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FINE VITA E PROPOSTA DI LEGGE SULLE DAT On. GIGLI: “CONTRO L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO NON ERA NECESSARIA UNA LEGGE. FINE VITA. GIGLI: “CONTRO L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO NON ERA NECESSARIA UNA LEGGE”Altro
FINE VITA E PROPOSTA DI LEGGE SULLE DAT On. GIGLI: “CONTRO L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO NON ERA NECESSARIA UNA LEGGE.

FINE VITA. GIGLI: “CONTRO L’ACCANIMENTO TERAPEUTICO NON ERA NECESSARIA UNA LEGGE”

Fine vita. Gigli: “Contro l’accanimento terapeutico non era necessaria una legge”
Dopo l’approvazione alla Camera del disegno di legge sul fine vita, i pro life si stano mobilitando affinché i malati gravi e terminali siano tutelati fino all’ultimo istante. Nel dibattito si inserisce anche il presidente del Movimento per la Vita, Gian Luigi Gigli, che si dice disposto al confronto con posizioni opposte alla sua e, in qualità di parlamentare, rivendica il merito di una clausola nella legge che salvaguarda l’obiezione di coscienza. La strategia del Movimento del Movimento per la Vita è stata illustrata da Gigli nella seguente intervista a Frammenti di Pace.

On. Gigli, qual è la sua opinione sul disegno di legge sul fine vita e sul divieto di accanimento terapeutico?

Se l’intenzione fosse stata quella di evitare situazioni di ostinazione terapeutica, non c’era bisogno di scomodare la legge. La medicina ha superato ogni tentazione di accanimento e, se ciò non fosse bastato, le esigenze di controllo della spesa sanitaria e l’intervento degli ordini dei medici avrebbero potuto dissuadere qualunque residua nostalgia.

Lo stesso dicasi se si fosse voluto garantire la possibilità di rifiutare l’avvio di trattamenti non desiderati. La redazione del consenso informato è obbligatoria negli ospedali e un medico non può imporre trattamenti senza ricorrere all’intervento dei carabinieri e senza esporsi a rischi e rivendicazioni.

Si è continuato a fare volutamente confusione tra malati terminali e chi, invece, non sta morendo se non è lasciato morire, perché l’obiettivo reale era evidentemente un altro: permettere l’interruzione di qualunque trattamento. Per poterlo fare si è arrivati all’assurdo di definire ex lege terapie anche l’idratazione e la nutrizione assistite, per renderle rifiutabili in qualunque momento.

Anche questo non sarebbe stato un problema, se la possibilità di sospensione fosse stata limitata ai trattamenti inappropriati, sproporzionati o troppo onerosi per il paziente, avendo per scopo l’appropriatezza clinica o il rispetto della capacità del paziente di tollerare le cure. E tuttavia idratazione e nutrizione, per quanto assistite, molto raramente hanno caratteristiche di inappropriatezza, sproporzione o eccessiva onerosità. Generalmente, inoltre, non servono a curare la patologia da cui il paziente è affetto, ma solo a tenerlo in vita.

Riconoscere un generalizzato diritto alla loro sospensione, non importa se attraverso le Dat o dietro richiesta del legale rappresentante di un soggetto incapace, significa dunque rendere possibile di affrettare la morte di una persona che non stava morendo per la sua malattia, facendolo intenzionalmente morire per disidratazione e denutrizione. Equivale cioè a legalizzare suicidio assistito ed eutanasia omissiva, all’interno delle strutture sanitarie. Un’equivalenza negata ostinatamente solo per non allarmare l’opinione pubblica.

Può spiegarci come si concretizza la vostra lotta contro l’aborto e la sterilizzazione forzata delle popolazioni de terzo mondo?

Le lobby antinataliste e le agenzie delle Nazioni Unite stanno portando avanti in tutto il mondo campagne per comprimere i tassi di fecondità delle donne dei paesi in via di sviluppo. L’obiettivo è evidente: impedire che questi paesi possano reclamare giustizia e la ridistribuzione delle ricchezze, pretendendo di sedersi al banchetto dei beni della terra. Gli strumenti per questa operazione sono ben definiti. Si tratta del cosiddetto “pacchetto della salute riproduttiva”, costituito da contraccezione, sterilizzazione e aborto. Gli agenti delle campagne sono alcune ONG finanziate dai governi europei e, fino a pochi mesi fa, dal governo americano. La più importante e nota è International Planned Parenthood, una vera industria dell’aborto. Naturalmente i fondi della cooperazione internazionale non sono ufficialmente diretti a questi scopi, ma a promuovere la salute delle donne, a contrastare la violenza contro di esse, a superare gli stereotipi di genere. Ci si serve cioè di obiettivi largamente condivisibili per veicolare il programma di morte, condizionando alla sua accettazione gli aiuti allo sviluppo. È in corso un tentativo per reintegrare i fondi venuti meno a seguito di alcune decisioni dell’amministrazione Trump. Siamo forse riusciti ad evitare che l’Italia si allineasse alle richieste in tal senso provenienti dai paesi scandinavi e dall’Olanda.

Sarebbe disponibile all’incontro e al dibattito con chi ha accompagnato Dj Fabo in Svizzera per il suicidio assistito?

Sono arrivato a fare un dibattito in lingua inglese con un medico olandese che pratica l’eutanasia… pensa che mi spaventerei per una discussione con Cappato? Io parlo con tutti e cerco di farlo sempre con argomenti razionali. Si tratta di rendere ragione della speranza.

In che modo vi opporrete se mai dovesse passare una legge sul fine vita?

Grazie alla nostra tenace opposizione, siamo riusciti a inserire nel testo della legge un passaggio che, per quanto ambiguo nella formulazione, è stato interpretato da tutti gli organi di stampa e dalla stessa relatrice come un riconoscimento implicito dell’obiezione di coscienza. Ciò detto è indubbio che il medico è esposto a possibili controversie giudiziarie, in particolare se, nell’interesse del paziente in fase acuta con prognosi ancora incerta, decidesse di disattendere le Dat e dalla sua decisione derivassero esiti negativi. Durante l’esame al Senato, faremo tutto il possibile per precisare meglio gli spazi di dissenso dei sanitari.

Questo per quanto riguarda il singolo professionista. Come Movimento per la Vita Italiano, invece, non ci asterremo certo dal nostro compito di animare il dibattito culturale, di formare le coscienze e di accompagnare l’abbandono e la solitudine che possono incoraggiare scelte contro la vita.

Quanti e quali traguardi ha finora conseguito il Movimento per la Vita?

Il Movimento per la Vita Italiano opera da quarant’anni ed è difficile fare un riassunto del lavoro svolto. Siamo stati presenti nel dibattito culturale e legislativo. Siamo intervenuti, ancora in questi giorni, in sede giudiziaria per difendere l’obiezione di coscienza. Abbiamo portato avanti grandi campagne per promuovere leggi di iniziativa popolare. Abbiamo mobilitato oltre due milioni di cittadini europei per la campagna riguardante i diritti dell’embrione umano intitolata significativamente “Uno di Noi”. Formiamo i volontari che operano nei 450 Centri di Aiuto alla Vita presenti su tutto il territorio nazionale, dei quali cerchiamo di elevarne progressivamente gli standard di qualità, attraverso corsi di formazione e offerte di servizi. Abbiamo una rete di 41 case di accoglienza per gestanti e mamme in difficoltà. Abbiamo contribuito alla realizzazione di una rete nazionale di culle per la vita. Abbiamo un servizio di emergenza, denominato SOS Vita, che rileva il disagio e lo mette in contatto con chi è in grado di rispondere ad esso attraverso una rete web e telefonica operativa 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno. Ci siamo dotati di alcuni importanti strumenti comunicativi, come il sito ufficiale www.mpv.org, il mensile di Avvenire, “Noi Famiglia & Vita”, il giornale online Sìallavitaweb, l’agenzia di notizie Vitanews, il sito giovani prolife.it, pagine Facebook, Twitter, ecc. Anche attraverso questi strumenti cerchiamo di dare voce al popolo della vita.

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