Il "segreto" di San Giuseppe: un messaggio anche per te!

«Ite ad Joseph» (Andate da Giuseppe, Gen 41,55), disse il Faraone al popolo che mendicava il pane nel tempo della grande carestia. Il Faraone, sebbene pagano, parlava con l’autorità che viene da Dio, perché “ogni autorità viene da Dio” (cf. Rm 13,1) e, per mezzo di tale autorità, Dio ha espresso una profezia che travalica il momento storico in cui è stata pronunciata, e si estende fino alla fine dei tempi: se vogliamo ottenere da Dio il pane quotidiano, sostanziale e “sovra sostanziale”, questo per nutrire l’anima e quello il corpo, dobbiamo “andare da Giuseppe”. Ciò significa che Giuseppe entra nel piano della mediazione universale stabilita da Dio, per la quale Dio viene a noi, e noi andiamo a Lui. La Chiesa del secondo millennio ha condensato la sua fede cristologico-mariana nel celebre motto “ad Iesum per Mariam”. La Chiesa del terzo millennio, sta sperimentando con gioia l’estensione giuseppina della mediazione mariana, e non esita a proclamare “ad Mariam per Joseph”. Come Maria è, in Cristo, l’estensione della Sua mediazione, così Giuseppe è, in Cristo e Maria, l’estensione della Loro mediazione. «L’unica mediazione del Redentore non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un’unica fonte» (Lumen gentium, n. 62). L’ordine dell’azione e della mediazione segue l’ordine dell’essere e della perfezione: Cristo, Maria, Giuseppe.

La consacrazione a san Giuseppe è un dono di grazia che Dio ha affidato alla Chiesa tramite l’esempio di Gesù e di Maria affinché, per suo mezzo, tutti i fedeli giungano nel modo più facile e sicuro alla «piena maturità di Cristo»; tuttavia sono pochi quelli che, a tutt’oggi, hanno compreso il senso autentico di tale devozione e ancor meno sono quelli che la praticano fedelmente.

Come infatti esiste il “segreto” di Maria, così esiste il “segreto” di Giuseppe, segreto nascosto nell’immenso deposito della nostra Fede e che Dio ha rivelato ai suoi figli prediletti affinché, per suo mezzo, essi giungano all’amore puro ed illimitato verso Gesù e verso Maria.

È un segreto che, in questi tempi di grande tribolazione per la Chiesa, Dio vuole rivelare a tutti, attraverso la parola e la vita di grandi santi consacrati interamente al celeste Patriarca Giuseppe. Per mezzo di una sincera devozione a san Giuseppe ritornerà nel popolo cristiano un grande amore alla preghiera, alla povertà, al sacrificio, all’apostolato; con san Giuseppe il popolo cristiano saprà passare attraverso le persecuzioni di questo mondo per combattere la buona battaglia e portare in salvo la fede (cf. 2Tim 4,7).

Come il mistero di Maria, così anche quello di Giuseppe ci è rivelato da Cristo, per mezzo della Santa Chiesa.

Lo Spirito Santo che guida gli uomini di ogni tempo alla comprensione della «verità tutta intera» (Gv 16,13), ci guida anche alla conoscenza del santo Patriarca Giuseppe.
Il deposito delle verità rivelate non cambia, non aumenta né diminuisce; ciò che può aumentare o diminuire è, invece, la comprensione soggettiva di tali verità, inclusa quella che riguarda san Giuseppe.


Per quanto la nostra mente possa elevarsi al «terzo cielo» (2Cor 12,2), comprenderà sempre in modo inadeguato il mistero di Dio, essendoci una sproporzione tra l’infinità del Dio rivelante e la finitudine del nostro intelletto; è tuttavia vera conoscenza, oggettiva e certa, in quanto la nostra mente, pur essendo finita e limitata, è ciò nondimeno aperta all’infinità dell’essere, a tutte le sue epifanie, compresa quella che il Padre celeste ha dato di sé nella persona del nostro beato Giuseppe. Analogamente al mistero di Dio, anche il mistero di san Giuseppe resterà sempre “mistero”, la cui luce troppo intensa finirà sempre per abbagliare i nostri deboli occhi spirituali; ma se ci lasciamo condurre dallo Spirito di verità, saremo introdotti nel cuore del Santo e, anche se le parole risultassero insufficienti a descrivere tanto splendore di santità, la nostra anima sarà trafitta dalla devozione verso questo Giglio purissimo, fragrante di verginale amore verso Maria, verso Gesù, verso tutti noi suoi figli che siamo la sua mistica eredità. Ciò non solo è sufficiente per giustificare il nostro tributo di devozione giuseppina, ma è precisamente lo scopo di queste poche e povere parole, che affido tutte al castissimo Giuseppe, affinché le purifichi e le abbellisca secondo la sua ineguagliabile sapienza.

Caro fratello, quando leggi gli scritti su san Giuseppe, questo compreso, non cercare tanto l’erudizione, quanto l’edificazione, non tanto l’informazione, quanto la formazione delle disposizioni interiori per una illuminata e sincera devozione a san Giuseppe, la cui massima espressione è la consacrazione a Lui del nostro essere e del nostro operare. La scienza, se disgiunta dalla devozione, gonfia la superbia (cf. 1Cor 8,2) e raffredda la carità; la devozione, invece, è «utile a tutto» (1Tim 4,8), specie a convertire i pensieri e le opere verso Colui che è l’Alfa e l’Omega dell’universo.

Non leggere nulla, neanche queste righe, senza aver prima piegato le tue ginocchia ai piedi di Colui da cui proviene ogni dono perfetto (cf. Gc 1,17), e senza aver sciolto la tua lingua nella lode della Santissima Vergine Immacolata, da cui il beato Giuseppe attinge, come da mistica fonte, gli immensi tesori di grazia e di gloria che lo costituiscono Padre e Custode della santa Chiesa di Cristo e delle nostre anime. Prepara dunque la tua mente all’azione, e, deposta ogni pigrizia, lasciati condurre da san Giuseppe al rinnovamento della tua vita.

Il valore della devozione e consacrazione a san Giuseppe lo potrai scoprire nella misura in cui la vivrai. Essa ti porterà su ali d’aquila (cf. Ap 12,14) verso la santità, ma tu disponiti a togliere dal tuo cuore ogni zavorra, ogni radice velenosa di attaccamento al peccato, all’amor proprio. Sarà il purissimo Giglio di Maria che si prenderà cura di estirpare tutto ciò che non piace all’Immacolata e a Gesù, disponi dunque la tua anima ad accoglierlo e lascialo operare.

L’eccellente dignità di san Giuseppe

Il fine dell’uomo, di tutti e di ciascuno, in ogni epoca, senza distinzione di razza, cultura, ceto sociale, è la santità: «Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo» (Lv 11,44), «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Non si può essere santi se non si vive da santi. Non si può essere in grazia di Dio, se non si compie la sua volontà; e la volontà di Dio Padre è che vi sia «un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (cf. 1Tm 2,5). Egli è «l’autore e il perfezionatore della fede» (Eb 12,2). Egli è l’autore della grazia (cf. Gv 1,16-17), in Lui «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3). La grazia che Gesù comunica a tutti i santi, a cominciare dall’Immacolata, è una partecipazione all’unione della sua natura divina con la sua natura umana. Per questo dicono i Padri che «al di fuori di Cristo non c’è salvezza»: solo in Cristo l’umanità si unisce a Dio, in forza della partecipazione all’unione perfetta delle due nature nell’unica Persona divina di Cristo nostro Signore.

Come ogni energia termica sulla terra dipende dal Sole, che ne è la fonte, così tutta la grazia, che è luce e calore spirituale, dipende da Cristo. Ma Gesù, che «pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio» (Fil 2,6), ha voluto elargire i doni di grazia in misura diversa a ciascuno, a seconda della funzione e del posto che ognuno deve occupare nel suo Corpo mistico.

Maria ha ricevuto la pienezza del dono. Ella è la «Piena di grazia» (Lc 1,28) per antonomasia. Ella è l’Immacolata Concezione, intesa come vertice insuperabile ed esemplare di perfezione creaturale, perché doveva essere Lei a partorire Dio, nell’ineffabile gaudio del Natale, e a partorire la Chiesa, nel dolore straziante della sua Corredenzione materna.

Come Cristo ha predestinato Maria dall’eternità e l’ha colmata dei doni adeguati alla sua sublime missione, così Cristo ha predestinato anche san Giuseppe e l’ha benedetto più di tutti i figli di Adamo, perché doveva essere lo Sposo castissimo di Maria ed il Padre verginale di Gesù. E mentre Maria è stata preservata immune dal contagio del peccato originale, in vista dei meriti di Gesù sulla Croce, san Giuseppe è stato preservato da ogni peccato attuale in vista dei meriti, non solo di Gesù, ma anche di Maria ai piedi della Croce.

Come l’Immacolata Concezione è la gloria del Redentore, così la vita immacolata di san Giuseppe è la gloria della Corredentrice. A motivo della sua missione sublime ed ineguagliabile, san Giuseppe ricevette la grazia da Cristo e da Maria, in misura superiore a qualsiasi altro santo. Per questo egli è il tesoriere ed il dispensatore della grazia che da Gesù e da Maria discende in tutte le membra del Corpo mistico. «Ciò che è massimo nel suo genere è causa dei suoi inferiori», tanto nella natura (esempio del sole causa di ogni calore) come nella grazia.

San Giuseppe che è, tra i figli di Adamo colpiti dal peccato d’origine, il più santo ed il più colmo di grazia, è la causa della santità e della grazia di tutti gli altri uomini, subordinatamente a Cristo e a Maria. Per questo il popolo cristiano riconosce in san Giuseppe il Patrono eccellente, l’intercessore ineffabile, il dispensatore universale della grazia per la Chiesa pellegrinante in questa valle di lacrime.

San Giuseppe non è l’autore della grazia, anch’egli, come tutti i figli di Adamo, è stato rigenerato alla nuova vita dal Sacrificio di Cristo e dalla Corredenzione di Maria. Egli, tuttavia, è il custode della grazia.

Come il Padre celeste gli ha affidato l’ufficio sublime di proteggere, difendere e guidare la coppia santissima da cui sgorga l’acqua purissima della grazia che risana e santifica, così egli continua dal Cielo a custodire e a proteggere la Chiesa in cui Gesù e Maria prolungano nel tempo la loro missione di Salvezza universale.

La missione di san Giuseppe è unica ed irripetibile: solo a Lui, predestinato dall’eternità, è toccato in sorte di essere costituito in autorità al di sopra di Dio stesso!

Mistero ineffabile! L’infinito, Altissimo Dio, Colui che ha creato l’universo e detiene il dominio di ogni cosa in Cielo, in terra e sottoterra, si sottomette in obbedienza ad un umile falegname di Betlemme!

Chi sarà mai questo uomo benedetto fra tutti gli altri uomini? Chi sei tu, Giuseppe di Nazareth, da meritare una sì preclara dignità?


La mia mente si smarrisce e si confonde se tenta di considerare l’abisso sconfinato delle tue virtù.
Quale sarà stata, o Giuseppe, la profondità della tua santa umiltà o l’altezza della tua carità, se hai saputo, in ogni cosa, guidare la tua Sacra Famiglia nello spirito della più totale dedizione e del più faticoso servizio, sottomettendoti nel modo più assoluto a coloro che ti erano sottomessi a motivo della tua patria potestà?

Mai un atto arbitrario, mai una velleità, mai un capriccio né un abuso, ma sempre ed unicamente in te c’è stata la sola preoccupazione di compiere fedelmente la santa volontà di Dio.
Con quale purezza di sguardo, riflesso del tuo virgineo candore spirituale, contemplavi la tua sposa ed il tuo figliolo che Ella ti donò come figlio?

Gli angeli ti suggerivano allora quanto bisognava provvedere per soddisfare alle loro necessità, talmente era grande lo spirito di sacrificio e di povertà con cui essi sapevano occultare ai tuoi occhi ciò che la loro umana natura richiedeva come necessario.

E tu, fedelissimo custode della Santa Famiglia, come nel cuore della notte non mettesti ritardo alcuno nell’adempiere il comando dell’Angelo che ti indicava la via dell’esilio per salvare la vita del divino Bambino, così in tutta la tua vita gli angeli santi ti conducevano, per via di celesti ispirazioni, a compiere il tuo servizio di Padre verginale, attendendoti in tal modo il merito della carità più sublime anche laddove esisteva l’obbligo del dovere.

Con quale premura e commozione interiore riuscivi ad anticipare i loro desideri, ed invece quale pena acutissima sperimentava il tuo cuore allorquando la tua umile condizione di artigiano non ti consentiva di risparmiare i disagi della povertà a Coloro che tu adoravi come i Salvatori del mondo?

O beato Giuseppe, padre mio amantissimo, e dolce ospite del mio cuore, potessi anch’io somigliarti nel custodire la presenza di Gesù e di Maria nella mia anima, senza contristarli mai a causa dei miei peccati!

Potessi imitare la tua gioiosa prontezza nel seguire le sante ispirazioni che sempre mi chiamano ad una maggiore coerenza con le promesse del mio Battesimo! Potessi lavorare anch’io con zelo e generosità nel posto in cui la volontà di Dio mi ha posto, ed offrire alla gloria dei Sacratissimi Cuori il frutto delle mie fatiche, senza vanagloria e senza falsa modestia.


Si legge nel santo Vangelo che Maria «ha trovato grazia presso Dio». La sua profonda umiltà ha attirato su di Lei lo sguardo amoroso del Padre celeste, la sua ardente carità l’ha resa sposa dell’Amore increato, la sua verginità di cuore e di corpo l’ha resa degna madre del Vergine, di Colui che in eterno è generato dal Padre nell’incorruttibile purezza della divinità.

San Giuseppe, da parte sua, ha trovato grazia presso Maria, ed in ciò consiste il principio storico della sua ineguagliabile eccellenza.

Quale inalterabile radice di vera umiltà doveva essere in lui, se l’umile Serva del Signore posò su di lui il suo angelico sguardo?

Quale brace di ardente carità doveva ardere in lui, se fu il primo a partecipare del sacro fuoco che fondeva in indissolubile unità il Cuore Immacolato di Maria ed il Cuore eterno dell’infinito Dio?

Quale effluvio delizioso e soave di immacolata verginità doveva espandersi dalla persona del nostro amato Padre, Giuseppe, se la Madre dei vergini non temette di condividere con lui la vita di ogni giorno, ed in lui trovava un invincibile difensore del suo purissimo voto?

Anche se tutte le lingue del mondo si unissero nell’esaltare le tue virtù, anche se tutti i poeti si unissero a celebrare la tua celestiale bellezza, sarebbe ancora troppo poco, perché tu desideri il nostro cuore, tu desideri la nostra vita, tu desideri preparare nella nostra anima una degna dimora per il Re e la Regina, come sapesti prepararla durante i perigliosi anni del tuo pellegrinaggio terreno. Per questo, serafico Pastore della mia anima, io mi consacro tutto a te, e con te, in te e per te, voglio entrare in intimità d’amore con i tuoi divini congiunti e perdermi nel pelago di carità che arde nei Sacratissimi Cuori di Gesù e di Maria.

L’amore paterno di san Giuseppe

San Giuseppe è nostro Padre nell’ordine della grazia perché ha contribuito in modo unico alla nostra rigenerazione soprannaturale. Il suo apporto personale all’opera di Redenzione non fu necessario per se stesso, ma fu necessario per la volontà di Dio.

Gesù Cristo avrebbe potuto redimere l’umanità senza la cooperazione di nessuno; invece ha voluto redimerla con la cooperazione di molti, secondo un ordine ben definito: in primo luogo volle la cooperazione di Maria Santissima, l’Immacolata Concezione, la Madre del Signore, la Corredentrice, la nuova Eva prefigurata dalla Legge e dai Profeti. Il suo contributo all’opera di Redenzione è così strettamente congiunto all’offerta sacrificale di Cristo, da farne un tutt’uno.

Anche san Giuseppe cooperò alla nostra Redenzione, ma il suo contributo si colloca in un livello inferiore a quello di Maria, anche se superiore a quello di tutti gli altri santi. Infatti egli non c’era più quando il nuovo Adamo e la nuova Eva si immolarono sull’altare della Croce, per riparare il peccato dell’antico Adamo e dell’antica Eva.

Anche Giuseppe beneficò lungo tutto il corso della sua vita della grazia straordinaria che Dio concedeva agli uomini in previsione di quel santo e immacolato Sacrificio. Eppure san Giuseppe, diversamente dagli altri uomini, ebbe il singolare privilegio di servire l’opera della Redenzione in modo tale che, senza di lui, non sarebbe stata umanamente possibile. Infatti, come afferma l’Autore ispirato: «Entrando nel mondo, Cristo dice: tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato» (Eb 10,5).

Ora, se il corpo, cioè l’umanità di Cristo, fu l’offerta di espiazione che Dio stesso aveva preparato per riconciliare a sé il mondo, come poteva esistere questo corpo nella condizione umana di indigenza e di precarietà, senza che ci fosse un padre che vigilasse su di lui, lo nutrisse, lo difendesse dalle aggressioni dei malvagi, lo educasse, lo preparasse per la difficile missione che il Padre celeste gli aveva affidato? Se Maria è stata il più grande dono del Padre al Figlio incarnato, san Giuseppe è stato il più grande dono del Padre ad entrambi, al Figlio e alla Madre.

Egli è il rappresentante del vero Israele, è la personificazione della santità dei profeti e dei patriarchi, è il vertice di quell’anelito santo che forma l’anima stessa dell’Antico Testamento: poter vedere il Messia, come l’anziano Simeone poté esclamare nel suo commovente «Nunc dimittis» (Lc 2,29-32).

San Giuseppe è il dono “familiare” del Padre celeste al Figlio umanato, in quanto solo con Lui poté costituirsi la Sacra Famiglia e solo in Lui Gesù e Maria trovarono un efficace mediatore con l’umana società del loro tempo; e come lo fu allora, lo è anche oggi e lo sarà per sempre.


Mediatore che sperimentava in sé tutto il dolore e la fatica sovrumana del ricomporre la drammatica frattura esistente tra la santità dei nostri Salvatori e l’empietà del mondo.

Come san Giuseppe divenne per Maria quel compagno castissimo di santificazione la cui immacolata amicizia determinò la «pienezza del tempo» (Gal 4,4) ed il compimento delle promesse, così nella nostra anima si compie la “pienezza del tempo” della nostra conversione quando, come Maria, ci stringiamo a san Giuseppe, stabilendo con lui un’unità indissolubile. Allora Gesù troverà nel nostro cuore le condizioni per stabilirvi la sua dimora, con la stessa indefettibile stabilità con cui la fissò nella Sacra Famiglia.

San Giuseppe dal Cielo ci richiama alla necessità di provvedere alla custodia, alla difesa, alla santa compagnia dei dolcissimi ospiti delle nostre anime, di Gesù e Maria e, allo stesso tempo, Gesù e Maria non saranno mai indefettibilmente insediati nella dimora nel nostro cuore, senza la speciale presenza del Santo custode delle loro immacolate persone.

San Giuseppe è talmente felice di vedere amati ed onorati Gesù e Maria, che egli vorrebbe occultarsi del tutto per lasciare ai suoi amabilissimi congiunti il primato assoluto nel cuore degli uomini. Ma sono gli stessi nostri Salvatori a volere per san Giuseppe un posto d’onore specialissimo nel cuore degli uomini, perché, come dice il santo Vangelo: «Nessuno accende una lucerna e la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché quanti entrano vedano la luce» (Lc 11,33).

San Giuseppe è la lucerna accesa dallo Spirito Santo, affinché arda ed illumini di luce beata la dimora dove vivono il Gran Re e la Regina Madre.

È san Giuseppe che dal Cielo ci invia i suoi angeli, che tanto lo amano e tanto lo servirono fin dalla sua vita terrena, affinché ci illuminino e soprattutto ci convincano a «prendere con noi Maria, perché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo» (cf. Mt 1,20).

È san Giuseppe che ci introduce nel Segreto di Maria, è Lui che ci rende affini alla mistica e nascosta bellezza della sua Sposa, è lui che ci rende capaci di innamorarci castamente di Lei e di stringere in Lei un’unione indissolubile con Gesù.

San Giuseppe dal Cielo continua a bussare alle porte di ogni cuore affinché egli possa trovare una dimora per i suoi santissimi familiari.

È lui che bussa, è lui che provvede ad abbellire le oscure e misere stamberghe delle nostre anime, come a Betlemme seppe rendere confortevole la misera stalla, affinché la Madonna potesse partorire il Messia e prestargli le prime cure.

È Lui che ha difeso Gesù e l’Immacolata dalla crudele persecuzione di Erode; è Lui che continua a difendere Gesù nelle nostre anime contro la temibile persecuzione delle tentazioni del mondo, del diavolo e della nostra carne.

Dice santa Teresa che mai san Giuseppe ha mancato di esaudirla in tutte le richieste a lui fatte. Tanto meno san Giuseppe manca di intervenire tempestivamente in nostro aiuto ogni qualvolta la nostra anima è minacciata dagli assalti del nemico.

Come la Madonna e Gesù Bambino furono pronti a seguire san Giuseppe nella fuga notturna verso l’Egitto, così noi dobbiamo essere solleciti a seguire gli inviti amorevoli di san Giuseppe a fuggire ogni occasione di peccato.

Possiamo e dobbiamo, dunque, affidarci e consacrarci a san Giuseppe; è Dio stesso che ci sospinge a farlo. Non si è affidato a san Giuseppe il Padre celeste quando gli mise nelle mani il suo Figlio unigenito?

Non si è donato completamente al santo Patriarca il Figlio dell’eterno Padre, rimanendogli sottomesso per tutta la sua vita?

E Maria, la Vergine, Sposa purissima dello Spirito Santo e tersa immagine dell’Immacolata Concezione Increata, non trovò in san Giuseppe lo sposo umano a cui donare se stessa, come al rappresentante visibile di Dio stesso?

Mediante la consacrazione a san Giuseppe corrisponderemo più degnamente, come figli, al suo amore di padre; e così la sua paternità spirituale avrà piena efficacia in noi.

“Uomo giusto”, così è definito Giuseppe dal Vangelo di Matteo. La Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, non attribuisce a nessuna persona umana l’aggettivo di “santo”. “Santo” è per se stesso solo Dio. Per esprimere quello che noi intendiamo con la parola “santo”, riferita alla partecipazione della santità di Dio all’uomo, la Bibbia usa la parola “giusto”. Quando, dunque, san Matteo dice di Giuseppe che era «un uomo giusto» (Mt 1,19), la traduzione equipollente sarebbe “Giuseppe era un uomo santo”. Talmente santo che è stato prescelto tra tutti gli uomini come sposo verginale di Maria, padre putativo di Cristo, Patrono Universale della Chiesa. A Lui vada il tributo della nostra “proto-dulia”, specialmente in questo anno particolarmente a lui dedicato, per ottenere quella singolare sovrabbondanza di grazia che Dio vuole concedere al mondo, alla Chiesa, a ciascuna anima, per la Sua paterna intercessione.

(Padre Alessandro Apollonio, Francescano dell'Immacolata)

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