Gesù: unico Pastore (Gv 10,11)

Gv 10,11 Io sono il pastore, quello buono [o poimên o kalos] Io sono: gr. Egô eimì, è la formula di rivelazione utilizzata nell'AT per indicare il Nome di Dio (Es 3,14; Dt 32,39; Is 41,4; 43,10-11). Con questa risposta alla richiesta di Mosè di conoscere il suo nome, il Signore non fa conoscere il suo nome (identità), ma un’attività che lo rende riconoscibile: quella di essere sempre a fianco del suo popolo. Pertanto quella di Gesù non è una semplice affermazione di esistenza, ma una formula teologica con la quale Gesù rivendica la condizione divina che è cosciente di manifestare nella sua persona. Per questo può aggiungere che egli è il pastore buono. Gesù non è il “Buon Pastore”, ma “Il Pastore buono”. Questa espressione non ha nulla a che fare con le romanticheria sul "buon pastore". L’aggettivo greco kalos [lett. "bello"] indica quel che è vero, ideale, modello di perfezione (cf il vino ton kalon (Gv 2,10) e le opere kala (Gv 10,32; Gen 1,31 LXX) e viene sempre attribuito a Gesù. Nel Midrash Rabbah su Es 3,1, (II,2) il re David è descritto come "il bel pastore" [ebr. yâfeh rô'eh]. L'aggettivo buono usato dall'evangelista, non si riferisce alla "bontà" di Gesù, (per la quale l'evangelista usa àgathos, “E’ buono”, Gv 7,12), ma alla sua unicità di Pastore. Il pastore buono è il vero pastore, colui che ha il diritto di chiamarsi tale, l’unico “pastore delle pecore” (Gv 10,2; Is 63,11). Gesù, proclama se stesso l’unico pastore del gregge: Colui che era stato annunciato dal profeta Ezechiele (Ez 34,23) e cantato dal salmista, trova in Gesù la sua piena realizzazione. Per questo l'evangelista evita di applicare ad altri il titolo di pastore [poimnên]. Nella Lettera agli Ebrei, Gesù viene definito “Il grande Pastore delle pecore,[lett. quello grande]” (Eb 13,20), Gesù è l’unico pastore, che supera in grandezza tutti quanti perfino Davide e Mosè, l’unico nell’At definito pastore delle pecore” (Is 63,11). L'unica volta che nel NT appaiono i "pastori" è nella lista dei ministeri in Ef 4,11 (“altri come pastori [toys dè poiménas]). L'unicità del pastore non preclude ad altri la possibilità di partecipare al suo lavoro: - per la comunità dei credenti Cristo è l'unico pastore, il centro da cui si irradiano l'amore e la vita; - per la missione, dove i discepoli dovranno far risuonare la sua voce perché altri formino parte del gregge, Gesù è il modello di pastore la cui caratteristica sarà di dare la vita per i suoi. Come il Padre ha inviato il Figlio così egli invia i suoi discepoli ad entrare nei tanti recinti che imprigionano il gregge per trarlo fuori, anche a rischio della propria vita. Rivendicando di essere il “pastore buono” Gesù si richiama a due conosciutissimi e popolarissimi testi della storia d’Israele: la profezia di Ezechiele (Ez 34) e la prima parte del salmo 23 (1-4).

(Continua...)
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