Lettera aperta ad Alberto Minali (2) - Danilo Quinto - 20.12.'19

Caro amico ti scrivo…

Scelgo le parole di Lucio Dalla, per iniziare questa lettera, augurando a te, Alberto, e alla tua famiglia, un Santo e sereno Natale.

Che bella la parola amico. In uno dei passi più commoventi del Vangelo di Giovanni, che tu conosci bene, è Gesù stesso ad usare questa parola. Egli dice (Gv 15, 12-14): «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando».

Al termine della Sua straziante preghiera sacerdotale, Gesù dice: “Mi hanno odiato senza ragione” (15, 25). I cristiani, scelti da Cristo per amore, attraverso il dono della Grazia, agiscono – nella loro libertà, che rimane intatta fino al termine della loro vita – tenendo presente l’ammonimento di Gesù (Gv 15, 18-19): «Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poichè invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia».

La sorte predetta degli amici di Gesù è una condizione assoluta di privilegio. Disprezzata e derisa in questo tempo, vale nel tempo e nello spazio dell’eternità. E’ una condizione da accettare senza riserve, perché è l’unica che concede di rimanere nella sequela del Signore.

Guardiamoci da coloro che raccomandano di non dire la verità, di non dare torto a nessuno, di non esprimere giudizi, di non assumersi responsabilità, di creare un mondo fatto di compromessi e di laissez faire, di essere graditi e di piacere a tutti. Pusillanimi. L’amico di Gesù non può piacere a tutti. Non può essere amico di coloro che si oppongono a Gesù.

Scriveva San Gregorio Magno: “L’inimicizia degli uomini malvagi torna a lode della nostra vita, perché dimostra che abbiamo in noi almeno qualcosa di onesto, dal momento che riusciamo sgraditi a coloro che non amano Dio: nessuno può, nel medesimo tempo, risultare accetto a Dio e ai nemici di lui. Rivela di non essere amico di Dio chi cerca di compiacere coloro che gli resistono: così come chi si sottomette alla verità lotterà contro tutto quello che vi si oppone”.

Nelle ultime settimane, sei stato sottoposto ad una prova – caro Alberto – che ha certamente comportato sofferenza interiore. E’ stata proprio questa – la sofferenza, che nella visione cristiana è il solo modo di avvicinarsi a Gesù crocifisso - a fornirti la forza per operare scelte coraggiose, per resistere ad un atto di ingiustizia, un atto malvagio. Un atto che non ha trovato, finora, spiegazioni ragionevoli, perchè non poteva trovarne, essendo stato – per gli elementi conosciuti – assolutamente gratuito. La tua risposta è stata quella di un cristiano: accettarlo, abbandonarti alla volontà di Dio e combatterlo.

La tua condotta esemplare ha messo a nudo la situazione di una realtà importante della vita economica e sociale del Paese, come quella di Cattolica Assicurazioni. Saranno gli organi preposti a dipanarla e - spero vivamente - a riportarla sulle vie della comprensione, per chi l’ha osservata dall’esterno e, quindi, della riparazione.

Nell’attesa, restano altre considerazioni da fare, che vorrei condividere con te.

La prima riguarda la condizione che appare senza ritorno del nostro Paese, preso nella morsa della disperazione. Senza nessuno che sappia indicare una via d’uscita alla crisi etica che vive e che ha come conseguenza una crisi economica che si trascina da molti anni. Molti affermano che sia la crisi economica a determinare il declino, non considerando che non esiste alcun esempio nella storia dell’umanità di società che siano morte per ragioni di carattere economico. Le società muoiono, invece, quando vengono meno i princìpi di carattere etico, che corrispondono a quelle regole del diritto naturale che sono scritte nell’animo di ciascun uomo.

Un esempio, forse il più eclatante, è costituito dal numero delle morti che di anno in anno crescono in percentuale e in numeri assoluti, rispetto ai nati. In quarant’anni, l’aborto e i sistemi contraccettivi di massa hanno prodotto una società vecchia, che non fa più figli, che disprezza l’istituto familiare, equiparandolo a improbabili unioni di fatto e – quel che è più grave – auspicando che la popolazione che manca sia sostituita da masse di uomini che provengono da altre culture, da altre storie, da altre tradizioni, incompatibili e non integrabili con quelle delle società occidentali.

Un altro esempio attiene al destino dei nostri figli, che nel numero di circa 200mila ogni anno, si vedono costretti ad abbandonare l’Italia, per inseguire il loro futuro in altri Paesi.

S’inseguono e si organizzano – questa è la seconda considerazione – modelli di globalismo astratti, al servizio di élite, che disprezzano i popoli, i loro bisogni, le loro necessità, la loro legittima richiesta di sovranità, presi come sono dalle loro ansie di potere e di denaro.

Si avvalgono, queste élite, di un sistema bancario che in Italia – ma anche in altri Paesi – ha dimostrato da decenni la necessità di una profonda riforma.

Il caso della Banca Popolare di Bari, che il Governo decide di salvare e di nazionalizzare durante una notte – senza peraltro che risulti la richiesta di un parere alla Banca d’Italia e alla BCE – investendo un miliardo di euro, è solo l’ultimo di una serie impressionante di fallimenti evitati a spese dei cittadini italiani. La vicenda più clamorosa è quella che riguarda il Monte dei Paschi di Siena, ma ci sono anche i casi di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza. Analisi allarmate circolano su Unipol e Carige. Secondo una ricerca condotta dall’Ufficio Studi di Mediobanca nel 2017, applicata sui bilanci di circa 500 banche italiane, il dato è il seguente: sono 114 le banche a rischio (1 su 5), in cui vi è un eccessivo ammontare di crediti deteriorati, al di sopra del valore del patrimonio netto tangibile. La banca procede nella sua attività nella consapevolezza che il fatturato sarà in perdita. Scenario che riguarda la quasi totalità delle banche, il cui rapporto sofferenze/patrimonio supera il 100% del capitale.

Il sistema economico-produttivo è attanagliato da una corruzione dilagante, che riguarda soprattutto la pubblica amministrazione e alla quale concorrono non solo le organizzazioni criminali - che operano attraverso l’apporto decisivo di ampi settori della politica e con l’appoggio diretto della massoneria, come dimostra l’ultima, imponente operazione condotta dal Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri – ma anche un’ampia parte della cosiddettà società civile.

La politica – la più alta forma di carità, come la definiva Paolo VI - è del tutto incapace di affrontare e governare questi fenomeni, che si espandono come una metastasi, con una forza pervasiva senza precedenti.

In questo contesto – ormai privo di guide spirituali – l’individuo si sente smarrito e insegue i modelli di comportamento che la modernità gli propone: il consumismo, il fascino del potere, l’irresponsabilità. Si parla di Nuovo Umanesimo e di Fratellanza Universale in un mondo che non coltiva la metafisica ed ha abbandonato Dio, utilizzando categorie umane al posto di quelle spirituali. Come insegna San Paolo, solo in Cristo e per Cristo si possono ricapitolare tutte le cose. Solo Cristo è la caparra della nostra eredità.

All’umanità non occorre un Nuovo Umanesimo. Occorrono uomini e donne nuovi, che sappiano coltivare ed esercitare le loro virtù spirituali in tutti gli ambiti della loro vita. Che costituiscano un esempio da imitare per le nuove generazioni, che accettino la sfida del coraggio e della Verità, che sappiano distinguere il Bene dal Male e che soprattutto si abbandonino alla volontà di Dio e ai Suoi misteriosi disegni, che riguardano ciascuno di noi.

Sono certo, caro Alberto, che procederai nella tua vita su questi binari, in comunione spirituale con chi, anche da lontano, ti ha conosciuto e ti vuole bene.

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