
Viganò accusa Brandmüller di un "atteggiamento legalista" che (in linea di principio) considera inconcepibile che un Concilio possa sbagliare.
Viganò spiega che i rivoluzionari hanno usato nel Vaticano II l'etichetta "concilio" per imporre le loro eresie "con intenzione dolosa e con finalità eversive.”
Viganò cita don Edward Schillebeecks (+2009), uno dei teologi più attivi durante il Vaticano II, che ha detto sui documenti del Concilio: "Ora lo diciamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio ne trarremo le conseguenze implicite.”
Da ciò, Viganò conclude che l'espressione "ermeneutica e sospetti" serve a denigrare chi "denuncia la frode conciliare" anche se "l'etichetta 'Concilio' apposta sulla confezione non ne rispecchia il contenuto.”
Viganò considera il Vaticano II "una astutissima opera di inganno di persone notoriamente infette di modernismo e non di rado traviate anche nella condotta morale".
Viganò osserva che "l'albero si giudica dai suoi frutti, e non basta parlare di primavera conciliare per nascondere il rigido inverno che attanaglia la Chiesa.”
Riprendendo l'argomentazione neoconservatrice che "il Concilio non ha cambiato nulla della nostra Fede", Viganò conclude che, se questo è vero, i neoconservatori possono anche tornare al Catechismo di Pio X o al Messale di Pio V.
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