Diocesi di Roma

«Noi preti siamo esausti di tutto questo caos che la nostra diocesi sta vivendo da anni ormai». Sono le parole di un prefetto della diocesi di Roma amareggiato per quanto sta accadendo fra le mura del Palazzo Apostolico Lateranense. «Voi fate bene a pubblicare – continua – anche perché è l’unico modo per poter venire a conoscenza della Verità».

La diocesi del Papa non viveva un clima del genere da moltissimi anni. I sacerdoti sono esausti e ci tengono a sottolineare che mentre il Papa si accanisce contro di loro, all’interno del Vicariato c’è chi continua a intessere i fili di una tela che di certo non porterà alcun beneficio alla diocesi.

Eppure, il Pontefice ha iniziato a farsi guidare da personaggi incompetenti nell’opera di riforma del Vicariato. La Costituzione Apostolica In Ecclesiarum Communione è piena di problemi giuridici e per questo vi sono difficoltà nell’applicazione pratica. Il Regolamento Generale del Vicariato di Roma ha talmente tante criticità che non è ancora stato reso pubblico. Nonostante questo, però, è stato approvato ed è in vigore. Chi lo dovrebbe rispettare non ne conosce neppure il contenuto. Si parla ancora di riforma ma che riforma è questa? Si sono introdotti laici all'interno di luoghi di governo. La maggior parte di queste persone arrivano perchè "amici degli amici". Le loro competenze sono praticamente nulle ed hanno iniziato ad agire in Vicariato come se si trattasse di una azienda. La curia, però, non può essere una azienda e sembrava che chi indossa lo zucchetto bianco fosse un promotore della pastorale, no? Ci siamo ritrovati a trasformare lo Stato della Città del Vaticano in una Srl e tutti gli annessi e connessi in una sorta di succursali. 

Il vescovo iracondo

A proposito di questo sistema non si può non parlare di Daniele Libanori, vescovo ausiliare della diocesi di Roma per il settore centro, il quale fomentò uno scontro con Nunzio Galantino per potersi assicurare una casa "molto carina" con tanto di soffitto e cucina. A San Giuseppe dei Falegnami il vescovo gesuita ha voluto una casa per sacerdoti. Il problema è che i preti di Roma non ci vanno perchè hanno sviluppato una allergia agli ambienti tossici dove si critica qualunque cosa piuttosto che creare fraternità. 

Inutile discutere, il problema per Daniele Libanori è Silere non possum. Lo ha ribadito venerdì 23 febbraio 2024 durante il consiglio episcopale della diocesi.

Il gesuita non ha alcuna intenzione di interrogarsi su ciò che lui e Renato Tarantelli stanno facendo da mesi nel Palazzo ma è assolutamente convinto che la soluzione a tutti i danni della diocesi sia mettere a tacere il sito di informazione “che i preti leggono troppo”.

Dopo aver ricevuto completa indifferenza all’interno del consiglio episcopale dove aveva fatto mettere all’ordine del giorno la “questione Silere non possum”, Libanori è tornato all’attacco lunedì 26 febbraio 2024 al consiglio presbiterale.

In quella occasione si è scagliato contro i preti dicendo loro che sono troppo concentrati sulle questioni caritative e poco su quelle teologiche. Il ragionamento è andato poi a battere sempre lì: “non dovete leggere Silere non possum”.

È proprio lì che alcuni membri del Consiglio hanno fatto presente al “gesuita iracondo” che “se non fosse per Silere non possum noi saremmo all’oscuro di tutto”.

Siamo sempre alle solite. Pensiamo a persone che sono malate e la loro malattia è in uno stato avanzato. Secondo voi queste si concentreranno nell’attaccare o mettere a tacere una rivista che parla della patologia oppure si adopereranno per combattere il virus?

Si tratta di un problema che molti sacerdoti evidenziano in numerose realtà, non solo qui in Vaticano o nella diocesi di Roma. Siamo pieni di chiacchieroni (laici e chierici) che parlano di Silere non possum ma non si concentrano sul problema che viene evidenziato. Nulla di nuovo sotto il sole, si tratta di una strategia psicologica di sopravvivenza. È chiaro che focalizzarsi sui problemi affettivi, sentimentali, della formazione presbiterale, di potere, ecc… è cosa troppo ardua per qualcuno. Meglio continuare a chiacchierare, nel frattempo vanno avanti per inerzia e nella loro infelicità trascinano con sé tanti altri.

Libanori contro i preti

Addirittura, il vescovo ausiliare pensa di poter dire ai preti cosa possono o non possono fare,cosa possono o non possono leggere, quanti soldi devono o non devono versare.

Libanori ha portato un clima irrespirabile in Vicariato e anche all’interno del presbiterio di Roma. Le sue giornate nel Palazzo Lateranense sono un via vai continuo dall'Ufficio di Renato Tarantelli e da quello di Baldo Reina. La soluzione di Francesco, però, non è stata quella di spedirlo in Burkina Faso ma ha preso Riccardo Lamba e lo ha silurato ad Udine senza neppure comunicarglielo personalmente. Il vescovo di Roma non ha neppure la delicatezza di convocare un suo collaboratore ed ausiliare prima di nominarlo ad una sede arcivescovile a 600 km di distanza dall’Urbe. Si tratta di un inizio. Altre valige sono in programma. 

I sacerdoti del settore centro non lo possono più sopportare e la maggior parte dei rettori lo evitano anche agli incontri programmati. Nella riunione del 25 gennaio 2024 ha addirittura chiesto ai parroci 50 euro per la propria carità perché a suo dire non avrebbe sufficienti risorse.

Un monsignore della Curia Romana guarda al Palazzo Lateranense e afferma: « Il problema non è certo chi racconta quanto accade, il problema è ciò che accade. Silere non possum dice la Verità e la dice con un linguaggio che noi tutti comprendiamo. Senza mezzi termini, senza specchietti per le allodole» e ancora «i giornali guardano agli scandali che possono interessare la società ma silere parla di tematiche che riguardano la nostra vita di tutti i giorni e ciò che spaventa è che non ha “protetti” o “nemici”. Se sbagli, sbagli».

Uno dei prefetti della diocesi di Roma ha ribadito: «Perché il Papa non interviene? Perché il Papa non prende visione di questi documenti, dei carteggi che Renato Tarantelli continua a scambiarsi con Baldo Reina e Libanori e prende in mano la situazione? Questa non è una lotta nella quale qualcuno deve uscirne perdente e qualcun altro vincitore. Queste persone, invece, stanno agendo proprio come se si dovesse favorire uno e avversare l’altro».

Ed è per questo che in questi anni c’è chi ha guardato soddisfatto, da Santa Marta, tutte le liti che avvenivano al Laterano. Il motto è sempre lo stesso: «Divide et impera». 

d.L.E.

Silere non possum