Francesco I
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I Cristiani dimezzati di Orsola Nemi

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Commento
di Francesca Rotta Gentile, Università di Genova
I cristiani dimezzati


Nel volume I cristiani dimezzati [1], Orsola Nemi, con la scoppiettante girandola delle sue polemiche, considera i problemi attuali, esamina attentamente i pregiudizi mostrandone l’inconsistenza e mettendoli alla berlina con uno «stile spumeggiante e divertente».

Ha detto Sigfrido Bartolini che la Nemi «non ce la farebbe a seguire l’esempio del Cristo, giovane e robusto, ma in cambio sa adoperare la penna in tal modo che in mano sua diviene come pertica di castagno pronta a calare sulla schiena di chiunque vacilli o sia pronto a vender l’anima» [2].

La sottile critica della scrittrice non è filosofica: la sua arma è il Vangelo; e con una radicale frase evangelica apre il suo libro: «Date a Cesare quello che è di Cesare, e date a Dio quello che è di Dio» (CD, 11).
Poi commenta: «In genere si dà a Cesare non solo quello che gli spetta, gli si dà tutto» (CD, 11-12).

Con rammarico Orsola Nemi constata che «è stato accettato come norma, anche dai cosiddetti credenti, che la religione è una cosa e la vita un’altra; quindi l’uomo pensa a metà e vive a metà. Ne risulta uno strano spettacolo. Se la religione, cioè la fede da cui essa proviene e che manifesta, è staccata dalla vita, in quale campo si attua? Se non governa la coscienza dell’uomo, che cosa governa?» (CD, 12).

Negando o emarginando Dio, l’uomo trasforma in nuovi e potenti idoli la tecnica e le scienze che opprimono la sua dignità e la sua libertà.
Di tutto ciò il cristiano dimezzato, dice la Nemi, non si avvede e «non trova nulla da obiettare, tutto accetta. Sempre si sente impacciato, sempre si sente abusivo quando intravede la parola Scienza; lui, l’erede e il figlio del Padrone del campo che la Scienza faticosamente lavora. Malsicuro di sé, malsicuro di quel che crede: e ha ragione, perché non vive quel che crede» (CD, 32).
E alla fine si accorgerà: «che quelle monete spese male erano la sua vita, che se n’è andata, che non tornerà più. Tutto sbagliato, tutto da rifare, indietro non si torna». (CD, 13).

Da qui la necessità, dice la Nemi, di vivere una autentica testimonianza cristiana nei rapporti con Dio e con gli uomini.Sulla coerenza alla Verità, il cristiano fonda anche il dialogo. Nella realizzazione di questo, la Nemi sembra non essere molto ottimista in quanto, secondo l’autrice, il dialogo «è da raggiungere nel riconoscimento da parte di ciascuno dei propri errori, e da fondare sulla verità che ha un solo volto, non su una verità bifronte». E ancora: «Non risulta, infatti, che la grande abbondanza (di dialogo) abbia favorito nel nostro tempo la pratica della religione, rafforzato la fede e stabilito la verace intesa fra i cristiano» (CD, 40).

In realtà la Chiesa, secondo l’enciclica Ecclesiam Suam, guarda alla possibilità di questo dialogo con maggiore speranza, anche se sa che «la sollecitudine di accostare i fratelli non deve tradursi in una attenuazione, in una diminuzione della verità. Il nostro dialogo non può essere una debolezza rispetto all’impegno verso la nostra fede» [3].

E ancora: «L’apertura di un dialogo, come vuole essere il nostro, disinteressato, obiettivo, leale, decide per se stessa in favore di una pace libera e onesta; esclude infingimenti, rivalità, inganni e tradimenti» [4].

Anche la nuova scienza della biologia, che si propone di maturare “il meglio” l’uomo, trova nella Nemi un nemico agguerrito, e agguerrito soprattutto più a mostrarne le conseguenze che a giudicarne le premesse.

La sua polemica va anche contro i filosofi e i teologi che promettono nuovi cieli e nuove terre, soprattutto in ambito religioso, scoprendoli quando cadono in contraddizioni, per non dire nel ciarlatanesco: «Talvolta sembra di essere traditi dagli stessi che dovrebbero comunicarci queste parole liberatrici. I teologi invece le mettono in disparte, col pretesto di formulare la Rivelazione in un linguaggio accettabile all’uomo “formato dalla nostra cultura moderna” […] e si mettono a parlare in termini così astrusi che nessuno capisce nulla» (CD, 49-50). «E’ dal linguaggio d’oggi, tortuoso, astratto, tessuto di circonlocuzione che l’uomo ha bisogno di essere liberato per sapere chiaramente a che punto è con la sua storia. Il linguaggio d’oggi fa parte dei veleni che respira, che beve, che mangia, è un prodotto di quei veleni […]. E a un tale linguaggio di falsari, di allibratori, idolatri della macchina, pubblicitari, pornografi, atei, i teologi vorrebbero adeguare la parola di Dio» (CD, 51-52).

Le innovazioni liturgiche non destano entusiasmi nella Nemi. Non sa spiegarsi la necessità di questi cambiamenti che producono «mancanza di credibilità e non aumento di fede».


Da questi brevi rilievi si scopre quanto la scrittrice sia ancorata in modo ferreo ai valori della tradizione: riguardo al «tornare» alle origini afferma:

"Il ritorno alle origini è una frase che scalda il cuore di ogni credente; si pensa di riuscire, distruggendo e spazzando via la farragine accumulata dai secoli, a ritrovare la fede appena discesa di cielo in terra, la sua forza rigenerante;
Molti, quindi, intendono che tornare alle origini significhi distruggere la tradizione. Sarebbe come voler distruggere la strada che porta al luogo dove siamo diretti. La tradizione, in moltissimi casi, è venuta a formarsi per difendere la purezza della fede originale, le filosofie e le infiltrazioni pagane che allora abbondavano.
Non possiamo ritrovare le origini se non nella fedeltà alla tradizione; negare la tradizione significa distruggere la strada che la chiesa, i cristiani come noi, con molto studio e sacrificio, anche della vita, hanno aperto nella vegetazione delle aberrazioni umane.
Attentare alla tradizione significa tagliarci la via di comunicazione con le origini" (CD, 104).
Francesca Rotta Gentile
NOTE
[1] Orsola Nemi, I cristiani dimezzati, Milano, Rusconi, 1972. (in sigla CD).
[2] Sigfrido Bartolini, Premio Santa Inquisizione 1971, Orsola Nemi, in «La Torre», II, 17, settembre 1971,
[3] Ecclesiam Suam, n. 91.
[4] Ecclesiam Suam, n. 110.

Francesca Rotta Gentile, Università di Genova
orsolanemi.wordpress.com

N.S.dellaGuardia
Magari fossimo solo dimezzati, ormai siamo un/decimati come minimo
Francesco I
Teniamo presente che Orsola Nemi morì nel 1985 per cui non ebbe la sventura di conoscere l'attuale "pontefice". Ella teneva una rubrica sulla rivista "il Borghese" (quello degli anni '60 ed inizio '70, quello per intenderci di Gianna Preda, Mario Tedeschi, Giuseppe Prezzolini, di Giovannino Guareschi). Gli articoli di questa signora erano giustamente critici nei confronti del pontificato di "san"…Altro
Teniamo presente che Orsola Nemi morì nel 1985 per cui non ebbe la sventura di conoscere l'attuale "pontefice". Ella teneva una rubrica sulla rivista "il Borghese" (quello degli anni '60 ed inizio '70, quello per intenderci di Gianna Preda, Mario Tedeschi, Giuseppe Prezzolini, di Giovannino Guareschi). Gli articoli di questa signora erano giustamente critici nei confronti del pontificato di "san" Montini e per un certo verso anche profetici poiché ella aveva compreso benissimo che le gerarchie ecclesiastiche stavano conducendo la Chiesa verso il baratro.