Sigilli di 2.500 anni fa parlerebbero di ebrei che ricostruiscono Gerusalemme nel periodo persiano

Sigilli di 2.500 anni fa parlerebbero di ebrei che ricostruiscono Gerusalemme nel periodo persiano - Mosaico

di Ilaria Ester Ramazzotti
Un’impronta di sigillo e un separato sigillo-matrice di argilla grezza, rinvenuti nella Città di Davide appena fuori le antiche mura della città vecchia, potrebbero testimoniare uno snodo significativo della storia di Gerusalemme dopo la distruzione del Primo Tempio. La scoperta è avvenuta negli scavi archeologici condotti dall’Autorità israeliana per le antichità e dall’Università Tel-Aviv. La notizia è riportata dal Times of Israele dal Jerusalem Post.

“La scoperta dell’impronta del timbro e del sigillo nella Città di Davide indica che, nonostante la terribile situazione della città dopo la distruzione [babilonese], furono fatti degli sforzi per riportare alla normalità le autorità amministrative e i suoi residenti continuarono a utilizzare in parte le strutture prima distrutte”, hanno detto al Times of Israel Yuval Gadot dell’Università di Tel Aviv e Yiftah Shalev dell’Autorità per le antichità di Israele.

Risalenti a circa 2.500 anni fa, al periodo persiano, i manufatti potrebbero così provare secondo gli archeologi che la città fu un centro amministrativo anche dopo la distruzione del 586 a.C. avvenuta per mano babilonese. Gli antichi sigilli indicano quindi che gli abitanti di Gerusalemme stavano in quei tempi ricostruendo la città, compreso il suo apparato burocratico. Si pensa infatti che gli ebrei abbiano compiuto un ‘ritorno a Sion’ dopo l’esodo che seguì alla distruzione del Primo Tempio, proprio come descritto nei libri biblici di Esdra e Neemia.

“Il periodo persiano è un buco nero in archeologia – ha dichiarato Yiftah Shalev -. Ogni volta che troviamo qualcosa è come accendere una nuova candela che dà una nuova luce”.

L’archeologo ha spiegato che l’impronta di sigillo misura 4,5 centimetri e sembra essere stata fatta con un sigillo ufficiale in stile babilonese. A causa delle sue dimensioni, fu probabilmente utilizzata per sigillare un grande contenitore. Raffigura l’immagine di una persona seduta su una grande sedia con una o due colonne davanti a sé, probabilmente un re, mentre le colonne simboleggiano gli dei Nabu e Marduk. Il sigillo di argilla fu invece realizzato con un frammento di ceramica riutilizzato di 8 cm di diametro, e la sua fattura sembrerebbe di tipo locale.

Il prossimo passo è condurre un’analisi petrografica dei due manufatti rinvenuti, ha detto Yuval Gadot al Jerusalem Post, per poter accertare la loro fonte geologica, che aiuta a identificare la loro origine geografica. Obiettivo, comprendere se gli oggetti siano stati realizzati a Gerusalemme oppure altrove e successivamente portati in città.