alda luisa corsini
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LE SETTE GIUDAICHE. 5) I Sadducei

Le sette giudaiche al tempo di Gesù

Introduzione

I Sadducei, come appartenenti ad un movimento interno della tarda epoca di sviluppo dell'Ebraismo, rappresenta uno dei problemi non completamente chiariti della storia religiosa giudaica, almeno allo stato attuale delle nostre conoscenze, fondate su documenti (Giuseppe Flavio, N.T., tradizione rabbinica, tradizione cristiana dei Padri della Chiesa) che, per vari motivi, li considerano eretici o settari e che, comunque, rappresentano tendenze avverse a quelle sadducee.

1. Etimologia del nome
Il nome "Sadducei" non può provenire, come già pensarono alcuni Padri della Chiesa, dall'aggettivo ebraico saddiq ("giusto"). Questo qualificativo, oltre ad essere improprio per tale categoria di persone, non potrebbe spiegare come mai la u si conserva nella parola, sia in ebraico sia in greco. Secondo W. Manson, "Sadducei" deriverebbe da un termine che significa "avvocato", "difensore della giustizia", perché essi erano membri del sinedrio.

Il nome si connette verosimilmente con quello proprio di Sadoc. Questo era il nome del sommo sacerdote che Salomone sostituì ad Abiatar perché si compisse la parola che Dio aveva pronunciato contro la casa di Eli, in Siloh¹³. Già nella restaurazione ideale che Ezechiele fa di Gerusalemme e del Tempio solo i figli di Sadoc saranno i ministri del culto¹⁴; realmente essi ebbero sempre una preponderanza speciale; già da allora dire "Sadducei" era come dire la famiglia sacerdotale di maggiore influenza.

2. Storia
I discendenti di Sadoc esercitarono il sacerdozio sino alla cattività in Babilonia¹⁵ e poi di nuovo dopo l'esilio¹⁶. Non si sa però determinare in che periodo inizi l'origine dei Sadducei come gruppo. Durante il governo di Gionata si parla di un partito ellenizzante che si oppose al capo maccabaico. Si nomina pure un gruppo yahwista che, con coscienza più scrupolosa, mal tollerava che il sommo sacerdozio fosse stato affidato ai Maccabei da alcuni stranieri, perché ciò significava un'intromissione dei pagani nella designazione del primo capo spirituale nello yahvismo giudaico. Ciò avvenne quando il monarca Alessandro Bala, nell'anno 153 a.C., concesse il titolo di sommo sacerdote e di capo del suo popolo a Gionata.

Solo però con Giovanni Ircano, il primo degli Asmonei, notiamo la distinzione tra il gruppo dei Sadducei e quello dei Farisei. Ircano si appoggiava a quest'ultimi ed era stato loro discepolo, ma ben presto passò ai Sadducei che incominciarono ad acquistare maggiore importanza. Dato che sotto il suo governo la nazione giudaica s'era estesa sin quasi a raggiungere i confini dell'antico regno davidico, si sentiva sempre più la necessità di persone che, sia in campo amministrativo, sia in campo politico, fossero pronte ad uniformarsi ai sistemi delle nazioni confinanti.

Queste persone potevano provenire solo dalla corrente sadducea più aperta all'ellenismo. Fu così che incominciò ad imporsi il sadduceismo. G. Flavio ci racconta l'episodio che fornì l'occasione a Giovanni Ircano per romperla con i Farisei.

Avendo, durante un banchetto, chiesto consigli sulla perfezione, si sentì rispondere da un Fariseo che avrebbe dovuto lasciare la carica di sommo sacerdote, perché sua madre era stata una schiava e questa condizione contrastava con le prescrizioni rabbiniche. Ircano rimase profondamente offeso. Domandò allora agli altri Farisei che pena meritasse colui che aveva detto tali cose; questi proposero battiture e prigionia. Ma Ircano, che desiderava per quello che l'aveva offeso la morte, considerò i Farisei tutti complici e si dichiarò loro nemico.

Da allora i Sadducei divennero il partito del governo sotto tutti gli Asmonei, ad eccezione del periodo del regno di Alessandra che, accogliendo l'ultima volontà del suo sposo, si unì ai Farisei. I Sadducei ripresero ad essere il partito più importante sotto Aristobulo II, e pare sia questa la causa dell'ostilità che Erode il Grande manifestò verso loro.

Quando la Giudea fu unita alla provincia romana della Siria, i Sadducei praticarono una politica conciliatrice con i Romani. È vero che non collaborarono apertamente con loro, però cercarono di evitare conflitti e si sforzarono di contenere movimenti popolari. Durante il periodo romano i Sadducei, tenendo sotto ipoteca il sommo sacerdozio, in sostanza dominavano nel campo religioso, mentre i Farisei, con l'appoggio degli scribi, esercitavano maggiore influenza presso il popolo. Con la distruzione di Gerusalemme e la scomparsa della nazione giudaica, sparì pure il sadduceismo.

3. Natura
Il sadduceismo non era una setta nel senso che si dà a questa parola; non aveva una dottrina speciale distinta dal giudaesimo; era piuttosto un partito politico religioso. I Sadducei appartenevano alle classi facoltose, aperte alla cultura e al progresso delle altre nazioni; in questo si opponevano, principalmente, ai Farisei. Si differenziavano da questi anche perché non ammettevano se non la Legge scritta, le prescrizioni della Torah, che costituivano per loro l'unica regola di fede e di condotta.

Gerolamo afferma che, secondo alcuni Padri, i Sadducei accettavano solo il Pentateuco. Rifiutavano così tutte le innovazioni e le falsificazioni che i Farisei avevano aggiunto allo spirito del vero giudaismo, di cui si consideravano i custodi; in tal modo erano liberi da tutti quei pesanti fardelli che i Farisei avevano imposto a tutti i loro concittadini¹.

Nonostante i dati del N.T. e di G. Flavio, si può dire che manchiamo di fonti sulle dottrine professate dai Sadducei; le informazioni dello storico giudaico devono inoltre essere prese con cautela, in quanto provenienti da uno che era fariseo e pertanto nemico dei Sadducei.
Secondo G. Flavio, i Sadducei negavano la provvidenza e affermavano un fatalismo assoluto in tutto ciò che accade, poiché nulla dipende da Dio; negavano parimenti l'esistenza di premi o castighi dopo la morte, poiché l'anima scompariva con la decomposizione del corpo. La letteratura rabbinica attribuisce ai Sadducei questa massima: "Come la nube si disfà e scompare, così l'uomo discende nella tomba e più non ritorna".

Dal caso immaginario, che i Sadducei proposero a Gesù¹⁸, risulta che non ammettevano la risurrezione dei morti. Si tratta, in realtà, della legge del levirato, destinata ad assicurare la continuazione della famiglia¹⁹. Se un uomo moriva senza discendenza, il fratello doveva sposarsi con la vedova perché il nome del defunto, a cui si attribuiva il primo figlio nato da questo secondo matrimonio, non fosse estinto in Israele. I Sadducei nella loro domanda, per negare la risurrezione, presuppongono che in essa la vita continui con le stesse condizioni di quelle attuali. Però non sanno che il potere di Dio trasformerà i corpi risuscitati; alla risurrezione infatti gli uomini diverranno come angeli di Dio nel cielo²⁰.

Possiamo dire che le idee dei Sadducei sull'altra vita sono le stesse, a quanto pare, di quelle che troviamo nei libri sapienziali, come i Proverbi o l'Ecclesiaste, in cui in realtà nulla si affermava o si negava su tale argomento. Per questo molti Sadducei, non trovando chiaramente nei libri dell'A.T. la dottrina della resurrezione, la negavano. Dagli Atti degli Apostoli²¹ sappiamo che non ammettevano neppure l'esistenza degli angeli, né di altri esseri spirituali al di fuori di Dio.

In tutto ciò si differenziavano dai Farisei, soprattutto per la negazione della halakah, che era un complesso di precetti pratici, norme rituali e giuridiche. Siccome non ammettevano la tradizione, i Sadducei interpretavano letteralmente le leggi mosaiche in materia criminale e applicavano rigorosamente la legge del taglione. Secondo G. Flavio si mostravano duri e arroganti nel comportamento verso quelli che non erano membri del loro partito.

Vi erano pure discrepanze tra i due partiti sulla fissazione del giorno della Pasqua e della data della Pentecoste. Quando la Pasqua, secondo i recenti studi rabbinici, cadeva in venerdì, i Sadducei ne ritardavano la celebrazione al sabato, mentre i Farisei la celebravano secondo il calendario regolare. J. Klausner, giudeo e conoscitore delle tradizioni del suo popolo, dice che già dal tempo di Hillel (25 anni prima di Gesù Cristo) per i Farisei l'uccisione degli agnelli, nella festa della Pasqua, era un sacrificio pubblico, superiore pertanto al riposo sabatico; mentre i Sadducei lo consideravano come sacrificio privato che violava il giorno santo, per cui non poteva essere compiuto di Sabato.

La festa di Pentecoste, per i Sadducei, doveva sempre coincidere con il primo giorno della settimana, e siccome doveva intercorrere un intervallo di cinquanta giorni tra la Pasqua e questa solennità, anticipavano o posticipavano qualche giorno del mese per ottenere il loro scopo; per i Farisei invece la Pentecoste poteva essere celebrata in qualunque giorno della settimana, sempre che fossero passati cinquanta giorni dalla Pasqua.

4. Importanza e influenza
I Sadducei, soddisfatti delle loro ricchezze e della loro posizione sociale, non si preoccupavano troppo della venuta del regno di Dio. Per questo si adattavano a quelli che comandavano, anche quando questi fossero degli stranieri.
A volte appaiono pure in ribellione con il governo imperiale. Comunque erano politicamente astuti e cercavano di ricavare il maggiore utile possibile da qualunque circostanza politica in cui si trovavano; il loro scopo era quello di conservare la posizione sociale da loro raggiunta e l'importanza del loro partito. Da quanto abbiamo detto, si deduce che avevano poca autorità e avevano poco credito tra il popolo.

Comandavano, invece, nelle cose esterne e sociali, però dato che presso la gente prevalevano i criteri dei Farisei, gli stessi Sadducei dovevano uniformarsi in ciò che si riferiva al culto, di cui erano capi supremi; compivano questo solo perché faceva loro comodo. Secondo quanto riferisce G. Flavio, se i Farisei parlavano contro il sommo sacerdote erano subito creduti. Di più: i Farisei chiamavano "popolo della terra" coloro che non appartenevano al loro partito, quand'anche si trattasse di un sadduceo tra i più eminenti. A tutti applicavano il qualificativo di turba maledetta che non conosce la Legge²².

5. Loro rapporti con Gesù
Erano numericamente molto inferiori ai Farisei; per questo e perché a loro non interessavano le disquisizioni, ebbero pochissimi contatti con Cristo. Vengono nominati raramente nei Vangeli e mai nell'Evangelo di Giovanni, dove è usata circa settanta volte la parola "Giudei" come termine tecnico per designare i Sadducei, i Farisei e il giudaismo ufficiale, la cui caratteristica principale è l'ostilità verso Cristo. Sadducei e Farisei, sebbene nemici dichiarati tra di loro, si unirono nella lotta contro Gesù. Tuttavia, almeno all'inizio, i Sadducei si mostravano molto più miti; così si deduce già dalla ambasciata al Battista riferita da Giovanni all'inizio della vita pubblica di Gesù²³.

È diverso il comportamento dei Sadducei e dei Farisei: ai primi interessa la risposta perché devono rendere conto ai loro capi, in essi si nota, infatti, una certa indifferenza personale. Non vi è quella ostilità che si manifesta già dall'inizio nei Farisei, che incominciano ad essere aggressivi.
Il nome "Sadducei" viene ricordato solo una volta in Marco e un'altra volta in Luca a proposito dell'episodio ricordato più sopra. Matteo, oltre a ricordarli in tale occasione, li cita parlando della predicazione del Battista²⁴ e dopo la moltiplicazione dei pani²⁵.

Caiafa e i sacerdoti furono coloro che condannarono a morte Gesù e perseguitarono pure i primi cristiani²⁶. Non si deve però per questo addossare, tutta la responsabilità della morte di Gesù ai Sadducei, sebbene questi fossero più rigidi nell'applicare le leggi e meno propensi alla clemenza dei Farisei.

Si pensa che siano stati i Farisei, e non i Sadducei, i nemici più acerrimi di Gesù. Tutto il c. 23 di Matteo conferma questa opinione. È vero che la dottrina farisaica si avvicinava maggiormente a quella predicata dal Maestro; però le note che si opposero maggiormente allo Spirito di Cristo, sincero, umile ed interiore, furono l'ipocrisia, l'apparato esterno e la casistica illimitata propria dei Farisei.
Eliseo Esposito