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Il dott. David Prentice parla del dolore e dell’umanità del “feto”. Video di repertorio. Il circuito neuronale di attenuazione del doloreLa scienza è piuttosto chiara su questo punto – ha detto …Altro
Il dott. David Prentice parla del dolore e dell’umanità del “feto”. Video di repertorio.

Il circuito neuronale di attenuazione del dolore

La scienza è piuttosto chiara su questo punto – ha detto Prentice –. La vera scienza ha dimostrato in maniera pressoché definitiva che i bambini in utero a venti settimane, e probabilmente anche prima, sono effettivamente in grado di sentire il dolore e, di fatto, possono avvertire un dolore più intenso rispetto a un neonato o un adulto”. Questo è dovuto al loro stadio di sviluppo, infatti – spiega il dottore – a questo punto del processo di crescita il bambino “ha una maggiore densità di recettori nervosi e, come si sa, la sua pelle non è molto spessa”, ma – aggiunge – “c’è anche un altro aspetto”: non si è ancora sviluppato il circuito neuronale discendente che provvede a garantire un’attenuazione del dolore. Sappiamo infatti che “esiste una sorta di percorso che attenua il dolore. Se colpisco il pollice con un martello, io sentirò dolore perché la sensazione dolorosa sale al cervello, ma c’è anche un circuito di ritorno che mira a smorzarlo”. Ebbene, questo meccanismo di inibizione del dolore “non si sviluppa fino alla nascita” per cui il bambino in grembo non ha modo di “avvalersi di questa attenuazione del dolore”.

La risonanza magnetica funzionale rivela: nei neonati dolore 4 volte più intenso

A dimostrazione di questo fatto, il dott. Prentice ha citato uno studio reso noto a maggio 2015 “che ha confrontato l’esperienza di dolore dei neonati (da uno a sei/sette giorni di vita) con quella degli adulti e i giornali hanno titolato: ‘I bambini sentono dolore come gli adulti e lo sentono più intensamente’”. “Lo studio – continua Prentice – ha concretamente osservato come reagivano le regioni del cervello associate al dolore, rispetto a sensazioni non propriamente dolorose, come una leggera pressione con la punta di una matita sulla pianta del piede del bambino. Molti neonati hanno dormito durante l’intera procedura, mentre si trovavano all’interno della macchina della risonanza magnetica funzionale (MRI), una tecnologia molto sofisticata, e poi hanno fatto la stessa cosa con gli adulti per vedere la loro risposta”. Ebbene, lo studio ha rilevato che “nei neonati si sono illuminate 18 su 20 regioni del dolore, le stesse 18 su 20 che si sono illuminate negli adulti”, ma nei piccoli si è registrata “una sensibilità 4 volte più elevata”. Questo conferma che a pochi giorni dalla nascita “la risposta di attenuazione del dolore non si è ancora sviluppata, e ci vorranno ancora mesi dopo la nascita prima che essa giunga a maturazione”.

Ora, ritorniamo al bimbo nel grembo materno mandando “indietro l’orologio a cinque mesi dal concepimento: è appena oltre la metà dello sviluppo nell’utero della madre. Non ha ancora sviluppato minimamente la risposta di attenuazione del dolore… il dolore è quindi molto intenso. Non sappiamo esattamente quanto, ma molto più intenso rispetto a quello che potrebbe percepire un adulto”, pertanto, se fosse abortito, il bambino sentirà in maniera fortissima e amplificata tutto il dolore tremendo di quell’aborto.

Le motivazioni faziose e antiscientifiche degli abortisti

I favorevoli all’aborto dicono che non è vero che il bambino non nato senta dolore, “quello che di solito fanno – osserva Prentice -, è riferirsi a un vecchio studio del 2005 che, di fatto, è stato pubblicato da persone legate a Planned Parenthood (il più grande ente abortista degli Stati Uniti e del mondo) e ad altri fornitori di servizi abortivi”. Si tratta perciò di uno studio che pecca di assoluta parzialità, forse perché ci sono degli interessi in gioco? Oggi sappiamo quali vantaggi economici derivino dagli aborti tardivi, grazie ai video realizzati con telecamera nascosta dal Center for Medical Progress che ha portato alla luce il business degli organi dei bambini abortiti da parte di Planned Parenthood. Quest’ultima ha tutto da guadagnarci dagli aborti tardivi, perché in questo caso gli organi dei bimbi sono meglio formati e quindi generano profitti più remunerativi.

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