ognuno un pezzo di mosaico e insieme stagliano netta la figura e la missione di Cristo. Ora nessuno al mondo può descrivere minutamente la missione e le circostanze della vita di un uomo tante centinaia di anni prima che egli nasca.
Lì c'è la prova che quegli uomini furono ispirati da Dio e che Gesù è veramente Dio.
Giustamente dice Pascal: « La più grande tra le prove di Gesù Cristo sono le profezie. Sono anche ciò a cui Dio ha maggiormente provveduto; poiché l'avvenimento che le ha adempiute, è un miracolo permanente dalla nascita della Chiesa fino alla fine. Inoltre Dio, durante mille e seicento anni ha suscitato profeti, e per quattrocento anni, poi, ha disperso tutte queste profezie, con tutti gli Ebrei che le portavano, in tutti i luoghi del mondo. Ecco qual è stata la preparazione alla nascita di Gesù Cristo, il cui Vangelo doveva essere creduto da tutto il mondo; bisognò non soltanto che ci fossero delle profezie per far credere in esso, ma altresì che queste profezie fossero sparse in tutto il mondo, per farlo abbracciare da tutto il mondo ».
E difatti con la dispersione degli Ebrei nel mondo l'eco di tali profezie giunse anche a Roma, sebbene giusta l'interpretazione politica data dagli Ebrei all'attesa messianica, Virgilio nella IV egloga parla dell'Età d'oro che dovrà venire.
Tacito scrisse: « In molti c'era la persuasione che si trovasse scritto nei libri di antichi sacerdoti che in quello stesso tempo sarebbe diventato potente l'Oriente e che emigrati dalla Giudea si sarebbero impadroniti del sommo potere » (Hist. 5,13). E Svetonio aggiunge: « In tutto l'Oriente era diffusa l'antica e costante convinzione che era scritto nel libro del destino che in quel tempo gli emigrati dalla Giudea si sarebbero impadroniti del potere » (Vesp. 4).
4. Le più antiche profezie
Dio predice nel Paradiso terrestre l'inimicizia totale tra Satana, la donna (che non può essere che Maria) e il figlio di lei (Gen. 3,1 S). Dio predice ad Abramo che nella sua discendenza saranno benedette tutte le nazioni della terra (Gen. 22,18); a Isacco che la sua discendenza sarà numerosa come le stelle (Gen. 26,4); a Giacobbe che la sua progenie sarà come la polvere della terra e si estenderà in tutto il mondo e tutte le nazioni della terra saranno benedette (Gen. 28,14); ciò che si è avverato solo in Gesù e nella discendenza di Gesù, cioè nel popolo cristiano e per il popolo cristiano, mentre gli Ebrei sono rimasti chiusi nella loro razza. Quando Mosé vide nell'Oreb quel gran fuoco dal quale udì la voce di Dio e pregò Dio di non udire più quella voce e di non vedere più quel fuoco per non morire, Dio gli disse: « Susciterò un profeta, come te, in mezzo ai loro fratelli e metterò le mie parole sulla sua bocca ed egli annunzierà tutto quello che gli avrò comandato. Se uno non ascolterà le parole che egli dirà in nome mio, io stesso gliene domanderò conto ». E per segno di riconoscimento di tale profeta, diede questo: che la parola di tale profeta avrebbe avuto effetto (Deut. 18).
Ora l'unico profeta che abbia osato comandare ai venti e alle acque di calmarsi, ai ciechi di vedere, agli storpi di camminare, ai lebbrosi di guarire, ai demoni di lasciare gli ossessi, ai morti di risuscitare è stato Gesù; e la sua parola ha avuto sempre effetto.
Gesù, facendosi uomo, oscurò completamente la sua infinita luce e gloria e tutti gli uomini potevano ascoltarlo e parlargli senza difficoltà. Da Mosé in poi questo grande profeta che sarebbe stato mandato da Dio fu chiamato il Messia, ossia l'Inviato.
5. Tutto il Vecchio Testamento è un simbolo del Nuovo Testamento
Dio rivela a Giacobbe in un sogno misterioso come per mezzo suo sarebbero state benedette tutte le nazioni della terra. Gli fa vedere una scala che congiunge il cielo e la terra e gli angeli che per essa salgono e scendono (Gen. 28,12). Quella scala è figura del figlio di Dio, che, facendosi uomo, congiunge il cielo colla terra, diventa il ponte tra il cielo e la terra, il ponte per mezzo del quale tutte le grazie di Dio scendono sugli uomini e gli uomini possono andare in Paradiso. Limitiamo ora il nostro esame all'Esodo.
Tutta la storia dell'Esodo degli Ebrei dall'Egitto e del loro arrivo in Palestina è una figura di Gesù e della sua missione, come S. Paolo ebbe a dire: « Tutte queste cose accaddero a loro in forma di esempio, e sono state scritte per avvertimento a noi, sui quali è giunta la fine dei tempi » (1 Cor. I0,II).
L'Egitto è figura del regno di Satana (l'inferno); la Palestina o Terra Promessa è figura del regno di Dio (il Paradiso).
L'agnello pasquale che col suo sangue liberò gli Ebrei dalla morte e che, mangiato da essi, diede loro la forza di arrivare al mar Rosso e di liberarsi dalla schiavitù del Faraone, è figura di Gesù che col suo corpo e col suo sangue libera dalla morte eterna coloro che lo mangiano con la comunione.
Il passaggio del mar Rosso, che libera dalla schiavitù del Faraone gli Ebrei, è figura del battesimo che ci libera dal peccato, ci rende figli di Dio e ci fa arrivare in Paradiso.
La colonna di fuoco che precede gli Ebrei e li guida, li illumina la notte e, trasformandosi in nube, li protegge dai raggi cocenti del sole e dagli assalti dei nemici, è figura di Gesù che ci indica la strada del Paradiso, ci illumina sul senso, sulla condotta e sullo scopo della vita, ci protegge dall'ardore delle passioni e dagli assalti di Satana.
Il serpente di bronzo, issato da Mosé sul palo perché tutti quelli, che, morsi dai serpenti velenosi, lo guardassero, guarissero, è figura di Gesù Crocifisso che salva dalla morte eterna tutti coloro che lo invocano.
La manna del deserto che, mangiata ogni giorno, diede agli Ebrei la possibilità di giungere alla terra promessa è figura della comunione che, fatta spesso, dà ai cristiani la possibilità di arrivare in Paradiso.
La morte nel deserto di tutti coloro che si stancarono e si nausearono di mangiare la manna è figura della morte eterna di tutti coloro che si stancano di Gesù e della comunione.
Senza riferimento a Gesù e alla sua missione universale non avrebbero nessun senso i fatti dell'Esodo e tanto meno potrebbero spiegarsi con la paternità di Dio di tutti gli uomini. Dio è il creatore e il Padre di tutti gli uomini e non soltanto degli Ebrei, e tale si dimostra soltanti in Gesù.
6. I profeti degli ultimi 1000 anni
I profeti Nathan (2 Re 7, r6), David (Ps. 88,36), Isaia (11, 1) Geremia (Ger. 23,14) predicono che il Messia nascerà dalla stirpe di David. David aggiunge che il Messia sarà Dio (PS. 2,7).
L'ultimo profeta, Malachia, profetizza 400 anni a.C. che ormai era prossima la venuta del Figlio di Dio e che sarebbe stata preceduta da un precursore.
« Ecco, io manderò il mio messaggero a preparare la via innanzi a me e presto verrà al suo Tempio il Signore, che voi ricercate; l'Angelo dell'alleanza, che voi sospirate, ecco, viene, dice il Signore degli eserciti » (Mal. 3,1).
Michea predice che il Messia, di origine eterna, sarebbe nato a Betlem. « E tu, BetlemEfrata, tu sei la minima tra le migliaia di Giuda; ma da te uscirà Colui che deve regnare in Israele; la sua origine risale ai tempi antichi, ai giorni lontani » (Michea, s, r).
Osea predice che il Messia sarebbe stato richiamato dall'Egitto (Os. 11, 1); ciò che avvenne dopo la morte di Erode.
Zaccaria predice l'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme nella domenica delle palme: « Esulta con tutte le tue forze, figlia di Sion, effondi il tuo giubilo, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re: egli è giusto e vittorioso, è umile e cavalca un asinello, giovane puledro d'una giumenta » (Zacc. 9,9).
Quindi predice che egli sarebbe stato venduto per 30 denari e che quel denaro sarebbe stato gettato nel tesoro del Tempio (Zacc. 11, 12); Ciò che avvenne il venerdì santo.
Isaia (768 a.C.) predice l'Immacolata Madre e la natura divina del Messia: « Ecco una Vergine concepirà e darà alla luce un figlio che avrà nome Emanuele cioè Dio che abita in mezzo a noi » (Isaia 7,14);
la sua missione: « Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché il Signore mi ha eletto e mi ha mandato a proclamare la buona novella ai poveri, a curare i cuori stanchi, ad annunziare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a proclamare l'anno di grazia del Signore e un giorno di vendetta per il nostro Dio, a consolare tutti gli afflitti » (Isaia 61,1);
i suoi miracoli: « Egli stesso, il Messia, viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi, e si apriranno le orecchie ai sordi, lo zoppo salterà come un cervo, la lingua dei muti canterà canti di trionfo » (Is. 35,5); «Gesù, dopo aver letto ai suoi compaesani (Isaia 61,12), disse loro: "Oggi si è compiuta questa Scrittura in mezzo a voi» (Luc. 14,21); e ai discepoli di Giovanni disse come egli compiva i miracoli messianici profetizzati da Isaia» (35,5);
la sua missione universale: « è poca cosa che tu sia mio servitore per ristabilire le tribù di Giacobbe, per ricondurre i superstiti d'Israele. Ecco io ti pongo a luce delle genti e per portare la mia salvezza fino agli ultimi confini del mondo » (Is. 49,6);
predice che la persona del Messia sarà l'alleanza e che tale alleanza sarà eterna e universale: « Ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni perché apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire i prigionieri » (Is. 42,7), « Io stabilirò con voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide. Ecco l'ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni» (Is. 55,3).
Geremia precisa che tale alleanza sarà nuova, diversa da quella fatta coi padri e che la legge cesserà di essere un codice esterno per diventare un'ispirazione che tocca il cuore» (Ger. 31,3133).
Quindi Isaia descrive la passione del Messia: « Presentai il mio dorso alle percosse, le mie guance agli strappi, non nascosi la mia faccia alle ignominie e agli sputi» (Is. 50,6).
E dopo ne descrive l'aspetto e la causa: « Egli è cresciuto davanti a lui come un germoglio, come una radice da un suolo arido, senza grazia, senza beltà da attrarre lo sguardo, senza aspetto da doversene compiacere. Disprezzato, rifiutato dall'umanità, uomo dei dolori, assuefatto alla sofferenza, come uno davanti al quale ci si copre il volto, disprezzato così che non l'abbiamo stimato. Veramente egli si è addossato i nostri mali, si è caricato dei nostri dolori. Noi lo credevamo trafitto, percosso da Dio e umiliato, mentre egli fu piagato per le nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è pace per noi, pesò su di lui e le sue piaghe ci hanno guarito.
Tutti noi andavamo errando come pecore, ciascuno deviava per la sua strada, ma il Signore ha fatto ricadere sopra di lui l'iniquità di tutti noi. Maltrattato, si è umiliato e non ha detto una parola; quale agnello che si porta ad uccidere, come pecora muta dinanzi a chi la tosa, egli non ha aperto bocca. Con iniqua sentenza fu condannato. Chi pensa alla sua sorte, come egli è tolto dalla terra dei vivi e messo a morte per l'iniquità del suo popolo? Gli fu preparata una tomba fra gli empi, lo si unì nella morte con i malfattori. Eppure egli non commise ingiustizia e non fu trovata menzogna nella sua bocca. Ma piacque al Signore consumarlo con la sofferenza. S'egli offre la sua vita in espiazione, avrà una discendenza, moltiplicherà i suoi giorni e ciò che vuole il Signore riuscirà per mezzo suo» (Is. 53,110).
Davide predice che il Messia avrà trafitti le mani e i piedi, che sarà schernito (PS. 21,1718), che i suoi nemici si sarebbero divise le sue vesti e avrebbero sorteggiato la sua tunica (Ps. 30,19) che nella sua sete gli avrebbero dato aceto (Ps. 68,22), che egli avrebbe gridato sulla croce: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (PS. 21,1); ciò che puntualmente avvenne nella sua Passione.
Davide predice la resurrezione del Messia: « Tu non mi abbandonerai nell'averno, né permetterai che il tuo servo provi la corruzione » (Ps. 15,10).
Isaia predice la sua gloria: « Dopo le sofferenze dell'anima sua egli vedrà la luce e tale visione lo ricolmerà di gioia » (Is. 53,1112); e predice, infine, il regno universale del Messia (Is. 55,5), la conversione di tutti i popoli, la consacrazione di suoi sacerdoti tratti dai popoli pagani (Is. 66,1821).
Zaccaria dice: « (Il Messia) annunzierà la pace alle genti: il suo regno s'estenderà dall'uno all'altro mare, e dal fiume fino ai confini della terra » (Zacc. 9, io). Lo stesso dice David (PS. 2,8).
Tutto ciò è avvenuto solo con Cristo e nel cristianesimo, mentre non è avvenuto né potrà avvenire nel popolo ebreo.
Zaccaria predice che nell'era messianica scompariranno i profeti in mezzo al popolo ebreo: « Se poi qualcuno oserà ancora profetare, il padre e la madre che l'hanno generato, gli diranno: "Tu morrai perché hai proferito menzogne nel nome del Signore! ». E mentre profeterà, i suoi genitori stessi lo trafiggeranno. In quel giorno arrossiranno tutti i profeti, ciascuno della propria visione che avrà annunziato, né indosseranno più il manto di pelo per poter mentire» (Zacc. 13,34). E Israele non ha più profeti.
Infine Gioele annunzia che il profetismo riprenderà con la discesa dello Spirito Santo.
« E dopo tali cose io diffonderò il mio Spirito su ogni mortale. I figli vostri e le vostre figlie profeteranno, i vostri anziani avranno dei sogni, e i vostri giovani delle visioni. Anzi in quei giorni anche sui servi e sulle serve effonderò lo Spirito mio» (Joele 3,12).
Ciò avvenne nella Pentecoste; sicché il profetismo passò e continuò nella Chiesa Cattolica, come rilevò S. Pietro nel discorso tenuto subito dopo.
« Negli ultimi giorni, dice il Signore, io spanderò il mio spirito sopra ogni carne, e profeteranno i vostri figli e le vostre figlie, i giovani vostri avranno visioni e i vostri vegliardi sogneranno dei sogni. Sì, anche sopra i miei servi e sulle mie ancelle in quei giorni spanderò il mio spirito e profeteranno» (Atti, z,17r8).
L'ultimo atto che segnò la fine dell'alleanza di Dio col popolo ebreo fu l'abolizione della loro Pasqua.
Il popolo ebreo divenne un popolo soltanto dopo la liberazione dal faraone, ossia dopo la Pasqua. La Pasqua era il centro del culto del popolo ebreo e la celebrazione della sua alleanza con Dio. Ma tale Pasqua era solo il simbolo della Pasqua di Gesù, e l'agnello pasquale era il simbolo di Gesù che con la sua immolazione avrebbe liberato e salvato il mondo. Quando la Pasqua di Gesù fu compiuta divenne inutile il simbolo e Dio lo distrusse. A tal fine aveva già così detto a Mosé: « Non potrai immolare la Pasqua in una qualsiasi città che il Signore tuo Dio sta per dirti, ma immolerai la Pasqua soltanto nel luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per fissarvi il suo nome» (Dt. 16,5). In seguito, fatto costruire il Tempio a Gerusalemme, Dio prescrisse che tutti i sacrifici fossero fatti lì.
Avvenuta la Pasqua di Gesù, Dio fece distruggere il Tempio di Gerusalemme da Tito in maniera da rendere impossibile agli Ebrei celebrare la Pasqua. In seguito Dio dispose che nella spianata del tempio fosse costruita la moschea di Omar in maniera che agli Ebrei fosse reso impossibile ricostruire il Tempio.
L'ebreo Fritz Friedmann dopo avere a lungo meditato su tutte queste profezie, rifletté che esse non si sono verificate in nessun personaggio né prima Gesù, né dopo Gesù; rifletté ancora che non si potranno mai verificare in nessun'altra persona, e che l'unico nel quale si sono verificate è Gesù.
Allora concluse: « O tutte le profezie sono false e tutta la Bibbia non è parola di Dio ed è falsa; o sono vere, e allora Gesù è veramente il Messia, il Figlio di Dio.
Non mi resta che o rinnegare il mio ebraismo o farmi cattolico ». E si fece cattolico: Tutte queste cose le espone nel suo libro La Croce e la Stella di David (Vita e Pensiero, Milano), specificando dettagliatamente tutte le profezie bibliche e la loro attuazione in Gesù.
7. Concezione messianica degli Ebrei
Gli Ebrei hanno del Messia una concezione puramente politica. Essi non avrebbero mai accettato, come non accettarono, una salvezza puramente spirituale.
Per essi il favore di Dio, che segue all'osservanza della sua legge, si manifesta unicamente con la prosperità economica e politica; mentre il castigo di Dio, che segue alla disobbedienza alle sue leggi, sono la carestia, le pesti, le guerre.
E tutta la loro storia, in effetti, non è altro che l'attuazione delle benedizioni e delle maledizioni loro profetizzate da Mosé.
« Or dunque, se tu ubbidisci diligentemente alla voce del Signore, Iddio tuo, procurando di mettere in pratica tutti i suoi Comandamenti, che oggi ti prescrivo, il Signore, Iddio tuo, ti eleverà al di sopra di tutte le nazioni della terra. Tutte queste benedizioni verranno su di te e ti raggiungeranno, se darai ascolto alla voce del Signore, Iddio tuo.
Sarai benedetto in città e benedetto nei campi. Benedetto sarà il frutto delle tue viscere, il frutto della tua terra e il frutto del tuo bestiame; i nati delle tue mucche e quelle del tuo gregge. Benedetto sarà il tuo paniere e la tua madia. Sarai benedetto in tutte le tue imprese. Il Signore metterà in rotta i tuoi nemici, che si leveranno contro di te: per una via si muoveranno contro di te e per sette vie fuggiranno dinanzi a te.
Ma se tu non ubbidirai alla voce del Signore, Iddio tuo, non curandoti di praticare tutti i suoi Comandamenti e tutte le sue leggi che oggi io ti do, tutte le seguenti maledizioni cadranno su di te e ti raggiungeranno. Tu sarai maledetto in città e maledetto nei campi. Maledetto sarà il tuo paniere e la tua madia. Maledetto sarà il frutto del tuo ventre e il frutto della tua terra; maledetti i nati delle tue mucche e quelli del tuo gregge. Sarai maledetto quando entri e maledetto quando esci.
Il Signore manderà contro di te la maledizione, lo scompiglio e la minaccia, in ogni cosa a cui tu metterai mano e che farai, finché tu sia distrutto, e ben presto annientato, per la malvagità delle tue azioni, per avermi abbandonato. Il Signore farà sì che la peste s'attacchi a te, fino a che ti abbia consunto, nel paese nel quale stai per andare a prendere possesso. Il Signore ti colpirà di consunzione, di febbre, d'infiammazione, di bruciore; di siccità, di carbonchio e di ruggine, che ti perseguiteranno finché tu sia perito. II tuo cielo, che sarà sopra il tuo capo, diventerà di rame, e la terra sotto di te come ferro. Il Signore manderà pioggia sulla tua terra, ma pioggia di sabbia e di polvere, che cadrà su di te dal cielo, finché tu sia distrutto.
Il Signore ti metterà in rotta di fronte ai tuoi nemici: per una via uscirai contro di loro e per sette vie fuggirai dinanzi a loro e sarai oggetto di orrore per tutti i regni della terra. I tuoi cadaveri saranno pasto di tutti gli uccelli del cielo e delle bestie della terra, senza che vi sia chi li spaventi » (Deut. 28,17 e 1526).
Per tali motivi gli Ebrei pensavano che quando sarebbe venuto il Messia avrebbe stabilito un'era di religiosità e di giustizia e, in conseguenza, avrebbe instaurato un grandioso regno messianico; e per questo prima portarono Gesù in trionfo la domenica delle palme gridando l'osanna messianico al Figlio di David e poi lo crocifissero quando si videro delusi nella loro aspettativa.
In tutta la storia del regno di Israele non c'è nessun tentativo universalistico e neppure alcuna aspirazione universalistica.
Presso gli Ebrei, come dice il rabbino Eugenio Zolli dell'università di Roma, « la religione è a servizio della nazione e la nazione a servizio della religione. Israele è un nazionalismo religioso. Religione e nazione sono ambedue di tendenze esclusiviste.
Israele è il popolo eletto da Dio. I popoli seguiranno ciascuno il suo dio, Israele seguirà Iddio. Dopo la caduta dello Stato il monoteismo si ergerà come uno schieramento bellico a difesa della patria dello spirito. La Religione fa la guardia alla nazione » (Zolli, Christus, AVE.
L'universalismo profetico supera la mentalità ebraica. E stato loro consegnato e, loro malgrado, debbono custodirlo.
Per gli Ebrei Israele non è a servizio di Javhé e non è in funzione dell'umanità, ma è Javhé, come pure l'umanità, a servizio di Israele. Basta che Israele osservi il Patto, Dio ne diverrà il custode e la forza; allora la nazione grandeggerà (Zolli).
Per loro il Messia è l'instauratore dell'impero universale di Israele. I protocolli dei Saggi di Sion, pubblicati nel 1905 da Sergej Nilus, rivelano un piano elaborato da lungo tempo dai saggi ebrei e da loro aggiornato di volta in volta per giungere al dominio universale.
Il progetto di cui essi parlano riguarda la creazione di sistemi universalistici adatti a distruggere i vari nazionalismi e la formazione di organizzazioni, di intese politiche, di guerre e di rivoluzioni che dovrebbero portarli al dominio universale.
Autentici o no I protocolli dei Saggi di Sion, sta di fatto che il capitalismo mondiale è dominato dagli Ebrei, che gli Ebrei hanno avuto ed hanno enorme influenza nella massoneria, che Ebrei sono stati i fondatori del liberalismo e del comunismo e che Ebrei furono quasi tutti i compagni di Lenin che con lui fecero la rivoluzione bolscevica ed il Primo Comitato Politico Rivoluzionario.
Pare che gli autori di quelle feroci scritte antisemitiche e di tutti quei volantini che comparvero negli anni '50 simultaneamente in tutte le città d'Europa e d'America siano stati gli Ebrei stessi, per saggiare l'opinione pubblica mondiale nei loro riguardi.
Dalla reazione di tutta la stampa internazionale contro gli ipotetici autori fascisti gli Ebrei poterono capire di godere le simpatie mondiali. Può darsi che non si sentano lontani dal realizzare il loro sogno, perché in effetti sono nei posti chiave dell'economia e della politica mondiale.
L'alta finanza, la grande politica, i massmedia mondiali sono da loro influenzati.
Tutte le profezie che parlano dell'universalità del regno del Messia essi le interpretano in senso politico. L'universale regno spirituale profetizzato dai loro profeti per Cristo, per essi deve intendersi un impero politico mondiale ebraico.
Quando Isaia nel capitolo 60 parla della nuova Gerusalemme, la Chiesa di Gesù, e della sua diffusione mondiale, per gli Ebrei non ci possono essere dubbi che parli del loro futuro governo mondiale.
Se questo dovesse avvenire con una presidenza ebraica di una futura federazione mondiale degli stati, quel presidente potrebbe essere l'anticristo.
Può darsi che, quando svanirà il loro sogno politico, apriranno gli occhi alla reale missione loro affidata da Dio e si convertiranno a Gesù: forse solo allora si avvererà la profezia per loro fatta da S. Paolo. « E quando i Giudei si convertiranno si concluderà la Storia e avverrà la resurrezione dei morti » (Rom. r t,1 S).

10. I MIRACOLI
1. Attendibilità dei miracoli di Gesù

Che i miracoli dei Vangeli siano aggiunte postume, come vogliono certi critici moderni, è:
a) Un'affermazione non solo gratuita, ma contro la verità storica, perché essi sono contenuti e in tutti i codici antichi dei Vangeli e anche nei papiri.
b) Un'affermazione contro la logica.
Senza i miracoli non si spiegherebbero i fatti dei Vangeli:
né come tutti i malati cercavano Gesù;
né come le folle lo seguivano;
né come i discepoli avevano abbandonato il lavoro e le famiglie per seguirlo;
né come fu possibile il trionfo di Gesù la domenica delle palme;
né come migliaia di Ebrei lo credettero Dio e si fecero ammazzare per lui, insieme con centinaia di migliaia di pagani. Giustamente Dante dice che, se i popoli si fossero convertiti a Gesù senza i miracoli, questo sarebbe stato un miracolo cento volte superiore. Ora nei miracoli operati da Gesù c'è un annientamento o una creazione di materia:
un annientamento delle cellule necrotiche e una creazione di cellule vive nei lebbrosi guariti;
la creazione del nervo ottico o della retina nei ciechi guariti;
la creazione di migliaia di pani nella moltiplicazione dei pani;
la resurrezione di tutte le cellule nel corpo di Lazzaro morto da 4 giorni, ecc.
Quanti per negare il miracolo ricorrono all'affermazione che ciò che ieri era ritenuto miracolo oggi non lo è, non conoscono il meccanismo attraverso il quale la Chiesa arriva a dichiarare miracolo una guarigione.
2. Gesù continua oggi a operare miracoli
La causa e l'opera di Cristo non sono finite con la sua morte. Egli è l'unico che continua a operare dopo morto.
Nel suo nome i suoi discepoli, giusta la sua promessa, vanno operando i miracoli: guariscono malati di ogni specie, risuscitano i morti.
Il libro degli Atti (1,4) dice:
« Il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore andava aumentando sempre più, e perfino portavano sulle strade gli ammalati, su letti e giacigli, affinché, quando passava Pietro, almeno la sua ombra ricoprisse qualcuno di loro. La moltitudine accorreva anche dalle città vicine a Gerusalemme, portando malati e posseduti da spiriti immondi; e tutti venivano guariti (Atti 5,1416).
Paolo a Listri, nella Licaonia, guarisce uno storpio dalla nascita, suscitando tale entusiasmo nella folla che essa si prostra in adorazine dinanzi a lui e al suo compagno Barnaba, credendoli Giove e Mercurio; e a stento egli la trattiene dall'offrire loro un sacrificio (Atti 14,820); a Troade risuscita il giovane Eutico (Atti Io,7).
I miracoli continuano nella Chiesa Cattolica dai tempi apostolici a oggi.
3. Nozione del miracolo
è quasi di moda negare i miracoli di Gesù e degli apostoli, dicendo che sono avvenuti in epoca prescientifica e che, quindi, oltre alla possibilità di trovarci dinanzi a narrazioni leggendarie, c'è l'impossibilità di una documentazione scientifica.
A costoro ricordiamo che i miracoli ci sono stati e ci sono sempre e solo nella Chiesa Cattolica, depositaria dell'integra dottrina di Cristo, a garanzia della sua divina istituzione; e che, quindi, i miracoli di oggi sono la prova della realtà dei miracoli di ieri, di Gesù e dell'età apostolica.
Gli increduli, particolarmente se uomini di scienza, accusano la Chiesa di leggerezza e di arretratezza nell'ammettere i miracoli, e, dal canto loro, ricorrono a tutte le ipotesi e a tutte le spiegazioni possibili per negarli: risorse occulte della natura, suggestione, isteria singola o collettiva, ecc.
Costoro non sanno come la Chiesa sia all'avanguardia della Scienza e quale estremo rigore scientifico adoperi per accertare che una guarigione sia clinicamente inspiegabile, naturalmente impossibile ed esiga l'intervento esterno di Dio.
Basta vedere quali criteri di accertamento per i miracoli ha stabilito il famoso uomo di scienza che fu Papa Lambertini, ossia Benedetto XIV, nel Trattato dei Servitori di Dio e della Canonizzazione dei Santi.
« Bisogna che la malattia sia stata grave e, se non incurabile, almeno difficilmente guaribile; che la guarigione non abbia coinciso con la normale evoluzione della malattia verso il recupero della salute; che non sia stata usata alcuna medicina o che le medicine usate siano risultate inefficaci; che la guarigione sia stata improvvisa e istantanea; che la guarigione sia stata perfetta, e non incompleta o parziale; che la guarigione non sia stata preceduta da un miglioramento sensibile di ordine naturale; infine che essa sia definitiva, cioè senza alcun ripetersi della malattia. Bisogna che la guarigione improvvisa, cioè il passaggio rapidissimo da uno stato di malattia ben definito e grave, senza tendenza al miglioramento, ad uno stato di salute perfetto, certo e durevole, non trovi alcuna spiegazione medica o scientifica naturale o abituale ».
Dopo di che Benedetto XIV stabilisce che un Tribunale ecclesiastico prenda in esame tali guarigioni; stabilisce i criteri per distinguere dai falsi miracoli i veri miracoli, quelli cioè sicuramente provenienti da Dio: l'efficacia, la maniera, l'utilità, il fine, l'esame della persona del miracolato, l'occasione, cioè il legame tra il miracolo e il santo.
« Non si deve trovare in tutto questo nulla di frivolo, di ridicolo, di disonesto, di vergognoso, di violento, di empio, di orgoglioso, di menzognero, di difettoso, in maniera che si arrivi alla certezza che il fatto preternaturale non può essere diabolico, ma deve essere attribuito all'azione onnipotente di Dio ».
Quindi stabilisce: « Perché un servo di Dio sia proclamato beato occorre che Dio lo abbia garantito almeno con due miracoli operati per intercessione del medesimo ».
Non per nulla lo stesso Voltaire lodò Benedetto XIV per la sua cultura e per la sua larghezza di vedute nel proprio libro Maometto. Ugualmente la Chiesa, per riconoscere la realtà e l'origine divina di un'apparizione di Gesù e della Madonna, esige che Dio l'abbia garantita con dei miracoli. Per vedere come il miracolo sia la prova dell'esistenza e dell'intervento di Dio, diamo uno sguardo ai miracoli di Lourdes, da tutti controllabili.
4. I miracoli di Lourdes
Siccome avvengono a Lourdes ogni anno una grande quantità di miracoli, la Chiesa per criticarli scientificamente e quindi riconoscerli vi ha fondato fin dal 1882 un Bureau Medical (o Ufficio Medico), servendosi del dott. SaintMaclou.
S. Pio X inviò al successore di SaintMaclou, dott. Boissaire, nel 1905, il suo medico personale, dott. Lapponi, con istruzioni precise e rigorose per fare un regolare processo scientifico ad ogni guarigione più spettacolare.
Il dott. Boissaire, coadiuvato da molti medici famosi, fra i quali Alexis Carrel, premio Nobel per la medicina, esaminò dal 1905 al 1913 quattromila casi di guarigioni e ne dichiarò « certe, definitive e inspiegabili » soltanto 33, che furono proclamate miracoli con ordinanze dei rispettivi vescovi dei miracolati.
Dopo fu costituita l'Associazione Medica Internazionale di Lourdes (AMIL), composta attualmente da 15.000 medici di tutto il mondo e di tutte le religioni. Essa pubblica un bollettino scientifico trimestrale in quattro lingue e l'accertamento delle guarigioni più spettacolari.
Nel 1947 fu costituito a Parigi un Comitato Medico Internazionale composto da 32 medici, per lo più specialisti, con la funzione di Corte d'Appello rispetto al Bureau Medical di Lourdes.
Infine un Tribunale Ecclesiastico prende in esame le guarigioni dichiarate dal Comitato di Parigi « certe, definitive e inspiegabili » e dichiara « miracoli »quelle che tali risultano al vaglio dei criteri propri.
L'attuale presidente del Bureau Medical di Lourdes, dott. Théodor Mangiapan, già titolare di Chirurgia Infantile dell'Università di Marsiglia, coordina il lavoro dei 1800 medici, membri del Bureau Medical di Lourdes sparsi in tutto il mondo, titolari di un dossier presso il Bureau Medical, per informazioni cliniche e accertamenti supplementari sui miracolati.
I miracoli che ogni anno avvengono a Lourdes sono moltissimi; ma la maggior parte non vengono segnalati al Bureau Medical dagli interessati o per non essere importunati dai giornalisti o per non avere noie burocratiche; oppure vengono denunziate parecchi anni dopo, quando è impossibile raccogliere la documentazione.
Le guarigioni denunziate e corredate da regolari documentazioni sono dall'inizio a oggi 280.000.
L'estremo rigore scientifico di questi tre Istituti preposti all'esame delle guarigioni miracolose di Lourdes si può vedere da questa prassi. Appena si ha nel Bureau Medical notizia di un miracolo avvenuto a Lourdes, il presidente convoca tutti i medici presenti in quel momento a Lourdes, siano credenti o no: in media vanno a Lourdes ogni giorno da 20 a 30 medici.
Costoro sottopongono il miracolato a un esame collettivo. Ma, perché l'ammalato venga preso in esame, si richiede che la guarigione riguardi una malattia organica e non funzionale e sia, come abbiamo detto, comprovata da diagnosi mediche, cartelle cliniche, radiografie, analisi cliniche, biopsie. Si ricerca quindi se la malattia ivi descritta esisteva al momento dell'arrivo a Lourdes, se è scomparsa improvvisamnete senza uso di medicine, se è possibile una spiegazione scientifica, se sfugge alle leggi naturali.
Si comincia allora un dossier che verrà completato dopo parecchi anni, quando si è sicuri che la guarigione è stata definitiva.
Solo allora si trasmette il dossier completo al Comitato Medico Internazionale di Parigi.
Sopra le 280.000 guarigioni ritenute miracoli dagli interessati, solo un esiguo numero viene preso in considerazione, ed esattamente uno su 40 per l'impossibilità di fare uno studio serio su tutte.
Dal 1947 a oggi il Bureau Medical di Lourdes ha esaminato solo 1.200 guarigioni « certe, definitive, inspiegabili »; ma ne ha presentate al Comitato Medico Internazionale di Parigi solo 37.
Questo ne ha accettato e presentato al Tribunale Ecclesiastico solo 28. Il Tribunale Ecclesiastico ne ha dichiarate miracoli solo 19. Complessivamente dal 1858 a oggi tra le centinaia di migliaia di guarigioni miracolose esso ne ha riconosciuti soltanto 64.
Coloro che negano il miracolo farebbero bene a essere più prudenti e, soprattutto, più modesti.
Per rilevare l'inconsistenza scientifica dell'ipotesi della suggestione e dell'isterismo collettivo con cui si vorrebbero da alcuni spiegare i miracoli basta ricordare:
che nessuna suggestione al mondo può fare scomparire improvvisamente un tumore maligno o un lupus, come in tantissimi miracoli; o può far comparire d'un colpo quattro centimetri di osso, come nella gamba di Pierre Rudder; o guarire una peritonite tubercolare insieme al morbo di Pott, come in Margherita Deschamps, ecc.;
che i miracoli avuti per intercessione della Madonna di Lourdes avvengono anche a persone in coma, come nel celebre caso di Maria Bailly, la tubercolotica di Alexis Carrel; o sul treno di ritorno, come a Lydia Brosse, o a casa propria, come a Ginetta Nouvel, ecc.
Uno degli ultimi miracoli riconosciuti tali dalle commissioni di Lourdes è la guarigione di Maddalena Carini nata nel 1917 e vivente a Sanremo (Imperia).
A 13 anni Maddalena cadde ammalata del morbo di Pott. Si aggiunsero presto una carie ossea al femore destro, un'anemia perniciosa (meno di 2.500.000 di globuli rossi), una peritonite tubercolare e uno stato di «cachessia» che la ridusse a 32 chili.
Così per 20 anni, passando da un sanatorio all'altro e uscendone quasi sempre « in pericolo imminente di morte », per essere ricoverata d'urgenza in Ospedale per sopraggiunti gravissimi attacchi di angina pectoris.
La prognosi era sempre una previsione di morte a breve scadenza. Infine nel 1948 fu mandata dall'Ospedale perché « morisse a casa ».
In quello stato chiese di andare a Lourdes. I medici si opposero per non farla morire in treno. Uno specialista di Milano, comunista e ateo militante, il prof. Trevisan le disse: « A Lourdes ci vanno i sani e poi i preti dicono che sono guariti. Se ci vai tu che hai vere lesioni organiche e guarisci, sarà un vero miracolo. E allora io crederò ». Tuttavia non volle darle neanche lui il permesso di partire per non farla morire in treno.
Finalmente la Maddalena ottenne la firma di un medico e partì. Giunta a Lourdes il 15.8. 1948, durante la benedizione fattale col SS. Sacramento, improvvisamente le scomparvero i dolori che l'accompagnavano da 20 anni e guarì completamente.
Tornata a casa, il prof. Trevisan visitandola restò sbalordito e spaventato e si convertì; lasciò il partito, l'amante, si accostò ai sacramenti e divenne buon cristiano. La Carini da quel giorno ha intrapreso un'intensissima attività apostolica, che continua tuttora.
L'ultimo dei 64 miracoli riconosciuti dalla Chiesa è la guarigione di Delizia Cirolli di Paternò (Catania). A 11 anni si era ammalata di osteocarcinoma nella gamba destra. Questo aveva già prodotto metastasi in tutto il corpo.
I medici ospedalieri e gli specialisti che l'avevano esaminata avevano dichiarato inutile l'amputazione della gamba e le avevano dato pochissima vita.
Era ridotta una larva. I suoi parenti erano riusciti a non farle sapere il male che aveva: come ultima speranza la portarono, all'età di 13 anni, nel 1977 a Lourdes.
La Delizia, stando imbarellata e ignorante del suo male, avanti la Grotta, pure soffrendo dolori lancinanti, non pregava per sé, ma per gli ammalati che le stavano attorno. Mentre ancora pregava, improvvisamente si sentì scomparire ogni dolore e disse alla mamma di essere guarita. Era guarita davvero. Se i miracoli riconosciuti dalla Chiesa sono pochissimi, quelli non presi da essa in considerazione sono moltissimi.
5. I miracoli nella Chiesa Cattolica
Basta ricordare i 280.000 miracoli di Lourdes e gli innumerevoli miracoli operati da Dio nelle tante centinaia di Santuari della Chiesa Cattolica e per intercessione dei santi, sia in vita che in morte.
Il racconto dei soli miracoli operati in vita da S. Antonio di Padova, da S. Vincenzo Ferreri, da S. Francesco di Paola, da Padre Pio potrebbe riempire una biblioteca.
Ma i miracoli operati da uomini di Dio viventi non vengono, per principio, mai presi in considerazione dalla Chiesa, anche se questi uomini susseguentemente sono stati o saranno santificati.
E, per vedere che si tratta di cose serie, accenniamo a uno dei miracoli di Giovanni Paolo II, esattamente alla guarigione della signora Kay Kelly; di cui ha parlato la stampa italiana e specialmente quella inglese.
La Kay fu ricoverata all'ospedale di Clatterbridge e poi in quello di Liverpool. La sua cartella clinica di Liverpool porta questa diagnosi: cancro diffuso nelle ghiandole linfatiche e nel midollo spinale.
Spacciata dai medici, dietro forti preghiere ottenne con l'aiuto del suo parroco, di venir trasportata in barella a Roma per vedere il Papa. Giovanni Paolo II, vedendola, si commosse, la sollevò, la baciò in fronte e le poggiò le mani in testa. In quello stesso istante la Kay si sentì guarita.
Era il 14.3.1979 Il medico che l'aveva in cura, sebbene scettico, fece onestamente questa diagnosi: « Le cellule cancerose attive sono scomparse e c'è stata una completa regressione del male ».
Il miracolo fece tale scalpore in Inghilterra che ne parlò pure la TV inglese: e la Kay, divenuta popolare, fece una sottoscrizione pubblica presso la BBC per ricerche sul cancro, raccogliendo poco meno di un miliardo. Con tale miracolo Dio ha voluto accreditare Giovanni Paolo II quale suo apostolo a tutto il mondo.

11. RESURREZIONE DI GESù
Gli evangelisti parlano tutti e 4 della resurrezione di Gesù, ma si riferiscono a tradizioni diverse, le quali a loro volta si rifacevano a diverse apparizioni. I più laconici sono Matteo e Marco.
Matteo salta le apparizioni di Gesù a Gerusalemme, parla solo di quelle avvenute in Galilea, Marco non dice con esattezza dove Gesù comparve agli apostoli, ma fa capire che comparve a Gerusalemme e non parla delle apparizione avvenute in Galilea, sebbene le supponga (Mc. 16,7).
Luca parla soltanto delle apparizioni avvenute a Gerusalemme. Giovanni è il più completo: parla delle apparizioni avvenute a Gerusalemme e di quelle avvenute in Galilea.
I più circostanziati sono Luca e Giovanni. Praticamente ci troviamo dinanzi a 4 fonti, e quindi a 4 testimonianze, e non dinanzi a una sola. Concordano tutte:
sulla testimonianza delle pie donne che trovano il sepolcro vuoto e che ricevono dall'Angelo l'annuncio della resurrezione di Gesù e la raccomandazione di andarlo a dire ai discepoli di Gesù;
sull'apparizione di Gesù agli apostoli;
sull'incredulità iniziale degli apostoli;
sulla missione data da Gesù agli apostoli.
I. IPOTESI NEGATIVE
Dato che non si può dubitare della storicità dei Vangeli, sono state studiate tutte le ipotesi possibili per negare la resurrezione di Gesù.
a) Prima ipotesi: Il corpo rubato
Fu la prima spiegazione al sepolcro vuoto di Gesù, messa in giro dai suoi nemici.
« Mentre esse erano per via, alcuni della guardia giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto. Questi si riunirono allora con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: "Dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte e l'hanno rubato, mentre noi dormivamo».
E se mai la cosa verrà all'orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia. « Quelli, preso il denaro fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questa diceria si è divulgata fra i Giudei fino ad Oggi» (Mt. 28,1115)
I sommi sacerdoti non potevano negare che Gesù era morto ed era stato seppellito. Non potevano in nessun'altra maniera giustificare la scomparsa del cadavere di Gesù; non restava loro che dare tale spiegazione che è stata riesumata in questi ultimi due secoli da Reimarus (gli Apostoli), da Renan (Maria Maddalena), da Holzmann (Giuseppe d'Arimatea).
Tale ipotesi è così assurda sia a causa delle guardie messe dai capi degli Ebrei nel sepolcro di Gesù precisamente per impedire questo, sia a causa della distruzione psichica dei discepoli, che alcuni razionalisti addirittura pensano che abbiano rubato il corpo di Gesù i principi stessi dei sacerdoti (Reville) o Pilato (Le Roy).
b) Seconda ipotesi: Gesù non morì
Alcuni affermano che Gesù era morto solo apparentemente e che, rianimatosi, apparve ai discepoli. Questi, essi dicono, rimasero sconcertati e persuasero Gesù a scomparire e andare lontano, perché la sua missione era finita. Gesù allora sarebbe andato a finire i suoi giorni in Persia.
è assurdo pensare che i soldati romani non avessero saputo ammazzare un condannato. Un soldato per maggiore sicurezza diede un colpo di lancia al cuore di Gesù.
La Sindone, poi, è la conferma archeologica della morte di Cristo, con l'impronta del sangue cadaverico di Gesù sgorgato dal suo cuore.
c) Terza ipotesi: l'allucinazione dei discepoli
è la tesi cara dei razionalisti. Tale ipotesi s'imbatte in un cumulo di assurdi: che si possa avere una visione di ciò che non si aspetta e non si crede; che l'oggetto di una simile allucinazione possa essere toccato e possa anche mangiare; che una moltitudine di discepoli siano stati tutti allucinati; che tutti questi allucinati si siano fatti ammazzare per affermare che Gesù era veramente risorto; che un fenomeno grandioso, quale il cristianesimo con i suoi milioni di martiri, sia fondato su una semplice allucinazione di alcuni discepoli.
II. RACCONTO DELLA RESURREZIONE
Nell'insieme le 4 narrazioni si completano; per cui coordinandole possiamo ricostruire gli avvenimenti del giorno di Pasqua: « Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie caddero tramortite. Ma l'angelo disse alle donne: "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. è risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoidiscepoli: è risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l'ho detto ". Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli.
Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: "Salute a voi". Ed esse avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: " Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno" » (Mt. 28, 110).
« Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto! ". Uscì allora Simon Pietro insieme con tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dai piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: " Donna, perché piangi? ". Rispose loro: " Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto ". Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: " Donna perché piangi? Chi cerchi? ". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".
Gesù le disse: "Maria! ". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbuni", che significa: "Maestro"! Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: `Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro'». Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: " Ho visto il Signore ", e anche ciò che le aveva detto » (Gv. 20,118).
« Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo tra voi durante il cammino? ". Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Cleopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni? ". Domandò: " Che cosa? ". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto" ».
Ed egli disse loro: "Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? ". E, cominciando da Mosé e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: "Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino ".
Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: " Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? ". E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone ". Essi, poi, riferirono ciò che era accaduto loro lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: " Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho ". Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma, poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare? ". Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: " Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosé, nei Profeti e nei Salmi ". Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: " Così sta scritto: Il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni "" (Lc. 24,1348).
« Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore! ". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò ".
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi! ". Poi disse a Tommaso: "Metti qua il dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente! ". Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio! ". Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno! "" (Gv. 20,2429).
III. STORICITA' DELLA RESURREZIONE DI GESù
Come si vede, nessuna tradizione ha trasmesso l'atto della resurrezione di Gesù e nessun evangelista la descrive. Se la comunità cristiana avesse inventato la resurrezione, per primo avrebbe descritto quella.
Gli evangelisti sono fedeli redattori dei fatti come avvennero.
Gli apostoli furono duri a credere alla resurrezione, nonostante la testimonianza loro data dalle pie donne (Mt. 28, 111 ); nonostante uno di loro, Giovanni, vedendo nel sepolcro il lenzuolo e le bende, dov'era avvolto Gesù, afflosciate, si fosse convinto che Gesù era risorto (Gv. 20,235); nonostante la testimonianza loro portata dai due discepoli di Emmaus (Lc. 24,1335); nonostante fosse loro apparso nel cenacolo quella sera di Pasqua.
Essi neanche credettero ai loro occhi; si piegarono e credettero solo quando toccarono Gesù con le loro mani e quando lo videro mangiare e mangiarono con lui (Lc. 24,3649).
Per tal motivo Gesù li rimproverò della durezza del loro cuore a credere alla sua resurrezione (Mc. 16,14).
C'è chi fa la distinzione tra " storico " e " reale ", dicendo che non tutto ciò che è realmente accaduto è storico, perché non tutto è documentabile; per cui la resurrezione di Cristo sarebbe reale, ma non sarebbe storica.
Che Gesù non sia stato visto uscire dal sepolcro siamo d'accordo; e in tal senso la resurrezione di Gesù è reale, ma non documentabile e quindi non storica.
Ma che non siano documentabili e quindi non storiche le molteplici apparizioni gloriose del Cristo sicuramente morto in croce è sbagliato. Recentemente è stato rivisto il verso 7 di Gv. 20: « (Giovanni) vide i panni per terra e il sudario che era sul capo di Gesù non per terra con le bende, ma ripiegato e messo a parte ». Tale traduzione è sbagliata.
Il testo greco dice: « Vide i panni giacenti e il sudario arrotolato al suo posto ».
Gesù ne era uscito senza scomporlo, come quando entrò nel cenacolo a porte chiuse.
Per tal motivo Giovanni, vedendo la Sindone non manomessa ma afflosciata, credette subito.
Per questo è impressionante vedere come, mentre tanti cattolici vanno dubitando della storicità della resurrezione di Cristo, un ebreo moderno specializzato in studi storici e titolare della cattedra di religioni comparate all'università ebraica di Gerusalemme, il prof. David Flusser, nel suo libro Jesus ammette indiscussa la storicità dei Vangeli e delle lettere del N.T. e dice: « Non abbiamo alcun motivo di dubitare che il crocifisso sia veramente apparso a Pietro, poi ai Dodici, e a tutti gli apostoli. Da ultimo apparve pure a Paolo sulla via di Damasco ».
IV. IMPORTANZA DELLA RESURREZIONE DI GESù
« La resurrezione di Gesù non è un avvenimento che si può inserire o togliere a piacere dal tessuto dei Vangeli e del cristianesimo » (Locatelli: Cristo è veramente risorto, Apes); è l'avvenimento centrale da cui tutto parte, a cui tutto converge, che tutto spiega e che di tutto è causa.
Senza la resurrezione di Cristo non si spiega il cristianesimo, né la resurrezione morale degli apostoli, né tanto meno la loro predicazione. Gesù si era proclamato Dio. Bisognava che lo provasse. Egli lo provò con i miracoli, ma aggiunse che la massima prova sarebbe stata la sua resurrezione.
Lo promise agli Ebrei che cercavano un segno del suo divino potere legislativo.
« Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come, infatti, Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra » (Mt. 12,3940).
Data tale promessa, se Gesù non fosse risorto, la sua storia si sarebbe chiusa nel sepolcro.
Gli stessi suoi miracoli si sarebbero dimenticati, come già li avevano dimenticati gli apostoli ad appena due giorni dalla sua morte.
Gli apostoli già si erano rassegnati e consideravano definitivamente chiusa la vicenda di Gesù. Tanto meno avrebbero più pensato a Gesù gli ammiratori che non avevano abbandonato tutto come gli apostoli per seguire Gesù, e che a Gesù erano molto meno affezionati degli apostoli. Ed è importantissimo vedere come l'iniziativa per farsi conoscere la prende sempre Gesù: sia con la Maddalena, sia con i discepoli di Emmaus, sia con gli apostoli. Gli apostoli e i discepoli, non solo non attendevano la resurrezione, ma non sognavano neanche che Gesù fosse potuto risorgere; erano rimasti troppo impressionati e demoralizzati nel vedere Gesù torturato in quella maniera orribile, crocifisso, dissanguato, trafitto al cuore.
V. RESURREZIONE MORALE DEGLI APOSTOLI
Come mai questi uomini così paurosi, che nella passione di Gesù se ne erano scappati, improvvisamente divengono coraggiosi, aggressivi, pronti ad affrontare il carcere, i flagelli, la morte? Bisogna cercarne una causa sufficiente.
Tale causa non può che essere la reale resurrezione di Gesù, che essi personalmente constatarono. Se la resurrezione non fosse avvenuta, sarebbe stato impossibile inventarla.
Gli apostoli erano pochi, poveri, disarmati, scoraggiati; non avevano prospettive né di denari, né di potere, né di piaceri; anzi, al contrario, sapevano di andare incontro a povertà estrema, a privazioni di ogni genere, a persecuzioni, a morte sicura.
Non c'è nessun motivo che abbia potuto spingere gli apostoli a predicare la resurrezione di Gesù. Qui non si attuano le leggi di Marx.
L'unica spiegazione possibile è che la resurrezione di Cristo è avvenuta davvero.
Giustamente Franco Ardusso dice: « A chi nega la resurrezione, rifiutando come "non storiche" le testimonianze del N.T., spetta di provare, storicamente e psicologicamente, come sia stato possibile che dopo la morte di Gesù abbia potuto risuonare l'annuncio della sua resurrezione. Tra la conclusione infamante della vita di Gesù e la nascita del Cristianesimo c'è un vuoto da colmare. Un sentimento dovette essere comune fra i discepoli all'indomani della crocifissione di Gesù: "Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele!' » (Lc. 24,21).
« Delusi e frustrati, i discepoli tornarono alle loro case e ripresero il lavoro che un giorno avevano abbandonato per seguire il Maestro. Ma ben presto i discepoli dispersi tornarono a riunirsi; si formò una comunità dinamica e coraggiosa.
Bisogna spiegare in modo plausibile questo straordinario dinamismo del Cristianesimo delle origini. E, per spiegarlo, bisogna risolvere l'enigma della morte di Gesù, avvertita non solo come insuccesso personale, ma come catastrofe pubblica della sua opera, e come sconfessione divina del suo programma.
Anche se non avessimo alcuna testimonianza sulla resurrezione, dovremmo supporre che tra la morte di Gesù e la nascita del Cristianesimo dev'essere intervenuto un avvenimento capace di trasfigurare la storia tragica della sua fine sulla croce. Dev'essere intervenuto qualcosa capace di far sì che il "fallimento» della croce non solo non costituisse un ostacolo alla propaganda della nuova fede, ma diventasse addirittura un elemento basilare di questa fede e del suo annuncio » (Gesù di Nazareth, pag. 122, Marietti).
VI. MISSIONE DEI TESTIMONI DELLA RESURREZIONE
Luca riferisce le ultime parole di Gesù risorto nel congedarsi dagli apostoli prima di salire in cielo: « Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra» (Atti 1,8).
Per essere apostoli occorreva essere testimoni della resurrezione di Gesù (Atti 1,22); e S. Paolo rivendica a sé il diritto di essere un apostolo perché anche a lui è apparso Gesù risorto (I Cor. 9,1).
L'oggetto primo della predicazione degli apostoli era quello che li aveva impressionati, scossi, elettrizzati: la resurrezione di Gesù.
Solo dopo aver testimoniato la sua morte e la sua resurrezione e avere così disposto l'uditorio, parlavano della vita e degli insegnamenti di Gesù.
Per essi la resurrezione di Gesù è l'argomento essenziale e irrefutabile per dimostrare che egli è il Messia e il Salvatore che bisogna accettare e seguire per essere salvi.
Con la resurrezione Gesù è divenuto agli occhi degli Apostoli e di tutti i discepoli il Kirios, il Signore, il Padrone dell'Universo, il Giudice supremo dei vivi e dei morti (Atti 2,36; 10,42; 13,38; 17,31; 26,23).
S. Marco riferisce la grande missione data da Gesù risorto agli Apostoli prima di salire in cielo. « Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno " (Mc. 16,1418).
VII. CAUSA SUFFICIENTE DELLA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO
Gli apostoli, ricevuto lo Spirito Santo, cominciarono a predicare il giorno stesso di Pentecoste agli Ebrei che Gesù era risorto, che era divenuto il Signore del cielo e della terra e che, solo credendolo, convertendosi a lui e battezzandosi, si poteva ottenere la salvezza.
E' umanamente impossibile che una massa di Ebrei (5.000 nei primi otto giorni) avesse potuto convertirsi al cristianesimo senza la resurrezione di Gesù, testimoniata da quella moltitudine di discepoli (oltre 500), che era impossibile non credere degni di fede.
Tale testimonianza dei discepoli unita ai miracoli che Gesù andava operando, come aveva promesso, per mezzo di loro, fece sì che nel giro di pochi decenni il cristianesimo si diffondesse in tutto l'impero romano. Resta una domanda alla quale rispondere: « Perché il cristianesimo aveva ed ha tutto questo mordente in coloro che fermamente lo credono fino al punto da fare per Gesù reali sacrifici, anche gravi e spesso quello della vita? ".
Il motivo è uno solo: la resurrezione di Gesù è il tipo della nostra resurrezione. Se non ne seguisse la nostra resurrezione, per noi non avrebbe interesse alcuno la resurrezione di Gesù. Da che cosa ci avrebbe salvati? Ora se egli è risorto, è veramente Dio: e quindi è vero che risorgeremo come egli esplicitamente ci ha annunziato (Gv. 5,28).
Per il cristianesimo la resurrezione di Gesù non si riduce a una sua sopravvivenza spirituale: Gesù risuscitando ha preso un corpo reale, solido, sebbene misteriosamente spiritualizzato; e così saremo noi. La glorificazione di Gesù è essenziale non solo quale prova finale della sua divinità, non solo perché è segno del suo trionfo sulla morte, ma anche perché costituisce la primizia della glorificazione di tutta l'umanità.
S. Paolo illustra questo punto basilare della nostra fede.
« Ora se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni di voi che non esiste resurrezione dei morti? Se non esiste resurrezione dei morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto, ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini.
Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti » (1 Cor. 15, 1220).
La semplice presenza nel mondo del Cristianesimo con i suoi apostoli, con le sue vergini, con i suoi filantropi, con i suoi martiri è una testimonianza continua della resurrezione di Cristo. Bisogna aver già deciso di non credere a nessun argomento e a nessuna prova o di non volerne cercare per negare la resurrezione di Cristo. Ciò significa togliersi ogni speranza.

12. SALDATURA TRA IL GESù STORICO E LA FEDE NELLA SUA RESURREZIONE
E' un luogo comune di tutti gli increduli affermare che la resurrezione di Gesù sia stata un mito creato dai cristiani.
Il kerigma, essi dicono, ossia la predicazione della comunità cristiana, non dipende dalla resurrezione di Gesù, ma la resurrezione dipende dal kerigma della comunità cristiana.
Questa tesi dei razionalisti è stata fatta propria da molta teologia protestante, specialmente da quella liberale.
Notiamo che un mito non si forma in un anno, né in dieci anni; ma occorrono centinaia di anni. Su questo tutti gli studiosi seri sono d'accordo.
A questo punto vediamo a quale epoca risalga la fede della comunità cristiana nella resurrezione di Gesù. Per stabilire la storicità della resurrezione di Gesù, dopo avere già stabilito l'età dei Vangeli, è importantissimo vedere fin da quale anno abbiamo prove che i primi cristiani credevano che Gesù era risorto.
I. S. PAOLO
S. Paolo parla esplicitamente della resurrezione di Gesù fin dalla sua prima lettera che è la I ai Tessalonicesi, scritta nel 51 (1Ts 1,910). Tuttavia un racconto scritto molto circostanziato delle apparizioni di Gesù risorto lo troviamo nella sua I lettera ai Corinti, scritta nel 56 a Efeso.
In essa dice: « Vi rendo noto, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi, e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui ve l'ho annunziato. Altrimenti, avrete creduto invano!
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno, secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto » (I Cor. 15,18).
Da queste parole si rileva che:
a) S. Paolo aveva già parlato ai Corinti della resurrezione quando era andato a predicare da loro nel 51.
b) S. Paolo afferma che tale dottrina egli l'aveva ricevuta e che cioè era comune nei cristiani.
c) Nel 56 vivevano ancora la maggior parte dei cinquecento discepoli che avevano visto Gesù risorto, e che quindi chiunque avrebbe potuto da loro accertarsi.
d) S. Paolo stesso aveva visto Gesù risuscitato; ciò che era avvenuto sulla via di Damasco al momento della sua conversione, poco dopo il martirio di S. Stefano; quindi nel 36.
S. Paolo fa esplicito riferimento a tale avvenimento nella lettera ai Galati, scritta verso l'anno 54, nella quale dice di aver ricevuto il suo Vangelo non dagli uomini, ma direttamente da Gesù (Gal. 1, 11), di essersi messo subito a predicare che Gesù era risorto ed era il figlio di Dio (Atti, 9,20), di essere andato tre anni dopo a Gerusalemme ove stette 15 giorni con Pietro e con Giacomo (Gal. 1,18) per verificare l'identità della sua e della loro predicazione. Così arriviamo alla documentazione che già ad alcuni anni dalla morte di Gesù i cristiani erano convinti della sua resurrezione e la predicavano.
Qui sorge l'affermazione apodittica di tanti razionalisti secondo la quale fu precisamente S. Paolo a creare il mito della resurrezione di Gesù e del cristianesimo.
Tale affermazione non solo è gratuita, ma è anche assurda:
1) Perché S. Paolo non poteva far tutto questo ad alcuni anni dalla morte di Gesù. Difatti subito dopo la sua conversione, nel 36 d. C., si mise a predicare a Damasco, in Arabia e, tre anni dopo, a Gerusalemme, in Siria e Cilicia che Gesù era risorto; fece numerose conversioni, ma si attirò insieme infiniti odii e persecuzioni dagli Ebrei.
2) Perché, senza l'apparizione sulla via di Damasco di Gesù risorto, non si spiega la conversione repentina e totale di S. Paolo.
Si potrebbe spiegare solo se avesse guadagnato qualcosa di grandioso per questa vita. Ma ecco cosa guadagnò a predicare Cristo: « Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese » (2 Cor. 11,2428).
E dopo tutto questo si guadagnò la decapitazione a Roma, all'età di 57 anni.
Perché la predicazione di S. Paolo coincide perfettamente coi Vangeli e con la predicazione degli Apostoli.
II. IL LIBRO DEGLI ATTI
Il libro degli Atti degli Apostoli, scritto verso il 65 dal medico Luca, ci permette di stabilire con assoluta certezza che la fede nella resurrezione di Gesù nei cristiani risale all'anno 33, l'anno stesso della morte di Gesù; e, precisamente, negli apostoli a tre giorni dopo la sua morte, e nella massa alla Pentecoste.
a) Per la diffusione immediata del cristianesimo
Già alcune settimane dopo la Pentecoste il numero dei cristiani era salito a 5.000 (Atti 4,4).
Sotto la predicazionetestimonianza irresistibile degli apostoli e dei 500 discepoli che avevano visto il Risorto, le conversioni si estesero con lo stesso ritmo in tutta la Palestina, la Fenicia e la Siria, al punto che allarmarono i capi degli Ebrei. Questi, per correre ai ripari, scatenarono nel 36 una violenta persecuzione contro i cristiani, nella quale morì il diacono Stefano, e nello stesso tempo diedero mandato a tanti zeloti di imprigionare nelle varie regioni i cristiani. Fu in quell'occasione, nel 36, che Saulo ricevette il mandato di andare a imprigionare i cristiani a Damasco. Ma a nulla valsero tali misure, e in un batter d'occhio il cristianesimo si diffuse nell'Asia Minore e nella stessa Roma, al punto che Claudio nel 49, a causa dei tumulti degli Ebrei contro i cristiani, espulse da Roma Ebrei e cristiani di razza ebraica. (Svetonio, Vita di Claudio, 25; Atti 18,2).
b) Per il contenuto del kerigma
La predicazione degli apostoli, delle comunità cristiane e dei singoli cristiani ha sempre questo schema centrale: « Gesù è il figlio di Dio, nacque, visse facendo del bene a tutti, insegnando la via della salvezza, guarendo i malati, risuscitando i morti; morì per noi, il terzo giorno risuscitò e salva quanti lo accolgono ». Tale schema lo si vede chiaramente nei discorsi di Pietro riportati negli Atti: è tutto lì il kerigma della Chiesa primitiva.
Così raggiungiamo la certezza che la convinzione della resurrezione di Gesù nei cristiani è addirittura saldata con la sua stessa morte. Non c'è soluzione di continuità tra il Gesù storico e il Gesù risorto della fede. D'altronde senza l'effettiva resurrezione di Gesù è impossibile spiegare la conversione fulminea di tante migliaia di Ebrei e di centinaia di migliaia di pagani.
c) Per il rigido monoteismo degli Ebrei
Gli Ebrei avevano, come tuttora hanno, l'ostacolo insormontabile del rigido monoteismo che rendeva e rende loro impossibile accettare il mistero della Trinità; i pagani avevano l'ostacolo e della loro corruzione morale e del culto dei loro dei che dovevano abbandonare; per cui presto i cristiani, sotto l'accusa di esser atei, furono sottoposti a crudelissime persecuzioni, della prima delle quali, fatta da Nerone, fa una orribile descrizione Tacito.
Nessuno di tutti costoro si sarebbe fatto cristiano se non fosse stato certo, dalle testimonianze udite, della resurrezione di Gesù.
Che il riassunto dei discorsi di Pietro sia fedele ai fatti lo si desume dalle diligenti ricerche fatte da Luca (Lc. 1,13) e dall'arcaicità dei discorsi stessi. Si vede Pietro che ha davanti a sé degli Ebrei, quegli Ebrei che hanno ucciso Gesù, che conoscono le scritture, il sepolcro di David, ecc. e, rinvigorito dallo Spirito Santo, ad essi predica con coraggio che Gesù è risorto: lo predica con tale convinzione e risolutezza che tutti si convertono.
III. GLI EVANGELISTI
Già abbiamo visto che Giovanni scrisse il Vangelo tra 1'80 e il 90; che Luca scrisse il suo Vangelo verso il 63; che Matteo scrisse il suo Vangelo in aramaico tra il 50 e il 60 e Marco verso il 63. Non si sentì subito il bisogno di scrivere i Vangeli, perché c'erano i ricordi freschissimi e gli innumerevoli testimoni della vita di Gesù e della sua resurrezione.
Alle predicazioni evangeliche della resurrezione di Gesù, fatte dagli apostoli e dai primi cristiani, fa riferimento esplicito S. Paolo nella 1 lettera Cor. 15,6 quando parla di ciò che ha avuto trasmesso e cita gli apostoli e i più di 500 discepoli ai quali apparve Gesù risorto, per la maggior parte allora viventi.
La necessità di fissare per scritto quanto essi avevano visto e raccontavano cominciò a sentirsi quando tanti di essi cominciarono a morire. Fu allora che cominciarono a scriversi i Vangeli. I quattro Vangeli ci presentano come nel tempo in cui furono scritti venivano raccontate la resurrezione di Gesù e le sue apparizioni in quattro chiese differenti di luogo, di tempo e di mentalità. Ogni evangelista, oltre ai suoi ricordi personali, aveva raccolto le tradizioni di altri testimoni e della propria comunità cristiana. Per tal motivo tra i loro racconti ci sono leggere discrepanze che essi coscientemente scrissero per fedeltà alle tradizioni ricevute. Mentre tali discrepanze, come abbiamo già detto, rimandano a quattro testimonianze diverse, l'identità fondamentale del racconto in ciascuno dei quattro evangelisti è la prova della loro verità.
IV. CONFERMA ARCHEOLOGICA DEGLI OSSUARI
In Palestina e particolarmente nella zona di Gerusalemme sono stati trovati in questo secolo molti ossari, ossia vani contenenti ciascuno tante cassette di pietra bianca, chiamate ossuari con ossa di morti. Ne sono stati trovati un migliaio.
Ogni ossuario reca il nome del defunto ivi sepolto, scritto in ebraico, in aramaico e in greco e sculture di rosette, di palme, di onde. Gli Ebrei credettero che quegli ossuari fossero del I secolo prima Cristo; studi accurati recenti hanno appurato che sono dello stesso secolo di Cristo e del II secolo d. C.
Queste tombe sono certamente cristiane:
1. perché gli Ebrei avevano in orrore il toccare le ossa, perché ciò li rendeva impuri;
2. perché i cristiani ebbero fin da principio il culto delle ossa e delle reliquie;
3. perché il secondo seppellimento era in funzione della fede nella resurrezione della carne: fede squisitamente cristiana, derivante dalla fede nella resurrezione di Cristo;
4. perché tante cassette portano iscritti i nomi di « proseliti e Ebrei; e ciò è possibile solo se quegli Ebrei erano divenuti cristiani, perché i proseliti degli ebrei erano tutti di origine pagana;
5. perché quelle sculture ornamentali si ritrovano nei reliquiari e nei capitelli delle chiese cristiane dell'Asia Minore.
Le rosette erano simbolo degli angeli che custodivano le tombe; le onde e la palma erano simbolo della vita (Enciclopedia della Bibbia, LDC, vol. 5,320).
Nel 1945 fu fatta a Gerusalemme una scoperta che non solo tolse ogni residuo dubbio, ma diede una prova esplicita nella fede dei primissimi cristiani nella resurrezione di Gesù.
In una periferia di Gerusalemme, denominata Talpiot, fu trovata una camera mortuaria con molti « ossuaria » aventi ciascuno l'iscrizione del nome del defunto.
Dagli archeologi si convenne che quelle cassette risalivano agli anni 40 e alcune al 50 dopo Cristo.
In alcune cassette che risalgono all'anno 45 dopo Cristo, si trovarono scritte in caratteri greci queste parole « Jesus Alòt ».
L'archeologo ebreo prof. Sukenik pensò che si trattasse del nome e del cognome di un defunto.
Forse questo sbaglio fu provvidenziale, perché, se avesse capito di che si fosse trattato, forse qualche ebreo avrebbe fatto sparire quelle cassette. Il primo a interpretare rettamente tale iscrizione fu lo studioso americano Gustafson.
Egli fece rilevare che « Alót » deriva dal verbo ebraico « alah » che significa « risorgere » « salire »; fece notare che in una di tali cassette c'erano scolpite 4 croci; che l'iscrizione, ripetuta in varie cassette, non poteva riferirsi a diverse persone con lo stesso nome e cognome; concluse che si trattava di tombe cristiane e che « Jesus Alòt » significava « Gesù fa risorgere questo defunto ».
Ormai l'interpretazione del Gustafson è condivisa da tutti.
Così abbiamo una testimonianza incontestabile sulla fede dei cristiani nella resurrezione di Gesù, risalente ad appena dieci anni dalla morte di Gesù.

13. IL MISTERO PASQUALE
1. Il senso della Pasqua

Tutti i popoli hanno sentito il bisogno della religione, ossia di mettersi in contatto con la divinità per ringraziarla dei benefici loro elargiti e soprattutto per propiziarsela con sacrifici e ottenerne dei maggiori. Per questo, da che esiste l'uomo sulla terra, non c'è stato un popolo ateo.
Il fenomeno dell'ateismo di massa è esclusivo di questo secolo, ed è dovuto all'alienazione prodotta dalla tecnica, dai massmedia, e dal consumismo.
Il culto dei patriarchi consisteva nel lodare, nel ringraziare Dio per la creazione e mettersi a suo servizio quali sue creature.
Il culto di Israele era nel celebrare i grandi portenti operati da Dio (magnalia Dei) nella sua liberazione, e nel mettersi a suo servizio quale suo popolo.
Il culto di Gesù è quello perfettissimo: egli prega durante il giorno e passa le intere notti a lodare e ringraziare Dio per gli innumerevoli benefici fatti agli uomini; supplisce tutti i doveri di quanti dimenticano Dio, e valorizza, facendoli suoi, le lodi, i ringraziamenti, le preghiere, il servizio, i sacrifici degli uomini.
Dalla sua infanzia alla morte egli è il Servo di Javhé e impiega tutte le sue forze, tutto il suo tempo, tutto il suo sangue per compiere l'opera che Javhé gli ha affidato: cercare, evangelizzare, salvare, riunire in uno gli uomini per renderli felici.
Con la sua passione e morte espia tutte le negligenze e tutti i peccati degli uomini, e soprattutto dà al Padre e agli uomini la massima prova di amore.
Tutto questo egli attua nella Pasqua, lasciandosi nell'Eucarestia e morendo sulla croce.
La Pasqua di Gesù è l'immolazione della vittima offertasi e consacratasi al Padre fin dalla nascita; è la conclusione di una vita riservata e spesa tutta per il Padre; ed è il supremo atto di culto verso il Padre.
Il culto del popolo cristiano consiste nel perpetuare e vivere il mistero pasquale, lasciandosi purificare con la contrizione e con la confessione dal sangue di Cristo: nutrendosi del suo corpo durante la Messa, rinnovazione del mistero pasquale; divenendo servo di Dio.
Diveniamo servi di Dio con l'osservare i suoi comandamenti e col cooperare con Gesù nel completare la sua opera, la salvezza del mondo, pregando, soffrendo, morendo come lui. Allora la nostra morte sarà il nostro supremo atto di culto al Padre. Con la morte anche per il singolo cristiano « tutto sarà compiuto », il mistero Pasquale sarà da lui attualizzato; e alla morte sua seguirà la sua resurrezione e la sua glorificazione.
2. Gesù ci salva da Satana
Il mistero pasquale è intimamente connesso col mistero della creazione e ne è la spiegazione. Perché Dio ha creato? Perché l'uomo sulla terra? Perché il male? Perché il dolore? Perché la morte?
Queste domande tornano insistenti ricordando:
la lavina di sangue che, durante il Terrore, a Parigi partiva dalla ghigliottina, dove a ritmo serrato venivano decapitati i cosiddetti nemici del popolo;
Hitler con i 6 milioni di Ebrei uccisi nei campi di sterminio e in parte trasformati in « puro sapone ebreo »;
Stalin con i 20 milioni di nemici veri o presunti eliminati durante la sua dittatura;
Mao con i 100 milioni di cinesi sterminati nella sua rivoluzione, come ebbe a rilevare recentemente il Partito Comunista Cinese;
Komeini con le fucilazioni quotidiane di quanti non condividono il suo integralismo e la sua ostilità alla civiltà; ultimamente di un'intera classe di signorine di un Istituto Superiore, per reato ideologico e per non aver voluto portare il velo in capo.
Questo è un solo particolare dell'immenso problema del male che è grande quanto è grande la terra.
Non è il caso di far vedere l'insufficienza di tutte le spiegazioni umane del problema del dolore.
Bisogna ricorrere alla spiegazione del Vangelo nella parabola della zizzania: « il nemico ha fatto questo » (Mt. 13,i8).
Ma chi è questo nemico? Quando Paolo VI lo nominò, la stampa laica italiana lo ridicolizzò e lo prese per rimbambito.
Baudelaire, il celebre e spregiudicato poeta francese, autore di « Fleurs du mal », scrisse: « Il capolavoro di Satana è d'aver fatto perdere le sue tracce ». Non c'è altra spiegazione al problema del male che la presenza di Satana nel mondo, a meno che si preferisca restarne senza. Com'è possibile che l'uomo arrivi ad essere tanto feroce, tanto corrotto, tanto chiuso alla verità nonostante la resurrezione di Cristo, nonostante i miracoli di ogni tempo perfettamente controllati dalla scienza e controllabili da tutti, nonostante il prodigio del sole a Fatima visto da 70.000 persone, delle quali alcune migliaia ancora viventi, nonostante il sipario di ferro e il muro di Berlino, nonostante i 100.000.000 di morti fatti da Mao?
La spiegazione è un sola, quella data dall'Apocalisse: «Il quinto Angelo versò la coppa sul trono della bestia e il suo regno fu immerso nelle tenebre » (Ap. 16,10).
Satana appare nella storia dell'umanità fin dal primo giorno. Ottenuta, col miraggio dell'autoaffermazione, del titanismo e della felicità, una collaborazione a oltranza dagli uomini, ha seminato la terra di ribellioni, di corruzione, di odii, di devastazioni, di guerre, di sangue. Tutti i mali del mondo hanno in Satana la loro prima origine.
Satana è il principe di questo mondo (Gv. 14,30).
Gesù non venne per lottare le tirannie, i governi oppressivi, la schiavitù, le guerre, ma per lottare Satana, che di tutti questi ne è l'ispiratore e la causa; non venne neanche per lottare la fame, le malattie, e tutti gli altri mali che affliggono l'umanità, ma per eliminarne la causa, il peccato, e il suo ispiratore, Satana.
Il nemico suo è uno solo, Satana il principe di ogni male.
Satana solo indirettamente odia l'uomo; lo vuole rovinare per invidia e per dispetto a Gesù, perché sa che egli lo ama.
Gesù non è venuto neanche per rendere felice l'uomo sulla terra perché sa che l'uomo per la sua condizione e per la presenza del peccato non potrà mai esserlo; è venuto per renderlo felice in Paradiso.
Però, lottando Satana e il peccato, Gesù non solo dà all'uomo la salvezza eterna, ma gli dà pure l'unico mezzo per creare una società più giusta e più felice, perché lo ammansisce, lo apre all'amore del prossimo, ed elimina, nella misura in cui il suo messaggio è accettato, le cause di sofferenza nella terra. Il faraone egiziano oppressore del popolo ebraico è figura di Satana, nemico e oppressore dell'umanità.
Mosé è la figura dell'unico liberatore temporale e escatologico che è Gesù.
3. L'avvenimento più grande della Storia
Satana raggiunge il suo massimo trionfo quando riesce a far mettere in croce lo stesso Dio fatto uomo, come dichiarò Gesù stesso quando i suoi nemici vennero ad arrestarlo: « Questa è l'ora vostra e del principe delle tenebre» (Lc. 22,53). Quell'ora che era stata preparata da secoli, fino a quel momento non era ancora giunta; quell'ora era stata tanto attesa che aveva fatto dire a Gesù: « Ho da essere battezzato con un battesimo (di sangue) e come sono angosciato finché non sia compiuto! » (Lc. 12, 50); e nell'ultima cena:« Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione » (Lc. 22,1 s).
Quello è il momento più solenne della storia dell'universo, come giustamente ebbe a dire Bossuet: « Niente di più grande di Gesù in tutto l'universo; niente di più grande nella vita di Gesù della sua passione; niente di più grande nella passione di Gesù della sua morte ». Questo sacrificio di Gesù è così sublime da non potersi immaginare qualcosa di più grande; è così grandioso da essere il centro, il sostegno e la spiegazione della creazione e della storia.
Non restava alla Chiesa che ritualizzarlo per ricordarlo continuamente, per attualizzarlo, per applicarne i meriti infiniti e perpetuare la somma lode di Dio; ciò che essa fa ogni giorno, come dice S. Paolo (I Cor. 11,26), sino al ritorno di Gesù nella santa Messa.
La Messa non è semplicemente la Cena del Signore, nella quale la sacra assemblea o riunione del popolo di Dio, sotto la presidenza del sacerdote, celebra il memoriale del Signore, come ha detto LouisMarie Chauvet nella relazione ufficiale del Congresso Eucaristico di Lourdes del 1981, ripetendo un'eresia che oggi si va diffondendo tra i cattolici.
« La Messa, come dice Paolo VI nel suo Credo, celebrata dal sacerdote, che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto col sacramento dell'Ordine, e offerta da lui nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo Mistico, è il sacrificio del Calvario, reso sacramentalmente presente sui nostri altari ».
La Messa è la perpetuazione del mistero Pasquale nella Chiesa: mistero di espiazione, di redenzione, di salvezza, di elevazione, di trasformazione del mondo.
Per questo oggi niente di più grande della Messa avviene nel mondo; e niente di più meritorio per sé e di più utile per sé e per il mondo può fare l'uomo che parteciparvi per offrire al Padre in un unico sacrificio con quello di Gesù, dal quale tutte le cose umane acquistano un valore, le sue opere buone, le sue fatiche e le sue sofferenze insieme a quelle di tutti gli uomini.
Nel sacrificio della croce Gesù che è lo scopo e la sintesi dell'universo e di tutta l'umanità; Gesù, che è il fiore più bello di tutta la terra, sacrificando se stesso con la rinuncia ad ogni piacere della vita e con la più straziante delle morti, dà al Padre una lode, una glorificazione e una prova d'amore infinito; sconfigge Satana che spinge tutti a godersi la vita, restaura l'ordine universale sconvolto dal peccato dell'uomo; dà una riparazione sovrabbondante per tutti i peccati degli uomini e ristabilisce l'equilibrio universale; dà agli uomini la massima prova d'amore, così da attirarli a sé e salvarli.
Così quell'ora del massimo trionfo di Satana si trasmuta nell'ora della sua sconfitta, come Gesù stesso aveva detto la sera precedente la sua morte: « Ora si fa il giudizio di questo mondo, ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori (Gv. 12,31).
Quell'ora del massimo trionfo di Satana, si ripete oggi nella Chiesa abbandonata e tradita da tanti suoi figli; schernita, perseguitata, torturata e crocifissa in innumerevoli altri suoi figli. E quanto il Signore stesso ha rivelato a Teresa Musco morta nel 1976 e a quasi tutti gli altri mistici contemporanei: « Questa è l'ora del più grande trionfo di Satana sulla terra ». Alla passione e morte della chiesa, che forse ha avuto il suo apice nell'attentato a Giovanni Paolo II, non può che seguire la sua resurrezione, la sconfitta di Satana e la evangelizzazione del mondo.
4. La Pasqua di Gesù
La Pasqua di Gesù è il suo passaggio dalla morte alla vita: è la sua resurrezione.
La resurrezione di Gesù non è la rianimazione di un cadavere, ma è l'avvento nella gloria del figlio di Dio fatto uomo, e cioè l'esaltazione di Cristo alla destra di Dio fino nel suo essere corporeostorico.
Egli diviene così il nuovo Adamo, il padre del futuro secolo ossia di tutti quelli che vivranno nell'eternità, il Kirios, ossia il Signore della Storia, in quanto dirige la storia alla formazione degli eletti.
Gesù risorgendo non ritorna come era nella sua vita terrena; quindi non ha più alcun bisogno fisiologico; né diviene un semplice spirito. Egli ha un corpo solido, fatto di carne, conserva i suoi organi corporei e tutte le sue membra così come li aveva in terra, ma resi incorruttibili, immortali, solidi e nello stesso tempo leggeri.
La resurrezione di Gesù è il primo avvenimento escatologico e l'anticipo degli ultimi.
La resurrezione di Gesù prepara e anticipa la « parusia », in quanto Dio ha fatto abitare in Gesù tutta la pienezza di essere e di potenza creatrice salvifica e glorificante.
Con essa ha inizio una nuova forma di esistenza che sfugge totalmente alle attuali leggi fisiche, biologiche. Il corpo di Gesù risuscitato è formato di materia, ma di una materia che è governata con leggi diverse. Dio è onnipotente, e a lui nulla è impossibile.
Con la resurrezione di Gesù inizia il regno di Dio, ossia il mondo in cui regna solo Dio, ossia solo l'amore e non l'odio, solo il bene e non il male.
« La resurrezione di Cristo non è un dogma fra i tanti, né un fatto passato senza conseguenze presenti, né soltanto la prova della divinità di Cristo e nemmeno solo il termine gioioso della sua vita. In tutta realtà e pienezza, è il cuore della nostra fede, l'avvenimento unico e totale:
nel quale Dio stesso ama e salva l'umanità nella gloria di Cristo;
che conferisce tutto il suo significato all'esistenza cristiana e umana, nel tempo stesso nel quale la trasforma per l'eternità.
è per questo che la resurrezione di Cristo è al centro di tutta la rivelazione cristiana e della fede della Chiesa».
« è infatti, Gesù, il Signore risorto, che, per mezzo del suo mistero personale, fonda e porta a compimento sia il mistero personale di ciascun individuo e il progetto umano universale della loro vocazione propriamente divina, sia il mistero della Chiesa e di ciascun cittadino al servizio dell'umanità, nella stessa e unica storia della salvezza.
Il Cristo risorto fonda e illumina tutte queste relazioni fra la grazia e la natura, Dio e l'uomo, la chiesa e il mondo » (Hitz: La resurrezione di Cristo, EDB).
5. Gesù morendo e risuscitandoci salva pienamente
La croce non è la fine di Gesù; ed il sepolcro non è la conclusione della sua vita. La morte fu in effetti il passaggio alla vita gloriosa; il sepolcro fu il luogo dove il corpo di Gesù germogliò, ossia risucitò.
Tutta la vita di Gesù fu una preparazione alla sua glorificazione, tutta la sua passione fu il necessario passaggio per giungere alla resurrezione. Pasqua precisamente significa passaggio, e ricorda la Pasqua, ossia il passaggio degli Ebrei dalla schiavitù del Faraone alla libertà attraverso il Mar Rosso, simbolo della morte.
« Era necessario, disse Gesù ai discepoli di Emmaus, che tutto ciò avvenisse perché il Figlio dell'uomo entrasse nella sua gloria » (Lc. 24,26). Con la morte Gesù depone il suo corpo mortale; con la resurrezione lo riprende, dopo averlo trasformato e reso incorruttibile, leggero, perfettissimo, bellissimo, immortale, incantevole, luminoso, tale da essere in cielo il rapimento e l'estasi degli angeli e dei Santi e la luce del Paradiso.
Per questo S. Paolo dice: « Egli, possedendo la natura divina, non pensò di valersi della sua eguaglianza con Dio, ma annientò se stesso, prendendo la natura di schiavo e diventando simile agli uomini; e dopo che ebbe rivestito la natura umana, umiliò se stesso ancor più, facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è sopra ogni altro nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e negli inferi, ed ogni lingua confessi che Cristo Gesù è il Signore, a gloria di Dio Padre » (Filipp. 2,6 11).
Tutto questo Gesù lo ha fatto per noi. Morendo e risuscitando egli ci salva.
La salvezza di Gesù significa: la salvezza dell'uomo intero: cuore, intelligenza, corpo, sensi.
Quando si dice che Gesù ci salva tutte queste componenti del nostro essere non significa che farà durare per l'eternità questa vita terrena, perché significherebbe divenire vecchi più di Matusalem, acciaccarsi, incartapecorirsi: e la vita diverrebbe una morte vivente.
Salvezza significa risuscitare e restare giovani, incorruttibili, impassibili, immortali come Gesù, nella pienezza del nostro vigore corporeo, intellettuale e psichico.
Solo allora sono capace di godere e di essere felice. Infatti non riesco a pensarmi né a godere senza il mio corpo. Che salvezza sarebbe la mia se io non riprendessi il mio corpo e non risuscitassi come Gesù? La morte rompe l'unità del mio essere, separa l'anima dal corpo. La salvezza non può essere che la ricomposizione di questa unità. Questa salvezza ci viene meritata dalla passione e morte di Gesù; ma ci viene comunicata dalla resurrezione di Gesù.
Solo perché lui è risuscitato io potrò risuscitare. Egli è il primogenito dei morti risuscitati.
« In fondo il Cristo morto e risuscitato non interessa gli apostoli e i loro ascoltatori perché è veramente morto e risuscitato, né perché è il Messia, né potremmo dire perché è il Figlio di Dio, ma perché è il Verbo della vita (I Gv. 1, 1), colui che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv. I,9).
Se Cristo Figlio di Dio si fosse incarnato per ragioni misteriose che nulla hanno a che fare con noi uomini, quel fatto avrebbe potuto suscitare la nostra ammirazione e il nostro rispetto, sapendo che Dio agisce con sapienza, ma nulla di più. Potremmo dire che, in fondo, quel fatto non ci interessa, dal momento che non ha cambiato nulla nei nostri rapporti con Dio » (Stramare, Risorti con Cristo, p. 71).
Però se Gesù non fosse risuscitato neanche noi saremo potuti risuscitare.
Gesù è risuscitato per noi (2 Cor. 5,15), per la nostra giustificazione (Rom. 4,25). In lui abita tutta la pienezza della divinità e della sua pienezza noi partecipiamo (Col. 2,9); dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia (Gv. 1,16).
Pienezza significa pienezza di vita, di intelligenza, di bellezza, di sensibilità, di potenza, di scienza, di amore, di gioia, di felicità.
In altri termini la pienezza della vita umana è quella sopraumana; è nella vita divinatrinitaria: redenti e incorporati da Cristo, vivificati e divinizzati dallo Spirito Santo, ammessi e immersi nella vita intima del Padre.
Tutto questo Gesù ce lo dà con la sua resurrezione.
Per mezzo di essa e con la conseguente sua ascensione al cielo, Gesù diventa il ponte tra il cielo e la terra, ossia il Pontefice massimo, l'unico e sommo sacerdote, che vive continuamente per intercedere per gli uomini presso il Padre e per comunicare se stesso agli uomini per mezzo del dono dello Spirito Santo.
In altri termini vi è una presenza salvificauniversale, proveniente dal Cristo glorioso, in tutti i tempi e in tutte le epoche della storia, come pure nella esistenza personale di tutti gli uomini (Col. 2,9 con i,142o e Ef. 1,3,22).
« Gesù risorto è già il cuore glorioso del mondo, il principio esistente trascendente di tutti gli esseri; e quindi l'umanità intera si incammina infallibilmente verso "la redenzione del nostro corpo e la libertà della gloria dei figli di Dio", alla quale parteciperà a suo modo l'intero universo, trascinato, a sua volta, nella resurrezione del Signore (Rom. 8,1823; Fil. 3,20 SS).
E infatti nel Cristo risorto (" in lui ") che Dio Padre "ci ha eletto da prima della creazione del mondo, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo" (Ef. 1,4 ss) affinché "riproduciamo l'immagine del figlio suo, in modo che egli sia il primogenito di una moltitudine di fratelli " (Rom. 8,29).
Il Cristo risorto è dunque il fondamento ontologico dell'esistenza degli uomini, come soggetti personali, chiamati alla vita eterna di Dio: egli è la loro "vocazione eterna".
La vocazione degli uomini e di tutta l'umanità è dunque radicalmente cristica e trinitaria: ogni uomo è nell'intimo del suo essere, desiderio di Dio e nostalgia del Cristo glorioso.
Tutta la storia del mondo, la grande e la piccola storia degli uomini, pur essendo distinta dalla storia della salvezza, serve e attualizza di fatto questa storia della salvezza che Dio opera con tutti gli uomini in tutte le situazioni per mezzo della mediazione unica e universale del Cristo risorto » (Hitz, La resurrezione di Cristo, EDB).
Il mistero dell'incarnazionemorteresurrezione di Gesù sta alla base del mistero stesso dell'uomo. Giustamente canta la Chiesa nella notte di Pasqua: « Non sarebbe valsa la pena di nascere se non avessimo potuto venire redenti da Gesù », cioè portati nella sua stessa condizione di risuscitato.
Il destino degli uomini e della nostra miserabile condizione umana di insoddisfatti, di sofferenti e di condannati a morte non è l'invecchiamento, ma la gioventù perenne; non è la morte ma la resurrezione; non è il sepolcro, ma il Paradiso; non è l'insoddisfazione e il dolore, ma l'appagamento di tutti i nostri desideri e la felicità eterna.
Per la felicità dei risorti Dio creerà una cornice adatta, ossia farà i nuovi cieli e la nuova terra, con meraviglie naturali di fiori, di luci, di suoni, di animali smisuratamente più belli di quanto di più bello esiste oggi sulla terra e nell'universo. Questa ultima opera di Dio viene chiamata palingenesi, ossia nuova creazione.
La resurrezione di Gesù è la soluzione anticipata della storia universale, l'anticipo e la certezza della resurrezione gloriosa di tutti quelli che hanno sofferto ed hanno amato Dio e gli uomini. La Pasqua di Gesù è la preparazione della Pasqua dell'umanità e della Palingenesi universale.
La costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II dice: « Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo con cui sarà trasformato l'universo. Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla rivelazione che Dio prepara nuova abitazione e una nuova terra, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini. Allora, vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato in infermità e corruzione rivestirà 1'incorruzione; e restando la carità con i suoi frutti, sarà liberata dalla schiavitù della vanità tutta quella realtà, che Dio ha creato appunto per l'uomo » (n. 39/1439).
6. Il nostro mistero pasquale
La sua parte per la nostra salvezza Gesù l'ha fatta per intero: ora resta a noi di fare la nostra. La nostra trasformazione gloriosa non avviene senza il nostro volere, per costrizione, ma avviene dietro la nostra libera scelta di Gesù.
Per poter risorgere con Gesù bisogna accogliere lui e morire come lui. Per questo dice S. Paolo: « Tutti che fummo battezzati in Gesù Cristo, fummo battezzati nella sua morte. Fummo, col Battesimo, sepolti con lui nella morte, affinché come Cristo fu risuscitato da morte, anche noi vivessimo una vita nuova. Se infatti siamo diventati un essere solo nella somiglianza della sua morte, lo diventeremo pure nella somiglianza della resurrezione» (Rom. 6,15). La Chiesa antica per meglio imprimere queste verità nei cristiani usava il battesimo di immersione. Il catecumeno al momento del battesimo si immergeva completamente nell'acqua del fiume o, in seguito, della vasca fatta in chiesa, fino a scomparire per un momento. Quindi emergeva e veniva rivestito di una veste bianca.
L'immersione significava che il cristiano era morto al mondo, ad ogni godimento peccaminoso e a tutte le opere della carne, che S. Paolo enumera nella sua lettera ai Galati:
« Si conoscono le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, discordie, divisioni, invidie, ubriachezze, gozzoviglie e cose simili» (Gal. 5,1921).
L'emersione significava che il cristiano doveva ormai vivere staccato dal mondo, da risuscitato, e praticare le opere dello spirito che S. Paolo enumera nella stessa lettera: «Invece frutti dello Spirito sono: carità, gioia, pace, pazienza, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza; in tutto ciò la legge non ha nulla a che fare. Or, quelli che sono di Cristo Gesù, hanno crocifisso la carne con le sue passioni e concupiscenze»(Gal. 5,2224).
Il sacerdote rivestendo il neocristiano con una veste bianca gli diceva, come dice ancora oggi: « Ricevi la veste candida e portala candida al tribunale di Cristo »; cioè non sporcare più la tua anima col peccato, perché solo presentandoti al tribunale di Dio con l'anima pura potrai vedere e godere Dio per l'eternità.
L'uomo è misteriosamente e continuativamente sospinto a superare se stesso.
C'è in lui un destino che lo supera, lo trascende, lo trascina: il suo traguardo sarà 1'attualizzazione del suo desiderio infinito di vita, di libertà, di prosperità, di amore, di comunione personaleuniversale, in una parola, di felicità. Tale desiderio glielo attualizza Gesù mediante la sua incarnazionemorteresurrezione.
L'uomo può perseguire questo suo istinto in due maniere opposte tra di loro: o con l'egoismo, l'orgoglio, l'autosufficienza, senza, o peggio contro Gesù; o con l'amore e l'umiltà.
Nel primo caso è portato a essere indipendente e autonomo, a ribellarsi a ogni legge umana e divina, al suo destino di sofferenza e di morte. Vuole godersi la vita infischiandosi degli altri; scalare il cielo ed essere come Dio. Non sa che in tal maniera prepara la sua rovina.
Nel secondo caso accetta per amore di seguire e imitare Gesù in tutte le sue virtù; accetta umilmente la sua condizione di servo obbediente e sofferente di Javhé, di umile operaio del Vangelo e di servire, morire e scomparire come Gesù.
L'accettazione della morte è l'ultimo atto che precede e dà la glorificazione e la resurrezione. Per questo la maggiore fortuna degli uomini è nascere e morire; la maggiore disgrazia degli uomini è sprecare la vita: la massima e irreparabile loro disgrazia è sprecare la morte.
7. La partecipazione dei pagani al mistero pasquale
La salvezza ce la dà solo Gesù incarnatomortorisorto.
Chi lo rifiuta, rifiuta la propria salvezza, perché è proprio lui la nostra salvezza.
Quando però l'uomo non conosce Gesù si può salvare:
a) Amando Dio così come lo conosce e amando il prossimo, perché ricevendo il prossimo riceve Gesù.
Infatti: « Qualunque cosa fate al più piccolo dei miei fratelli lo fate a me » (Mt. 23,40). Ma per chi rifiuta Dio o il prossimo, specialmente se bisognoso, non c'è salvezza.
La costituzione Lumen Gentium dice: « Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nei fantasmi e negli idoli, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (Atti 17,2528), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (I Tlm. 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua chiesa, e che tuttavia cercano sinceramente Dio, e con l'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere della sua volontà, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salute eterna. Né la divina provviddenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio e si sforzano, non senza la grazia divina, di raggiungere la via retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro, è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo, e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita» (N. 16/326).
b) Accettando la sua condizione kenotica, cioè di rinuncia, di sofferenza, di annientamento, di morte. «Se patiamo con Cristo, saremo glorificati con Cristo» (Rom. 8,17). è così che si salvano tutte quelle centinaia di milioni di affamati, di lebbrosi, di cancerosi, ecc. che nel mondo e particolarmente in India e in tutto il 3° mondo soffrono e muoiono rassegnati. « Beati quelli che piangono perché saranno consolati » (Mt. 5, 5). Tutti quelli che soffrono, piangono e gemono senza disperarsi. La più grande fortuna degli uomini è la sofferenza, è la morte.
8. Gli esclusi dal mistero pasquale
« Se patiamo con Cristo, saremo glorificati con Cristo » (Rom. 8,17). Chi non muore non risorge. « Se il grano di frumento prima, cadendo in terra, non muore, non può portare frutto » (Gv. 12,24). « E chi non porta frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco » (Gv. 15,2). Per questo Gesù dice: « Ma guai a voi, o ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione! Guai a voi, che ora siete sazi, perché patirete la fame! Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e nel pianto! Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché in tal modo agivano i vostri padri verso i falsi profeti! » (Lc. 6,2426).
L'unico filo di speranza dei ricchi, dei benestanti e dei gaudenti è di fare molte opere di carità. Ai gaudenti e a tutti i peccatori la salvezza può giungere solo per mezzo delle preghiere e delle sofferenze dei giusti.
« Senza effusione di sangue non c'è perdono » (Ebr. 9,22).
Per questo giustamente dice Leon Bloy: « Nessuna grazia viene a un peccatore se un giusto non la paga per lui ». Il numero dei peccatori che si salvano è proporzionato alle preghiere e alle sofferenze dei giusti.
Per questo la Madonna disse ai bambini di Fatima: « Se voi pregherete e farete sacrifici molti di quelli che debbono andare all'inferno si salveranno. Molti peccatori vanno all'inferno perché non c'è chi preghi e chi si sacrifichi per loro ».
Quanto, poi, meglio riproduciamo in noi il mistero pasquale di Gesù sacrificandoci per gli uomini tanto più parteciperemo della sua gloria. L'ultima grazia che Dio dà a un peccatore per mezzo delle preghiere e dei sacrifici dei giusti è di farlo partecipare con una morte dolorosa al suo mistero pasquale. Il maresciallo Frank, cattolico di origine, poi gauletier nazista della Polonia, condannato all'impiccagione al processo di Norimberga, chiamato il sacerdote e confessatosi prima dell'esecuzione, disse: « Ringrazio Dio che muoio impiccato; solo così sto salvandomi ». La peggiore disgrazia che possa capitare a un peccatore è di non soffrire più, perché non avrà più occasione di rivolgersi a Dio e salvarsi.

14. IL SUPER TESTIMONE DELLA STORICITA' DI CRISTO E DEI VANGELI
1. QUELLO CHE SI SAPEVA PRIMA

Matteo nel suo Vangelo dice: « Giuseppe d'Arimatea si presentò a Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato comandò che gli fosse consegnato. E Giuseppe preso il corpo, lo avvolse in un bianco lenzuolo e lo depose nel sepolcro nuovo che egli si era fatto scavare nella roccia » (Mt. 27, 5860).
Giovanni nel suo Vangelo dice: « Pietro entrò nella tomba e vide le bende per terra e il sudario che era sul capo di Gesù, non per terra con le bende, ma ripiegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo (Giovanni) che era giunto prima nel sepolcro, e vide e credette (Gv. 20,68).
Poi c'è buio per mille anni, rotto di tanto in tanto da qualche notizia, come da lampi in una notte di tempesta.
Di questo lenzuolo, chiamato da Giovanni anche sudario e che in greco si chiama Sindone, ne parlano nel 2° secolo il Vangelo apocrifo degli Ebrei e nel 340 S. Cirillo di Gerusalemme che ricorda i testimoni silenziosi, della resurrezione: la rupe rossa venata di bianco e la Sindone. Gli antichi apologisti ne parlano solo indirettamente, dicendo, per provare che il corpo di Gesù non era stato rubato, che eventualmente sarebbe stato più comodo ai ladri trasportarlo col lenzuolo, invece di lasciare il lenzuolo.
Nella vita di Santa Nina, che portò il cristianesimo in Georgia verso il 320 d.C., si legge che, chieste notizie sulla Sindone all'uomo più dotto di Gerusalemme, Niafori, questi le rispose che si sapeva solo che l'aveva custodita S. Pietro.
Ma dov'era la Sindone? La prima notizia storica su di essa risale al 1201, come vedremo.
2. QUELLO CHE SI SA OGGI
E prima dov'era? Si sa con certezza che a Edessa (oggi Urfa) sul centromeridionale della Turchia esisteva da tempo immemorabile una tela con l'immagine creduta da sempre « del vero volto di Gesù ». Quella tela veniva chiamata con parola araba « il sacro Mantilion ».
Il Mantilion era la Sindone piegata in quattro, così da far apparire poco più del volto di Gesù? Jean Wilson dopo lunghissime ricerche fatte è decisamente per questa opinione. (The Shroud of Turin).
E' certo che quando la Sindone apparve in Francia era piegata così, e così era piegata durante l'incendio del 1532, cosicché la gocciolatura di argento fuso la bucò in quattro punti; e così ancora restò anche quando fu portata a Torino, finché, fatta la Cappella, fu arrotolata e messa in una nuova custodia di sicurezza.
L'origine della presenza del Mantilion a Edessa è oscura.
Narra la leggenda che Abgar V, re (storico) di Edessa, contemporaneo di Gesù, colpito dalla lebbra avesse mandato a pregare Gesù di andare da lui a guarirlo e che Gesù gli avesse promesso che dopo morto gli avrebbe mandato un discepolo. L'apostolo Giuda Taddeo dopo un po' di anni andò da lui e gli portò il sacro Mantilion. Abgar appena toccatolo guarì, divenne cristiano e, per riconoscenza, fece scolpire un cammeo con l'immagine del volto di Gesù nel Mantilion, e lo donò a S. Giuda. Sta di fatto che questo apostolo è stato sempre rappresentato con un grosso medaglione al collo nel quale c'è raffigurato il volto di Gesù.
Man'nu, figlio di Abgar, reintrodusse il paganesimo a Edessa, e allora i cristiani nascosero il Mantilion in una nicchia sopra la porta Ovest di Edessa. Nel 525 il Mantilion fu ritrovato e da allora cominciò ad essere esposto nella settimana santa.
Da quel tempo tutte le immagini di Gesù cominciarono ad avere una certa rassomiglianza tra loro e ispirate al volto del MantilionSindone, mentre le precedenti davano un volto molto giovanile di Gesù.
Verso il 935 l'imperatore bizantino Romano Lacapeno fece una spedizione in Asia Minore per recuperare il Sacro Mantilion. Tale spedizione si giustifica solo con la convinzione generale e dell'imperatore che nel Mantilion c'era riprodotto miracolosamente il vero volto di Gesù.
Giunto un suo generale vittorioso a Edessa, la circondò e promise all'Emiro di risparmiare allora e per sempre la città, di rilasciargli 200 prigionieri mussulmani e fargli anche una regalia in cambio del Sacro Mantilion. L'Emiro fu ben lieto dell'offerta e gli diede il Mantilion che fu portato a Costantinopoli. Da allora non si parlò più del Mantilion e si cominciò a parlare della Sindone, che è la parola greca indicante il lenzuolo. Sembra a questo punto dover identificare il Mantilion con la Sindone.
Si sa che nel 1.000 la Sindone si trovava a Costantinopoli, perché menzionata nel catalogo delle reliquie conservate nel locale palazzo imperiale.
Nel 1201 Nicola Mesarites, patriarca di Costantinopoli esaminò la Sindone e nella sua relazione dice: « Essa ha sfidato il deperimento perché avvolse la salma ineffabile, nuda, coperta di mirra, dopo la Passione ».
Nel 1204 Robert de Clery, cronista della 4a crociata, scrisse che prima della caduta di Costantinopoli in mano ai crociati la Sindone veniva esposta ogni venerdì nella Chiesa di S. Maria di Blachernae.
Dopo, non si sa nulla della Sindone per i 50 anni, alla fine dei quali la si ritrova in Francia in possesso di Goffredo di Charny, morto nel 1356. Dove fu la Sindone in quei i 50 anni, dal 1204 al 1356? Pare che se ne siano impossessati nella caduta di Costantinopoli i Templari, potente ordine cavallerescomonastico, allora nell'apogeo delle sue gloriose gesta militari. E verosimile che i templari, per non suscitare le gelosie e le sicure contese dei grandi condottieri della crociata per il possesso di una così grande reliquia, l'abbiano tenuta nascosta piegata in 4, così com'era.
Sta di fatto che i Templari facevano delle cerimonie segrete dinanzi a una «Sacra Testa» misteriosa che non facevano vedere a nessuno, e che di essa ne riproducevano una copia per ogni loro convento. Nel 1951, facendosi degli scavi nel villaggio dei Templari, Templecombe, in Inghilterra fu trovata un'immagine simile alle antiche immagini bizantine del volto di Cristo, rassomiglianti a loro volta a quello della Sindone.
Filippo il Bello perseguitò i Templari perché troppo potenti e il 19.3.1314 fece bruciare il loro Maestro di Normandia, Goffredo de Charny, dal quale probabilmente ebbe la Sindone il suo pronipote Goffredo di Charny, conte di Lirey, marito di Giovanna di Vergy.
Goffredo di Charny fece una chiesa a Lirey, vi depose la Sindone e vi creò un canonicato con ufficiatura per il culto della Sindone.
Morto Goffredo nello stesso 1356, sua moglie l'anno dopo espose per la prima volta al pubblico la Sindone attirandosi subito l'ostilità del vescovo di Troyes, Enrico di Poitiers da cui dipendeva Lirey.
Suo figlio Goffredo II de Charny, morto nel 1398, lasciò la Sindone alla figlia Margherita. Questa, essendo senza eredi e prevedendo che con la sua morte la Sindone sarebbe andata in rovina per la lotta accanita contro di essa del nuovo vescovo di Troyes, Pierre d'Arcis, la donò il 22.3.1452 al potente duca Luigi di Savoia.
Il duca di Savoia collocò la Sindone nella Sainte Chapelle di Chambery.
Il 4. 12. 1532 vi fu un incendio nella Sainte Chapelle e due laici, Filippo Lambert e Guglielmo Pussod, con due monaci, rischiando la vita, salvarono la Sindone, che però piegata com'era in quattro, fu forata in 4 punti dalla gocciolatura dell'argento fuso di un angolo della custodia. Il duca di Savoia allora portò la Sindone nel Monastero di S. Chiara per farla rattoppare dalle suore. Infine nel 1578 il duca Emanuele Filiberto di Savoia la portò a Torino, dove ora si trova. Proprietaria ne è sempre la famiglia Savoia; il custode, per incarico di essa, ne è l'Arcivescovo di Torino.
3. INIZIO DELL'INTERESSE SCIENTIFICO DELLA SINDONE
Sino alla fine del secolo scorso la Sindone, pur venendo venerata, non suscitò grosse polemiche e seri interessi.
L'interesse cominciò con la prima foto fattale, su richiesta del card. Agostino Richelmy, dall'Avo. Secondo Pia il 25.5.1898.
Questi, con immenso stupore e con vera commozione, scoprì così che l'immagine della Sindone è un negativo fotografico. Ciò eliminava l'ipotesi che la Sindone fosse stata artefatta 1800 anni addietro o anche solo da Goffredo de Charny. A questo punto, al posto delle scaramucce che per il passato c'erano state pro e contro la Sindone, subentra una battaglia tra il pregiudizio e la scienza. Il fatto estremamente curioso è che si schiera con implacabile ardore contro l'autenticità della Sindone un ecclesiastico, Ulysse Chevalier, professore di storia all'università di Lione e uno degli uomini più colti di Francia.
Contro di lui insorge un ateo, Yves Delage, zoologo di fama mondiale, membro autorevolissimo di quell'Academie des Sciences che rappresentava il più alto consenso scientifico e culturale del mondo e che aveva avuto l'onore di annoverare tra i suoi membri, tra i tantissimi, Daguerre e Pasteur: l'uno da lì aveva in un'assemblea generale rivelato al mondo l'invenzione della fotografia, il 1° quella del vaccino antirabbico.
Delage vista la fotografia del Pia ne restò estremamente turbato, vi si mise a lungo a studiare con la collaborazione di un altro scienziato Paul Joseph Vignon, pure professore alla Sorbonne.
Il Delage, alla fine, in una affollatissima assemblea della Academie des Sciences, diede relazioni degli studi fatti, dimostrò che la Sindone era autentica e concluse che l'uomo che vi era avvolto era Cristo, perché il tempo minimo per formarsi un'immagine vaporigrafa era un giorno e e il tempo massimo che vi poteva restare un cadavere senza cancellare 1'immagine formata o almeno senza lasciarvi tracce di putrefazione era 40 ore: ciò che corrispondeva perfettamente ai Vangeli.
Enorme fu l'impressione di una dichiarazione simile, fatta da un uomo simile in un ambiente simile, notoriamente agnostico e in gran parte anticlericale e ateo.
Ne seguirono un immenso scalpore e acerbe polemiche a causa delle quali il Delage, imperturbabile nelle sue convinzioni, fece un fermo memoriale che pubblicò nella Revue Scientifique de l'Academie des Sciences. Nel memoriale fra l'altro dice: « Riconosco di buon grado che nessuno di questi argomenti presenta in sé il carattere di una dimostrazione irrefutabile; bisogna anche riconoscere, però, che la loro somma costituisce un insieme imponente di probabilità, alcune delle quali molto vicine a essere provate... Si è introdotta senza necessità una questione religiosa in un problema che, in sé, è puramente scientifico, col risultato che le passioni si sono scaldate e la ragione è stata fuorviata. Se si trattasse, anziché di Cristo, di un Sargon, di un Achille o di un faraone, nessuno avrebbe pensato a fare obiezioni... Nel trattare questa materia sono stato fedele al vero spirito della scienza, alla ricerca solo della verità e senza minimamente preoccuparmi se avrebbe toccato gli interessi di alcun gruppo religioso... Io riconosco Cristo come personaggio storico e non capisco che possa esserci qualcuno che trovi scandaloso se tuttora esistono tracce materiali della sua vita terrena ».
Per conoscere la sua preparazione e la sua serietà scientifica basta sapere che egli nel 1904, con anticipo di quasi 80 anni, disse che la certezza dell'autenticità della Sindone era tale, che c'era soltanto una probabilità contro 83.000.000 che essa fosse falsa; risultato che proclamarono nell'ottobre 1981 i 40 scienziati dello STURP.
Il Delage e il Vignon diedero così il via a un'infinità di ricerche scientifiche su quello che oggi è uno dei più suggestivi misteri della scienza moderna, la Sindone.
4. RIPRESA DELLE RICERCHE
La foto del Pia, la relazione del Delage e un libro del Vignon scatenarono un'asprissima polemica contro la Sindone e nel campo laico e, ciò che stupisce, specialmente nel campo ecclesiastico, per cui il re d'Italia, essendo il proprietario della Sindone, non permise più che essa fosse esposta. Il re d'Italia finalmente autorizzò l'esposizione della Sindone nel 1931 per contribuire ai festeggiamenti nazionali per il matrimonio del principe Umberto. In quella occasione milioni di persone visitarono la Sindone e il re permise pure si facessero delle foto.
Il Card. Maurilio Fossati scelse a tale scopo Giuseppe Enrie, stimato il migliore fotografo d'Italia. Queste nuove foto, perfettissime, suscitarono un'immenso interesse nel mondo scientifico. Si inizia un nuovo capitolo nella storia e nello studio della Sindone.
Ci limitiamo a notare che da allora incominciarono a interessarsi della Sindone una moltitudine di chirurghi, di medici, di chimici, di periti di vario genere e si stabilirono delle commissioni di studio.
Fra i tanti studiosi della Sindone di quel primo tempo il più importante fu senza dubbio il chirurgo prof. Pierre Barbet, direttore dell'Ospedale St. Joseph di Parigi. Egli, oltre alle foto, poté studiare, per un particolar permesso del re d'Italia, la Sindone da vicino.
Fece 15 anni di studio e molti esperimenti: fra l'altro inchiodò diversi cadaveri in una croce per vedere l'angolatura delle braccia inchiodate rispetto al torace per il peso del corpo, e l'angolatura dei rivoli di sangue scorrenti dai polsi trafitti rispetto all'asse del braccio: trovò tutto corrispondente alle impronte delle ferite e dei rivoli di sangue dai polsi dell'uomo della Sindone. Ciò che esclude assolutamente la possibilità di una contraffazione della Sindone, anche se non ci fossero i numerosissimi altri argomenti (Barbet: la Passion de N.S. Jésus Christ selon le chirurgien).
Le numerose pubblicazioni strettamente scientifiche del Barbet sulla Sindone accrebbero l'attenzione e lo studio di una vera moltitudine di scienziati.
I principali altri risultati di tali ricerche furono questi:
a) Il tessuto è di lino di circa 2.000 anni addietro.
b) La Sindone è un negativo fotografico.
c) Le impronte sono di 2 generi: quelle del corpo al negativo, quelle del sangue al positivo.
d) Vi appare sangue vivo e sangue cadaverico.
«La morfologia del sangue sulla Sindone ci documenta due tipi di sangue: sangue vivo, sgorgato "intra vitam", caratterizzato dal tipico sangue di fibrina ai margini e dalla parte chiara, plasmatica, al centro; e sangue "postmortem" uscito dopo la morte, come quello della ferita del costato, caratterizzato dalla disposizione inversa: alone plasmatico in periferia, fibrina al centro.
Il fenomeno della coagulazione e conseguente decalco su stoffa rispetta perfettamente la morfologia del sangue coagulato (per un processo chimico del sangue in cui il fibrinogeno forma un reticolo spugnoso di fibrina che rammenda e ostruisce una ferita, impedendo l'ulteriore perdita di globuli rossi e provvedendo a raccoglierne di nuovi così da formare una crosta), uscito intravitam e del sangue rappreso o disseccato all'aria, cioè il sangue dopo la morte.
Queste due caratteristiche morfologiche del sangue rivelano che le impronte sindoniche non sono opera di un falsario, il quale non poteva conoscere, secoli fa, questo aspetto della coagulazione, né il processo fibronolitico che ha favorito il decalco della sostanza ematica sul tessuto in circa 36 ore di contatto col corpo » (Ricci).
e) Le macchie del sangue sono di 4 tipi: di sangue arterioso (più chiaro), di sangue venoso (più scuro), di sangue misto (misto), di sangue cadaverico (più scuro ancora).
Da notare che la circolazione del sangue (e quindi la conoscenza di questi 4 tipi di sangue) fu scoperta dal medico italiano Andrea Cisalpino nell'anno 1593: solo dopo di allora si potevano distinguere questi tipi di sangue.
f) Il tipo di sangue corrisponde anatomicamente al tipo di vasi sanguigni feriti corrispondenti alle macchie: più chiaro dove è ferita un'arteria, più scuro dove è ferita una vena, misto dove c'è un groviglio di vene e arterie (nella nuca), cadaverico nel cuore.
g) Le ferite dei chiodi sono nei polsi invece che nelle mani, come si era sempre e creduto e come avrebbe dipinto un ipotetico pittore. Il Barbet provò che in un cadavere inchiodato alle mani in una croce i tessuti cedono e il corpo cade a terra.
h) Mancano nella Sindone le impronte dei pollici perché i chiodi ai polsi feriscono il nervo mediano che fa contrarre «l'eminentia tenar» e quindi ripiegano i pollici: ciò che non poteva conoscersi allora.
i) La rilevazione di impronte invisibili. Esse furono rese visibili da una foto a raggi ultravioletti semplici e con lampada di R. William Wood a gas di tungsteno. Tale foto fa vedere le colature di sangue da ogni colpo di flagello, invisibili a occhio nudo; colature che quindi sono un altro sigillo di autenticità in quanto scendendo dai lombi verso il collo, fanno vedere la posizione del condannato, che, legato con le mani a un basso cippo, era costretto a stare con la testa in giù e a fare un arco col dorso.
è assolutamente impossibile che mano umana avesse dipinto 20 secoli addietro o anche 7 secoli addietro ciò che non si vede e con tanta precisione.
1) La scoperta dell'itinerario della Sindone.
Tale scoperta fu fatta dal prof. Max Frei, uno dei più famosi criminologi del mondo, direttore del Laboratorio di Polizia Scientifica di Zurigo. Egli, debitamente autorizzato, applicò dei suoi speciali nastri adesivi in vari punti bianchi della Sindone e, toltili, vi trovò del polline fossile di 48 piante che in essa man mano veniva depositato dal vento nelle annuali ostensioni pasquali. Esaminato tale polline risultò che apparteneva a piante comuni nell'Asia Minore, in Francia e in Italia, a piante esclusive della Palestina, del bacino del Mar Morto, dell'Asia Minore o della Francia e dell'Italia, a piante estinte in Palestina pochi secoli dopo Cristo.
Resta così provato che la Sindone stette un po' di tempo dopo Cristo in Palestina, quindi fu portata in Asia Minore, di là in Francia e infine in Italia.
m) Età del tessuto. Gilbert Raes professore di tecnologia tessile all'Università di Gand nel 1873 esaminando il telo della Sindone concluse che quel tipo di tessitura della stoffa era comune nel Medio Oriente nel I secolo e che tra le fibre di lino c'erano tracce di cotone: segno che la Sindone fu tessuta in telaio che veniva adoperato anche per tessere il cotone. Ora il cotone è comune nel Medio Oriente mentre non si coltiva in Europa. Analoghe conclusioni trasse Silvio Curto professore di Egittologia all'università di Torino.
5. NUOVE RICERCHE SULLA SINDONE
In questi ultimi anni gli studi sulla Sindone sono stati fortissimamente intensificati.
L'ultimo e certamente il più bello e il più completo è quello recentissimo dell'ingegnere Kenneth Stevenson e del filosofo Gary Habermas dello STURP, intitolato «Verdetto sulla Sindone», pubblicato nel 1982 in italiano dalla Queriniana (Brescia), dal quale abbiamo appreso molte informazioni. Ciò che è strano in tutta la storia della Sindone è che è stato sempre il popolo cristiano a custodirla, e che la Chiesa non ha preso mai posizione a sua difesa, tanto meno sulla sua origine miracolosa, e che anzi persone autorevoli ecclesiastiche si sono schierate contro la sua autenticità o contro la sua origine miracolosa; sono stati sempre uomini di scienza, spesso atei o agnostici, a difenderla e a demolire tutte le teorie naturalistiche, come meglio vedremo.
6. TEORIA DELLA FRODE
I sostenitori di essa dicono che l'immagine della Sindone è un dipinto, spacciato come impronta miracolosa. Quando nel 1357 la Sindone apparve la prima volta in Occidente, a Lirey, il vescovo Enrico di Poitiers si mostrò apertamente scettico e fece interrompere l'esposizione di essa al pubblico. Il suo successore, Pierre d'Arcis, vescovo di Troyes, si mise apertamente in lotta contro la famiglia di Charny, proprietaria della Sindone, e nel 1389 fece un celebre Memorandum contro l'autenticità della Sindone affermando che essa era stata dipinta « astutamente ».
Ultimamente, all'inizio di questo secolo due altri ecclesiastici, col peso della loro cultura e della loro celebrità, misero l'opinione pubblica contro la Sindone.
Il canonico Ulysse Chevalier, professore di Storia Ecclesiastica all'Università di Lione e storico fra i più rispettati e temuti del sec. XX, fece una vera e aspra battaglia contro l'autenticità della Sindone dichiarandola un falso.
Il Gesuita Herbert Thurston con un articolo inserito nella Catholic Enciclopedia fece sua la tesi dello Chevalier. Per ultimo cercò di risuscitare la teoria della pittura il microscopista Mac Crone, dicendo d'aver trovato in alcuni nastrini dell'immagine della Sindone, passatigli da un membro dello STURP, dell'ossido di ferro.
Critica
1. Abbiamo visto che la Sindone è un negativo fotografico.
è impossibile che un pittore abbia potuto riprodurlo nel 1357; ma è impossibile anche oggi.
2. è impossibile che un pittore abbia potuto fare o possa fare anche oggi un'immagine senza contorni precisi, ma evanescente come la Sindone e che, soprattutto, non vi abbia lasciato striature di pennello, le quali al microscopio si osserverebbero.
3. è impossibile che un pittore nel 1357 abbia avuto una conoscenza anatomica così perfetta del corpo umano da indovinare le proporzioni perfette di ogni membro, le contrazioni del corpo nella croce tali da provocare nella colatura del sangue dai polsi un doppio rivolo, uno nell'espirazione, uno nell'inspirazione, la localizzazione perfetta delle arterie e delle vene ferite, il relativo sangue venoso o arterioso o misto o cadaverico.
4. I pigmenti avrebbero penetrato le fibre e le avrebbero incollate le une alle altre. Nella Sindone invece le fibre sono sciolte, il loro ingiallimento è solo superficiale, limitato alla loro superficie esterna e a sole 2 0 3 fibre.
5. Gli esami microscopici, le analisi microchimiche, le riflessioni della luce, la fluorescenza ai raggi ultravioletti e ai raggi X non hanno trovato nella Sindone pigmenti, coloranti, polveri, vernici e nessun'altra sostanza usata per dipingere, e neanche acidi, i quali ultimi avrebbero deteriorato la stoffa. Il fisico John Jackson e con lui gli altri scienziati dello STURP contro la teoria di Mac Crone fanno rilevare che l'ossido di ferro nella Sindone è in quantità estremamente minima e che non solo non può spiegare l'origine dell'impronta, ma è presente nella stessa quantità anche in tutti i punti bianchi fuori dell'immagine e un po' di più solo nelle macchie di sangue.
Tali tracce infinitesimali di ossido di ferro hanno una doppia origine: una dalle macchie di sangue e dalle annuali ripiegature della Sindone; l'altra dall'acqua della fermentazione del lino, come diremo.
6. Il calore dell'incendio del 1532 e l'acqua gettatavi sopra per spegnerla avrebbero alterato i pigmenti se ce ne fossero stati; invece l'immagine non ebbe alcuna alterazione, neanche nei punti accanto alle bruciature.
7. Le macchie di sangue della Sindone sono di vero sangue; ciò che a un pittore non sarebbe mai venuto in testa di fare.
8. La tridimensionalità e la non direzionalità dell'immagine della Sindone escludono, infine, tassativamente la fattura a mano di essa.
7. TEORIA VAPORIGRAFICA
Essa fu elaborata dal Vignon. Secondo il Vignon l'immagine della Sindone si sarebbe formata per la reazione chimica dell'urea e dell'ammoniaca del sudore della morte con il sangue, la mirra, l'aloe e l'olio con i quali fu bagnato, secondo lui, il lenzuolo in cui fu seppellito Gesù. I gas o vapori sprigionatisi da tali reazioni avrebbero formato l'immagine.
Per provare la sua teoria il Vignon fece un'infinità di ricerche archeologiche e di esperimenti, su oggetti e sul suo corpo stesso, cosparso di fine gesso rosso e coperto con lenzuolo inumidito di aloe e mirra.
I risultati dei suoi studi, ben miseri in verità, li pubblicò nel libro Le saint Suaire de Turin.
Critica
1. Non ci sono prove che la Sindone sia stata così bagnata. E vero che Giovanni dice: « Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con olii aromatici, com'è in uso seppellire per gli ebrei » (Gv. 19,40); ma è anche vero quanto aggiunge Luca: «Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e olii profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo, secondo il comandamento. Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato » (Lc. 23,55 ; 24,1). Si vede che esse avendo osservato come gli olii aromatici preparati da Giuseppe per l'imbalsamazione del corpo di Gesù (che non si poté subito fare per il sopraggiungere del sabato) erano insufficienti, andarono a comprarne degli altri prima di procedere all'imbalsamazione. Se la Sindone fosse stata bagnata con aromi, in molti punti essa si sarebbe incollata col cadavere e avrebbe dato un'immagine distorta. I gas non vanno verticalmente e parallelamente, ma si espandono in tutte le direzioni; avrebbero dato un'immagine distorta e non avrebbero lasciato nella Sindone le zone d'ombra in essa esistenti.
Non avremmo avuto l'immagine tridimensionale dell'Uomo della Sindone.
Nessuna traccia di olio e di aromi si osserva nella Sindone.
Da un processo vaporigrafico non avremmo potuto avere l'impronta dei capelli e quella delle monete sugli occhi.
Il fuoco e l'acqua dell'incendio del 15 32 avrebbero danneggiato l'immagine.
8. TEORIA DELL'IMMAGINE LATENTE
Autore ne è uno scienziato del centro di ricerche di S. Barbara, Samuel Pellicori.
Il Pellicori mise per 7 ore in un forno riscaldato a 150° dei pezzi di tela per simulare l'invecchiamento; poi spalmò su diverse zone di essi leggerissimi strati di urea, di ammoniaca, di mirra e di olio di oliva, li rimise nel forno per altre 3 ore e ottenne degli ingiallimenti nelle zone trattate. Quindi formulò la teoria che la Sindone a contatto del corpo si sarebbe impregnata di quelle sostanze, le quali, poi col tempo avrebbero dato ad essa l'immagine esistente.
Critica
Questa teoria è simile alla precedente e viene confutata cogli stessi argomenti portati contro la teoria precedente.
Si aggiunge:
1. Il sepolcro di Gesù non era un laboratorio di scienziato e non vi poterono essere eseguite tutte quelle tecniche, che, fra l'altro, la scienza soltanto ora sa mettere in opera. Nonostante i grandi mezzi a sua disposizione il Pellicori ottenne immagini distorte, mentre quella della Sindone è perfettissima.
2. Gli agenti sensibilizzanti avrebbero potuto agire solo per contatto diretto, come osserva lo Stevenson (pag. 100). Come allora avrebbero potuto fermare l'immagine anche nei punti nei quali il lenzuolo non toccava il corpo? Né vale l'ipotesi di un altro scienziato dello STURP, John German, secondo cui la Sindone nell'umidità del sepolcro sarebbe diventata soffice, perché essa è un tessuto rigido di lino e neanche se fosse stato un sottilissimo velo avrebbe toccato tutti i punti del corpo. C'è la difficoltà tecnica del tempo.
Non c'era motivo di sottrarre subito dalla Sindone il corpo. Se l'avessero rubato sarebbe stato più facile trasportarlo con la Sindone. In ogni caso non ci sarebbe stato il tempo per la Sindone di sagomarsi sul cadavere, né di impregnarsi di quegli agenti sensibilizzanti.
Se il corpo fosse stato sottratto dopo molti giorni l'immagine avrebbe riportato segni di putrefazione.
Non si sarebbe potuta formare l'immagine tridimensionale nella Sindone, come ora diremo. Lo stesso Pellicori riconosce che la tridimensionalità dell'immagine della Sindone è un'obiezione troppo grave contro la sua teoria.
9. TEORIA DEL CONTATTO
Per spiegare un'origine naturale dell'immagine sindonica un vero stuolo di studiosi ha formulato e cercato di provare un'altra teoria, quella del contatto diretto e della reazione chimica.
Il dott. JudicaCordiglia, bagnato un cadavere con sangue e avvoltolo con tela inzuppata di olio d'oliva, trementina e aloe, ed espostolo di giorno al calore del vapore, ottenne un'impronta imperfetta e con caratteristiche negative.
Analoghi esperimenti con l'aggiunta di sale fisiologico o di urea e con analoghi risultati condussero i dottori Scotti e Rodante; per cui la teoria del contatto diretto fu quasi universalmente accettata dagli studiosi, fra gli altri dal Ricci.
Critica
Anche questa ipotesi è inammissibile:
1. Perché nel lenzuolo non si vedono tracce di sostanze organiche né di prodotti risultanti da reazioni chimiche.
2. Perché il contatto dà un'immagine deformata, come può vedere chiunque spalmandosi con un colorante la faccia e la comprime con un panno bianco.
3. Per l'assenza nell'immagine di placche e di punti di saturazione.
4. Per l'uniformità del colore dell'immagine sia davanti che nel dorso, mentre la densità del colore in un'immagine per contatto è in proporzione alla pressione che fa il corpo nella stoffa.
Ora nella Sindone il lenzuolo posto di sotto subiva tutta la pressione del corpo, mentre quello di sopra non aveva nessuna pressione, eccetto quella imponderabile di se stesso.
Per le sfumature dell'immagine.
Perché non si sarebbe potuta formare l'immagine dei capelli e quella delle monetine negli occhi, né, tanto meno, l'immagine tridimensionale, come ora diremo.
10. ULTIMO ASSALTO ALLA SINDONE
I pionieri di tali studi furono due scienziati americani, John Jackson e Eric Dumper della NASA, addetti alla rilevazione delle immagini spaziali da Don Devan (specialista anche lui di elaboratori e di lavorazione elettronica sulle immagini) e da un gruppo di altri scienziati. Non è possibile qui seguire le loro ricerche ad altissima specializzazione con i computers che avevano a loro disposizione.
Nel 1976 fece scalpore una prima loro comunicazione sulla persona fisica di Gesù: era alto mt. 1,79 e pesava Kg. 79,320. Successivamente sbalordirono il mondo con la foto tridimensionale di Gesù ottenuta dalla Sindone; cosa fisicamente impossibile.
Per primo rilevarono che l'impronta dell'immagine della Sindone è più scura dove il corpo era più distante dalla Sindone, più sbiadita dove era a contatto. Conclusero logicamente che ciò che aveva prodotto l'immagine aveva agito a distanza, anziché per contatto.
Questo primo rilievo diede un grosso colpo alla teoria vaporigrafica del Vignon, e fece sorgere l'idea di una radiazione sprigionatasi dal corpo di Gesù alla resurrezione.
Quindi Jackson e Dumper dal rapporto corpotessuto e dall'intensità dell'impronta intuirono che poteva trattarsi di un'impronta tridimensionale. Fatta una prova con il micro densitometro ottennero un profilo deformato del corpo di Gesù. Correlando tale profilo con i dati già acquisiti della distanza corpotessuto riuscirono a correggere in buona parte le deformazioni dell'immagine.
Quindi con l'ausilio del VP8 image Analyze dell'Interpretation System, che converte le sfumature d'intensità iconografica in rilievi verticali, ottennero un'immagine tridimensionale della Sindone.
Jackson e Dumper videro ancora dei rigonfiamenti inspiegabili sulle palpebre di Gesù. Parlandone ad amici vennero a sapere che gli Ebrei avevano l'uso di mettere due monetine sopra le palpebre dei defunti. Allora pensarono che era logico che Giuseppe d'Arimatea, essendo fra l'altro ricco, avesse messo due monetine sulle palpebre di Gesù appena seppellito, e aggiunsero che se in seguito con computers più perfetti si fossero potute rilevare nelle palpebre di Gesù le impronte, si sarebbe potuto stabilire con certezza scientifica la data di formazione dell'immagine sindonica.
Cosa che, come diremo, già è stata fatta.
Quindi l'archeologo e termochimico Ray Rogers in una sua circostanziata relazione esclude, motivandola, l'ipotesi di una fattura a mano dell'immagine sindonica e dichiara che le ombreggiature dell'immagine dipendono da variazione di intensità, non da colori.
Infine, stimolato dalla foto dello Jackson e dello Jumber, decise di occuparsi della Sindone uno scienziato italiano, l'ing. elettronico Giovanni Tamburelli, professore dell'Università di Torino e direttore delle ricerche al Centro Studi e laboratori telecomunicazioni della STET.
Egli esplorò con un sottilissimo raggio laser una diapositiva della Sindone, assegnando un valore di luminosità a ciascun punto dell'immagine, e ottenne un'immagine tridimensionale meravigliosa, inaspettata e commovente, che ci rivela le inaudite sofferenze di Cristo e che è impossibile qui elencare.
Ci basta questo suo accenno: « Il risultato è stato anche per me inaspettato e commovente. La scabrosità dell'immagine tridimensionale non dipende da difetti fotografici o, per esempio, dalle caratteristiche del tessuto del sudario. Le rugosità, le ombre che vi si vedono, sono altrettanti segni della passione: rivoli di sangue, ferite, tumefazioni. Ci sono almeno una ventina di particolari, mai rilevati prima, che confermano punto per punto il racconto evangelico» (Gente, 301081).
Finalmente arriviamo alle ultime ricerche scientifiche sulla Sindone che, se ancora lasciano qualche punto scoperto, da tutti gli altri danno risultati definitivi.
L'origine di tutto è stata la foto tridimensionale della Sindone, ottenuta da Jackson e Jumber e pubblicata dalla rivista degli scienziati americani Science.
Il prof. John Heller, fondatore di un prestigioso Istituto Interdisciplinare per lauree in fisica, ma aperto solo a persone già laureate in fisica, vedendo quelle foto ebbe come una terribile martellata in testa e disse: « Non è possibile ».
Insieme a lui numerosissimi altri scienziati americani ebbero la stessa sensazione e dissero la stessa cosa, e fecero individualmente delle ricerche per poter dire che quella foto era inventata. Studiando l'argomento della Sindone, che neanche conoscevano, e la relazione di Jackson e Jumber si accorsero che si trattava di una cosa seria. Allora in 40 (di varie specializzazioni scientifiche e di estrazione diversa: protestanti, atei, agnostici, ebrei, e alcuni cattolici) sentirono il bisogno di unirsi in un organismo per fare accuratissime ricerche, lo STURP (Shround of Turing Research Project).
Quindi approfittando della ostensione della Sindone a Torino dell'ottobre 1978, vi andarono in massa per aggredire la Sindone, convinti quasi tutti di poter dimostrare il falso più riuscito della storia. Erano, tutti 40, membri di celebri istituzioni, dalla NASA al Laboratorio di Los Alamos, dal Brooks Istitute of Photography alla S. Barbara Research Center, ecc. Guardarono la Sindone con microscopi a scansione, con spettrometri ultravioletti e infrarossi, con onde elettromagnetiche, con microsonde elettroniche e con centinaia di altri strumenti.
Fecero tutti i rilievi possibili e furono anche autorizzati a fare dei prelievi, sia pure quasi invisibili. Quindi si lasciarono con l'impegno di fare ciascuno le sue ricerche specializzate e di ritrovarsi dopo 3 anni per dare ognuno i propri risultati.
Allo scadere dei 3 anni i 40 scienziati dello STURP si ritrovarono in un Simposio a New London dal io all'U ottobre 1981: 25 scienziati si successero nel podio per dare le loro relazioni su 3 anni di studio e oltre 1.000 esperimenti eseguiti: una massa di lavoro scientifico veramente imponente e sbalorditivo che è impossibile sunteggiare.
Il prof. Heller 113 novembre 1981, per incarico dello STURP, venne in Italia a darne relazione nell'Aula Magna affollatissima del Politecnico di Torino. Lo Stevenson descrisse tali lavori nel suo recentissimo libro intitolato Verdetto sulla Sindone. Ne dà ampia relazione II nostro tempo di Torino il 15111981.
Prima di accennare le principali cose e le definitive conclusioni dello STURP rivelate dal Prof. Heller in tale conferenza, è opportuno notare che tutte le relazioni dei 40 scienziati americani sulla Sindone da lui sintetizzate, pubblicate nel massimo organo scientifico americano Science, sono state studiate e approvate dai « referes », ossia dagli esperti che controllano il rigore metodologico degli scienziati di tutto il mondo delle tante branchie della cultura moderna: fisica, chimica, medicina, biologia, ecc.
Bisogna dire a loro onore che furono estremamente obiettivi nelle loro ricerche e che dinanzi alla verità si arresero.
a) Le immagini della Sindone sono di due specie nettamente diverse. L'impronta corporea e le macchie sanguigne. L'immagine di Adler e Heller sulle fibrille raccolte da Rogers sul nastro adesivo, le microanalisi di raggi sulle polveri prelevate nel retro della Sindone, la fluorescenza da raggi X misurata da Norris direttamente nella Sindone, escludono la presenza di coloranti organici sia sulle fibrille dell'immagine corporea, sia sulle fibrille delle impronte sanguigne che erano state prelevate dalla Sindone con gli speciali nastri adesivi. Il colore giallo delle fibrille dell'immagine non è asportato né alterato da alcuno dei 21 reagenti o solventi che invece hanno effetto, l'uno o l'altro, su tutti i coloranti.
Tutto ciò esclude tassativamente che l'immagine sia stata prodotta da materiali coloranti (aromi, ossido di ferro, pigmenti, liquidi fisiologici, ecc.) depositati sul tessuto sia per processo naturale, sia per processo artificiale. Così cadono definitivamente le teorie del Vignon, dello JudicaCordiglia, del Ricci, ecc. Quindi, conclude lo STURP, l'immagine corporea della Sindone è costituita da un'ossidazione disidratante della cellulosa delle fibrille superficiali del lino, che può avvenire per effetto di radiazione (il caso delle immagini su pietra a Hiroshima) o di calore.
b) Le impronte distinte dall'immagine corporea sono realmente di sangue.
I metodi classici di analisi furono, naturalmente, inutilizzabili.
Lo STURP mise a punto un metodo nuovo basato su un apposito trattamento chimico che rende fluorescenti le porfirine ematiche e con test specifici sensibili a un miliardesimo di grammo.
Così fu evidenziata la presenza del sangue nella Sindone.
Fu quindi preparato il materiale dei nastri applicati sulle impronte sanguigne e, analizzandolo con tecniche microchimiche, si poterono identificare gli altri componenti del sangue, compresa l'albumina che rivela la presenza di siero.
Così si è definitivamente accertato che le macchie « sanguigne » sono state effettivamente formate da « sangue intero coagulato ».
Desta fortissima impressione il fatto che queste particolari indagini e conclusioni furono fatte da Adler, ebreo e uno dei maggiori esperti di porfirine nel mondo.
Un altro fatto molto interessante è l'esperimento fatto sulle fibrille impregnate di sangue dentro l'immagine corporea: sciolto il loro rivestimento sanguigno, le fibrille restano del colore pallido del lino originale, non di quello giallo delle fibrille delle immagini.
Resta così provato che il sangue si è depositato sul tessuto prima che si fosse formata l'immagine e l'ha protetto dal processo di formazione di quest'ultima.
Resta ancora così provato che quando il corpo di Gesù fu tolto dalla croce non ci fu il tempo di lavarlo e ungerlo di profumi, come allora si usava con tutti i cadaveri, e che il suo sangue macchiò la Sindone dove fu avvolto. Se il suo corpo fosse stato unto le macchie di sangue non sarebbero rimaste così nitide e circoscritte. La mirra e l'aloe di Nicodemo furono conservati per ungerlo la domenica; tutt'al più fu con essi spruzzato il lenzuolo e gli spruzzi svanirono senza lasciare tracce. L'immagine della Sindone invece fu prodotta successivamente nel sepolcro.
c) Robert Bucklin, direttore del laboratorio di patologia di Los Angeles, notò che una gamba era leggermente sollevata rispetto all'altra. Ciò si spiega con la rigidità tetanica sopravvenuta subito alla morte di Cristo a causa delle atrocissime sofferenze delle ferite; rigidità che, essendo un piede crocifisso sull'altro, mantenne tesa e leggermente sollevata tutta la gamba quando Gesù fu deposto dalla croce e seppellito.
d) Mancano completamente nella Sindone segni di putrefazione.
e) I due scienziati Alan Adler, chimico, e John Heller, biofisico, provarono contro Mac Crone che le deboli tracce di ossido di ferro non si trovano soltanto nell'immagine della Sindone ma si trovano ugualmente in tutto il resto della Sindone e sono dovute alla fermentazione in acqua delle fibre per produrre il lino; le quali, ossidandosi, formano legami con il ferro e il calcio contenuti nell'acqua.
f) Rivelazione delle monete sugli occhi.
La scoperta di tracce di impronte di probabili monetine sugli occhi dell'uomo della Sindone fatta da Jackson e Dumper fece appuntare gli strumenti di ricerca su quegli occhi. Si poté così scoprire non solo che si trattava veramente di monètine romane, ma si riuscì a leggerne l'iscrizione greca: « Tiberiu Caisaros ». Si sa che Ponzio Pilato fece coniare tali monete tra l'anno 29 e il 32. La scoperta di tali monetine invisibili, la loro iscrizione, l'errore nell'iscrizione (Tiberiu Caisaros invece di Tiberiou Kaisaros) escludono, a loro volta, categoricamente la possibilità di un falso nella Sindone e comprovano che la crocifissione avvenne sotto Ponzio Pilato.
11. CORRISPONDENZA COI VANGELI
La corrispondenza tra le sofferenze che si vedono subite dall'Uomo della Sindone e quelle che i Vangeli ci narrano subite da Gesù è perfetta.
a) Luca narra come Gesù nell'orto del Getsemani cominciò a sudare sangue e le gocce cadevano a terra (Lc. 27,44). L'elaborazione elettronica fa apparire in rilievo i rivoli e i grumi di sangue, e che il sangue è presente più o meno in tutta la faccia.
b) Giovanni narra come un soldato « schiaffeggiò » Gesù dinanzi a Caifa (Gv. 18,22).
La traduzione italiana « schiaffeggiò » è sbagliata. L'originale greco dice: « lo percosse »; ora si percuote col bastone.
La Sindone mostra che Gesù ebbe un colpo di bastone in faccia, che gli tumefece la guancia e gli ruppe il setto nasale, facendogli uscire molto sangue dal naso.
c) Matteo (27,26) narra che Pilato fece flagellare dai suoi soldati Gesù e che questi per scherno lo incoronarono di spine e poi si diedero a percuoterlo (Mt. 27,29). La tortura di Gesù fu un caso probabilmente unico nel suo genere. Mentre i condannati venivano flagellati quando andavano verso il supplizio, Gesù invece fu flagellato a pié fermo. Questo si vede chiaramente dalla Sindone: i flagellanti furono soldati romani. Le ferite dei colpi di flagelli sono quasi simmetriche e non alla rinfusa come sarebbero state se Gesù e i soldati fossero stati in cammino. La Sindone ci mostra ancora che i flagelli terminavano con coppie di piccoli pesi di piombo a forma di manubrio; inoltre i colpi che si contano nella Sindone sono rei e non 39 0 40, quanti sarebbero stati, per la legge ebraica, se i flagellatori fossero stati ebrei; ci mostra infine che Gesù durante la flagellazione fu legato a un basso cippo, secondo l'uso romano, per presentare col dorso una superficie piana ai flagellatori.
d) Nessun condannato fu mai incoronato di spine. Solo Gesù lo è stato. La Sindone fa vedere come Gesù fu coronato di spine e variamente percosso in tutto il corpo.
e) Giovanni (19,17) narra come Gesù portando la croce si avviò al Calvario.
La Sindone fa vedere una piaga sulla spalla di Gesù e una contusione sulla scapola, evidentemente causate dalla croce portata sulla spalla e abbattuta sulla scapola quando Gesù cadeva.
f) Luca narra (23,26) come i soldati costrinsero un uomo di Cirene ad aiutare Gesù a portare la croce. La spiegazione di questo singolare fatto completamente inusitato per i condannati a morte si trova nel fatto che Gesù, esausto per il tremendo supplizio dei 121 colpi della flagellazione, andava cadendo ripetutamente sotto la croce e non ce la faceva neanche a rialzarsi. Queste ripetute cadute spiegano le sue contusioni ai ginocchi, nella guancia destra e sulla fronte per lo sbattimento nel pietrisco della strada.
g) Gli evangelisti narrano come Gesù giunto al Calvario fu crocifisso. Le ferite dei chiodi nelle mani e nei piedi sono le più evidenti nella Sindone, insieme a quella del colpo di lancia al cuore di Cristo già morto di cui parla Giovanni (19,34). All'agnello pasquale, figura di Gesù, Dio ordina di non rompere nessun osso (Ex. 12,46); S. Giovanni raccontando la crocifissione dice come tale profezia si era verificata nella morte di Gesù: « Non gli sarà spezzato alcun osso » (Gv. 19,6). Perché si verificasse pienamente tale profezia c'era un solo piccolo punto nei polsi per dove potevano passare i chiodi senza spezzare alcun osso, il « punto di Destot ».
Lì il chiodo allarga le ossa e trova il sostegno perché il peso del corpo non laceri i tessuti e cada a terra. Lì, contemporaneamente, il chiodo automaticamente ferisce il nervo mediano e fa contrarre automaticamente il pollice verso il palmo della mano. Questi particolari non potevano essere conosciuti da un falsario antico perché furono scoperti dagli anatomisti nel XIX secolo.
Tutto questo avvenne in Gesù come si può osservare nella Sindone. h) Giovanni narra: « Gesù disse: " Ho sete ". E i soldati, inzuppata una spugna nell'aceto, la posero in cima a una canna d'issopo e gliel'accostarono alla bocca» (Gv. 19,29).
« è forse la scoperta più impressionante che ho fatto con la foto tridimensionale », dice Tamburelli. « Sullo zigomo sinistro, a lato del naso, la foto rivela un'incisione diritta e, appena sotto, un'altra incisione curva. Potrebbe essere l'impronta di una canna tagliata in punta con un falcetto. Il soldato che diede da bere a Cristo, probabilmente lo ferì ».
i) Infine la crocifissione e le conseguenti difficoltà respiratorie di Gesù nel dover pendere tre ore dalla croce risultano nella Sindone dai due rivoletti di sangue che scorrono dai polsi: per l'uno scorreva il sangue nell'inspirazione, quando Gesù per allargare il torace e respirare si sollevava sulle ferite dei piedi; per l'altro scorreva il sangue nell'espirazione, quando si rilasciava e pendeva dalle ferite dei polsi comprimendo il torace e alleggerendo minimamente il tormento delle ferite dei piedi.
12. CONCLUSIONI DELLO STURP
a) Supertestimonianza storica. Da tutti questi dati si deve concludere che non c'è nulla di più storico e di più documentato di Cristo e dei Vangeli.
b) Origine dell'immagine sindonica. Sembra che non ci sia alternativa sull'origine delle impronte della Sindone oltre quella che dà Kenneth Stevenson. Egli è membro dello STURP e specialista di computers. Nel suo tempestivo libro Verdetto sulla Sindone comparso in questi giorni, dopo l'esposizione delle ricerche dei 40 scienziati americani sulla Sindone dice: « Sarà confermato con prove definitive che il corpo avvolto nella Sindone risuscitò. La traccia del corpo umano che vi appare è stata impressa da un fenomeno sconosciuto, un irraggiamento di calore di natura inspiegabile ».
Per conto suo, precedendo le prove definitive della resurrezione di Cristo che gli scienziati ormai sperano di dare rilevandole dalla Sindone, lo Stevenson conclude: « L'unica spiegazione possibile delle impronte sindoniche è che dal corpo di Cristo al momento della resurrezione esplose una luce calda che bruciacchiò leggerissimamente la Sindone lasciandovi le impronte ».
Conclusione che aveva già intuita parecchi anni addietro lo Exteandia Carreno e pubblicata nel suo libro La Sindone, ultimo reporter. Tale intuizione egli l'aveva avuta sia osservando l'assenza totale di segni di putrefazione nella Sindone, sia osservando che il colore delle impronte è simile all'alone visibile attorno ai fori fatti nella Sindone dalla gocciolatura dell'argento fuso della custodia nell'incendio del 4.12. 1532 nella Sainte Chapelle di Chambery. Conclusione alla quale erano pervenuti per conto loro, come diremo, il dott. David Willis e il dott. Ashe.
c) L'immagine sindonica resta un mistero e un miracolo.
Questa è la conclusione implicita del prof. Heller fatta a un'intervista di Il nostro tempo: « Jackson e Dumper avevano individuato nella foto del volto 700 punti: digitalizzandoli in un computer avevano ottenuto in ognuno di essi la distanza del corpo dal telo. Il risultato è stato un modello matematico e da esso è venuta l'immagine tridimensionale. Un'immagine sconvolgente non solo nel piano estetico, ma anche sul piano scientifico. Perché essa è una cosa impossibile. Impossibile, mi ha capito bene? Tutte le fotografie sono di albedo, di luce riflessa e hanno solo due dimensioni. E questa ne ha tre.
L'ha vista così il computer, che non vede le tre dimensioni. Ho incominciato a telefonare a fisici, ingegneri, esperti di computers e di fibre ottiche, e tutti mi confermavano quello che già pensavo: "John, sei pazzo, è impossibile! ". è cominciata da allora l'avventura incredibile di quaranta scienziati positivisti che in tre anni di ricerche hanno scoperto che la Sindone è impossibile. Scientificamente non esiste ».
d) L'ultimo mistero, almeno per ora insolubile, è come sia stato possibile che nel lenzuolo, avvolto e sagomato sul cadavere, l'impronta della Sindone non presenti nessuna distorsione, ma è perfetta come se il lenzuolo fosse stato una lastra rigida a due dimensioni. Crediamo che Gesù, come in tutti i suoi miracoli ha impresso nella Sindone la sua immagine in maniera da lasciare un margine alla libertà dell'uomo per credere, o no, cosicché la persona retta, studiandola, arrivi alla fede, e ne abbia il merito, mentre quella amante del peccato potrà trovare sempre cavilli per perdersi.
Per questo il prof. Heller ha detto: «Questo studio ha sconvolto completamente la mia vita». E con lui milioni di altre persone colte e agnostiche, specialmente in America hanno raggiunto la fede. L'uomo della Sindone non può che essere Gesù e il racconto dei Vangeli non può che essere la cronistoria perfetta della sua passione. Questa garanzia di fedeltà storica degli evangelisti che ci viene dalla Sindone è la garanzia della loro fedeltà storica in tutto il resto dei Vangeli.
13. TEORIA DELLE BRUCIATURE
1. Nel 1966 un altro scienziato, Geoffrey Ashe, ebbe l'intuizione dell'unica spiegazione possibile sulla formazione dell'immagine della Sindone, quella termica, oggi già accertata.
L'Ashe riscaldando un cavallo di ottone e coprendolo con una tela, trovò nella tela un'immagine del cavallo in negativo, formatasi per combinazione di contatto diretto e radiazione di calore. Quindi scrisse sulla rivista specializzata Sindon: « La Sindone si può spiegare se una volta avvolse un corpo umano al quale accadde qualcosa di straordinario. Altrimenti non si spiega. La fede cristiana ha sempre affermato che nostro Signore subì nella tomba una trasformazione senza eguali. Il suo caso è eccezionale, e forse la chiave sta qui. è se non altro pensabile (ed è stato suggerito più volte), che il cambiamento fisico del corpo della Resurrezione può avere emesso un breve e violento scoppio di qualche altra radiazione diversa dal calore, forse identificabile scientificamente e forse no, che bruciacchiò il tessuto. In tal caso, l'immagine della Sindone è la quasifotografia del Cristo ritornante in vita, prodotta da una specie di radiosità o " incandescenza ", parzialmente analoga, come effetti, al calore... Inoltre, il fatto che le macchie di sangue sulla Sindone sono positive si spiega subito a questo punto.
Il sangue era una materia che aveva cessato di far parte del corpo, che non subì cambiamento al momento della Risurrezione, e che perciò non produsse bruciatura, bensì segnò il tessuto diversamente » (Humbert: La S. Sindone, Mursia).
Il medico inglese David Willis a comprova della teoria dell'Ashe riporta il fatto di immagini impresse nelle pietre a Hiroshima dalle radiazioni della bomba atomica ivi esplosa. Il fisico John Jackson, membro dello STURP, già nel 1977 aveva osservato col microdensitometro la somiglianza di colore tra l'immagine della Sindone e la bruciatura.
Gli scienziati dello STURP nel 1978 fecero, come abbiamo visto, ricerche estremamente minuziose e precise per mezzo degli spettri dei raggi infrarossi, della luce, visibile, della fluorescenza ai raggi X e ai raggi ultravioletti.
Riepiloghiamo le conclusioni che diedero alla fine dei tre anni di studi: L'immagine della Sindone è uno scolorimento giallo, uguale da per tutto e riguarda solo i o 3 fibre.
Le parti scure non sono più gialle delle altre, ma contengono più fibre scolorite.
L'immagine si è formata anche nelle parti che non toccano il corpo ed ha queste caratteristiche in comune con una bruciatura:
a. ossidazione, disidratazione, coniugazione delle fibrille dell'immagine;
b. superficialità;
c. assenza di placche e di punti di saturazione;
d. stabilità termica e all'acqua;
e. colorazione (Stevenson, Verdetto sulla Sindone, pag. 224).
2. Tuttavia è da escludere una bruciatura naturale della Sindone, sia spontanea che artefatta, per i seguenti motivi:
a. le zone della Sindone bruciate nel 1532 danno fluorescenza ai raggi ultravioletti, mentre l'immagine non ne dà.
b. nelle immagini da bruciature le fibre restano ingiallite per intero, mentre nella Sindone 1'ingiallitura nelle fibre è solo superficiale.
c. Le immagini da bruciature, come quelle del cavallo di ferro surriscaldato dall'Ashe, non hanno sfumature e sono distorte, mentre quella della Sindone è perfettissima e addirittura evanescente.
d. Non si poteva surriscaldare il cadavere ne tanto meno i capelli così da poter dare un'immagine.
Non si poteva fare una statua in metallo così perfetta anatomicamente e storicamente da riprodurre alla perfezione il corpo di Gesù e la sua passione, né tanto meno disporvi le macchie di sangue e surriscaldare tutto.
COCLUSIONE
L'immagine della Sindone, come dice Heller, resta un mistero chiuso a qualsiasi spiegazione. L'unica spiegazione logica resta la sua formazione miracolosa.
In altri tempi ricorrere al miracolo diventava puerile, dommatico e irrazionale.
Con gli studi moderni lo diventa negare il miracolo.
La Sindone fu tolta dal cadavere prima di 40 ore, altrimenti ne avrebbe riportato segni di putrefazione; non fu srotolata da esso, altrimenti si sarebbero strappati grumi di sangue e le macchie di sangue si sarebbero difformate.
Il corpo di Gesù uscì dalla Sindone senza scomporla, attraversandola come quando comparve agli apostoli nel cenacolo la domenica di Pasqua a porte chiuse.
Il corpo di Gesù al momento della resurrezione esplose un flash di luce calda, la luce della gloria, temperandola in maniera da imprimere nella Sindone l'immagine esistente e da non danneggiare neanche minimamente il tessuto.
Robert Bucklin, dello STURP, poté affermare: i dati medici della Sindone suffragano la tesi della resurrezione. Se questa informazione medica la aggiungiamo ai fatti chimici, fisici e storici, abbiamo una solida prova della resurrezione di Gesù (Verdetto sulla Sindone pag. 178).
Per tal motivo lo storico Robert Wilcox ebbe a dire che le persone che incontrò durante le sue ricerche sulla Sindone lo liberarono dal suo scetticismo agnostico e lo indussero ad accettare il cristianesimo ortodosso (J. Wilson, The Shoud of Turin, pag. 7).
Giustamente la National Review ebbe a scrivere il 77 1978 (pag. 821) « Quanto a noi non riusciamo a capire l'ostilità di alcuni cristiani contro la Sindone. Di fronte a un ritratto di Serse o di Alessandro Magno, si mostrerebbero ugualmente interessati o sarebbero ostentatamente indifferenti? è possibile che i particolari della Sindone siano semplicemente troppo prosaici per una sensibilità liberale illuminata? Sarebbe cattivo gusto ammettere che ciò che i cristiani professano di Gesù è, di fatto, vero? ».
Per questo lo storico critico William Wand dice: « Tutti i dati storici che abbiamo a nostra disposizione sono a favore della resurrezione e gli esegeti che la negano dovrebbero riconoscere che lo fanno non per la storia intesa scientificamente, ma per altri motivi ». (Christianity, A Historical Religion?, Judson press p. 93)
E concludiamo anche a proposito della Sindone col dilemma di Pascal: o la fede nella resurrezione di Gesù che spiega tutto e dà una grande speranza; o l'incredulità che non spiega nulla e toglie all'incredulo l'ultima speranza.

15. GESù SPIEGA IL MISTERO DELL'UNIVERSO
Una prova scientifica della creazione non esiste, perché la scienza è fatta di esperimenti ripetibili. Per lo stesso motivo non ci sono, né ci potranno mai essere prove scientifiche dell'ateismo. Però uno sguardo nell'universo ci fa vedere la necessità di un Dio creatore. Le particelle di cui la materia è formata preesistevano alla formazione dell'universo. La materia di cui siamo formati è, nei suoi componenti, identica per tutto ciò che esiste. Un Kg di qualunque materia, sia piombo che acqua, siano fiori che spaghetti o carne, contiene circa Kg 1/2 di protoni, Kg 1/2 di neutroni, grammi 0,25 di elettroni. A parte il mistero della comparsa delle particelle subatomiche, si vede già all'inizio un genio divino che con alcune particelle, combinandole diversamente, è riuscito a formare e tutti gli elementi del regno minerale e tutte le varietà infinite dei vegetali e degli animali. Dice lo scienziato subatomico A. Zichichi: « La presunta inconciliabilità tra scienza e fede è una delle grandi mistificazioni della cultura dominante, cioè della cultura dei filosofi, dei letterati e dei falsi scienziati murati nel loro orgoglio intellettuale (Grieco: Il bisogno di Dio, pag. I 18). La scienza è arrivata a concludere con Einstein e con gli astrofisici e i biologi contemporanei (attraverso la curvatura della luce e quindi dello spazio, attraverso la topografia e la velocità delle galassie e dei quasars, e attraverso l'effetto ottico DopplerFizeau) che l'universo è finito;
che esso ha avuto origine circa 15 miliardi di anni addietro con un'esplosione di luce, la quale lanciò la materia in tutte le direzioni formando gli immensi banchi che sarebbero divenute galassie;
che la terra ha circa 5 miliardi di anni (attraverso la percentuale di uranio trasmutato in isotopi di piombo);
che la vita ha avuto origine dai mari;
che gli organismi semplici cellulari risalgono a quasi 3 miliardi e mezzo di anni;
che gli organismi multicellulari esistono da circa 700 milioni di anni;
che i vertebrati esistono da 400 milioni di anni;
che i mammiferi esistono da 200 milioni di anni;
che « l'Homo sapienssapiens » esiste da circa 20.000 anni.
Ma come ciò sia avvenuto la scienza non è in grado e non sarà mai in grado di dircelo.
Jacques Monod ha tentato di dare una prova scientifica del suo ateismo nel suo libro Il caso e la necessità; ma il suo libro è stato criticato per l'inconsistenza dei suoi argomenti, oltre che dai credenti, da quasi tutti gli scienziati agnostici e atei, in particolare dai premi Nobel Kastler, Jacob, Rostand.
Frangois Rostand nel suo libro La logique du vivant dice: «Alla concezione che l'evoluzione sia dovuta esclusivamente a una successione di microeventi, a mutazioni, ciascuna delle quali sopraggiunge in modo casuale, si oppongono il tempo e l'aritmetica.
Per estrarre da una roulette, passo per passo, sottounità per sottounità, ognuna delle quasi centomila catene proteiche che possono costituire il corpo di un mammifero, è necessario un tempo che supera, e di gran lunga, la durata attribuita al sistema solare ».
Jean Rostand dice del libro di Monod: « è un libro che sul piano filosofico non porta nulla di nuovo. Esso riprende la vecchia tesi scientista cui aderivo quando avevo dodici anni, solo rivista attraverso la biologia molecolare, poiché si tratta del caso delle molecole. C'è un po' di Democrito, un po' di Darwin, e chi più ne ha più ne metta: niente di nuovo » (Grieco: Il bisogno di Dio, Rusconi).
E aggiunge, citando Huxley, che col suo meccanicismo fa il gioco dei teologi.
Alfred Kastler dice del Monod: « Per non parlare di finalità, si inventa la parola teleonomia. Monod è costretto ad accettare l'esistenza di una teleonomia, cioè di un progetto, di un programma svolto dall'evoluzione degli esseri viventi ».
Dal canto suo il Kastler parlando del progetto dei viventi dice: « Se un astronauta andando nell'altra faccia della luna trovasse una fabbrica automatizzata che estraesse dal suolo il minerale, es. l'allumina, e desse il prodotto finito, non direbbe: "uarda che fabbrica hanno combinato gli atomi!"; ma penserebbe: "Da dove son venuti gli uomini a costruire questa fabbrica? " ».
Per questo il Kastler più che ateo si dichiara agnostico: « A mio avviso è assurdo pensare che l'universo si sia determinato per puro caso: non posso ammetterlo. Penso che vi sia una finalità, ma non vedo cosa sia. Ma la finalità esiste ».
Gesù ci dà la risposta al mistero dell'origine e della finalità dell'universo.
Attualizzando tutte le profezie dei libri del Vecchio Testamento ce ne fa vedere la verità e la divina ispirazione, perché l'uomo di 3.000 anni addietro non poteva intuire la risposta al problema delle origini.
è impressionante la descrizione e la successione che il 1° libro della Bibbia, la Genesi, nel 1° capitolo ci fa della creazione e la sua corrispondenza con la scienza moderna.
Si deve soltanto ricordare che la parole ebraica jom significa sia «giorno», sia «periodo».
A principio Dio disse: « Sia fatta la luce ».
Quindi, dice la Genesi, comparvero il firmamento, il sole, la luna, la terra, e le acque si divisero dalla terra formando i mari.
Quindi Dio disse: « Brulichino le acque di una moltitudine di esseri viventi »; e creò i pesci, i cetacei, gli uccelli.
Quindi Dio disse: « Produca la terra animali viventi secondo la loro specie »; e creò tutti gli animali della terra. Infine Dio creò l'uomo dalla terra ispirandogli il suo Spirito.
Per oltre un secolo ha dominato, quasi incontrastata, nel mondo la teoria della evoluzione di Darwin. Essa è stata usata per abolire l'idea della creazione e quindi dell'esistenza di Dio, sebbene ciò non fosse nella mente di Darwin.
Antonio Zichichi, presidente della Società Europea di Fisica, attacca questa specie di dogma dell'Evoluzione. Egli scrive in Presenza cristiana (Andria) del 23.10.1981: « Si arriva ai Primati: 70 milioni di anni. La famiglia ominoidea inizia con la scimmia primitiva Dryopithecus: circa 20 milioni di anni fa. E si sdoppia in un ramo che porta agli scimpanzé, ai gorilla, agli orangutanghi da una parte, e a noi dall'altra; attraverso l'uomo dell'età della pietra, l'uomo che scopre il fuoco, l'uomo di Neandertal che comincia a ragionare, fino alll'Homo Sapiens Sapiens » che siamo noi.
Questo dicono gli evoluzionisti; ma questa catena, ha molti "anelli mancanti » e ha bisogno di ricorrere a uno "sviluppo miracoloso" del cervello, occorso circa due milioni di anni fa. Arrivati all'Homo Sapiens Neanderthalis, centomila anni fa circa, con un cervello di volume superiore al nostro, la teoria dell'evoluzione ci dice che, 40 mila anni fa circa, l'Homo Sapiens Neanderthalis si estingue in modo inspiegabile. E compare infine, in modo altrettanto inspiegabile, 20 mila anni fa circa, l'Homo Sapiens Sapiens, cioè noi. Una teoria con "anelli mancanti", sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse, non è Scienza Galileana. Essa è un interessante tentativo di stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibili, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori ricerche ».
Quindi lo Zichichi osservando i vari livelli di credibilità scientifica (eventi riproducibili, eventi analoghi, catene di eventi senza anelli mancanti) conclude che l'evoluzione non è una scienza. L'evoluzione e il conseguente trasformismo di una specie nell'altra vengono attaccati nel loro stesso terreno, la paleontologia: si vanno scoprendo fossili di animali più evoluti in epoche sempre più remote. Lo riconoscono anche evoluzionisti qualificati. Ad es. il Caullery dice: «Nel periodo cambriano, il primo che ci dia dei fossili in una certa abbondanza, il regno animale ha già una fisionomia che non differisce essenzialmente da quella del mondo attuale... In effetti, ogni tipo è potuto esistere durante lunghi periodi anteriori a quelli in cui lo troviamo per la prima volta ». « Le grandi linee del regno animale sono già tracciate nelle epoche più antiche, e i diversi gruppi sono già separati gli uni dagli altri con discontinuità uguali a quelle che possiamo constatare oggi ».
Il Depéret dice: « Le epoche d'apparizione di ogni grande gruppo d'animali fossili, anche dei più evoluti nella scala zoologica, retrocedono via via nel tempo, a misura che si accumulano le scoperte paleontologiche ».
« La maggior parte dei tipi fondamentali del regno animale si presentano a noi senza alcun legame tra loro dal punto di vista paleontologico ». Il famoso biologo materialista Rostand dice: « I fatti impediscono di credere all'eredità delle modificazioni corporali ».
E l'altrettanto famoso paleontologo Yves Delage: « Sono convinto che si è o non si è trasformisti, non per ragioni desunte dalla storia naturale, ma in ragione delle proprie opinioni filosofiche ». Il prof. Lemoine, Conservatore del Museo paleontologico di Parigi conclude: « Se poi si guarda il finalismo nei vegetali e negli animali e negli organi degli animali, l'evoluzione deve dirsi impossibile a meno che sia guidata man mano da Dio: ciò che in fondo è il ritorno alla creazione ». « La formazione di ogni organo così complesso com'è l'occhio avrebbe richiesto, se avesse dovuto essere sorto per una successione di selezioni fortuite, come vuole il darwinismo, un concorso così straordinario del caso, da ritenersi pressoché inconcepibile. Sarebbe dovuto accadere che un grande numero di organi, la cornea, il cristallino, la retina, ecc... nessuno dei quali avrebbe reso il minimo servizio senza l'intervento degli altri, fossero divenuti, per caso, simultaneamente e indipendentemente gli uni dagli altri, ciò che sono. « Anche Darwin diceva scrive Cuénot che il problema della formazione di un organo complesso, quale l'occhio, gli dava la febbre ogni volta che ci pensava ». Per questo il prof. Lemoine conclude: « L'evoluzione è una specie di dogma, al quale i suoi preti più non credono, ma che conservano per il loro popolo. E necessario avere il coraggio di dirlo ».
Ma cosa cambia nei confronti della fede se l'evoluzione è vera? Niente. Anzi si deve ricorrere a un intervento più massiccio, o meglio inconcepibile di Dio, a meno che si preferisca pensare che Dio abbia guidato passo passo l'evoluzione dei viventi.
C'è solo un dilemma: o Dio ha creato una volta sola, facendo scattare di volta in volta il programma creativo dei viventi impresso nella prima materia (cosa contraria all'economia divina, perché implica l'immissione nella materia di una sapienza e di una potenza infinita, e quindi filosoficamente impossibile); o Dio ha creato con interventi successivi, più conformemente al racconto biblico.
In una maniera o nell'altra niente può scalfire il racconto biblico della creazione e quindi dell'ispirazione biblica e del compimento di essa che è Gesù.
Com'è comparso « il protone primordiale » che, esplodendo, formò l'universo?
E in quale punto della sua materia fu possibile mettere il DNA dal quale esplose la vita?
E quale spaventosa sapienza e potenza doveva essere racchiusa nel 1° DNA terrestre che avrebbe dato origine a tutti i vegetali e a tutti gli animali!
Un evoluzionista convinto, il filosofo liberale, Raymond Aron, rimane stupefatto come sia possibile che degli evoluzionisti credano assurda l'idea di Dio creatore. Egli dice: « La teoria dell'evoluzione si accorda bene, come qualsiasi altra, con la teoria del Dio creatore perché, proprio il fatto che tutte le materie viventi, tutta la natura organica abbiano la medesima struttura fondamentale composta di un piccolo numero di elementi, costituirebbe una prova del genio divino. Aver creato tante specie e tante diversità di esseri umani sulla base del gioco di un piccolo numero di elementi! » (Chabanis: Dio esiste? No..., Mondadori).
In definitiva, evoluzione o no, chi dice programma dice programmatore, osserva Kastler.
Per cui qualunque DNA, anche quello di un insetto e di un filo d'erba, rivela Dio. Anzi quanto più è complicato e perfetto il programma di un DNA, come nel caso ipotetico che tutti i viventi fossero stati programmati nel I° DNA, tanto più perfettamente testimonia la stupenda sapienza e potenza di Dio, come osserva Aron. Per questo, dice giustamente il Concilio Vaticano I, le perfezioni delle creature rivelano le perfezioni infinite di Dio.
Senza una potenza divina creatrice avremmo l'assurdo del nulla creatore. In definitiva senza la creazione non si spiega l'origine dell'universo e della vita.
Senza l'umanità non si spiega né avrebbe senso la creazione.
Senza Gesù non si spiega né avrebbe senso l'umanità e la vita di ciascuno di noi. Non si può pensare un Dio che dopo aver creato una natura così immensa, varia, complessa, meravigliosa come quella esistente; dopo aver creato l'uomo i cui organi sono ciascuno una somma di perfezioni da capogiro; dopo aver creato un'umanità così numerosa e ingegnosa da saper cambiare e anche distruggere la faccia della terra; dopo aver impiegato tutto il suo genio, tutta la sua potenza e tutto il suo amore, avesse potuto dire: « E ora non mi interessa più di voi ». L'incarnazione rientra nella logica di Dio. Gesù risponde al problema dell'origine e a quello della fine.
Dice S. Giovanni Crisostomo: In tutti i momenti della creazione, in tutti gli avvenimenti che precedettero Cristo, in tutte le vicende del popolo ebreo Dio aveva di mira il Cristo futuro. « In omnibus cogitabatur Christus futurus ».
Dice S. Giovanni: «In Principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». «Tutto è stato fatto per lui, e senza di lui niente è stato fatto di ciò che è stato fatto» (Gv. 1,3). Lui era a principio: egli è la Parola creatrice del Padre, e tutto è stato fatto per mezzo di lui; per lui e per l'Opera che lui doveva compiere. Egli si doveva fare uomo e doveva formare il Corpo Mistico, cioè far felici tutti gli uomini che a lui si sarebbero uniti.
Senza di Cristo non sarebbe esistito nulla; se noi non avessimo potuto divenire felici Dio non avrebbe creato nulla.
Tutti quelli che viviamo dobbiamo a Cristo la nostra esistenza: e la bellezza delle nostre esperienze terrene e la bellezza della nostra felicità futura; e quelli venuti prima di Cristo, e quelli venuti dopo.
Per questo Gesù disse: « Io sono la via, la verità, la vita » (Gv. 14,6). Senza Cristo gli ultimi perché della creazione e i grandi perché dell'uomo e dell'umanità intera restano senza risposta.

16. GESù SALVA IL MONDO
1. Tutti i sistemi, senza Gesù rovinano l'uomo

Ecco per essi cosa è l'uomo:
per i capitalisti l'uomo è un semplice strumento per conservare e aumentare il loro capitale.
Per i liberali l'uomo è il dio della terra, la norma della morale e deve essere quindi lasciato libero in tutte le sue attività; conseguenze: il capitalismo, la pornografia, la pornocinematografia, la droga, il divorzio, l'aborto, il terrorismo.
Per i socialisti l'uomo è il fine della società. Essi sono molto vicini alla concezione cristiana, ma non accettando Gesù rifiutano il suo insegnamento e la sua morale che in fondo è la morale naturale; e con il rifiuto di Gesù e dei 10 Comandamenti finiscono per togliere ogni freno all'uomo e quindi per introdurre, in combutta coi liberali, gli stessi mali portati da loro, ad eccezione del capitalismo.
Per il marxismo l'uomo è lo strumento per l'edificazione della società socialista.
Per esso non esiste l'uomo ma la società, più precisamente la società da rendere felice domani. Così la società diventa un mito a cui debbono sacrificarsi gli uomini di oggi.
Per il marxismo non esiste neanche la verità; esiste solo il comunismo. Coerentemente i marxisti hanno chiamato il loro giornale la Pravda, cioè la « Verità », cioè il comunismo.
Nel Manifesto del Partito Comunista Marx ed Hengels nel 1848 scrivono:
« Vi sono verità eterne, come la libertà, la giustizia e così via, che sono comuni a tutti gli stati della società. Ma il comunismo abolisce la religione e la morale, invece di trasformarli; quindi il comunismo si mette in contraddizione con tutti gli svolgimenti storici avuti sinora».
Non esistendo agganci superiori all'uomo ai quali risalire per stabilire il vero e il falso, questo vero e questo falso si creano di giorno in giorno, a seconda che servono.
Il marxismoleninismo non mente mai, perché per esso il sì e il no sono due momenti della storia, ossia la dialettica.
Così ieri non convenivano le idee scientifiche del grande genetista Vavilov, e Stalin inviò Vavilov in Siberia, facendolo ivi morire, e sostituendolo col mediocrissimo genetista Lysenko. Oggi i sovietici si vergognano di Lysenko e riabilitano Vavilov per le sue stesse idee scientifiche. Basta confrontare le varie edizioni dell'Enciclopedia Sovietica per vedere questi continui cambi di valutazione dei vari uomini, secondo la convenienza del momento. E così ieri conveniva riconoscere la carta di Helsinki, e la Russia l'ha firmata; oggi conviene abrogarla per stroncare il dissenso interno, e la abroga arrestando clamorosamente Sacharov, Padre Dudko, Padre J achunin, Regel'son e quanti altri si appellano ad essa. Marx diceva: il giudizio della massa è infallibile.
Lenin disse la stessa cosa, sostituendo semplicemente alla parola « massa » « il partito », e al Partito i dirigenti del Partito, che egli chiama l'Avanguardia del proletariato. La conseguenza è logica: « la verità è ciò che il Partito dice, e nel modo e nel momento in cui lo dice, o meglio ancora, ciò che dicono i dirigenti del Partito ».
« Se Dio non c'è, se la classe operaia è tutto, se solo il marxismo è la classe operaia, se il marxismo si identifica col partito, il gioco è fatto ». In altre parole, quello che dice il governo, sia esso rappresentato da un solo tiranno sia da un'oligarchia, è l'unica verità e rappresenta l'unica cosa che tutta la massa del popolo deve pensare, deve credere e a cui deve obbedire.
Le dittature si rassomigliano tutte. « Credere, obbedire, combattere », già diceva il duce.
Per tutte le dittature gli uomini non hanno alcun valore per se stessi; ma o sono gli strumenti dell'oppressione o i pacifici oppressi o i nemici da distruggere.
Cambiano i nomi, si chiameranno fascismo o comunismo; cambiano i metodi, ma la sostanza è uguale. Si chiameranno campi di sterminio o lager, fosse di Katin, arcipelago Gulag, ospedali psichiatrici o lavori forzati, ma lo scopo è identico: intimidire tutti gli uomini perché divengano servi docili, sterminare chiunque osa ribellarsi contro il dittatore o semplicemente osa pensare diverso dal dittatore.
2. La civiltà senza Gesù corre verso l'autodistruzione
Tutti i sistemi, sia capitalisti che socialisti, volenti o nolenti, arrivano alla dissoluzione e alla distruzione della società mediante la pornografia, la pornocinematografia, la droga, il libero amore, il divorzio e l'aborto. Basta osservare il calo spaventoso delle nascite nel mondo occidentale e l'aumento vertiginoso degli aborti.
Le statistiche sono agghiaccianti: nel 1978 si ebbero: in Italia circa 400.000 aborti; altrettanti circa in Francia; in U.S.A. 1.000.000; in Giappone si arrivò nel 1875 a 1.170.000. Possono queste sembrare cifre esagerate. Basta vedere le statistiche. Gli aborti legali in Italia nel 1978 furono 158.000.
Secondo una fonte non sospetta (il Coordinamento per l'applicazione della legge 194, formato da politici, medici, avvocati, femministe), in una relazione del marzo 1979 tenuta dal dott. D'Ambrosio, ginecologo della clinica Mangiagalli di Milano, gli aborti illegali nello stesso 1978 furono almeno altri 200.000.
Ciò significa che ogni anno silenziosamente vengono uccisi in Italia più bambini degli uomini uccisi dalle due bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Se si tiene conto dell'uso universale dei contraccettivi, si vede che il mondo civile corre verso l'autodistruzione. Già in Italia, tenuto conto che i nati vivi in un anno sono poco meno di 800.000, gli aborti sono il 50%; cioè per ogni due nati c'è un aborto. Nel 1981 la natalità ha raggiunto il tasso zero. Proseguendo così, prestissimo arriveremo in Italia ad avere in un anno più morti che nascite.
In Russia le cose stanno molto peggio. Non ci sono statistiche ufficiali; ma secondo il principale ginecologo moscovita, dott. Bolshanski, per ogni nato vivo ci sono due aborti.
Quali sono i motivi di questa mentalità abortista? Da una statistica relativa al Lazio per il 1978, ma applicabile un po' dovunque (Il Tempo 31.12.1978), solo 1'1% degli aborti è per ragioni mediche; il 25% delle donne abortiste non avevano figli; il 25% ne avevano un solo; il 40% solo due.
Il motivo è uno solo: si vive solo per il piacere; si rifiuta qualunque peso, qualunque missione umana, qualunque collaborazione con Dio. Perché siamo arrivati a tanto?
Perché gli uomini rifiutano Dio e la sua legge. Dove va il mondo occidentale?
Le pratiche contraccettive e abortiste andranno sicuramente aumentando; le nascite andranno sempre più diminuendo; la società andrà sempre più invecchiando e spopolandosi. Se il mondo occidentale non si autodistruggerà con una guerra nucleare, verrà invaso dai prolifici e affamati popoli asiatici.
La salvezza potrà venire ad esso solo dal cristianesimo, se tale salvezza vorrà o sarà costretto a cercare. Solo il cristianesimo infatti potrà ringiovanire e rinvigorire il mondo occidentale, farlo uscire dal suo egoismo e aprirlo al 3° mondo.
3. Solo Gesù salva l'uomo
Gesù significa Salvatore. Egli solo salva l'uomo. Non c'è che Gesù a salvare la società e l'umanità, a valorizzare l'uomo, a difenderlo, a preservarlo dalla rovina fisica e morale, individuale, familiare, sociale. Gesù difende l'uomo: si mette al posto di chiunque l'opprime o lo affama, o lo perseguita o l'uccide, e si erge a giudice terribile contro tutti costoro, condannando tutti coloro che fanno del male agli uomini, anche ai più piccoli e quindi anche ai non nati. Gesù valorizza l'uomo mettendolo al di sopra della legge: la legge (del sabato) è per l'uomo, non l'uomo per la legge; valorizza i poveri, spendendo tutta la sua vita per essi, per guarirli, per consolarli, per evangelizzarli, per salvarli;
valorizza anche i più piccoli: « chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli, sarebbe meglio per lui che si legasse una macina da mulino al collo e si gettasse a mare » (Mt. 18,6);
valorizza tutti i bisognosi dando loro la sua stessa dignità, mettendosi al loro posto e condannando tutti quelli che non hanno sfamato gli affamati, che non hanno dissetato gli assetati, che non hanno curato gli ammalati, che non hanno vestito gli ignudi, e portando in paradiso quanti lo hanno soccorso in tutte quelle necessità (Mt. 25).
Rispetta scrupolosamente la libertà degli uomini, giungendo fino a consentire ai suoi nemici di ingiuriarlo, flagellarlo e metterlo in croce. E per potere salvare l'uomo arriva fino a morire sulla croce. Non poteva né fare né pensare di più per elevare l'uomo.
Giustamente Giovanni Paolo II nel 1979 nella piazza della Vittoria a Varsavia disse: « Non si può escludere Cristo dalla storia dell'uomo in qualsiasi parte del globo e su qualsiasi longitudine e latitudine. L'esclusione di Cristo dalla storia dell'uomo è un atto contro l'uomo ». Se poi si aggiunge che i vizi degli uomini, assommati in ogni nazione, hanno preso dimensioni colossali tali da spingerle le une contro le altre e ad avviarle alla terza guerra mondiale, che ormai sembra inevitabile, si deve concludere che per essi non c'è altra possibilità per sopravvivere che ritornare al Vangelo.
Per tal motivo Giovanni Paolo II ha detto ancora che non c'è per i cristiani compito più importante e più urgente che predicare il Vangelo a tutto il mondo, cominciando dall'Europa e da tutto il mondo occidentale che non lo conosce più.
Ogni uomo vede con grande tristezza il progressivo decadimento delle sue forze, della sua bellezza, della sua agilità e della sua animosità; vede con grande tristezza l'avanzare della vecchiaia, l'avvicinarsi della morte e lo sfacelo del corpo di quanti sono morti prima di lui.
Cosa non darebbe l'uomo e cosa non farebbe per non morire mai e restare sempre giovane?
Giustamente disse Guido Piovene in una tavola rotonda alla TV, rivolgendosi a quei teologi che riducono il Vangelo a un messaggio sociale e ne privilegiano il positivo aspetto terreno: « Perché voi credenti nell'al di là parlate così poco del senso finale della vita? Vi vedo molto impegnati per l'uomo di tutti i giorni: non avete più nulla da dirgli sul dopo? Non mancate alla vostra missione? Non vorrei che vi riduceste come "noi laici" ad accompagnarlo solo verso una "soglia della vita", senza ulteriore speranza. Se la certezza dell'aldilà è in voi, dovete proclamarlo più coraggiosamente ».
Già aveva risposto a nome della scienza Raymond Moody nel suo libro 'La vita oltre la vita', riferendo che i morti rianimati, da lui intervistati, alla domanda loro fatta se ora che avevano provato la morte avessero maggior paura di morire, risposero: « Al contrario, ora che sappiamo con certezza che dopo la morte continuiamo a vivere non abbiamo più paura di morire ».
Ma Gesù ci ha donato una liberazione dalla paura molto superiore. Egli ci ha dato la certezza che morendo nel suo amore avremo la felicità di vedere e possedere Dio, la sua umanità, gli angeli e i santi, e, insieme, che ci farà risorgere giovani, immortali, agili, perfetti come lui quando è risorto (Gv. 5,28).
3. Gesù salva la psiche dell'uomo
Col progressivo abbandono della pratica e della fede cristiana gli uomini sono andati cadendo sempre più in basso moralmente, con conseguenze psichiche allarmanti, tali da costituire vere malattie sociali: nevrosi, incubi, insoddisfazioni, alienazioni.
Il primo a scandagliare la psiche umana fu l'ebreo ateo Sigmund Freud. Egli, analizzando la sua psiche ammalata, vi scoprì il complesso di Edipo, un attaccamento quasi morboso alla madre e una gelosia verso il padre. Così fondò la psicanalisi.
Fra l'altro egli dice: « I traumi psichici subiti si depositano nel nostro inconscio e turbano e ammalano la nostra psiche. Lo psicanalista deve arrivare fino all'inconscio del paziente. Quando riesce a rilevarlo lo libera ».
Praticamente Freud istituì la confessione laica, ma con scarsi risultati, perché il paziente conserva la convinzione che il suo peccato non viene distrutto.
Non si sa per quale occulto meccanismo del suo animo inquieto e introverso egli vide in Gesù, in colui che venne a liberare l'uomo, il suo nemico; come 2000 anni addietro i suoi antenati.
Nel 1935 René Laforgue lo esortò vivamente a lasciare Vienna, dove insegnava all'Università e a espatriare per timore dei nazisti. Freud rispose: « I nazisti? Non li temo. Piuttosto aiutatemi a combattere la mia grande nemica ». Laforgue, stupito, gli chiese di quale nemica si trattasse. Freud rispose: « La religione. La Chiesa Cattolica ».
Egli era nemico della Chiesa Cattolica; ebbe la disgrazia di vedere le cose al contrario. Ma era diventato nemico di quasi tutti i suoi amici. Ogni volta, dopo uno o due anni di collaborazione scientifica, li aveva abbandonati: prima Breuer, poi Fliess, poi Jung, poi Adler, ecc., perché essi avevano visto l'insufficienza delle sue teorie psicoanalitiche; mentre altri li aveva abbandonati per il suo carattere scontroso. Non per nulla egli aveva detto: « Non c'è niente di più assurdo del precetto: ama il prossimo tuo come te stesso ».
Tuttavia la Chiesa Cattolica non era sua nemica, come non fu nemica degli altri Ebrei, che anzi salvò in gran numero dalla persecuzione nazista; e se non fossero venuti a Vienna i nazisti, egli, col governo austriaco cattolico, vi avrebbe potuto continuare a insegnare; mentre con l'avvento del nazismo, se non fosse scappato in tempo, sarebbe finito nei forni crematori.
Un discepolo di Freud, E. Fromm, corresse la teoria del maestro insegnando che non il passato turba la nostra psiche, ma l'avvenire: questo con le sue incertezze, le sue prospettive e le sue paure (malattie, disoccupazione, vecchiaia, delusioni) è la vera fonte di tutte le malattie psichiche e mentali. Fromm, essendo anch'egli ateo, non sa suggerire per rimendio che lo stoicismo. Ma lo stoicismo è una forza naturale molto rara; e allora gli uomini, particolarmente i giovani, in mancanza di una fede viva, per annegare le loro preoccupazioni, i loro problemi e le loro frustrazioni, e per riempire le loro insoddisfazioni ricorrono in massa alla droga, con le disastrose conseguenze che tutti conosciamo.
Non parliamo della droga perché, come tutti sappiamo, essa non risolve nessun problema, ma tutti irreparabilmente li aggrava.
Né serve a sbloccare la psiche il metodo di Freud o il consiglio di Fromm.
Soluzione ce n'è una sola: quella che ha dato Gesù, dicendo, per quanto riguarda il passato, alla peccatrice piangente per il rimorso: «Ti sono rimessi i tuoi peccati » (Lc. 7,48); e al paralitico dopo averlo guarito: « Và e non peccare più, affinché non ti capiti qualcosa di peggio » (Gv. 5,14); e dicendo per quanto riguarda l'avvenire: « Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?» (Mt. 6,2630) In tal maniera Gesù elimina completamente ogni causa di turbamento e riguardo al passato con la confessioneconversione, e riguardo al presente e all'avvenire con la fiducia filiale in Dio nostro Padre. Tanti exdrogati mi hanno confessato che non avevano potuto guarire con nessuna cura anche costosissima, ma che si sono guariti innamorandosi di Gesù; molti altri li ho visti guarire con la confessioneconversione. Come sempre Gesù è l'unico Salvatore.
6. Gesù salva l'uomo restituendogli l'immagine di Dio
Quando Dio creò l'uomo, lo creò a sua immagine e somiglianza (Gen. 1,26).
Quando poi l'uomo perde col peccato l'immagine di Dio, si crea a sua volta un dio o degli dei a sua immagine e somiglianza per legittimare o addirittura divinizzare le sue passioni.
Limitandoci alla civiltà grecoromana vediamo che l'uomo divinizzò la potenza in Giove, la guerra e la sete di dominio in Marte, il commercio e il guadagno in Mercurio, la lussuria in Venere, ecc.
Dio ebbe pietà degli uomini e mandò il suo figlio Gesù, immagine sua visibile per ridare ad essi la sua immagine e salvarlo. Ma nonostante l'incarnazione e la redenzione di Gesù l'uomo ha perduto lungo i secoli di nuovo l'immagine di Dio, e si è andato creando i suoi dei, che poi, in fondo, sono quelli antichi. Oggi però l'uomo, divenuto evoluto, non ricorre più a finzioni; divinizza direttamente, facendone degli assoluti, le sue passioni e finisce per crearsi dei tiranni.
a) La materia, alla quale tutto riduce e subordina (vita, pensiero, amore), e alla quale attribuisce le proprietà di Dio: infinita, eterna, intelligente, creatrice.
b) Lo Stato, facendolo divenire principio etico, e chiamando quindi buono tutto ciò che ad esso giova (anche la menzogna, l'oppressione, la guerra), male tutto ciò che gli nuoce, soprattutto la libertà; e finendo così per creare le dittature a cui vanno sacrificati i deboli, i poveri, i lavoratori: ieri quelle fasciste della Germania, dell'Italia; oggi quelle di destra dell'America e quelle di sinistra dell'URSS.
c) Il proprio corpo, di cui l'uomo si proclama padrone assoluto, per godere il massimo possibile, col disprezzo di ogni legge morale, fino a proclamare con le femministe: « il padrone del mio corpo sono io e ne faccio quello che voglio »; slogan che divenuto prassi in tutto il mondo uccide annualmente non meno di 10 milioni di bambini.
d) La libertà assoluta, che predicata dai marxisti per arrivare a distruggere la libertà e dai miopi partiti laicisti, diviene la tirannia del più forte, del più ricco e del più immorale fino a rovinare tutta l'umanità con l'industria dei pornofilms grandi e in cassetta, della pornografia, della droga, della prostituzione, e con le scuole del terrorismo.
Dopo le infinite rovine abbattutesi sulla terra per la predicazione e la sequela di tutti questi miti, prima o dopo gli uomini dovranno accorgersi che « non c'è salvezza in alcun altro che in Gesù, perché non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvi » (Atti 4,12). Più presto se ne accorgerà, minori saranno le sventure della terra e di tutti i suoi abitanti. Solo riproducendo in sé l'immagine di CristoDio l'uomo potrà salvare la sua anima e la terra, perché « la pietà è utile a tutto ed ha le promesse della vita eterna e della vita presente» (I Tim. 4,8).
Oggi sembra vedere Gesù piangente sulla terra come un giorno su Gerusalemme, e ripeterle quanto a quella disse profetizzandone la rovina: « Oh, se comprendessi quello che giova alla tua pace! Ma purtroppo questo è nascosto ai tuoi occhi! » (Lc. 19,42). Si cercano, ma inutilmente, tutti i rimedi per conservare la pace nel mondo; si trascura l'unico che ce la può dare: conoscere, amare, imitare Gesù.
7. L'ultima speranza per la terra
Gesù ha impostato tutta la sua missione nella predicazione del regno di Dio, che Matteo chiama il regno dei cieli per indicare la stessa cosa. Ma allora a Gesù non interessa nulla questa terra, che è il regno degli uomini?
Il cristianesimo è, come dice Marx, una alienazione da questa terra, una consolazione chimerica data agli schiavi e a tutti gli oppressi? Può sembrare un paradosso: è solo il regno di Dio che può rendere giusto e felice il regno degli uomini; è la conquista del regno dei cieli, che rende possibile a tutti gli uomini conquistare la terra. L'economistafilosofo Jacques Attali, che tanta parte ebbe, particolarmente col suo libro I tre mondi, nella vittoria di Mitterand ed è oggi all'Eliseo consigliere del medesimo, in Gente (198137) fa una diagnosi lucidissima della situazione odierna dell'Europa.
Dice che l'Europa è in declino, che i primi segni di questo declino sono l'apologia del pacifismo, l'avanzata del neutralismo, lo sfaldamento delle nazioni e una specie di sonno generale. Quindi aggiunge che la vocazione dell'Europa non è quella dello sviluppo di una mentalità puramente mercantilistica, ma quella della creazione di un nuovo modello culturale fondato sulla nonviolenza, sulla comunicazione piuttosto che sull'accumulo degli oggetti, sulla creazione e non già sul consumo; di un modello non più fondato sulla distruzione del tempo attraverso la distruzione degli oggetti.
« L'uomo, egli dice, deve arrivare a liberarsi interamente della logica infernale del consumismo che fa della sua stessa esistenza una merce ». Che ci sia oggi una crisi paurosa di proporzioni mai esistite finora, che investe tutto il mondo, non c'è chi non lo veda. Da un lato il mondo occidentale con la spinta irresistibile data dalla demagogia verso gli aumenti e il consumismo e quindi verso l'inflazione, la disoccupazione, 1'assistenzialismo, la violenza e il crollo economico e politico.
Dall'altro lato il mondo orientale col suo fallimento economico e la corsa inarrestabile agli armamenti e alla guerra, solo mezzo per salvare il proprio potere e per giungere alla leadership mondiale.
Infine il 3° mondo, divenuto per il suo sottosviluppo intellettuale succube al mito marxista e terreno fertile della violenza. C'è tutta una situazione esplosiva, che da un giorno all'altro potrebbe ridurre in cenere tutta la civiltà.
Ma il mondo non potrà perire, come non è perito in tutte le catastrofi passate; si riprenderà, e riprenderà la sua ascesa fatale fino al traguardo e fino al tempo destinatole.
Chi sarà la sua guida? Chi gli segnerà le mete? Chi gli fornirà le energie necessarie?
Quindi 1'Attali fa una critica del marxismo, che ha creato un modello della società unico, piramidale e definito per tutti, e perciò falso, senza tener conto dell'evoluzione della civiltà (ad es. della tecnologia: TV, satelliti, computers, bioindustria, ecc.); della necessità della decentralizzazione, delle attualizzazioni locali, ecc.; evoluzione che lo stesso Marx aveva forse intuito quando ebbe a dire: « Ma io non sono per niente marxista! ».
E allora, conclude 1'Attali, se l'Europa non scopre e non persegue questa sua vocazione mondiale, il ruolo di leadership passerà al Pacifico. La diagnosi dell'Attali è perfetta, le mete di questo progetto sono pure giuste. A lui sfugge soltanto il rimedio; e siccome egli vede solo nella violenza l'ostacolo al pacifico sviluppo sociale e la causa della precipitazione della società nel caos, suggerisce quale rimedio: la cultura.
« La cultura, egli dice, è l'unico rimedio che abbiamo per salvarci dalla violenza ».
Noi rispondiamo: la cultura da sola fa soltanto dei delinquenti più scaltri, come vediamo dall'estrazione sociale dei terroristi e dei loro capi. L'uomo ha l'anima ammalata, e non c'è nessuno al mondo che lo può guarire, eccetto il cristianesimo.
A Celso, che imputava al cristianesimo lo sfacelo dell'impero romano, S. Agostino rispose: « Dateci patrizi, plebei, soldati, magistrati, governatori che siano veri discepoli di Gesù, e vedremo se l'impero ci perde o ci guadagna».
Gesù, proclamando che dovremo dare a lui minuto conto delle nostre azioni, ci spinge a moderare le nostre passioni e frenare la corsa al male; Gesù, dando il comandamento nuovo, quello dell'amore al prossimo, sconosciuto ai pagani, fa sorgere legami di fraternità fra i popoli; dicendo di reputare fatto a sé tutto il bene e tutto il male che ad esso facciamo, ci stimola a non far male a nessuno e a fare del bene a tutti; insegnandoci che il Paradiso non è una favola, che non è in terra, ma nell'altra vita e che la felicità che lì avremo supera l'insieme di tutti i godimenti possibili in terra, ci stimola a non attaccarci alla carne, al denaro e ai beni terreni, ci spinge a fare del bene nella vita, ci dà speranza quando tutte le speranze sono perdute o per malattie o per fallimento o per la vecchiaia.
Gesù, insegnandoci che nell'altra vita saremo ricompensati di tutto il bene fatto, anche di un semplice bicchiere d'acqua dato per amor suo, ci stimola a fare del bene a tutti; insegnandoci che saremo castigati di tutto il male fatto, anche di una sola cattiva parola detta a un altro uomo, ci fa guardare da ogni minimo peccato e da ogni minima offesa agli altri; insegnandoci che l'inferno non è una favola; che non è in questa vita terrestre, ma nell'inferno e che tutti i tormenti che ivi si soffrono superano l'insieme di tutte le sofferenze della terra, ci dà la forza di guardarci da ogni male.
Tutto questo potrebbe sembrare inutile al mondo.
Bisognerebbe ricordare quanto ha detto Dostoevskij nei Demoni: « Se Dio non c'è tutto è lecito ».
E all'insegna di tali insegnamenti che S. Benedetto evangelizzò l'Europa; che S. Francesco portò un'ondata di fraternità e di elevazione in tutto il mondo cristiano; che i Gesuiti fecero quel regno felice delle Riduzioni nell'America del Sud, tanto ammirato anche da Diderot e da Voltaire e distrutto dopo 120 anni dalle potenze coloniali; che la Chiesa fece le Università; che S. Giovanni di Dio fondò gli ospedali; che S. Vincenzo de' Paoli fondò le opere assistenziali e caritative; che S. Giovanni Bosco fondò le Scuole di Arti e Mestieri, le Scuole per tutti, e gli oratori; che il Cottolengo iniziò l'assistenza agli handicappati, recepita oggi dagli Stati; che Madre Teresa va raccogliendo centinaia di migliaia di affamati, lebbrosi, orfanelli e sfama ogni giorno circa un milione di persone; che altrettanto vanno facendo nel mondo migliaia di missionari; che Chiara Lubich ha fondato il bellissimo Movimento dei Focolari per la fratenizzazione universale e le varie Cittàpilota in Italia (Loppiano) Africa (Fonten) in Germania (Ottmaring) in Brasile (Recife); che Don Zeno Saltini con la fondazione della felice Nomadelfia ha realizzato e immensamente superato il mito comunista con la comunione totale di tutti i beni fra i suoi abitanti; cose impossibili, nonostante tutti i programmi e le costrizioni, dove non c'è l'amore cristiano, come l'esperienza ci dimostra, pur con la creazione di una classe privilegiata di dirigenti e di poliziotti; cose possibili solo dove tale amore esiste, come vediamo solo nel Cristianesimo.
Finito il consumismo occidentale nella migliore delle ipotesi con l'inflazione totale; finito il mito marxista che, ormai svuotato di contenuto, viene tenuto in piedi da uno stato poliziesco e dall'esercito più potente del mondo, il mondo si riprenderà all'insegna dell'ultima speranza che resta: il Cristianesimo.
La nazione che inalbererà quest'ultima bandiera sarà alla leadership mondiale.
L'Attali pensa che l'Italia avrà questo ruolo per il capitale immenso della sua cultura e delle sue iniziative, se saprà farsi un vero Governo. L'Italia nella presente sua abdicazione alla sua vocazione cristiana e nella sua conseguente crisi moralereligiosa non potrà mai assurgere a vera potenza con ruolo di leadership mondiale.
Se l'Italia vuole arrivare a questo dovrà rimontare la sua crisi morale e religiosa, ripristinare la vita cristiana individuale e sociale e riformarsi una cultura cristiana.
Altrimenti questo ruolo passerà a un'altra nazione, che saprà meglio afferrare il vessillo di Cristo, e innalzarlo suoi popoli.
« In hoc signo vinces » aveva detto la visione a Costantino; e Costantino, fatta appuntare una croce di stoffa sul petto a tutti i suoi soldati, vinse l'impero pagano di Massenzio.
Sul mondo, ritornato pagano e squassato dal confronto OrienteOccidente, riporterà la vittoria e la pace quel popolo che saprà mettersi sul cuore e sulla mente la croce di Gesù.

17. IL MISTERO DI DIO IL MISTERO DELL'UOMO
1. GESU' IMMAGINE DI DIO

Un giorno Dionigi, tiranno di Siracusa, chiamò il filosofo Simonide di Ceo e gli disse: « Dimmi, cosa è Dio? ». Simonide rispose che a una domanda così imbarazzante non poteva rispondere su due piedi e chiese un giorno di tempo. L'indomani Dionigi gli rifece la domanda. Simonide rispose: « Vi ho pensato tutto il giorno e tutta la notte, ma il tempo è stato troppo poco ». Dionigi gli concesse altri 8 giorni per pensarci. Dopo 8 giorni Simonide gli si presentò e gli disse: « Se io comprendessi Dio sarei come lui ».
è inutile tentare di farsi un concetto di Dio. Sappiamo solo che le perfezioni di tutto il creato sono deboli riflessi delle sue perfezioni infinite; e che quindi Dio è grandezza, potenza, bellezza, verità, bontà infinita. Ma con ciò non possiamo farci nessuna immagine di Dio. Se vogliamo farcene un'immagine vera, abbiamo la fortuna di averla.
Superiormente a tutte le aspettative dell'uomo, in armonia col suo amore e con la sua misericordia, che sono pure infiniti, Iddio si è fatto uomo in Gesù.
La fortuna è tanto grande che i filosofi non avevano mai neanche ipotizzato di poterla avere. è supremo interesse dell'uomo verificarla. Non ci resta che guardare Gesù.
« Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, il primogenito di tutta la creazione, perché in lui sono state create tutte le cose nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili, i Troni, le Dominazioni, i Principati, le Potestà: tutto è stato creato da lui e per lui. Egli è prima di tutte le cose e tutto sussiste in lui » (Col. 1,1517).
Scoperto Gesù, risolviamo tutti i problemi.
2. GESù CI RIVELA DIO UNO E TRINO
Ci sono due modi di conoscere Dio: o mediante la ragione o mediante la rivelazione.
La ragione facilmente ci fa arrivare alla conoscenza dell'esistenza di un Dio creatore e reggitore dell'universo; ma il più delle volte ci dà di lui immagini distorte.
Soltanto la speculazione della filosofia greca arrivò a farsi un concetto puro di Dio. Puro ma incompleto.
Una conoscenza immensamente migliore di Dio ce la dà il popolo ebreo 600 anni prima, con Mosé. Egli ci rivela che Dio è l'Essere, colui che esiste, colui che ha creato tutto quello che esiste e che gli altri dei sono nulla. Ci rivela ancora che Dio è onnipotente, che non si è staccato dalla creazione, che interviene in essa per amore degli uomini, che non solo è giusto, ma è anche misericordioso.
Questi concetti così sublimi ai quali non arrivò neanche la speculazione greca molti secoli dopo, non potevano, giusta la teoria e la storia dell'evoluzione delle religioni, venire prodotti da un popolo rozzo e analfabeta di pastori. La causa sufficiente della loro comparsa non può essere che la rivelazione fatta da Dio stesso ai Patriarchi e a Mosé, come narrano i due primi libri della Bibbia, la Genesi e l'Esodo.
Ma ancora questi concetti su Dio sono incompleti.
Una conoscenza completa di Dio ce la dà soltanto Gesù: ce la dà nella pienezza dei tempi, in epoca completamente storica, quando tutto è documentabile e documentato.
Innanzi tutto egli ci dà così la certezza assoluta della esistenza di Dio. Ce la dà con i miracoli. Guarisce con una sola parola ciechi, lebbrosi, zoppi; si fa obbedire dai venti e dalle acque, risuscita i morti. Ciò importa una potenza infinita, intelligente e buona, e dimostra quindi l'esistenza di un Dio infinito, onnipotente e buono. Quindi Gesù ci rivela quanto l'intelligenza umana non avrebbe potuto mai conoscere: il mistero della SS. Trinità.
Dio, pur essendo uno, è formato da 3 persone, Padre, Figlio e Spirito Santo: ognuna di esse è Dio, ma tutte e tre formano un solo Dio. Se Gesù non avesse rivelato questo mistero, noi non avremmo mai saputo nulla dell'intima costituzione di Dio.
I Testimoni di Geova negano la Trinità, dicendo che mai la si nomina del Nuovo Testamento. è vero che la parola « Trinità » è stata coniata dalla Chiesa per brevità; ma è altrettanto vero che Gesù dichiara di sé in tutto il Vangelo di essere Dio e di essere una sola cosa col Padre (Gv.10o,3o) e che molte volte parla agli apostoli dello Spirito Santo che procede dal Padre (Gv. 15,26), promettendo che lo invierà loro.
Infine il giorno dell'ascensione, prima di salire al cielo, dice agli Apostoli: « Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a tutte le creature, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt. 28,19).
3. GESù CI RIVELA LE PERFEZIONI DI DIO
Un giorno Filippo chiese a Gesù: « Mostraci il Padre ». Ma Gesù gli rispose: « Filippo, Filippo, tanto tempo che sono con voi e ignori questo: chi vede me, vede anche il Padre » (Gv. 14,9). Vedendo Gesù vediamo com'è Dio.
a) Dio è immanente e trascendente
Gesù ama tutti gli esseri creati ed è staccato da tutte le cose create. Egli ama i gigli dei campi, gli uccelli dell'aria e tutti gli uomini: i bambini, i poveri, i bisognosi, gli ammalati, sù, sù, fino ai meno amabili, quali i peccatori, i pubblicani, le prostitute; anzi sembra avere per essi una debolezza fino a dire: non hanno bisogno del medico i sani, ma gli ammalati (Mt. 9,12). Egli li ama tanto da immedesimarsi con loro: con gli affamati e per essi moltiplica i pani; coi ciechi, con gli storpi, coi lebbrosi e con tutti i generi di ammalati e li guarisce tutti; con le mamme dei morti e per esse risuscita i loro figli. Ama tanto tutti gli uomini da vivere e da morire per essi; ma nello stesso tempo è totalmente staccato da tutti gli uomini e da tutte le cose: nasce in una grotta, non possiede nulla, neanche una stanza dove poggiare il capo, non si forma una famiglia e muore nudo sulla croce.
b) Dio è onnisciente
Gesù vede chi è lontano (Natanaele), vede gli occulti pensieri degli uomini, risponde sapientemente a tutte le domandetrappola dei suoi nemici, non solo sfuggendo alle loro insidie, ma prendendo occasione da esse per dare meravigliosi insegnamenti (la donna dai 6 mariti, il tributo di Cesare, l'adultera, con quale autorità scaccia i profanatori del tempio, il battesimo di Giovanni: da Dio o dagli uomini?) ecc.
c) Dio è onnipotente
Per Gesù nulla è impossibile. Egli cammina sulle acque, seda istantaneamente la tempesta sul mare, moltiplica i pani, cambia l'acqua in vino, guarisce tutti gli ammalati, risuscita i morti, infine risuscita se stesso, e lasciandosi nell'Eucarestia, resta presente in corpo, sangue, anima e divinità in tutti gli angoli del mondo.
d) Dio è sapientissimo
Gesù ci dà nel suo Vangelo le norme più sagge che esistono per una pacifica e armoniosa convivenza nelle famiglie, nei comuni, nelle nazioni e fra tutti i popoli della terra.
Per lui tutti gli uomini sono fratelli, figli dello stesso Padre celeste, e tutti i problemi si possono risolvere per via pacifica. Dice Gesù: Se uno ti percuote in una guancia porgigli l'altra; a chi ti vuol togliere la tunica, dà anche il mantello (Lc. 6,29); e S. Paolo ricalcando gli insegnamenti del maestro dice: « Non ti fare vincere dal male, ma vinci il male col bene » (Rom. 12,21). Ci voleva un pagano, Gandhi, per provare questo al nostro secolo scettico. Egli, come tutti sappiamo, ottenne l'indipendenza dell'India senza sparare un solo colpo di fucile, né uccidere o ferire un solo uomo; ed egli espressamente disse di avere ricevuto dal Vangelo la sua dottrina della non violenza, con la quale gli fu possibile tutto questo.
e) Dio è infinitamente bello, saggio e buono
Gesù ne è la manifestazione. Egli è così bello, così saggio, così buono che le folle lo seguono entusiaste; gli apostoli lasciano le loro case e le loro famiglie per seguirlo; i peccatori e le peccatrici lasciano i loro vizi; mentre gli erodiani, andati per catturarlo, lo lasciano stare, e ai rimproveri dei loro mandanti rispondono: « Nessun uomo ha mai parlato come questo uomo » (Gv. 7,46). Eppure a nessuno Gesù promette denari, potenza, gloria, piaceri, anzi promette croci e tribolazioni. « Chi mi vuol seguire, egli proclama, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua » (Lc. 9,23). « Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv. 15,20). E, quando nel Tabor manifesta tutta la sua reale bellezza e la sua gloria a Pietro, Giacomo e Giovanni, questi svengono per la felicità provata e, rinvenuti, vorrebbero restare lì per sempre.
f) Dio è umile e paziente
Dio potrebbe manifestare tutta la sua potenza e la sua gloria, ma si nasconde.
Egli è umile ossia è vero, e ama gli umili cioè quelli che stanno nella verità, ossia si riconoscono poveri, ignoranti. I grandi, i superbi, gli autosufficienti sono lontani dal regno di Dio. « Ti ringrazio, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché tu hai nascosto queste cose ai saggi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (Lc. 10,21). Per farsi conoscere Dio vuol essere cercato, perché il merito non è nel vedere una verità o un bisogno, ma nell'interessarsi a essi. E si interessano di Dio solo gli umili, gli assetati di verità e di giustizia, non i delinquenti, i superbi, i viziosi e i gaudenti. Per questo Gesù parla in parabole affinché i cattivi vedendo non vedano e ascoltando non intendano e si salvino (Mt. 13,15). Costoro infatti si allontanano da Gesù senza chiedere spiegazioni, mentre gli umili e i poveri gli chiedono la spiegazione e l'hanno. Dio pazientemente sopporta e umilmente aspetta tutta una vita i peccatori, i bestemmiatori e tutti i suoi nemici, come se ne avesse bisogno, sperando che si convertano e si salvino; mentre potrebbe subito annientarli. Gesù manifesta tutta l'umiltà e la pazienza di Dio nascendo in una grotta, mescolandosi coi peccatori e facendosi battezzare da Giovanni Battista, facendo l'umile operaio, nascondendosi quando lo vogliono fare re, sopportando le calunnie, le insidie e le persecuzioni dei suoi nemici e i tormenti della sua passione. La sua umiltà e la sua pazienza sono infinite come quelle di Dio, o meglio sono quelle stesse di Dio.
4. DIO è AMORE
Nel VT Dio era chiamato Adonai (Il Signore), Eloim (l'Altissimo) El Shaddai (l'Onnipotente) El Na'am (Dio è dolcezza).
Quando Mosé gli chiese quale fosse il suo nome per dichiararlo agli Ebrei Dio rispose: « Io sono » ossia « Javhé ».
Volle così Dio che gli uomini sapessero che egli solo è, che tutti gli altri dei non esistono, e che tutte le cose esistenti sono perché lui le ha create e le sostiene. Ma quando venne la pienezza dei tempi e dopo averlo pienamente dimostrato, egli rivelò la sua vera natura: « Dio è amore ».
Perché è amore egli ha creato l'universo, la vita sulla terra, l'uomo;
perché è amore egli si è voluto fare uomo per essere l'Emanuele, cioè Dio con noi, per stare anche fisicamente tra noi;
perché è amore egli ha sofferto la sua terribile passione, ci ha dato tutto il suo sangue morendo sulla croce;
perché è amore egli è voluto restare nell'eucarestia per stare sempre con noi e divenire una sola cosa con noi.
Per questo Gesù nell'ultima cena, a conclusione di una vita passata per gli uomini e alla vigilia della sua passione, disse al Padre: « Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini » (Gv. 17,6), cioè il tuo amore. Viene da chiedere: ma quale motivo aveva Dio di creare gli uomini, visto che essi lo avrebbero ricompensato trattandolo come il peggiore delinquente, disprezzandolo, bestemmiandolo continuamente e inchiodandolo sulla croce?
La risposta è una sola: meno male che Dio è fatto così, che è amore, così come il sole è luce e calore; altrimenti non esisteremmo nessuno e non sarebbe esistito neanche l'universo, perché senza dell'uomo l'universo non avrebbe avuto senso.
Perché Dio ha fatto questo? Per spingerci e quasi costringerci ad amarlo. Ma Dio aveva bisogno dell'amore degli uomini? Sarebbe come dire che il sole ha bisogno degli uomini. Sono soltanto gli uomini ad avere bisogno di Dio. Infatti Dio è amore e il Paradiso è il regno dell'amore; e solo quelli che amano Dio lo raggiungono e saranno in lui felici.
5. IL CRISTIANESIMO è AMORE
Gli Ebrei, come d'altro lato ancora oggi la maggioranza dei cristiani, avevano della religione una concezione prevalentemente utilitaristica. Vedevano nella salute e nella ricchezza la benedizione di Dio, nella malattia e nella povertà il castigo di Dio.
Neanche gli apostoli erano esenti da questa mentalità, e quando videro il cieco nato chiesero a Gesù: « Maestro chi ha peccato: lui o i suoi parenti? ». E Gesù rispose: « Né lui, né i suoi parenti, ma perché sia manifestata in lui la gloria di Dio» (Gv. 9,3).
Similmente interpretavano tutte le profezie e le benedizioni messianiche in senso politico ed economico, ed erano convinti che il Messia che aspettavano avrebbe costituito un grande e prospero impero di Israele.
Quando videro Gesù che operava tanti miracoli le loro speranze si accesero; quando poi lo videro moltiplicare i pani, e con 5 pani e 2 pesci sfamare 1.000 persone, le loro speranze esplosero; cominciarono ad agitarsi per farlo loro re; e se Gesù non si fosse eclissato, quel giorno lo avrebbero proclamato re.
Quando poi lo videro legato, e impotente, flagellato e coronato con le spine re di scherno lo vollero crocifisso.
Così il più delle volte gli uomini si aspettano da Dio, in cambio della loro religiosità, la prosperità; quando non l'ottengono non ne vedono l'utilità e l'abbandonano.
« Iddio che ama l'uomo e che vuol concludere con l'uomo un patto d'amore » è una rivelazione specifica della religione ebraicacristiana; Iddio che per amore dell'uomo si fa uomo, si rende impotente e si fa mettere in croce è la grande, inconcepibile ed esclusiva rivelazione della religione cristiana.
Se Dio ha fatto realmente questo, ciò è una cosa così grande, così importante, così interessante che niente di più grande, di più importante, di più interessante può esistere per l'uomo che concludere con Dio questo patto d'amore.
Gesù viene a rivelarci che il Paradiso non è uno spettacolo, né un cenone, dove basta portare occhi e stomaco per passare felicemente alcune ore. Egli dice: « Se qualcuno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e verremo in lui e dimoreremo in lui » (Gv. 14,23).
Il Paradiso è il regno dell'amore dove gli eletti diverranno una cosa sola con Gesù e, spinti irresistibilmente dall'amore, saranno consumati nella felicità dell'unità.
Per questo nell'Apocalisse la Chiesa viene chiamata « la Sposa » e Gesù « lo Sposo ». Dio è amore, il suo regno è amore. Egli regna in coloro che lo amano (Lc. 17,21).
Per questo,i primi cristiani si riconoscevano da come si amavano, e le primitive chiese si chiamavano anche « Carità », perché vi regnava l'amore, come ce lo testimonia S. Ignazio, martire del 2° secolo, nelle sue lettere.
Solo chi ama può raggiungere Dio e può essere consumato nell'unità del Corpo Mistico.
Gesù è venuto a combattere la concezione utilitaristica, miope ed egoistica della religione, e a rivelarci che la vera religione è amore, perché solo l'amore ci renderà felici in Paradiso.
Per questo egli esplicitamente disse a Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo » (Gv. 18,36). Ai due discepoli che si aspettavano di essere i primi del suo regno egli rispose: « Potete bere il calice che io sto per bere? » (quellò della sua passione: Mt. 20,22).
E quando i farisei chiedono a Gesù quale è il massimo e il primo comandamento egli risponde: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutto te stesso; amerai il prossimo tuo come te stesso » (Mc. 12,3 0); e aggiunge: « Io vi do un comandamento nuovo; che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi! Da ciò si conoscerà che siete miei discepoli, se vi amate gli uni gli altri» (Gv. 13,34).
E quindi conclude il discorso dell'ultima cena: « Questa è la vita eterna: conoscere te e colui che hai mandato, Gesù Cristo » (Gv. 17,3). Conoscere in linguaggio biblico equivale possedere; e chi possiede Gesù possiede il suo Corpo Mistico, cioè tutti gli esseri belli e buoni usciti dalle sue mani. La felicità eterna quindi consiste in questo amore universale: amore perfettissimo a Dio e a tutti gli eletti; essere amati totalmente da Dio e da tutti gli eletti.
Per questo dice S. Giovanni: « Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i nostri fratelli » (I Gv. 3,14).
6. IL REGNO Dì DIO è L'AMORE PURO E UNIVERSALE
Per attuarlo bisogna che l'uomo si spogli da ogni egoismo; bisogna che ami Dio con tutto il cuore, così da essere amato e illuminato totalmente da lui, senza più zone d'ombra di peccati e di difetti che intercettino il suo amore e la sua luce; bisogna che arrivi ad amare tutti gli uomini senza esclusione di alcuno per quanto antipatico e peccatore, e che divenga totalmente umile, puro, affettuoso, dolce, da rendersi simpatico a tutti e amabile da tutti.
Per spogliare i suoi discepoli da ogni egoismo Gesù fa quel meraviglioso discorso della montagna (che è come la magna charta del cristianesimo), col quale toglie loro fin da principio ogni illusione e ogni speranza terrena di benessere e di felicità, e promette loro la felicità soltanto nel futuro, in Paradiso. « Allora, dice il Vangelo, egli aprì la bocca e disse:
Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli; cioè di coloro che hanno il cuore distaccato dai beni di questo mondo, che non vivono, almeno prevalentemente, per diventare ricchi e che partecipano ai poveri, come a fratelli, quello che hanno.
Beati quelli che piangono; che sono afflitti per le loro sofferenze e per i loro peccati, per le sofferenze e i peccati dell'umanità e non si chiudono nella torre d'avorio del loro benessere e della loro felicità: essi saranno consolati.
Beati i miti, i mansueti, quelli che non fanno soprusi, ma li ricevono dagli altri; i pazienti; quelli dolci e umili di cuore come Gesù: essi erediteranno la terra promessa, il Paradiso, e in questa terra conquisteranno gli uomini.
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, che nel linguaggio biblico significa di santità, cioè di Dio, di amore di Dio, di preghiera, del regno di Dio nel proprio cuore e in tutti gli uomini: essi saranno saziati, e saranno tanto più saziati, ossia tanto più felici, quanto maggiore fame e sete ne avranno avuto in terra. Beati i misericordiosi, coloro che compatiscono, che perdonano, che dimenticano, che danno generosamente il loro denaro, la loro opera, le loro energie per i poveri, i bisognosi, gli affamati, gli ammalati; essi troveranno misericordia, ossia il perdono dei loro peccati; e la troveranno in proporzione alla misericordia avuta per gli altri.
«Ma io dico a voi che mi ascoltate: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano; benedite quelli che vi maledicono; pregate per i vostri calunniatori. A chi ti percuote su una guancia, porgi anche l'altra. A chi ti porta via il mantello, non impedire di prenderti anche la veste. Da' a chiunque chiede; anzi, a chi ti toglie il tuo, non lo richiedere. E come volete che gli uomini facciano a voi, così fate voi a loro. Se voi amate quelli che vi amano, che merito ne avete? Anche i peccatori amano quelli che li amano. O se voi fate del bene a quelli che lo fanno a voi, qual merito ne avete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro dai quali sperate di ricevere, quale merito ne avete? Anche i peccatori danno in prestito ai peccatori per avere altrettanto. Amate, invece, i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperare niente; allora la vostra ricompensa sarà grande; e voi sarete figli dell'Altissimo, che è buono con gl'ingrati e con i cattivi. Siate dunque misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato; vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa e traboccante; poiché sarà usata verso di voi la stessa misura di cui vi siete serviti (Lc. 6,2738).
Beati i puri di cuore, quelli che non vivono per il sesso, quelli che conservano il loro primo amore per Dio, quelli che purificano il loro cuore, quelli che mantengono puliti i loro occhi e la loro mente, quelli che non si fanno sopraffare dai loro istinti, ma li dirigono secondo i fini voluti da Dio: essi e solo essi vedranno Dio.
Beati i pacificatori, gli uomini di pace, coloro che vanno nascondendo ed eliminando le cause di liti e di rancori, quelli che vanno mettendo pace fra gli uomini tra loro e fra gli uomini con Dio: essi saranno chiamati figli di Dio.
Beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia perché di essi è il regno dei cieli. Beati sarete voi quando vi oltraggeranno e vi perseguiteranno per causa mia, perché siete religiosi, perché siete puri, perché siete fedeli alla Chiesa e al Papa, perché fate apostolato. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli » (Mt. 5,311)
7. GESù è LA SPIEGAZIONE DELLA CREAZIONE
Fuori di Gesù la storia resta incompiuta: non si può riuscire a vedere uno scopo nella creazione. Fino all'uomo riusciamo a scoprirlo.
Perché c'è questa quantità sconfinata di materia?
Perché vi potessero esistere la forza della gravitazione e la forza di inerzia che rendono possibili l'esistenza delle nebulose, dei sistemi stellari, della terra.
Perché la terra ha questa grandezza, questa distanza dal sole, questi moti di rotazione e di rivoluzione; questa quantità di mari, questo magnetismo, questa ionosfera, queste fasce di Van Allen, ecc.? Perché vi potesse essere la vita.
Perché tutti questi vegetali e questi animali? Perché vi potesse vivere l'uomo.
Giunti all'uomo ci si domanda: perché esisto? Perché vivo? Perché tutti questi uomini, tutti questi popoli, tutte queste civiltà, tutte queste guerre?
Forse perché l'evoluzione continui e si producano i superuomini? Allora avrebbe ragione Hitler con i suoi forni crematori per le razze inferiori e con i suoi infiniti spaventosi esperimenti sui corpi di bambini, di uomini, di donne, di gemelli per tentare di perfezionare la razza tedesca. Forse per godere?
Allora bisogna eliminare oltre metà di umanità sotto alimentata, affamata, ammalata o handicappata.
E dato che anche tutti quelli che godono s'imbatteranno prima o dopo infallibilmente nel dolore, negli acciacchi della vecchiaia e nella morte, bisogna sviluppare l'eutanasia: e al momento giusto bisognerà che ognuno si ammazzi o, se non ha coraggio, venga ammazzato. E allora non sarebbe meglio eliminare completamente le nascite? Forse per lavorare o per soffrire? Allora non sarebbe valsa la pena nascere. E perché la morte?
Perché vivo, perché penso, perché amo, perché debbo avere coscienza di morire?
Non mi resta che questa angoscia metafisica, cantata dal Montale fronte all'abisso del nulla? E perché questa esigenza di una speranza salvifica che non può dall'uomo e dalla storia? A queste domande non è possibile dare una risposta né prima Gesù, né fuori Gesù.
Solo in Gesù c'è la risposta a tutto.
Se Gesù è il Figlio di Dio, nell'universo non ci può essere niente di più grande di lui, e la sua venuta è l'avvenimento più grande di tutti i tempi. La sua persona è il centro di tutta la creazione, la sua opera lo scopo dell'evoluzione dell'universo, della vita di tutta la terra e di tutta la storia. La parola Universo, di origine latina, significa: verso Uno. Quest'Uno a cui tutto è diretto e per cui tutto fu fatto è Gesù, in cui tutti siamo contenuti, come l'albero è contenuto nel seme.
è un mistero l'inizio dell'esistenza della materia; un mistero la sua conservazione; un mistero l'inizio della vita; un mistero la sua conservazione, il suo sviluppo, la sua finalità.
Dio solo è; e tale si è rivelato a Mosé e quando si è fatto uomo (Es. 3,14; Gv. 8,58)
Quando Gesù si è fatto uomo è venuto a darci luce su tutto. Dice S. Paolo: « Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui » (Col. 1,17). « Questo figlio, che è irradiazione della gloria di Dio e impronta della sua sostanza, sostiene tutto con la potenza della sua parola» (Ebr. 1,3). Dice Gesù: «Io sono la via, la verità, la vita» (Gv. 14,6).
E S. Paolo spiega questa verità, ossia lo scopo della creazione, sconosciuto fino alla venuta di Gesù: « Egli ci ha predestinati ad essere figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo, secondo il beneplacito del suo volere, a lode della gloria della sua grazia, di cui ci ha favoriti nel suo Figlio diletto. In lui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia, che Dio ha effuso in abbondanza su di noi con ogni sapienza e prudenza, facendoci conoscere il mistero della propria volontà che, a suo beneplacito, egli aveva prestabilito in se stesso, e che doveva compiersi nella pienezza dei tempi: riunire tutte le cose, quelle dei cieli e quelle della terra sotto un unico Capo, Cristo. In lui noi pure siamo stati costituiti eredi, predestinati per disposizione di Colui che tutto opera secondo il consiglio del suo volere, affinché fossimo strumenti di lode della sua gloria, noi che abbiamo sperato in Cristo per primi » (Ef. 1, f12).
Gesù è l'Alfa e l'Omega (Ap. 1,8) il principio che diede inizio a tutte le cose e il fine per cui furono create tutte le cose (Gv. 1,3).
Egli è il solo che può aprire il libro dei sette sigilli (Apoc. 5,9) cioè la storia, il solo che la può spiegare. Senza di lui tale libro resta ermeticamente chiuso a tutte le spiegazioni umane, e la storia rimane un perpetuo divenire senza senso.
Con la sua venuta si manifesta il mistero nascosto dai secoli che si dovrà attuare lungo tutta la storia: la formazione del Corpo Mistico che riunirà in uno e renderà felici tutti i figli di Dio.
Con la sua resurrezione Gesù dà la risposta anticipata della conclusione della Storia e indica il senso della storia universale: la Palingenesi. In conseguenza l'uomo mentisce quando si crede indipendente da Dio nella sua origine, nella sua vita, nel suo fine; e diventa come una stellina errante che, pure originata dalla sua nebulosa, si stacca dal suo sistema e va ad annientarsi in un buco nero.
Tutta la vita diventa una menzogna e un suicidio, quando non è in Dio e per Dio: una menzogna la sua ricchezza, la sua bellezza, la sua potenza, la sua felicità, come quelle di un sogno.
Al risveglio, ossia alla morte, se ne accorgerà; ma troppo tardi. Come quando debbo andare in un posto e vado in un altro, tutti i passi fatti deviando sono sprecati; così riescono utili al mio sviluppo e alla mia condizione eterna soltanto l'intelligenza, le energie, il denaro, il tempo impiegati per la costruzione del regno di Dio.
Tutta la vita dell'uomo è sprecata se non è ordinata ad amare Dio e ad attuare il suo progetto nel mondo, cioè il Corpo Mistico.
E quando gli uomini vogliono costruire una famiglia o una società o uno stato senza Dio, costruiscono una piccola o una media o una grande menzognatrappola, come la Grande Menzognatrappola di questo nostro tempo, in cui l'egoismo è chiamato amore, la dittatura è chiamata democrazia, la schiavitù è chiamata libertà e in cui tutto sta correndo al suicidio temporale e eterno.
è Gesù che dà la luce sulle origini della vita, il senso della vita presente, la speranza della vita futura. Per questo Pascal ebbe a dire: « Dopo tutto all'uomo resta questo dilemma: O la fede che dà la spiegazione a tutto e dà una grande speranza; o l'incredulità che toglie ogni spiegazione a tutto e toglie ogni speranza ».
8. GESù RISPONDE AL PROBLEMA DEL DOLORE
Uno dei massimi problemi che assilla l'uomo è quello del male. C'è il male fisico che è il dolore; c'è il male morale che è il peccato. Per dolore intendiamo tutto ciò che fa soffrire l'uomo: malattie, fame, sete, ferite, sofferenze morali, morte.
Per peccato intendiamo qualunque trasgressione di qualsiasi legge di Dio.
Ora il dolore è la conseguenza del peccato.
S. Paolo dice che il male fisico (il dolore) è frutto del male morale (il peccato).
« Per il peccato venne la morte » (Rom. S,12).
E Gesù prima aveva detto che tante volte il dolore è frutto dei nostri peccati (Gv. S, 14) ma non sempre (Gv. 9,3)
In quest'ultimo caso il dolore è frutto di peccati di altri, di persone che quasi sempre non si conoscono neppure.
E Gesù stesso ce ne ha dato l'esempio, morendo innocente per i peccati del mondo.
Verrebbe da ribellarsi alla divina economia per la quale tanti innocenti debbono morire di fame, soffrire la lebbra, il cancro, le persecuzioni, le torture, la morte per tanti gaudenti e viziosi che guazzano nel peccato.
Ma S. Paolo ci dice che chi patisce con Gesù sarà glorificato con Gesù; per cui soffrire innocenti è un privilegio che non si può misurare, come non si può misurare la gloria e la felicità di Gesù della quale, soffrendo innocenti, si diventa partecipi. Per tal motivo le maggiori sofferenze le subiscono gli uomini migliori.
E quando non si è fatto nulla per meritare di soffrire innocenti, tale croce diventa un atto di bontà e un privilegio gratuito dato da Dio. Quando poi si soffre da peccatori la sofferenza è una vera misericordia di Dio. Senza il dolore non si salverebbe nessun peccatore.
E infatti se è vero, come è vero, che nessuna grazia viene al peccatore se un giusto non la paga per lui (Leon Bloy); è altrettanto vero che è precisamente la sofferenza propria che dispone il peccatore a ricevere la grazia della conversione. Sono le disgrazie, le malattie, le sofferenze, particolarmente quelle della morte, che dispongono il peccatore al ricorso a Dio, al pentimento dei propri peccati, alla grazia e alla salvezza.
Se Dio ci fosse e fosse il padre degli uomini, mi disse poco addietro un uomo, non dovrebbe farli soffrire; come me che mi contento di soffrire io per non fare soffrire i miei figli.
« Esattamente così ha fatto Dio, gli risposi; anzi ha fatto molto di più. Egli si è fatto uomo ed è morto in croce per non farci soffrire.
Ma quando un suo figlio cade ammalato e c'è speranza di salvarlo dalla morte soltanto con un'operazione chirurgica, lei gliela fa subito.
Il dolore è l'estremo tentativo di Dio, l'operazione chirurgica che fa il Signore per tentare di salvare dall'inferno coloro che stanno per precipitarvi.
E tale tentativo, se non sempre, però nella maggioranza dei casi riesce ».
9. GESU' RISPONDE AL PROBLEMA DEL MALE
Viene spontaneo dire: Ma allora, dato che il dolore è frutto del peccato, perché il Signore non toglie di mezzo i cattivi e così non ci saranno più tutti questi mali spaventosi che affliggono l'umanità? Gesù ha dato la risposta con la parabola della zizzania.
« Il regno dei cieli è simile a un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Però, mentre gli uomini dormivano, venne il nemico e seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fuscelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio» (Mt. 13,2430).
Se Dio avesse dovuto togliere di mezzo subito i peccatori quanti giusti, figli, nipoti e pronipoti di peccatori non sarebbero nati! E quanti buoni non avrebbero avuto il tempo e le occasioni di vivere e santificarsi! Chi non ha avuto tra i suoi antenati qualche peccatore? Gesù stesso ne ebbe parecchi e di quelli grossi. Frattanto con tale pazienza e tale aspettativa di Dio molta zizzania diviene frumento, ossia innumerevoli peccatori si convertono e canteranno in eterno le misericordie di Dio. Alla fine, e non tarderà molto, giustizia sarà fatta e tutti i cattivi incorreggibili e ostinati saranno gettati nel fuoco eterno e i buoni andranno in Paradiso. Praticamente Dio, per eliminare il male dalla terra, non avrebbe dovuto creare, né formare nulla: né gli angeli, né gli uomini, né i santi, né la Madonna e neanche la terra e le galassie, che senza l'uomo non avrebbero avuto senso. Privare gli innumerevoli buoni della vita e della felicità eterna per causa dei cattivi Dio giustamente non l'ha voluto; e allora ha preferito sopportare lui stesso le brutte conseguenze del cattivo uso della libertà, facendosi uomo e facendosi crocifiggere dai cattivi pur di renderci felici.

18. GESù IL SALVATORE
1. Gesù è l'unico Salvatore

C'è una salvezza visibile dal disordine, dalla paura, dalla morte. C'è pure una salvezza eterna dalle tenebre, dal dolore, dallo sfacelo del corpo; c'è infine la felicità eterna. Chi ci dà tutte queste salvezze è Gesù. Per questo si chiama Gesù, parola ebraica che significa Salvatore.
Teilhard de Chardin nella sua visione evoluzionistica del mondo vede uno slancio comune in tutta la creazione che tende a salire, e negli uomini diventa amore che parte dalla terra, li unifica, li convoglia irresistibilmente verso il punto finale che chiama punto Omega, che è Cristo, per la conquista del cielo.
Questa visione è certamente affascinante perché fa giustamente vedere Gesù come fine di tutta l'evoluzione, ma porta all'idea di una salvezza universale contraria all'insegnamento del Vangelo. Inoltre il Boublik vi vede una pretesa di scalare il cielo con le proprie forze, un latente titanismo (Boublik, L'uomo nell'attesa).
La salvezza prima di essere una conquista dell'uomo, prima di essere un amore che sale dalla terra, è un dono gratuito di Dio, è un Amore infinito che scende dal cielo, si fa uomo e muore nella croce per meritarcela.
La vita eterna, come ogni vita, è frutto di una concezione. Qui è Dio che scende col suo amore nella persona di Gesù verso l'uomo ed è l'uomo che sollecitato da Dio stesso si volge verso di lui e lo accoglie.
Le religioni rappresentano lo sforzo dell'uomo di arrivare a Dio, e in ciò sono inserite nel piano provvidenziale universale di salvezza. Non lo sono però per una specie di virtù sacramentaria dei loro riti, ma nella misura in cui sono obiettivazione della coscienza personale. Quando l'uomo onora Dio come lo conosce e come sa onorarlo e osserva quei precetti che la sua intelligenza e la sua coscienza gli rivelano, Dio lo salva perché a colui che fa quanto è in sé Dio non nega la sua grazia. Quella stessa coscienza che segue, se egli conoscesse Gesù e la sua legge, lo spingerebbe ad accettarlo e a seguirlo. In definitiva è sempre e solo per Gesù, accettato e amato esplicitamente o implicitamente, che l'uomo può raggiungere la salvezza. Senza Gesù nessuno si salverebbe né dei fedeli, né, tanto meno, degli infedeli perché « nessuno va al Padre, dice Gesù, se non per mezzo mio » (Gv. 14,6).
Gesù è l'unico ponte tra la terra e il cielo. Per questo dice S. Giovanni: « A tutti coloro che lo accolsero, a quelli che credono nel suo nome, egli diede il potere di diventare figli di Dio » (Gv. 1,12).
Gesù salva soltanto coloro che lo accolgono; non può salvare coloro che lo rifiutano o che non vogliono essere salvati. Per questo il vecchio Simeone, quando vide Gesù bambino presentato al tempio, disse: « Questo bambino è posto per la salvezza e per la perdizione di molti e come segno di contraddizione» (Lc. 2,34).
Ma ora si pone il problema oggi tanto sentito dai teologi cristiani. E qual è la sorte di coloro che non conoscono Gesù e che appartengono ad altre religioni? Qui non si parla di coloro che rifiutano di conoscere Gesù, ma di coloro che semplicemente non lo conoscono perché non hanno mai sentito parlare di lui, o che non hanno neanche avuto il sospetto che egli potesse essere Dio. è ammissibile che i 3 miliardi di pagani viventi oggi nel mondo abbiano a perdersi? Oggi tutti i teologi respingono tale ipotesi, ma le motivazioni sono diverse. Parecchi di essi, come Rahner, definiscono le varie religioni «vie di salvezza» (Rahner: Uditori della Parola, Torino). Volere equiparare le altre religioni al cristianesimo è introdurre il relativismo teologico e un vanificare la missionarietà della Chiesa. Vladimir Boublik vede più giustamente negli elementi più genuini delle varie religioni una provvidenziale preparazione a Cristo (Teologia delle Religioni, Roma).
2. Gesù partecipa all'uomo la sua vita divina
L'uomo è quello che è; senza dubbio il capolavoro della creazione. Mentre però la sua perfezione biologica è immensa, la sua bellezza fisica è delle volte meravigliosa, ma più spesso molto limitata; soprattutto è destinata a sfiorire e a scomparire a breve scadenza. La Bibbia la paragona al fiore del campo che oggi è splendido e domani è appassito. Gesù viene a deporre nell'uomo un seme di immortalità e di una bellezza stupenda ed eterna. Vuole renderlo partecipe della sua vita e della sua bellezza infinita. Vuole farne quasi un dio.Egli infatti ai farisei ricorda quanto dice Dio nei salmi: « Io ho detto: voi siete dei» (Ps. 81,6). Tale vita divina Dio non la dà all'uomo automaticamente. Come ogni vita è frutto di due amori, così la vita soprannaturale o divina (che è la più perfetta possibile) è frutto dell'amore di Dio per l'uomo e dell'amore dell'uomo per Dio; è il frutto dell'amore di Dio che sceglie l'uomo e lo adotta per figlio, e dell'amore dell'uomo che sceglie Dio per Padre.
Mancando l'amore di Dio o l'amore dell'uomo non c'è affiliazione. Tale affiliazione non è dovuta all'uomo, ma è un dono gratuito di Dio per cui si chiama grazia.
« Non voi avete scelto me, dice Gesù, ma io ho scelto voi » (Gv. 15, 16). Ma l'uomo non può vedere direttamente la scelta fatta da Dio. La può vedere solo indirettamente, ma infallibilmente dal suo amore verso Dio, perché esso è una grazia di Dio. Per questo si dice che chi ama Dio è in grazia di Dio, ossia è stato scelto da Dio ed è gradito a Dio. Questo è tanto bello e confortante perché chiunque in qualunque momento può scegliere Dio e cominciare ad amarlo. La verità è che la grazia di Dio è come il sole che illumina tutti e come la pioggia che cade su tutti (Mt. 5,45). La grazia ha un senso e un valore in quanto è congiunta alla gloria eterna ossia ad una trasformazione e a un potenziamento eterno delle nostre facoltà, della nostra sensibilità, delle nostre capacità, della nostra bellezza e della nostra felicità. La bellezza di un'anima in grazia di Dio è inimmaginabile, sebbene sia proporzionata all'amore che l'uomo ha per Dio.
Un giorno S. Teresa d'Avila in visione vide una persona così straordinariamente bella che cadde in ginocchio per adorarla credendola Dio. Una voce le disse: « Alzati, Teresa, non è Dio, ma è un'anima in grazia di Dio ».
3. Gesù dà all'uomo la gloria
La grazia è il pegno della gloria. Cosa è la gloria: è la partecipazione della grandezza, della luce, della bellezza, della sapienza, della potenza, della felicità di Dio. Dice S. Giovanni: « Ancora non è apparso ciò che saremo. Sappiamo che quando apparirà saremo simili a lui, perché lo vedremo quale egli è» (Gv. 3,2). Non possiamo farci un'idea delle perfezioni di Dio. Possiamo solo farcene una pallida idea attraverso le perfezioni esistenti nelle creature. Quanto Dio dà agli uomini che sono peccatori è molto poco rispetto a quanto dà ai giusti e ai santi che sono i suoi figli. Ne è appena un segno. Metti insieme tutte le perfezioni dei sensi e di tutti i sensitivi; un giusto è immensamente più sensibile.
Metti insieme le intelligenze di un Pico della Mirandola, di un Michelangelo, di un Einstein, di un Plank, di tutti gli scienziati; un giusto è immensamente più intelligente.
Metti insieme la bellezza di tutti gli uomini e di tutte le donne più belle del mondo; un giusto è immensamente più bello.
Quale sarà la bellezza di Maria, del corpo di Gesù, di Dio? Una lontanissima e pallidissima idea ce la possiamo fare da questi fatti: S. Bernardetta Soubirous, la veggente di Lourdes, più volte arrivata a morire e guarita miracolosamente appena ricevuti il viatico e l'unzione dei malati, subito dopo scoppiava a piangere. Chiesta del perché rispondeva: « Voi non capite. Voi non avete visto la Madonna e non potete avere nessuna idea di quanto è bella. Io che l'ho vista non posso stare lontano da lei e piango per il dolore di non poterla ancora vedere e stare con lei ».
S. Geltrude, vedendo Gesù, a un suo sguardo dolcissimo perdette i sensi per qualche ora. Riavutasi disse: « A quella bellezza e a quello sguardo mi son sentita sciogliere i nervi e le ossa per la felicità, come cera al fuoco ».
La Beata Angela da Foligno, rimasta vedova ancora giovanissima e subito convertitasi, non volle più sposarsi per consacrarsi a Dio. Ebbe il privilegio estremamente raro di vedere Dio. Dopo una di queste visioni disse: « Se sommate tutti i piaceri e tutte le gioie del corpo e dello spirito che hanno gustato, gustano e gusteranno, sia lecitamente che illecitamente tutti gli uomini e tutte le donne che ci sono stati, ci sono e ci saranno nel mondo, non potete ancora avere l'idea di quanto più ancora ho goduto in quell'istante della visione di Dio ».
4. Gesù redime il nostro corpo
« Nessuno, dice S. Paolo, ha mai odiato il suo corpo » (Ef. 5,z9). Esso fa parte del nostro io. Nessuno vorrebbe lasciarlo. Solo ci rassegniamo a morire. Alle volte anche desideriamo morire, ma è solo quando la vita ci diventa insopportabile per la gravità dei dolori fisici o morali. Ma se potessimo vivere sempre bene saremmo felici. Il sogno del dott. Faust di restare sempre giovane resta il sogno di ogni uomo. Gesù ce lo fa realizzare con la resurrezione e ce ne ha dato il pegno e il mezzo: la Comunione (Gv. 6,5 5).
La più grande gioia dell'uomo è di riprendere il proprio corpo. E la più grande speranza che si può dare all'uomo è dargli la certezza che lo riprenderà e lo riprenderà giovane, incorruttibile, immortale. è tutta lì la fortuna che ci viene a dare il cristianesimo, al punto che se non ci fosse la resurrezione noi cristiani, dice S. Paolo, saremmo i più miserabili degli uomini » (I Cor. 15, 19).
Come è possibile la resurrezione? Negli Atti dei Martiri di Lione leggiamo che il prefetto, fatti uccidere i cristiani, fece bruciare i loro corpi e gettare le loro ceneri nel Rodano dicendo: « Non dobbiamo lasciare ai cristiani la speranza della resurrezione. A causa di questa credenza essi introducono tra noi una nuova religione straniera, disprezzano i supplizi e sono pronti ad affrontare gioiosamente la morte ».
Ma alla nostra carne e alla nostra polvere può succedere peggio. La nostra carne può venire divorata da animali o da pesci; la nostra polvere può venire assorbita da vegetali, trasformarsi in foglie, in fiori, in frutti, divenire carne degli animali, di uccelli, di altri uomini.
Com'è possibile risuscitare? Un ragazzo di 5a elementare a una simile obiezione un giorno mi rispose: « Dio per fare le stelle cosa ha preso? Nulla. Se dal nulla ha fatto le stelle, con la polvere che comunque resta in terra può formare di nuovo i nostri corpi ».
Il problema è tutto lì: Se Dio c'è, se Gesù è il Figlio di Dio, se Gesù ha detto che risorgeremo, risorgeremo di fatto, perché a Dio nulla è impossibile.
5. Il piano divino della salvezza totale
La persona saggia ogni qual volta fa una cosa, prima di farla la pensa: sia un viaggio, sia una casa, sia un orto. Non c'è che lo stolto a far le cose a casaccio, senza prima pensarle.
Chi meglio programma quello che deve fare è il saggio.
Dio, infinitamente sapiente, ha programmato dall'eternità fin nei minimi particolari tutto quello che ha fatto e che farà.
Ha programmato la quantità critica della materia da creare e l'evoluzione delle galassie, delle stelle, della terra.
Ha programmato nel DNA tutti i vegetali e tutti gli animali; ogni singolo albero e ogni singolo filo d'erba, ogni animale e ogni singolo uomo.
Con la resurrezione ha programmato tutto il mondo nuovo.
In Gesù risorto c'è programmato tutto il Corpo Mistico, che non è altro che il Gesù pienamente sviluppato; quindi ci sono programmati tutti gli eletti, la loro resurrezione gloriosa e, in conseguenza, i cieli nuovi e la terra nuova. Egli è come il DNA della nuova creazione. La sua resurrezione, storicamente sicura, è la garanzia di questo mondo nuovo che verrà, di cui parla S. Pietro.
Questa vita umana per un verso è un nulla, come il fiore che oggi c'è e domani è appassito; per l'altro è preziosa in quanto programma la vita eterna.
L'uomo, illuminato e guidato da Gesù col suo Vangelo e sostenuto da lui con i suoi sacramenti, costruisce col suo amore e con le sue opere il disegno di ciò che sarà; costruisce, per così dire, una sagoma che Gesù riempirà delle ossa, della carne e organi nel giorno della resurrezione dei morti.
Le anime dei morti quando appaiono hanno la forma umana del corpo che avevano in terra; perfettamente riconoscibile.
Quando appaiono dei Santi sono bellissimi.
è Gesù stesso che ci ha meritato la resurrezione con la sua morte e la sua resurrezione. Egli è il Salvatore delle nostre anime e dei nostri corpi. Mentre questa vita di pochi anni ce l'ha creata Dio in collaborazione coi nostri genitori, la vita eterna ce la crea Dio con la nostra diretta collaborazione.
Noi siamo i costruttori della nostra persona. Saremo quello che vogliamo essere.
è come se esistessimo prima di nascere, fossimo dei grandi artisti e una fata ci dicesse: « Fatti il corpo che vuoi. Sarai bello o brutto, intelligente o stupido, così come ti vuoi fare ».
Sembra una favola, ma è una realtà.
Dio ci dice: « Dal giorno della resurrezione sarai eternamente come ora ti programmi: sarai bellissimo vivendo nel mio amore; bruttissimo vivendo nel peccato ».
Saremo eternamente tanto più intelligenti, belli, luminosi, sensibili e felici quanti più sacrifici avremo fatto per Dio e per il prossimo, ossia quanto più avremo pregato, lavorato, offerto e sofferto per la gloria di Dio, per il bene del prossimo e per la salvezza delle anime.
Con tutte queste opere buone andiamo accumulando grazia su grazia, bellezza su bellezza. Come una boccia tanto è luminosa quanto più forte è la lampada che ha dentro; così alla resurrezione il nostro corpo sarà tanto più bello quanto più grande in terra sarà stato il nostro amore a Dio e al prossimo.
Allora ogni eletto sarà in comunione perfetta, superiore a qualunque unione umana, con tutti gli altri eletti; sarà reso felice da tutti gli altri e renderà felice tutti gli altri; e tutti insieme, come una galassia vivente o la rosa candida dantesca, immersi nell'oceano infinito della bellezza e della felicità che è Dio, faranno vibrare e risuonare della loro felicità e del loro canto i cieli nuovi e la terra nuova dell'universo, divenuto come il loro giardino incantato.

19. LA GRANDE OPERA DI GESù
1. Lo scopo dell'universo

Se il Creatore dell'Universo ha deciso di congiungersi a un dato momento intimamente con la creazione facendosi uomo, tale avvenimento non può restare in sordina e non può che essere il punto centrale dell'evoluzione cosmica e della storia.
Per questo Gesù non ha voluto incarnarsi nei millenni passati della preistoria, per non essere confuso con un mito, ma ha voluto attendere la pienezza dei tempi, ossia delle civiltà e della storia, per farsi uomo (Gal. 4,4).
E i tempi della storia si dividono in prima Cristo e dopo Cristo.
Il figlio di Dio si è fatto uomo per congregare in uno tutti i figli di Dio (Gv. 11, 52) in quella meravigliosa opera che è il Corpo Mistico, ossia la chiesa.
Il Corpo Mistico risulta dall'unione organica misteriosa di Cristo con tutti gli esseri intelligenti, buoni e belli usciti dalle mani di Dio.
Il mezzo con cui Gesù riesce a formare il Corpo Mistico è l'Eucarestia, che ne è come il seme. La potenza divina che anima e sviluppa questo corpo è lo Spirito Santo.
Se Gesù è venuto per formare il Corpo Mistico, tale opera non può essere che l'obiettivo di tutta la creazione.
Per tal motivo mentre tutti gli avvenimenti prima Cristo erano ordinati in una maniera o nell'altra alla sua venuta, tutti gli avvenimenti dopo Cristo sono ordinati alla formazione della sua Opera, ossia del Corpo Mistico.
Tutti gli avvenimenti: gli individui e i popoli, la formazione delle civiltà, la loro comparsa, la loro floridezza, la loro estinzione; le evoluzioni dei popoli, i loro imperi, le loro migrazioni, la loro scomparsa; la pace e la guerra, la verità e gli errori, l'amore e l'odio, la prosperità della Chiesa e le persecuzioni, l'abbondanza e la carestia, la salute e le malattie, la vita e la morte.
Dio mentre creava le galassie e le stelle, mentre formava la terra e la riempiva di alberi e di animali, mentre formava gli uomini e guidava i popoli aveva di mira Gesù che doveva venire; oggi nel dirigere gli avvenimenti della Storia, ha di mira il Corpo Mistico che si deve completare. Tutta l'umanità è come un uovo dal quale deve nascere il pulcino. Tutto nell'uovo è necessario per la formazione del pulcino: dal seme fino alla scorza che l'opprime; ma non tutto ciò che c'è nell'uovo si trasforma in pulcino.
Quello che in esso si trasforma in pulcino verrà in esso; la scorza e le altre parti che non si trasformano in pulcino vanno a finire nella spazzatura.
Gesù è il seme immerso nell'umanità che, assorbendo i buoni, si sviluppa e forma il Corpo Mistico.
Tutta l'umanità e tutto ciò che in essa avviene giova in una maniera o nell'altra alla formazione del Corpo Mistico:
anche le persecuzioni, perché formano i martiri;
anche i peccatori, perché formano gli apostoli;
anche le tentazioni, perché provano i buoni;
anche i pagani, perché formano i missionari;
anche gli oppressori perché purificano i buoni;
anche i bisognosi, perché provano il nostro amore di Dio e formano gli eroi della carità.
Quando il Corpo Mistico sarà pienamente formato, cioè appena l'ultimo uomo avrà completato il numero degli eletti, verrà la fine del mondo, usciranno dalla terra gloriosi i corpi risuscitati degli eletti, il Corpo Mistico comparirà in tutta la sua meravigliosa bellezza per volare con Gesù nella beatitudine eterna dei cieli, mentre tutti i cattivi saranno gettati nel fuoco eterno; così come la scorza, quando il pulcino è nato, viene gettata nella spazzatura. Allora le meraviglie dei cieli, delle stelle e delle galassie saranno come il giardino degli eletti, dal quale contempleranno la bellezza infinita di Dio, mentre i dannati saranno gettati nel carcere infernale tenebroso (Mt. S,12) del fuoco (Mt. 25,41) forse nell'interno di qualche pianeta per non appestare e non rattristare gli eletti.
2. Istituzione dell'Eucarestia
Dice l'evangelista Giovanni: Gesù avendo amato i suoi, li amò sino alla fine (Gv. 13, i).
Gli estremi limiti, oltre i quali a nessuno, neanche a Dio, è possibile andare sono:
la croce, mediante la quale Gesù per dimostrarci il suo amore infinito e per scontare i nostri peccati ha sofferto i dolori più grandi che un uomo possa soffrire;
l'Eucarestia, mediante la quale raggiunge il sogno di ogni amante: divenire una cosa sola, quasi fondersi, con la persona amata. Trattandosi di una cosa incredibile, che cioè Gesù si rende realmente presente in corpo, sangue, anima e divinità nel pane consacrato, i Vangeli ne parlano chiaramente:
« Mentre (i dodici) mangiavano Gesù prese il pane, lo spezzò lo diede ai suoi discepoli e disse: " Prendete e mangiate questo è il mio corpo". Poi preso il calice, rese grazie e lo diede loro dicendo: « Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue della nuova alleanza, il quale sarà sparso per molti in remissione dei peccati» » (Mt. 26,24; Mc. 14,22; Lc. 22,19).
E perché non restasse il minimo dubbio sul significato di queste parole Giovanni, che scrisse per ultimo il suo Vangelo, riporta il discorso con cui Gesù aveva annunziato con parole inequivocabili la sua intenzione di istituire l'Eucarestia.
« Io sono il pane di vita. I padri vostri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane disceso dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Sono io il pane disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. Discutevano perciò fra di loro i Giudei dicendo: Come può darci a mangiare la sua carne? Gesù disse loro: In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in lui » (Gv. 6,4856).
Gesù mediante l'Eucarestia si incarna in noi; muore in noi quando accettiamo la nostra condizione precaria, affaticata, tribolata quale continuo omaggio a Dio, e quando accettiamo la nostra morte, quale nostro supremo atto di culto e di adorazione a Dio; e quindi, essendo seme e pegno della nostra futura gloria, Gesù germoglia, ossia risorge in noi nel giorno del giudizio universale. Chi rifiuta tale seme e tale pegno, ossia chi rifiuta la comunione, non potrà risorgere glorioso.
3. Gesù conferma la sua presenza eucaristica
In altre parole Gesù ha inteso dirci che, quando una persona da lui autorizzata (cioè un sacerdote) ripete sul pane e sul vino le sue parole, egli diviene realmente presente in corpo, sangue, anima e divinità in quel pane e in quel vino, e che quindi è presente in tutte le ostie consacrate del mondo.
Una realtà così misteriosa e inimmaginabile oggi è contestata da tanti cattolici, e da tanti pseudoteologi, particolarmente olandesi e francesi; Gesù, come se le sue parole così chiare non bastassero, ha voluto confermarla con innumerevoli miracoli eucaristici.
Molte persone lungo i secoli sono vissute in totale digiuno sia di solidi che di liquidi, sostenute soltanto dalla comunione quotidiana.
Ne citiamo solo due contemporanee ben documentate, morte dopo la 2' guerra mondiale: Teresa Neumann, tedesca, e Alexandrina da Costa, portoghese.
La 1a stette 32 anni senza mangiare né bere; la 2a 12 anni.
Sulla 1a ha fatto un ottimo studio il dott. Johannes Steiner (Teresa Neumann di Konnersreuth, EP); sulla 2a Umberto Pasquali (Alexandrina da Costa, ELLE DI CI).
Di miracoli eucaristici scientificamente documentati ne citiamo pure due: quello delle ostie consacrate di Siena che, recuperate dopo un furto sacrilego, si mantengono intatte e incorrotte da i 50 anni; e quello di Lanciano.
Di questo ultimo, essendo sorprendente, ne facciamo una breve storia.
Una tradizione millenaria dice che un monaco basiliano nel secolo VIII, celebrando ivi la Messa nella Chiesa di S. Legonziano annessa al convento dei basiliani, dubitò della presenza reale di Gesù nell'Ostia e nel Vino consacrati; ma che appena pronunciò le parole della consacrazione l'Ostia si trasformò in carne e il Vino in sangue, al cospetto di tutto il popolo che assisteva.
Successero nella Chiesa ai basiliani per 50 anni i benedettini, e ad essi i francescani.
Questi presero in consegna tali preziose reliquie e ricostruirono nel 1258 sopra l'antica chiesa l'attuale chiesasantuario di S. Francesco e il loro convento.
Il Fella all'inizio del i 500 scrive nella sua Cronologia civitatis Lancianensis (a p. 156) quanto due francescani gli avevano raccontato: 70 anni prima due basiliani avevano trafugato l'antichissima pergamena che narrava in greco e latino le circostanze del miracolo, per far perdere le tracce del peccato d'incredulità del loro compagno.
Le reliquie nel 1566 furono nascoste in una piccola cappella murata per proteggerle dalle incursioni dei turchi. Finito il pericolo dei turchi, fu costruita nel 1636 una degna cappella da Antonio Valsecca, sostituita nel 1902 dall'attuale artistico e sontuoso altare.
Nel 1713 fu fatto l'attuale ostensorioreliquiario in vetro e argento, che custodisce l'ostia divenuta carne e il vino divenuto sangue, raggrumato in 5 globuli di diversa grandezza.
L'ostiacarne è un disco di mm 5 5 x 60, di colore giallobruno marrone, con al centro una chiazza bianca di mm 3 5 x 17; i globuli pesano gr 15,8 5 e sono di colorito giallomarrone. Sono state fatte 5 ricognizioni sulle reliquie (15741637177018861970).
L'ultima fu fatta con criteri scientifici eccezionali e fu affidata al prof. Odoardo Linoli, primario dell'Ospedale di Arezzo.
I suoi risultati, riesaminati dal professore Ruggero Bertelli, ordinario di anatomia umana normale dell'Università di Siena, furono da lui riconfermati.
Ed ecco i risultati dello studio macroscopicomicrochimicocromatograficoimmunologicoelettroforetico sui campioni della carne e del sangue prelevati: « Nella carne sono presenti muffe ed altri corpi estranei, perché la teca dove è conservata non era ermeticamente chiusa. Sia nella carne che nel sangue sono totalmente assenti sostanze conservanti, e tuttavia sia l'una che l'altro sono perfettamente conservati. La carne è veramente carne e il sangue è veramente sangue. Entrambi appartengono a persona umana e allo stesso gruppo sanguigno AB. La carne è una fetta uniforme del cuore, che solo una mano esperta di dissezione anatomica avrebbe potuto ottenere da un viscere cavo; ciò che è impossibile sia avvenuto oltre 1.000 anni addietro.
Nel sangue sono state ritrovate le proteine normalmente frazionate con i rapporti percentuali, quali si hanno nel quadro sieroproteico dal sangue fresco normale.
Nel sangue sono stati anche ritrovati i minerali normali ».
Il Signore ha confermato lungo i secoli il miracolo eucaristico con altri miracoli.
Il 9.7. 1868, dopo 45 giorni di pioggia che aveva allagato le campagne, il popolo volle fare una processione con queste Sante Reliquie sotto la pioggia, per ottenerne la cessazione. Appena giunti in piazza sorse un vento impetuoso che dissipò tutte le nuvole.
4. Termine dell'evoluzione
Nella terra assistiamo a una trasformazione progressiva in meglio, ossia a un'evoluzione.
I minerali si trasformano in vegetali; i vegetali in animali; gli animali nell'uomo.
Questa trasformazione avviene a 3 condizioni:
a) L'essere superiore preesiste e assorbe l'inferiore. Non è l'inferiore che si trascende nel superiore; ma il superiore che eleva l'inferiore: i vegetali elevano i minerali, gli animali i vegetali. Ugualmente non è l'uomo che diventa Dio, e in questo senso ogni suo sforzo è un titanismo destinato all'insuccesso e alla morte; ma è Dio che scende nell'uomo per amore e lo divinizza.
b) L'inferiore si deve sciogliere nei suoi componenti per essere assorbito dal superiore.
I minerali solo quando vengono disciolti dall'acqua vengono assorbiti dai vegetali; i vegetali solo quando vengono disciolti dai succhi gastrici vengono assorbiti dagli animali; altrettanto i vegetali e gli animali dall'uomo.
c) L'inferiore morendo a se stesso viene assimilato dal superiore. Così i minerali perdendo la loro identità divengono foglie, fiori, frutti; i vegetali soltanto perdendo la loro identità vengono assimilati dagli animali e divengono loro carne.
I minerali, i vegetali, gli animali solo perdendo la loro identità vengono assimilati dall'uomo e diventano sua carne e sue energie.
Quei minerali, vegetali e animali che non si disciolgono e non vengono digeriti dallo stomaco dell'uomo, non vengono da lui assimilati e vanno a finire nella fogna.
C'è però nell'evoluzione una differenza fondamentale tra gli animali e l'uomo. Mentre nell'animale l'evoluzione consiste nel divenire un altro; nell'uomo consiste nel restare se stesso e nel divenire di più, nel superare se stesso, nell'arrivare a Dio, nel divenire simile a Dio. Il mezzo è Gesù, gli uomini ricevendo Gesù nella comunione vengono da lui assorbiti e divengono suo corpo, ossia membri del suo Corpo Mistico, e quindi vengono divinizzati.
Perché questo avvenga è però necessario che l'uomo si sciolga dai suoi peccati, muoia ai suoi istinti cattivi e cominci ad assimilarsi cioè a rendersi simile a Gesù imitando le sue virtù e vivendo secondo il suo Vangelo.
Quanti non abbandonano i loro peccati e non si convertono a Gesù, ossia non si sforzano di rendersi simili a lui, vengono da lui eliminati e vanno a finire nella fogna dell'universo, che è l'inferno. Per questo S. Paolo dopo aver raccontato l'istituzione dell'Eucarestia dice:
« Perciò, chiunque mangia questo pane o beve il calice del Signore indegnamente, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ognuno, dunque, esamini se stesso, e così mangi di quel pane e beva del calice; perché chi mangia e beve, senza discernere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (I Cor. II,2]29).
5. La vite e i tralci
Gesù paragona se stesso all'albero e i suoi discepoli ai rami. Egli è il Seminatore che seminò il suo seme, ossia il suo corpo sotto terra, nel sepolcro.
Risuscitando questo seme germogliò e cominciò a fare le prime foglie che presto, nella Pentecoste, divennero un albero.
Mise in terra le radici, ossia le centrali di assorbimento che sono l'Eucarestia e i tabernacoli dove egli abita in terra.
« Io sono la vera vite e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e quello che porta frutto, lo pota, affinché frutti di più. Già voi siete puri, in virtù della parola che vi ho annunziato. Rimanete in me ed io in voi. Come il tralcio non può da sé portare frutto se non rimane unito alla vite, così nemmeno voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far niente. Se uno non rimane in me, è gettato via come il sarmento e si secca; poi viene raccolto e gettato nel fuoco a bruciare (Gv. 15, 16).
Non basta essere assorbiti da Gesù con la fede, col battesimo, con l'Eucarestia.
Bisogna restare uniti a lui con l'amore e imitarlo, facendo a tutti del bene materiale e spirituale, così come faceva lui. Per questo il cristiano deve impegnarsi a compiere le sette opere di misericordia corporale e le sette opere di misericordia spirituale.
Tali opere si riesce a farle nella misura in cui si viene alimentati da Gesù con la preghiera e con la comunione, come il ramo fa i frutti quando è alimentato dalla linfa e nella misura in cui viene alimentato dalla linfa. Come ogni ramo che si stacca dall'albero, o che secca nell'albero, o che non produce frutti viene tagliato e gettato nel fuoco, così ogni uomo che si stacca dalla Chiesa o dall'amore di Cristo o che non fa opere buone viene gettato nell'inferno. In questa similitudine e in molti altri punti Gesù parla chiaramente dell'inferno. Es. Mt. 1;,42; 18,8; 25,41; non comprendiamo come oggi tanti teologi lo negano. Che Salvatore sarebbe stato Gesù se non ci avesse salvato da nulla? E che motivo avrebbe allora egli avuto di morire in croce?
6. Struttura del Corpo Mistico
S. Paolo nella I Cor. 12 chiama i cristiani il Corpo di Cristo.
Di tale corpo misterioso Gesù è il capo e i cristiani le membra. « Infatti, anche il nostro corpo non è un membro solo, ma è composto di molte membra. Se il piede dicesse: Siccome non sono mano, io non sono del corpo, forse per questo non apparterrebbe al corpo? E se l'orecchio dicesse: Siccome non sono occhio, io non sono del corpo, forse per questo non apparterrebbe al corpo? Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse invece tutto udito, dove sarebbe l'odorato? Ora, invece, Dio ha posto le membra come ha voluto, distribuendo ciascuna di esse nel corpo. Difatti, se tutte le membra fossero un membro solo, dove sarebbe il corpo? » (I Cor. 12,1419).
Come il corpo è tale soltanto perché ci sono tanti organi e tante membra, così, egli dice, nel Corpo Mistico vi sono una grande quantità di doni o carismi, tutti in funzione dell'intero corpo.
L'uomo è l'opera più bella e meravigliosa della creazione perché è la sintesi del mondo materiale, del mondo vegetale, del mondo animale, del mondo spirituale, e perché in esso vi sono l'anima, gli occhi che la riflettono, il cervello che né lo strumento, il cuore che ne è il rivelatore e l'espressione, e tutti gli altri organi.
Il Corpo Mistico è il capolavoro assoluto di Dio, oltre il quale Dio stesso non può andare, perché è l'unione di tutta la creazione con Dio stesso. In esso il Figlio si è unito all'umanità nella maniera massima possibile, facendosi uomo e divenendo una sola persona con l'uomo, per mezzo dell'unione ipostatica, e come una superpersona con tutti gli eletti.
In esso vi abita la stessa Trinità che lo anima e insieme lo trascende e lo rende beato: Il Padre ne è il Padre; il Figlio ne è il Capo che gli dà tutta la sua bellezza, e ne è la luce; lo Spirito Santo ne è l'anima. In esso vi è la meravigliosa Madre di Dio alla quale Gesù ha dato tutta la grandezza e tutta la bellezza possibile; vi sono gli apostoli, i martiri, le vergini, i confessori, le anime vittime, i consacrati, i padri e le madri di famiglia, gli umili lavoratori, ecc.
Ognuno di essi accresce la bellezza sconfinata del Corpo Mistico. La accresce nella misura in cui, facendosi guidare dallo Spirito Santo, si santifica nel suo ruolo e si sacrifica per la Chiesa.
Tutti gli eletti insieme in Paradiso certamente avranno una forma, a noi oggi sconosciuta e da Dante intuita come una candida luminosa rosa; una forma che sarà quanto di più spettacolare, di più suggestivo, di più incantevole, di più armonioso avrà potuto fare l'infinita sapienza, l'infinita potenza, l'infinito amore di Dio.
7. La missione della Chiesa
Gesù ha fondato la Chiesa, che è il suo Corpo Mistico, per il mondo e cioè per salvare tutti gli uomini. Egli la paragona a un granello di senape che, germogliando, diventa albero, nel quale vanno a posarsi gli uccelli del cielo.
Possiamo paragonare la Chiesa anche a una nave carica di passeggeri (i cristiani), che va raccogliendo lungo la traversata tutti i naufraghi (i pagani buoni) di un diluvio universale, che ha fatto colare a picco tutte le navi (le altre religioni) che erano nell'oceano.
Le altre religioni sono via di salvezza, ma soltanto parziale e preparatoria. Si fermano e periscono nell'oceano del mondo. I loro adepti fedeli che non muoiono nei vizi, né nel rifiuto del prossimo e della loro divinità conosciuta, vengono raccolti e portati in Paradiso dalla Chiesa che pure sconoscono. Senza della Chiesa nessuno si può salvare, perché fuori della Chiesa non c'è nessuna salvezza (S. Agostino).
Dice S. Paolo: «Dio è salvatore di tutti gli uomini, particolarmente dei fedeli (I Tim. 4, 10)». Li salva mediante Gesù. Gesù li salva inserendoli nel suo corpo che è la Chiesa.
« La Chiesa è un segno più espresso della grazia di Gesù per mezzo del quale il genere umano è santificato » (Summa Teologica, III, 60, S ad 3) « La Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano » (LG 1,284).
« Gesù quando fu elevato in alto da terra, attirò tutto a sé » (Gv. 12,32); risorgendo dai morti (Rom. 6,9) immise negli apostoli il suo Spirito vivificatore, e per mezzo di lui costituì il corpo, che è la chiesa, quale universale sacramento della salvezza; sedendo alla destra del Padre opera continuamente nel mondo per condurre gli uomini alla chiesa e attraverso di essa congiungerli più strettamente a sé e, col nutrimento del proprio corpo e del proprio sangue, renderli partecipi della sua vita gloriosa (Lumen gentium, n. 48/416) ».
La Chiesa è il nuovo popolo di Dio, continuazione storica del popolo eletto del VT (l'ebreo). L'appartenenza ad esso non è però più per eredità di sangue, né per volontà di uomo (Gv. 1,13) ma per singola scelta di Dio accettata e corrisposta dall'uomo.
La Chiesa è mistero di salvezza e comunione di vita.
La sua intima organizzazione, ossia la unione dei singoli membri col capo (Gesù) e tra di loro, e la loro reciproca interazione sono così perfette da avere un riscontro soltanto nell'organizzazione perfettissima del corpo umano.
Questo nuovo popolo eletto è in marcia verso la palingenesi, ossia verso la resurrezione universale, che lo porterà alla conquista dei nuovi cieli e della nuova terra dove regna la giustizia, ossia il perfettissimo amore e reciproco e verso Dio, e dove quindi sarà assente il dolore, l'invecchiamento e la morte.
Lungo questa marcia nei secoli la Chiesa va crescendo per l'opera delle sue membra, come crescono i rami in un albero e le membra in un corpo. E come l'antico popolo eletto del VT portò con sé alla Terra Promessa i forestieri e i proseliti, ossia i pagani che si univano a lui, così il nuovo popolo di Dio porta con sé verso la definitiva Terra Promessa i cristiani anonimi, ossia coloro che sono uniti inconsapevolmente ad esso amando e servendo Dio così come lo conoscono, amando il prossimo e soffrendo con pazienza.
Per conseguenza la Chiesa è, e deve essere missionaria: aperta a tutto il mondo, cercante tutto il mondo, lievitante tutto il mondo, beneficante tutto il mondo e materialmente e spiritualmente. Se così non fosse sarebbe infedele e inutile, distruggerebbe se stessa.
Ma la Chiesa così sempre è stata nel suo insieme, e se anche la maggioranza dei suoi membri non sono coinvolti in questo suo sforzo, i suoi principi hanno già lievitato il mondo e sono divenuti universali: il senso della libertà, della fraternità, dell'uguaglianza, la promozione della donna, del lavoro, dell'istruzione, la cura degli ammalati, la ricerca del necessario per tutti, la sicurezza sociale, ecc.
Il mondo ormai cammina alla luce del cristianesimo, anche se non lo conosce o non lo vuol riconoscere. Tuttavia la missione della Chiesa è ben lungi dall'essere finita.
Essa deve adeguarsi ai tempi, camminare al passo accelerato della marcia della civiltà moderna, intensificare e potenziare al massimo i suoi sforzi per evangelizzare il mondo intero, prima che Satana definitivamente lo perda.
Dire Chiesa è dire tutti i suoi componenti; è dire, quindi che ogni cristiano deve acquistare una dimensione missionaria, che tutti insieme dobbiamo unirci per questa estrema battaglia missionaria.
Gesù ci insegna come si salva il mondo: non dal di fuori, ma dal di dentro. Egli lo ha salvato scendendoci dentro, cioè facendosi uomo e facendosi in tutto simile a noi tranne che nel peccato; non attendendo, ma cercando di città in città la gente da evangelizzare; aiutando tutti i bisognosi, guarendo i malati. Ugualmente la Chiesa salva ogni popolo nella misura in cui si incarna in esso e in cui lo benefica.
Per questo nella Chiesa Cattolica le opere di carità hanno avuto sempre un posto di primo piano, fin dalle origini, quando ogni Chiesa si prodigava per tutti i poveri e i bisognosi. Così pure ogni Chiesa locale salva i quartieri, i condomini, gli operai, ecc. nella misura in cui scende in essi, li evangelizza, li soccorre materialmente se ne hanno bisogno, vi diffonde, sia pure regalandoli, libri di evangelizzazione.
Ogni cristiano salva i peccatori e i lontani nella misura in cui entra nel loro cuore e s'incarna in essi, li evangelizza, li soccorre spiritualmente e, se ne hanno bisogno, anche materialmente. Per questo Gesù disse: « Andate... » « Salutate per primi... ».
8. Ruolo di ogni cristiano
Nel corpo ogni organo e ogni membro vive nel servire tutto il corpo. Non ci sono organi né membri fatti per se stessi. Nel corpo ogni cellula è differenziata e, unita ad altre cellule simili, forma un organo o un membro del corpo: o l'occhio, o la lingua, o i denti, o il cuore, o i reni, o i nervi, ecc.; e ogni organo è in funzione dell'intero corpo.
Così ogni cristiano è fatto per una comunità cristiana e ogni comunità cristiana è fatta per l'intera Chiesa, come la Chiesa è fatta per il mondo. Il cristiano che non sa o non vuol inserirsi in nessuna comunità cristiana, o insoddisfatto di essa, non riesce a farne una migliore, è ammalato, così come è ammalata una comunità che non si mette in servizio della Chiesa.
Come nel corpo ogni organo, ogni membro e ogni capillare, che si chiude in sé, non fa circolare il sangue del corpo e non serve il corpo, non solo è inutile, ma fa male al corpo e a sé stesso; così ogni cristiano, ogni comunità, ogni movimento, ogni istituto che si chiudono in sé e non si mettono in servizio della Chiesa fanno male a sè e alla Chiesa. Il ruolo missionario è intrinseco nella vocazione cristiana. Ogni cristiano e ogni gruppo cristiano per essere tali debbono servire la Chiesa, inserirsi nella parrocchia, interessarsi dei bisognosi, dei lontani, delle Missioni; debbono catechizzare i rudi e annunciare il Cristo, a quanti più possono. La perfezione è in rapporto all'universalità, come dice S. Agostino: « La perfezione consiste nel passare dal particolre all'universale ».
Il nostro destino e il nostro ruolo sono intimamente legati e connessi a quelli della Chiesa, come quelli delle membra del corpo.
Ogni cristiano deve essere un operaio della vigna, un annunziatore del Vangelo, un testimonio di Gesù, un veicolo della grazia. Per questo Gesù ci dice che vengono premiati soltanto gli operai che lavorano nella vigna del re (Mt. 20) e che viene severamente punito il servo che non fa fruttificare per il re il talento da lui ricevuto (Mt. 25)
Negli organi del corpo vivere è servire; e quanto meglio l'organo serve il corpo, tanto più è forte e perfetto; anzi la sua stessa crescita è determinata dal suo servizio al corpo.
Nella Chiesa vivere è amare tutti, rendersi disponibili a tutti; e quanto più si fa del bene agli altri, ci si rende disponibili a tutti e si è utili alla Chiesa e all'umanità, tanto più si cresce e si diventa perfetti. Tuttavia non siamo noi a convertire gli uomini, ma lo Spirito Santo con la sua grazia. Dice S. Paolo: « lo ho piantato, Apollo ha irrigato, Dio ha dato l'incremento (I Cor. 3,6). Per questo egli completava il suo lavoro apostolico implorando con fervide preghiere e lacrime Dio di mandare lo Spirito Santo per fecondare tutti i semi deposti nei cuori degli uomini con la sua parola.
9. La vita del Corpo Mistico
Nel corpo ogni organo serve l'intero corpo silenziosamente, potremmo dire nella dimenticanza di sé e nell'umiltà.
Non c'è nessun organo che dica: « Guardate quanto bene faccio al corpo! », anche se in effetti è esso che lo fa vivere.
Nessuno sente i suoi organi quando sono sani. Quando cominci a sentire un tuo organo è perché esso ha cominciato a star male; e quanto più sta male tanto più lo senti. Gesù, che tutto opera e alimenta nella Chiesa e nel mondo, va operando nel totale silenzio, nascosto nell'Eucarestia. La vita del Corpo Mistico è l'amore.
I suoi membri sono sani quando amano.
Il cristiano buono ama Dio e il prossimo, lavora per il regno di Dio e per il bene materiale e spirituale degli uomini silenziosamente e non per interesse suo o per superbia, ma nella dimenticanza di sé e nell'umiltà.
Quanto più il cristiano è buono tanto più è disinteressato e umile. Chi nella Chiesa lavora per ricavarne un'utilità o per orgoglio è ammalato; e tanto più è ammalato quanto più è interessato o superbo; allora diventa totalmente inutile a sé e agli altri e non ha alcun merito in ciò che fa.
Nel cristiano progredito l'interesse scompare totalmente: anche quello esclusivamente spirituale: egli non lavora più neanche per il paradiso, ma tutto quello che fa lo fa per amore di Dio e per amore degli uomini.
Egli assomiglia all'organo del corpo perfettamente sano: non si sente più.
Per questo se il movente della conversione e della prima vita cristiana è la salvezza eterna (e in questo non c'è alcun peccato), il movente della crescita, dello sviluppo perfetto della propria personalità ossia della santità è sempre e solo l'amore.
I santi sono i grandi del cielo, coloro che più partecipano delle perfezioni e delle felicità di Dio, perché più di tutti rassomigliano a lui che è amore e che tutto ha creato e fatto senza suo interesse, ma solo per amore. Gesù raggiunge questa purificazione totale dei suoi eletti mediante l'oscurità della fede e mediante quella che S. Giovanni della Croce chiama « la notte oscura ».
10. L'azione dello Spirito
Gesù, venuto per salvare tutti gli uomini, prima annunziò il Vangelo, poi istituì l'Eucarestia, quindi si sacrificò sulla croce e infine, risorto e asceso al cielo, mandò lo Spirito Santo. Egli promise agli apostoli: « Con la discesa dello Spirito Santo riceverete dentro di voi la forza di essermi testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e fino all'estremità della terra» (Atti, 1,8). Solo così poté fondare la Chiesa.
Se la Chiesa è, come è, il Grande Gesù, ossia il Corpo Mistico di Gesù, ossia il Gesù cresciuto fino alla pienezza mediante la congregazione e organizzazione in uno di tutti i figli di Dio (Gv. 11, 53), lo Spirito Santo è colui che l'anima, così animò il corpo fisico di Gesù nel seno di Maria. Per tal motivo è impossibile che ci sia la Chiesa senza il Gesù, ossia senza l'Eucarestia, e senza lo Spirito Santo, ossia senza i suoi carismi. Gesù edifica la Chiesa col suo corpo; lo Spirito Santo la va animando coi suoi carismi.
Come ogni uomo, così ogni Chiesa particolare e ognuna delle comunità che la compongono divengono Chiesa solo:
a) quando sono arrivate all'Eucarestia; e crescono nella misura in cui si nutrono dell'Eucarestia e in cui si assimilano a Gesù nel modo di pensare, di parlare, di guardare, di agire.
b) Quando sono animate dallo Spirito mediante la Parola e mediante i suoi carismi.
11. L'azione della Parola di Dio
Dal libro degli Atti vediamo come la Chiesa cresceva mediante la Parola fino al punto da identificarsi con la Parola.
« Tutti furono ripieni di Spirito Santo e incominciarono a parlare diverse lingue secondo che lo Spirito Santo dava ad essi di esprimersi » (Atti 2,4).
« E la Parola di Dio si diffondeva, il numero dei discepoli andava sempre più aumentando in Gerusalemme e una gran folla di sacerdoti ubbidiva alla fede » (Atti, 6.7).
« Intanto la Parola di Dio si diffondeva sempre più e aumentava il numero dei credenti » (Atti 12,24). « Così la Parola di Dio cresceva e si consolidava » (Atti 19,20).
Non c'è crescita della Chiesa senza predicatori del Vangelo e senza ascoltatori.
Da un lato c'è la predicazione della Parola, dall'altro l'ascolto. L'ascolto deve essere in atteggiamento non di studio o di critica, o peggio, di contestazione, ma di povertà, di recezione, di disponibilità e quindi di implorazione.
L'ascolto quotidiano della Parola di Dio, la preghiera comune e l'Eucarestia facevano divenire i primi cristiani un cuor solo e un'anima sola, li rendevano idonei all'azione dello Spirito Santo e li trasmutavano da ascoltatori in predicatori.
12. Dio guida il suo popolo nel nuovo Esodo
Con la Pasqua cominciò l'Esodo del nuovo popolo di Dio da questa terra, verso il Paradiso. Esso fa il suo passaggio attraverso il Mar Rosso per mezzo del battesimo, e riceve lo Spirito Santo che lo illumina lungo il corso dei secoli, così come nel primo Esodo la nube illuminò gli Ebrei nel viaggio del deserto.
Gesù, promettendo ai discepoli lo Spirito Santo, infatti aveva detto: « Egli resterà con voi sempre. Molte cose avrei ancora da dirvi, ma per ora non ne siete capaci. Ma quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà verso tutta la verità » (Gv. 14, 16 e 16, 1 s).
Lo Spirito Santo illumina il nuovo Popolo di Dio ispirando Papi, santi, dottori, carismatici.
Molti sono ostili a tutti i loro messaggi e a tutte le apparizioni di Gesù e della Madonna, comprese quelle di Fatima e di Suor Faustina Kowalska, e a tutto ciò che sa di soprannaturale o di preternaturale; e per convalidare la loro ostilità portano l'esempio di falsi messaggi, di falsi carismatici, di false apparizioni, di falsi prodigi.
Bisogna però ricordare che non ci sarebbero falsi messaggi, falsi carismatici, falsi prodigi e false apparizioni se non ci fossero quelli veri; come non si farebbero biglietti falsi da L. ioo.ooo, se non ci fossero quelli veri. Però bisogna stare attenti perché c'è un'immensa quantità di apparizioni, di carismi, di messaggi e anche di prodigi falsi.
Il cristiano umile e religioso non nega a priori, ma non è neanche credulone; sta attento dove Dio si manifesta e vede cosa vuole, come Samuele: « Parla, o Signore, che il tuo servo ti ascolta » (I Sam. 3, 10).
S. Paolo dice: « Non estinguete lo Spirito; non disprezzate le profezie »; ma, ben sapendo che l'accettazione imponderata di esse getta il discredito sul soprannaturale e su tutta la religione, aggiunge: « Esaminate tutto e ritenete ciò che è buono » (I Ts. 5, 19).
Il cristiano ragionevole esamina senza pregiudizi e con serietà e le persone e i messaggi e i testimoni dei prodigi e delle apparizioni, per discernere quelli veri da quelli falsi e vedere cosa Dio vuole oggi da noi. Chi li scarta a priori si impoverisce, può addirittura mettersi contro Dio e peccare di superbia, volendo suggerire a Dio come comportarsi. Tanti addirittura vorrebbero proibirgli di parlare anche oggi ai suoi figli, di rendersi ad essi visibile, di guidarli come un giorno guidò il popolo ebreo nel deserto e di metterli in guardia contro i gravissimi pericoli che vanno sorgendo.
Per questo Paolo VI il 10.10.1973 ricordando le suddette parole di S. Paolo disse che era necessaria un'opera di discernimento sui carismi, da esercitarsi particolarmente da quelli che hanno la responsabilità nella Chiesa.
Così progredisce il bene comune della Chiesa, al quale sono ordinati i doni dello Spirito: I Cor. 12,7 (D. Grasso: Vescovi e R. C., EP pag. 47). S. Paolo enumera i carismi elargiti dallo Spirito Santo: « E Dio ne ha stabilito diversi nella Chiesa: in primo luogo gli Apostoli, in secondo luogo i profeti, in terzo i maestri, poi il dono dei miracoli, il dono di guarire, di assistere, di governare, di parlare diverse lingue » (I Cor. 12,28). Ad essi si debbono aggiungere oggi i carismi dello scrittore, del giornalista, del regista, del sindacalista, del politico, dell'assistente sociale, del medico, ecc. che, attualizzaci cattolicamente, costruiscono la Chiesa. Basta ricordare Toniolo, Sturzo, La Pira, Chesterton, Bernanos, Maritain, Cecil de Mille, Herder Camara, Madre Teresa, Follereau, ecc.
Senza l'amore il ministero della parola resta vuoto, come ogni altro carisma, perché dice Gesù: « Senza di me non potete far nulla » (Gv. 15, S); cioè senza l'amore a lui, senza l'amore e la grazia che viene da lui. Gesù, simboleggiato da Mosé, è 1'Emmanuele, cioè « Dio che sta col suo popolo » come ha promesso, sino alla fine del mondo (Mt. 28,20); lo nutre e lo fortifica col suo corpo, lo illumina e lo guida con la grazia e coi carismi del suo Spirito Santo nel suo esodo dalla terra verso il Paradiso.
13. I carismi non sono per utilità propria
I carismi non costituiscono la santità di una persona, ma sono doni gratuiti dello Spirito Santo in funzione della Chiesa. Bisogna guardarsi dai due pericoli denunciati dai Vescovi Canadesi: « L'elitismo è un certo tipo di fondamentalismo biblico, che si oppone sia alle norme autentiche della Sacra Scrittura, sia alle dichiarazioni della Chiesa, costituiscono questi due pericoli. L'elitismo crea un ambiente chiuso e dà origine a divisioni piuttosto che all'unità e alla carità; mentre il fondamentalismo biblico non tiene conto della missione dello Spirito Santo, che consiste nel testimoniare « tutto ciò che ha insegnato ». Ogni carisma, ogni gruppo, ogni Movimento, infine, deve essere in servizio e comunione della Chiesa universale.
Chi si arroga il monopolio dei carismi o disprezza gli insegnamenti dei santi e le devozioni inculcate dai Papi (all'Eucarestia, alla passione di Gesù, al S. Cuore, allo Spirito Santo, alla Madonna) o si crede autosufficiente e non vuole ricevere dagli altri o non vuole dare agli altri, ossia rifiuta la comunione con gli altri, diventa un pericolo per la Chiesa.
Il Signore fa passare la sua grazia solo attraverso le persone che hanno l'umiltà e la carità; e per mantenerci nell'umiltà e nella carità ci ha fatto tutti interdipendenti.
Per tal motivo Paolo VI nel citato discorso del 10.10.1973 ricevendo i dirigenti del Rinnovamento Carismatico, disse: « Noi ci rallegriamo con voi, cari amici, del rinnovamento spirituale che si manifesta oggi nella Chiesa sotto forme differenti e in ambienti diversi. In questo rinnovamento appaiono alcune note comuni: il gusto di una preghiera profonda, personale e comunitaria, un ritorno alla contemplazione e un accento posto sulla lode di Dio, il desiderio di darsi totalmente al Cristo, una grande disponibilità ai richiami dello Spirito Santo, un contatto più assiduo con la Scrittura, una grande dedizione agli altri, la volontà di recare un contributo ai servizi della Chiesa. In tutto questo possiamo riconoscere l'opera misteriosa e discreta dello Spirito Santo che è l'anima della Chiesa».
La perfezione di una persona, di un gruppo, di un istituto, di un Movimento viene data dalla maniera in cui si aprono e si sacrificano per la Chiesa particolare nella quale si trovano e per la Chiesa universale. Dice S. Agostino: « Noi possediamo lo Spirito nella misura in cui amiamo la Chiesa» (Gv. 23,8).
14. Ognuno ha un carisma
Nella comunità cristiana non esistono di diritto membri passivi. Dice S. Paolo: « A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune » (1 Cor. 127).
Non c'è cristiano che sia privo di qualsiasi funzione e di qualsiasi ministero, perché Dio nulla ha creato di inutile nell'universo, particolarmente nella Chiesa. E quando ti sembra di non aver nessun carisma perché non vedi in te nessun talento o nessuna attitudine all'azione, ti resta il carisma dell'amore, cioè della preghiera, della sofferenza, del sacrificio, che compendia e sorpassa tutti i carismi, come disse S. Paolo. Lo intuì e attuò S. Teresa del Bambino Gesù, divenendo uno dei più grandi apostoli della Chiesa pur restando sempre rinchiusa nel suo convento.
Ogni cristiano deve scoprire il suo carisma o i suoi carismi e attualizzarli per la Chiesa.
« Tutti insieme, e ognuno per la sua parte devono alimentare il mondo con i frutti spirituali» (Lumen Gentium, IV,38).
Lo Spirito Santo è sceso in tutti col battesimo e la cresima e non resta in nessuno inoperoso, ma dà a tutti dei carismi in funzione della Chiesa, cioè per la salvezza temporale e eterna di tutti gli uomini.
Giustamente dice Madre Teresa: « Quello che tu puoi fare, io non lo posso fare; e quello che io posso fare tu non lo puoi fare. Tutti nel Corpo Mistico hanno il loro compito e devono essere fedeli a quello ».
Niente è più pericoloso che non vedere i propri carismi, o per accidia non attualizzarli: ciò significa fallire, diventare un essere inutile, sprecare la propria vita.
L'umile e fervorosa preghiera allo Spirito Santo ci ottiene da lui la luce per vedere i nostri carismi e la forza di attualizzarli. Chi ha la guida di una comunità grande o piccola ha il compito di aiutare i fratelli a scoprire e ad attualizzare i loro carismi per edificare insieme a loro la Chiesa.
15. Il ruolo di Maria nella Chiesa
Un ruolo particolarissimo nella Chiesa ha Maria, che, essendo la madre di Gesù è insieme madre delle sue membra, « perché come dice il Vaticano II, ella cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa stessa, i quali di quel capo ne sono le membra» (LG VII,S3).
E Madre della Chiesa la proclamò solennemente Paolo VI a chiusura del Concilio.
Per la Madonna la Chiesa Cattolica ha nutrito sempre una grande devozione e le ha dato innumerevoli titoli che illustrano la sua funzione: Corredentrice del genere umano, Porta del Cielo, Madre della Divina Grazia, Aiuto dei Cristiani, ecc.
S. Bernardo dice che Dio ha voluto che noi ricevessimo tutte le grazie per mezzo di Maria. E Dante a lei canta: «Vergine sei tanto grande e tanto vali che chi vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar senz'ali ».
Per questo quasi tutti i Papi hanno raccomandato la devozione a Maria. Giovanni Paolo II prese Maria per suo stemma, e la devozione a lei come suo programma per salvare la Chiesa e l'umanità: in un'intervista, nel suo viaggio in Germania, parlando della pericolosissima situazione politica mondiale disse mostrando e raccomandando il rosario: «Non ci resta che questa speranza, Maria ».
Tutta la Chiesa viva prega Maria perché dopo gli avvenimenti profetizzati nel 3° segreto di Fatima, essa trionfi nel mondo, come a Fatima ha promesso, e faccia venire in esso il regno di Gesù per la salvezza temporale e eterna dei popoli.
16. La gloria del Corpo Mistico
C'è una particella infraatomica (il mesone) che lega tutte le altre ed è chiamata la colla dell'universo. C'è qualcosa che lega perfettamente tutti gli eletti: è l'amore: l'amore di Gesù, il cui vertice è la croce e l'eucarestia, e l'amore degli eletti a Gesù e fra di loro. Il punto d'incontro e di fusione di tutti in uno è l'Eucarestia. Il prodotto di tale fusione è il Corpo Mistico la cui immagine migliore in terra è il corpo umano.
Nel corpo umano vige il principio: uno per tutti, tutti per uno; ogni organo è per tutto il corpo, tutto il corpo è per ogni organo.
In una comunità cristiana sana ognuno ama e serve tutti gli altri, e tutti gli altri a loro volta lo amano e lo attenzionano.
è difficile in terra trovarsi una comunità perfetta perché ognuno abbiamo i nostri difetti; per cui la convivenza importa dei sacrifici per sopportarci vicendevolmente e soprattutto per nascondere tale sopportazione.
La convivenza sarà fonte di felicità in Paradiso perché li ogni eletto trova gli altri tutti belli, simpatici, amabili, affettuosi, e, a sua volta, è bello, simpatico, amabile, affettuoso verso tutti.
Questo Gesù l'ottiene mediante il suo ospedale, il purgatorio, e mediante la resurrezione.
Nel purgatorio tutti quelli che si salvano vengono purificati con la sofferenza da tutti i loro difetti.
Alla resurrezione tutti gli eletti riprenderanno il loro corpo che sarà senza alcun difetto, bellissimo, giovane, immortale e quindi saranno totalmente attraenti.
Come uno stormo di uccelli volano al mattino cantando tutti insieme verso il sole, così nella resurrezione tutti gli eletti voleranno cantando la gloria di Dio incontro al Cristo.
è già una meraviglia vedere in un'orchestra centinaia di musicisti pendere dallo stesso direttore e suonare perfettamente una sinfonia; quale sarà l'incanto nel vedere migliaia di miliardi di eletti riflettenti in colori e toni diversi, come prismi di cristalli di minerali diversi, la luce e la bellezza meravigliosa di Gesù, andare tutti irresistibilmente a lui come il sangue di tutto il corpo verso il cuore, esplodere tutti nello stesso inno di gloria a Dio e cantare tutti con infiniti accordi, ma senza la minima stonatura di qualcuno, le stesse melodie divine! Questa è solo una piccola immagine delle meraviglie del Corpo Mistico e della felicità del Paradiso. Ciò che in effetti sarà lo potremo vedere soltanto in Paradiso.

20. PALINGENESI
1. La glorificazione di Gesù

Gesù è l'immagine dell'invisibile e infinito Dio: è la causa, il mezzo, il sostegno per cui e su cui tutto esiste. « Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui » (Col. 15 17).
« Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv. 1,23). Senza di lui non esisteremmo nessuno, anzi non esisterebbe niente. Essendo Gesù il figlio di Dio, è logico che tutta la creazione è ordinata alla sua opera e alla sua gloria.
« In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà. E questo a lode e gloria della sua grazia, che ci ha dato nel suo Figlio diletto; nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l'ha abbondantemente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi; il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra.
In lui siamo stati fatti anche eredi, essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera efficacemente conforme alla sua volontà, perché noi fossimo a lode della sua gloria, noi che per primi abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver ascoltato la parola della verità, il vangelo della vostra salvezza e avere in esso creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato, a lode della sua gloria.
Possa Dio davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual'è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l'efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni nome che si possa nominare non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose » (Ef. 1,423)
Ora è avvenuto l'incredibile, l'assurdo: l'infinito Iddio fatto uomo viene dagli uomini rinnegato perché non possono credere a tanto suo amore; e per di più viene umiliato, legato, schernito, flagellato, crocifisso; ed egli tutto questo silenziosamente sopporta per riunire in uno, salvare e rendere felice l'umanità.
« Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle dei cieli.
E anche a voi che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto: purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro.
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi» (Col. 1,1626).
Ora Gesù è risuscitato, è vero; ma gli uomini nonostante le prove sovrabbondanti che egli ha dato e va continuamente dando della sua divinità e, quel che è peggio, nonostante nella massima parte non abbiano dubbi solidi sulla sua divinità, continuano a disprezzarlo, a bestemmiarlo, a emarginarlo, e, per quanto sta a loro, a crocifiggerlo. Quanti insulti si danno a lui non si danno neanche ai peggiori assassini del mondo.
è giusto ed è necessario che tutti i suoi nemici vengano distrutti e che egli appaia qual è, il Signore della gloria. Ciò avverrà al suo ritorno glorioso, nella palingenesi.
2. La nostra condizione attuale
In questa vita prima o dopo si affaccia ineluttabile per tutti gli uomini la realtà delle malattie, del dolore, dell'invecchiamento, degli acciacchi, della morte; problema che per un miliardo di affamati e forse altrettanto di sofferenti (lebbrosi, handicappati, cancerosi, ecc.) è una realtà fin dalla gioventù.
E allora sorge la domanda: Valeva la pena a queste condizioni di vivere?
E tante volte sono i migliori degli uomini a soffrire di più. Ogni uomo ha il desiderio di vivere sempre. Ognuno di noi è affezionato al proprio corpo perché è il nostro mezzo di conoscere, di lavorare, di godere, e non lo vorremmo lasciare mai.
Si vuol morire solo quando si diventa sicuri che non si potrà più godere in nessuna maniera, quando le sofferenze diventano insopportabili o si vede che non passeranno più.
Vorremmo restare sempre giovani. Vorremmo essere più belli, più intelligenti, più potenti. Non vorremmo più nulla soffrire, nè vedere qualcuno soffrire.
Vorremmo conoscere tutto ciò che è vero e tutto ciò che esiste; vorremmo possedere tutto ciò che è bello e buono; vorremmo amare tutti e essere amati da tutti; non vorremmo venir disturbati da nessuna persona molesta e da nessuna vista di brutture o di difetti propri o altrui. Nessun animale ha queste aspirazioni.
La natura che è così perfetta negli esseri inferiori all'uomo, è poi totalmente fallita nell'uomo?
Gesù ci chiarisce questo mistero. Egli ci dice: « In verità, in verità vi dico: voi piangerete e gemerete e il mondo godrà; voi sarete nell'afflizione, ma la vostra tristezza sarà mutata in letizia. La donna, quando dà alla luce, è nel dolore perché è giunta la sua ora; ma quando il bambino è nato, non ricorda più l'angoscia per la gioia che è venuto al mondo un uomo » (Mt. 16,2021). Questa vita è solo una preparazione alla vera vita del Paradiso.
Qui siamo come il pulcino nella scorza per formarci dentro l'oscurità della fede e l'oppressione del mondo, degli istinti, dei cattivi.
Se l'esistenza del pulcino avesse dovuto chiudersi dentro la scorza non sarebbe valsa la pena di vivere. Così è per noi. Vale la pena di vivere solo perché andremo in Paradiso; e ne vale tanto la pena che S. Paolo dice: « Stimo che le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà in noi. Poiché la creazione attende con gran desiderio la manifestazione dei figli di Dio. La creazione, infatti, fu sottoposta alla vanità, non di sua volontà, ma a causa di colui che ve la sottopose, con la speranza che la creazione stessa un giorno sarà liberata dalla servitù della corruzione, per aver parte alla libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti, che fino ad ora la creazione tutta geme e soffre le doglie del parto; anzi non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, noi pure gemiamo in noi stessi, in attesa dell'adozione, del riscatto del nostro corpo » (Rom. 8,1823).
3. La resurrezione degli eletti
Essendo Dio Amore ed essendo quindi Gesù l'Amore infinito fatto uomo, è logico che la nostra esistenza e la nostra apparizione sulla terra non potevano concludersi col sepolcro.
Dio ha tutto fatto per la glorificazione del suo Figlio e per la glorificazione e la felicità dei figli che ha a lui dato (Gv. 17,6).
Gesù nella sua sapienza e nel suo amore infinito fa coincidere la sua gloria con la gloria degli eletti, la sua felicità con la felicità degli eletti: e tutto questo avverrà contemporaneamente nella resurrezione dei nostri corpi.
Dice Gesù: « Non vi meravigliate di questo, perché viene l'ora in cui tutti quelli che sono nei sepolcri udranno la sua voce, e quelli che hanno operato il bene ne usciranno per la resurrezione della vita; quelli invece, che fecero il male, per la resurrezione della condanna» (Gv. 5,28).
« E vidi i morti, grandi e piccoli, in piedi davanti al trono; poi furono aperti i libri; infine fu aperto un altro libro, che è quello della vita, e i morti furono giudicati su ciò che stava scritto nei libri, secondo le loro opere. Il mare dette i morti che conteneva, mentre la morte e l'inferno restituirono i loro e furono giudicati ciascuno secondo le loro opere » (Ap. 20,1213). « Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli » (Mt. 24,2931)
4 Il giudizio universale
Il profeta Isaia annunzia come in quel giorno per primo sarà annientata tutta la potenza e l'arroganza dei potenti, dei superbi, dei ribelli. « Entra nelle caverne, nasconditi nella polvere per timore del Signore e per la sua imponente maestà, quando si leverà a far tremare la terra.
L'orgoglio umano abbasserà gli occhi, la boria dei mortali cadrà: il Signore solo sarà esaltato in quel giorno. Quello sarà il giorno del Signore degli eserciti contro ogni orgoglio e superbia, contro chiunque s'innalza, per abbassarlo; contro tutti gli alti monti e contro tutte le colline elevate; contro tutte le torri eccelse, contro tutte le mura fortificate; contro tutte le navi di Tarsis, contro ogni naviglio prezioso. L'arroganza umana sarà umiliata, l'orgoglio dell'uomo sarà abbassato: il Signore solo sarà esaltato in quel giorno.
Gl'idoli spariranno completamente. Entrate nelle caverne delle rocce, nelle voragini della terra per timore del Signore e della sua onnipotente maestà, quand'egli sorgerà a far tremare la terra» (Is. 5, 1019).
Gesù dice come avverrà il giudizio finale: « Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua maestà con tutti gli angeli, si assiderà sul trono della sua gloria. E tutte le nazioni saranno radunate davanti a lui, ma egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sua sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: " Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dalla creazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui pellegrino e mi albergaste; ero nudo e mi rivestiste; carcerato e veniste a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando mai ti vedemmo affamato e ti demmo ristoro? Assetato e ti demmo da bere? Quando ti vedemmo pellegrino e ti alloggiammo, o nudo e ti rivestimmo? Quando ti vedemmo infermo o carcerato e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto questo a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatto a me". Infine dirà anche a quelli che saranno alla sua sinistra: "Andate lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per gli angeli suoi. Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui pellegrino e non mi albergaste; nudo e non mi rivestiste; infermo e carcerato e non mi visitaste ". Allora anche questi gli risponderanno: " Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato, o pellegrino, o nudo, o infermo, o carcerato, o non t'abbiamo assistito? ".
Ma egli risponderà loro: "In verità vi dico: ogni qualvolta che non lo avete fatto a uno di questi più piccoli, non l'avete fatto a me ". E costoro andranno all'eterno supplizio, i giusti invece alla vita eterna» (Mt. 25,31 46).
5. Il canto della vittoria finale
Quindi S. Paolo canta l'inno della vittoria finale: « Ecco io svelo un mistero: noi non morremo tutti, ma tutti saremo trasformati, in un attimo, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba. Squillerà, infatti, la tromba e i morti risorgeranno incorruttibili e noi saremo trasformati; perché è necessario che questo corpo corruttibile si rivesta d'incorruzione e che il nostro corpo mortale si rivesta d'immortalità. Quando questo corpo corruttibile avrà rivestito l'incorruzione e questo corpo mortale avrà rivestito l'immortalità, allora avrà compimento la parola che fu scritta: "La morte è stata assorbita nella vittoria. O morte, dov'è il tuo pungiglione?". Il pungiglione della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma sia ringraziato Iddio, che ci dà la vittoria mediante il Signor nostro Gesù Cristo » (I Cor. 15, S I57).
6. La nostra condizione futura
Come saremo domani? La glorificazione degli eletti e di tutto il Corpo Mistico avverrà nella Palingenesi, quando si apriranno i sepolcri e dalla crosta terrestre, spappolata come la scorza di un uovo, uscirà glorificato il Corpo Mistico, ossia usciranno risuscitati tutti gli eletti, resi simili a Dio. Tutti saremo simili a Dio, tutti rifletteremo Dio; ma non tutti alla stessa manera.
Ce lo dice S. Paolo: « Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: anzi, una stella differisce in splendore da un'altra. Così sarà pure della resurrezione dei corpi » (I Cor. 15,4 142).
La grandezza del nostro desiderio e del nostro amore a Dio e l'estensione e l'intensità del nostro amore agli uomini, espressi dai sacrifici che per essi facciamo, amplificano, potenziano, perfezionano tutto il nostro essere: anima e corpo.
7. La palingenesi
Palingenesi significa nuova creazione. Per esserci la nuova creazione prima, dice S. Pietro, verrà distrutta col fuoco la vecchia creazione, contaminata dagli infiniti peccati degli uomini e rimasta, per questo, in potere di Satana, principe delle tenebre (2 Pt. 3). Quindi apparirà la nuova creazione. Già sono affascinanti le bellezze dei quasars, delle galassie, delle stelle; mentre nella terra vi sono panorami di monti, di valli, di laghi, di ville che sono un incanto; vi sono bellezze di microorganismi, di coralli, di fiori, di alberi, di animali, di uomini, di donne, di musiche, di melodie che sbalordiscono.
Se tutte queste cose Dio ha fatto per gli uomini che sono quasi sempre peccatori, e se quasi sempre quelli che più se le godono sono i più peccatori; Dio certamente farà cose smisuratamente più belle e più incantevoli per i suoi eletti: e nei panorami, e nei colori, e nell'armonia universale, e nelle melodie, e nei fiori e negli animali e soprattutto nei nostri corpi; mentre tutti i piaceri e tutte le gioie del corpo e dello spirito sono un piccolissimo assaggio delle gioie del Paradiso. Per questo S. Paolo dice: « Quello che l'occhio non ha mai visto, né l'orecchio ha sentito, né il cuore dell'uomo è riuscito a desiderare Dio lo ha preparato per coloro che lo amano » (I Cor. 2,9).
Dice S. Giovanni: « Poi vidi un cielo nuovo e una terra nuova, perché il primo cielo e la prima terra erano spariti e il mare non esiste più. Allora vidi la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da presso Dio, pronta come una sposa abbigliata per il suo sposo. E udii venire dal trono una gran voce che diceva: "Ecco il tabernacolo di Dio fra gli uomini! Egli abiterà con loro; essi saranno suo popolo e Dio stesso dimorerà con gli uomini. Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più morte, né lutto, né grido, né pena esisterà più, perché il primo mondo è sparito ". E colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose ". Poi mi disse: " Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veraci ". Quindi continuò: "Sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente del fonte dell'acqua della vita. Il vincitore erediterà queste cose: io gli sarò Dio ed egli mi sarà figlio ". Ma per i vili, i rinnegati, i depravati, gli omicidi, i fornicatori, i venefici, gl'idolatri e tutti i bugiardi, la loro sorte è lo stagno ardente di fuoco e di zolfo, cioè la seconda morte » (Ap. 21,18).
La nuova Gerusalemme di cui parla S. Giovanni non è altro che il Corpo Mistico dopo la resurrezione dei morti.
8. La felicità degli eletti
Che forma avrà il Corpo Mistico? Dante nel 31° canto del Paradiso l'immagina meravigliosamente come una candida rosa, molto più bianca della neve con al centro Cristo suo sposo, come un sole che la illumina e la beatifica; mentre gli angeli come sciami di api posandosi sugli eletti come su dei fiori, fanno un andirivieni fra loro e Dio. Certamente il Corpo Mistico glorificato sarà la sintesi di tutte le meraviglie create e creabili, di tutte le luci, di tutti i colori, di tutte le bellezze, di tutte le melodie, di tutte le armonie, di tutte le dolcezze.
Un giorno, verso la fine della sua vita a S. Francesco, afflitto da malattie, dalle stimmate, e da una quasi cecità, Gesù disse: «Francesco, figlio mio, oggi ti voglio consolare », e gli fece sentire un suono di una melodia angelica. S. Francesco fu pervaso da un senso di felicità così grande che svenne. Riavutosi disse ai suoi frati: « Frati miei, frati miei, tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto ».
Nel paradiso avremo la perfetta comunione con Gesù e con gli eletti, tanto da venire consumati tutti nell'unità, come Gesù ha chiesto al Padre (Gv. 17,23).
Allora ameremo perfettamente tutti gli altri e saremo amati perfettamente da tutti gli altri, così da divenire tutti una cosa sola per l'amore, conservando però la nostra personalità; e la nostra felicità sarà perfetta.
è il sogno di tutti gli amanti: divenire una cosa sola con la persona amata.
Questo sogno Gesù ce lo farà realizzare con tutti gli esseri belli e buoni usciti dalle mani di Dio, perché tutti quelli che non si saranno corretti dai loro difetti in terra, saranno purificati da essi nel fuoco del purgatorio, dove vanno a guarire nel dolore tutti quelli recuperabili all'amore di Dio e del prossimo.
Allora sarà finito il purgatorio; i cattivi scompariranno dalla faccia dell'universo come rinchiusi in un grande buco nero; e negli infiniti cieli brilleranno come altrettante stelle gli eletti (Dan. 12,3) eredi di tutti i beni di Dio.
Tutti gli eletti come immersi in un mare di luce, di armonie, di amore, di dolcezze saranno rapiti nell'amore e nella contemplazione di Maria e, al di sopra di ogni immaginazione di possibile felicità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
9. Avvertimento di S. Pietro
Dice San Pietro: « Anzitutto sappiate che negli ultimi giorni verranno uomini beffardi, schernitori, che vivono secondo le loro passioni. Essi diranno: "Dov'è la promessa della sua venuta? Dopo che i padri sono morti tutto è rimasto com'era fin da principio della creazione ". Ma essi ignorano volontariamente come in principio vi erano i cieli e una terra che, dalle acque, per mezzo delle acque, sorse alla parola di Dio, e che, mediante queste stesse cause, il mondo d'allora perì sommerso nel diluvio.
Ma i cieli e la terra di ora sono mantenuti dalla medesima parola e riserbati per il fuoco nel giorno del giudizio e della rovina degli empi. Ma vi è una cosa, o miei cari, che voi non dovete ignorare, e cioè che, davanti al Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno. Il Signore non tarda nel compiere la sua promessa, come qualcuno pensa; ma è paziente verso di voi, perché non vuole che alcuno perisca, ma che tutti giungano al pentimento. Il giorno del Signore verrà come un ladro: in quel giorno i cieli spariranno con grande fragore, gli elementi infuocati si dissolveranno e la terra sarà consumata insieme con tutte le opere che contiene.
Poiché, dunque, tutte queste cose dovranno essere disciolte, quali non dovete esser voi nella santità della vostra condotta e per la vostra pietà, nell'attendere e nell'affrettare la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infuocati si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno? Ma noi attendiamo, secondo la sua promessa, "i cieli nuovi e la terra nuova", in cui abiterà la giustizia. Per questo, miei cari, mentre vivete nell'attesa di tutte queste cose, procurate di esser trovati da Dio senza macchia, senza colpa e nella pace» (2 Pt. 3,314).