
Al termine della proiezione del film, è seguito un commento speciale curato dal Tg5, sulle parole del Pontefice condotto da Cesare Buonamici con in studio ospiti ed esperti.

Ma in questo tempo si deve giocare per l’unità, sempre. In questo tempo – ha aggiunto – non c’è il diritto di allontanarsi dall’unità. La lotta politica è una cosa nobile, ma se i politici sottolineano più l’interesse personale all’interesse comune, rovinano le cose”. “In questo momento la classe dirigenziale tutta non ha il diritto dire ‘Io’. Si deve dire ‘Noi’ e cercare un’unita davanti alla crisi – ha ribadito il Santo Padre rispondendo alle domande di Fabio Marchese Ragona -. Passata la crisi ognuno ritorni a dire ‘Io’, ma in questo momento, un politico, anche un dirigente, un vescovo, un sacerdote, che non ha la capacità di dire ‘noi’ non è all’altezza. Deve prevalere il ‘Noi’, il bene comune di tutti. L’unità è superiore al conflitto”.

Davanti alla crisi, tutti insieme, ‘noi’, cancellare l”io’, per il momento”, ha aggiunto il Papa. “Da dove possiamo ripartire? Io parto da una certezza. La pandemia è stata una crisi durata un anno e che continua ancora oggi. Ma da una crisi non se ne esce mai come prima, o se ne esce migliori o peggiori. Questo è il problema: come fare per uscirne migliori e non peggiori? Cosa ci aspetta in futuro? È una nostra decisione”, ha detto ancora Papa Francesco. “Se vogliamo uscirne migliori dovremo prendere una strada, se vogliamo riprendere le stesse cose di prima la strada sarà un’altra strada, e sarà negativa. E oltre alla pandemia ci sarà una sconfitta in più: quella di non esserne usciti migliori”, ha spiegato il Pontefice. “Per uscire da questa crisi a testa alta e in modo migliore dobbiamo essere realisti. Ci vuole realismo”, ha proseguito Francesco.



Fabio Marchese Ragona è nato a Milano il 23 dicembre 1982 ma cresciuto a Canicattì (Provincia di Agrigento). Un pezzo del suo cuore appartiene anche a Casteltermini, paese di origine della madre Pina Badalamenti. È vaticanista del Gruppo Mediaset.
Ha inizia la sua carriera come collaboratore di alcune tv locali siciliane. Si è laureato a Roma in Scienze della Comunicazione prima nel dicembre 2004 (laurea triennale) e poi nel dicembre 2006 (laurea specialistica). In seguito, a Milano, ha frequentato il Master biennale in Giornalismo del Campus Multimedia IULM – Mediaset di Milano.
Dopo aver svolto stage in Rai e a SkyTg24 è arrivato a Mediaset nel dicembre 2008. Ha lavorato a “Studio Aperto”, “News Mediaset”, “Tgcom24”, “Tg4” e “Videonews”, la testata Mediaset che realizza i programmi d’informazione di Canale 5, Italia Uno e Retequattro. Nell’aprile 2019 è stato nominato Caposervizio ed è ritornato a News Mediaset, dove ricopre il ruolo di vaticanista, realizzando servizi per Tg5, Tg4, Studio Aperto e Tgcom24, il canale all-news all’interno del quale conduce e cura ogni domenica alle 17 la rubrica “Stanze Vaticane“.
Collabora, come vaticanista, anche con il quotidiano Il Giornale e in passato ha scritto (di Vaticano e non) per Panorama, L’Espresso, Il Foglio, Corriere della Sera Magazine, Wired.it, Repubblica.it e Vatican Insider-La Stampa.
È autore de “Il Sorriso di Karol“, documentario di Tgcom24 su San Giovanni Paolo II. Ha scritto nel maggio 2016 “Potere Vaticano“, un pamphlet sulla diplomazia di Papa Francesco edito da Il Giornale. Ha collaborato, nel 2015, anche al “Vocabolario di Papa Francesco” edito da Elledici. È autore di “Tutti gli Uomini di Francesco” (Edizioni San Paolo 2018), “Il caso Marcinkus – Il banchiere di Dio e la lotta di Papa Francesco alle finanze maledette” (Chiarelettere 2018), “I nuovi cardinali di Francesco” (Edizioni San Paolo 2019), “Il mio nome è Satana – Storie di esorcismi dal Vaticano a Medjugorje” (Edizioni San Paolo 2020).

Ho seguito sul profilo Facebook dell’amico AC uno scambio di opinioni sul colloquio di Fabio Marchese Ragona con Papa Francesco e – come ho fatto talvolta in passato – riporto di seguito alcune osservazioni che mi sembrano utile, sulla via della metacognizione, per la comprensione di Jorge Maria Bergoglio/Papa Francesco. Il senso l’ha formulato AC in un commento, in riferimento al Santo Padre: «Lui ha espresso più volte un nucleo filosofico di idee che ha ribadito anche in questa intervista. Secondo me è utile confrontarsi con queste idee senza demonizzazioni o personalizzazioni eccessive, in maniera che anche gli altri possano riflettere e ragionare, senza farsi troppo assorbire in lotte di “schieramento”».
Buona lettura e buona riflessione.
V.v.B.

IR a AC: Secondo questo la salvezza è una questione di affiliazione politica, assurdo.
MS a AC: Ci hanno trasferiti a forza in questo regno che non ci appartiene ed i cui principi non possiamo riconoscere, ma ci dicono che sono “eticamente corretti” e noi da perfetti imbecilli ci crediamo.
AC a IR e MS: Ho seguito l’intervista su Canale 5. Secondo me bisogna stare attenti a non demonizzare il Papa o personalizzare eccessivamente la questione. Forse, qualcuno si stupirà che a fare un simile invito sia proprio io, che non perdo occasione per criticare pesantemente il Papa e talora anche sfotterlo (ma sempre amabilmente e fraternamente!). Dall’intervista ci si rende conto di avere davanti un uomo di 84 anni che crede fermamente nella bontà dei suoi convincimenti. Sia chiaro: questo non toglie che siano sbagliati e che vadano criticati. Ma la buona fede gli va riconosciuta. In secondo luogo: Bergoglio è il rappresentante più visibile di una mentalità e di una cultura politica che nel clero, magari con nuances diverse, è assolutamente dominante. Ed è una mentalità che pensa di poter “sposare” quella vera e propria religione secolarizzata che è il marxismo (nelle sue varie forme e declinazioni) con il cristianesimo.
MV a AC: Sono d’accordo, ma proprio questo è il problema (nella religione come nella politica):
– il manigoldo, una volta raggiunto il proprio scopo, può anche agire a vantaggio della comunità. Chi è innamorato di sé stesso no, perché si ritiene portatore di luce e non si accorge di stare facendo il lavoro di Lucifero;
– il manigoldo ha una visione concreta del mondo: gli interessa l’obiettivo piuttosto che la narrazione. Chi è innamorato di sé stesso metterà in tutti i “posti chiave” adulatori che, per farsi notare, cercheranno di essere ancora più radicali del loro padrone;
– il manigoldo dà per scontato che ci sia chi disapprova le sue azioni e non colpisce se non chi a tali azioni costituisce intralcio (e nella misura dell’intralcio). Chi è innamorato di sé stesso vede in chi lo contraddice un nemico della verità e, senza alcuna remora morale e senza pietà, bastona e ostracizza chiunque provi a discostarsi dal suo pensiero;
– al manigoldo interessano i propri fini. Chi è innamorato di sé stesso scambia i propri umori con la giustizia divina.
AC a MV: Grazie per la considerazione! Io direi che ci sono due piani di considerazione: quello della discussione delle idee; quello delle azioni e delle scelte pratiche che a quelle idee si ispirano. Sono due piani distinti ma non separati. Per amore di verità e di giustizia, non ci si può girare dall’altra parte innanzi alle vittime della spregiudicatezza di questo Papa, ammantata di buone intenzioni e di “interesse generale”. Un moralismo ad uso e consumo di chi comanda. Non so se e quanto il Papa sia innamorato di sé. Chiunque può, se vuole, vedere i frutti di chi promuove una fraternità a buon mercato. Nella Compagnia di Gesù, l’ambiente nel quale questo Papa si è formato, la fraternità tra gli stessi Gesuiti non è, notoriamente, un punto di forza. Per me è un effetto inevitabile delle loro premesse ideologiche e politiche. In una comunità religiosa in cui solletichi l’ego delle persone in nome della libertà dello Spirito, la confusione e con essa i conflitti non si sopiscono.
MV a AC: Spesso la soluzione sta nel banale e io – senza escludere che qualcuno, più scaltro e nascosto, di tale banalità abbia fatto il proprio strumento di controllo – ho cominciato a spiegarmi molte cose con la semplice vanità, sin dai primi siparietti con il refolo di vento che faceva volare la papalina a beneficio dei corifei adoranti e dei loro gridolini ammirati.
MB a AC: Tu dai letture troppo politiche e raffinate. Bergoglio vuole fino ad ora due cose: preservare la propria autorità e sminuire il papato in cui dubito creda, nell’idea del sacerdozio universale. È passato indenne sotto dittature nere e rosse. Non credo gliene importi del marxismo.
IR a AC: Tu ci vedi buona fede?
AC a IR: Il mio riconoscimento della buona fede non è una giustificazione etica.
MB a AC: Scusa ma da quando il ministero petrino si basa sulla buona fede e sulla coscienza?
AC a MB: È convinto in buona fede della bontà dei suoi convincimenti. Cerca di farli valere e di promuoverli in maniera eticamente spregiudicata. Perché “il fine giustifica i mezzi”. Con una persona come Papa Francesco non intratterrei alcun rapporto né personale né professionale
MB a AC: Però l’etica applicata senz’etica è Robespierre, non etica.
IR a AC: Se è così è molto ignorante.
AC: Di sicuro non è intellettualmente attrezzato come i suoi predecessori. Ma non è affatto stupido. È ideologico. E le ideologie selezionano male la realtà nei suoi diversi aspetti e rapporti. Ma è abile, intuitivo, “svelto”. Certo, manca di profondità. Più furbo che intelligente.
IR a AC: Si, per niente lungimirante e uno che dovrebbe avere un rapporto diretto con l’Eterno non dovrebbe esserlo.
AC a IR: Sotto l’aspetto spirituale manca di spessore. Il che, considerate le premesse, è, più che prevedibile, inevitabile.
IR a AC: Il fatto che sia un gesuita, e che si sia dato come nome Francesco, mi fa pensare che non sia in buonafede però.
AC a IR: Io però il riconoscimento della buona fede l’ho circoscritto. Lui ha espresso più volte un nucleo filosofico di idee che ha ribadito anche in questa intervista. Secondo me è utile confrontarsi con queste idee senza demonizzazioni o personalizzazioni eccessive, in maniera che anche gli altri possano riflettere e ragionare, senza farsi troppo assorbire in lotte di “schieramento”.
IR a AC: Non hai tutti i torti.
RZ a AC: A mio avviso Bergoglio ha poche idee e confuse, poco più di slogan dei quali non afferra il significato e ciò che comportano. Tutto per lui è al servizio del suo potere personale, non importa la realtà: la realtà è Bergoglio e null’altro.
TI a AC: Teologia della liberazione?
RM a TI: Certo! In pieno.
AC a TI: Direi piuttosto: liberazione dalla teologia.
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