Catechesi: "La rivelazione della Preghiera - Nella pienezza del tempo"; La Preghiera Sacerdotale; Le tre Parabole sulla Preghiera.

Nel Nuovo Testamento:
Il Nuovo Testamento presenta Gesù come Parola di Dio fatta carne (Gv 1,14). La relazione di Alleanza è ora nuova ed eterna e la preghiera trova in Cristo il mediatore universale di salvezza.
La preghiera neotestamentaria non differisce da quella dell'Antico Testamento né per la forma espressiva, né per i molteplici modi di essere. La differenza va ricercata nel fondamento cristologico: la preghiera avviene per Cristo, con Cristo e in Cristo e si rivolge nello Spirito Santo al Padre.
I battezzati nell'adesione personale a Gesù, Figlio di Dio, si uniscono alla Sua preghiera nell'invocazione al Padre (Rm 8,15; Gal 4,6). Dal momento che Gesù è in relazione intima, profonda, personale, filiale con Dio la preghiera dei cristiani esprime il loro vivere costantemente in questa relazione.
Le modalità della preghiera di Gesù sono quelle tipiche dell'ambiente giudaico in cui visse il Rabbì di Nazareth. Le caratteristiche salienti sono: la fiducia nel Padre che ascolta il Figlio (Gv 11,41-42), la confidenza (Mt 7,7-11), che genera audacia nel chiedere, certezza nell'ottenere, gioia nel compiere la volontà del Padre (Lc 22,42).
Gesù insegna a pregare principalmente con l'esempio, invitando i suoi discepoli ad imitarlo nella solitudine dei suoi ritiri (Mt 12,23; Mc 1,35; Lc 5,16).
Chiamare Dio come Padre presuppone nel cristiano la consapevolezza di essere inserito in una dimensione di fratellanza universale, di comunione fraterna. Vivere la solidarietà non solo con i fratelli nella fede, ma con gli uomini tutti è una condizione esistenziale.
L'atteggiamento che accompagna ogni inizio di dialogo con Dio è l'essere solidale con ogni uomo, giungendo fino all'amore per il nemico, alla volontà di rispondere con il bene a chi fa il male. Quando viene meno questo presupposto la preghiera si priva di energie spirituali. Se pregare significa mettersi in relazione intima e personale con Dio non deve essere possibile alcuna forma di divisione, di odio, di contrasto.
Non è possibile dialogare con Dio, che ci ha amati anche quando eravamo nemici (Rm 5,9-10) e di parlare con Lui, che non si vede, se non si è in grado di perdonare e non si vuole comunicare con il proprio fratello (Mt 5,23-24; 1Gv 4,20).
Il cristiano vive la sua esperienza di fede all'interno della comunità, la cui preghiera nella forma più dinamica diventa la liturgia. Vive nella comunità anche il culmine della preghiera: l'Eucaristia. Eppure la dimensione comunitaria non esaurisce la preghiera.
Occorre interiorizzare atteggiamenti e vivere nel proprio intimo una forte relazione con Dio (Mt 6,6), percepire la presenza amorevole e misericordiosa del Signore. La preghiera personale rappresenta l'occasione di rivolgersi al Padre con libertà e la possibilità di percepirne la vicinanza.
L'orante che pratica solo ed esclusivamente preghiera comunitaria finisce per utilizzarla come una dichiarazione di appartenenza ad una realtà, ad un gruppo. L'invito a pregare nell'intimità del proprio spazio vitale libera non solo da una possibile volontà di ostentazione o da forme di ipocrisia, ma permette l'instaurarsi di un dialogo unico, personale fatto di tenerezza, amore, voglia di donarsi.
Il cristiano quando prega non moltiplica le parole, perché è consapevole che la soddisfazione della preghiera non dipende da esse. Lui ripone tutta la sua fiducia in chi lo invita alla relazione personale ed intima: Dio (Mt 6,7-9). È Lui che conosce l'orante, le sue necessità, la sua natura.
Lo conosce così bene che se anche la coscienza di chi prega avesse qualcosa da rimproverare, il suo amore di Padre non verrebbe comunque meno ed il suo perdono non mancherebbe (1Gv 3,18-22).
Gesù esorta ad accordarsi, a compiere un avvicinamento di sentimenti e affetti con i fratelli per presentare insieme le richieste al Signore. Un invito all'unione fraterna e alla pratica comunitaria della preghiera che deve formare un cuore e un'anima sola (Mt 18,19-20).
Compiere questo gesto di apertura all'altro porta a riconoscerne i doni, le differenze e a valorizzarne le esigenze profonde. Proponendo di fare questo Gesù libera dall'eventualità di vivere la preghiera come una forma di egoismo, di solitaria soddisfazione personale.
Spinge a convertire il pensiero ed il cuore verso quelle modalità che furono da Lui stesso messe in pratica nella comunione e nella condivisione.
Pregare significa chiedere nel nome di Gesù ciò di cui si ha bisogno. In altre parole significa avere gli stessi sentimenti, gli stessi pensieri che furono in Lui. Le nostre richieste, infatti, non trasformano il disegno di amore che Dio ha su di noi, ma sono proprio i doni che Lui elargisce nella preghiera che ci trasformano.
Pregare nel Nome di Gesù diventa porre la volontà di Dio a fondamento della nostra esistenza, per questo abbiamo la certezza di essere esauditi (Gv 14,13). Chiediamo che su di noi si compia la volontà di un Padre che vuole per i propri figli ogni bene. E Dio possiede la potenza di compiere infinitamente di più di ciò che l'uomo è in grado di domandare o pensare.

Per quanto riguarda la Preghiera Sacerdotale:
La Preghiera Sacerdotale è una preghiera che Gesù pronuncia dopo l'Ultima Cena, e rappresenta il suo testamento spirituale. Esprime un amore quasi viscerale verso i discepoli, quelli presenti e anche quelli futuri. Si trova nel capitolo 17 del Vangelo secondo Giovanni.

È così chiamata sia per la sua collocazione all'inizio della storia della passione, sia per quanto affermato da Gesù stesso (Gv 17,19):

«Per loro io consacro me stesso perché siano anch'essi consacrati nella verità.»

Anche se non del tutto esatta, la denominazione di "preghiera sacerdotale" ne esprime abbastanza bene il contenuto, che è di offerta e di donazione radicale di se stesso a Dio e agli uomini.

La preghiera presenta due aspetti:

· per un verso si presenta come un'interpretazione di tutta la vita passata di Gesù;

· per un altro è come la profezia degli eventi tragici che ancora lo attendono e che daranno senso pieno a tutta la sua vicenda storica, ormai prossima alla consumazione.

Il capitolo si può dividere in tre parti, con una conclusione che può essere vista come una ricapitolazione:

· vv. 1-8 - Gesù prega il Padre per la propria glorificazione: "Padre, glorifica il tuo Figlio, perché il tuo Figlio glorifichi te" (v. 1).

· vv. 9-19 - Gesù prega per i suoi discepoli, perché siano preservati dal Maligno che opera nel mondo: "Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo" (v. 16), nel quale pur li manda per offrire a tutti occasione di salvezza.

· vv. 20-23 - è tutta aperta al futuro; c'è una preghiera anche per coloro che, per l'opera degli apostoli crederanno in Gesù: "Non prego soltanto per questi, ma anche per coloro che crederanno in me tramite la loro parola" (v. 20).

Nella ricapitolazione (vv. 24-26) Gesù chiede con autorevolezza al Padre la partecipazione di tutti i suoi discepoli, presenti e futuri, alla sua gloria: "Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria" (v. 24).

Le tre Parabole presenti nel Vangelo riguardanti la Preghiera:
Particolarmente significative sono tre parabole presenti nel Vangelo secondo Luca 11,5-13; 18,1-8.9-14. Riassumono il significato profondo e il valore della preghiera. Mettono l'accento su alcuni aspetti della relazione intima e personale con Cristo: l'insistenza con cui si chiede, la costanza che esprime il fatto che non ci deve mai stancare, l'umiltà necessaria per mettersi al cospetto del Padre.

Parabola dell’amico importuno:
Nella parabola dell'amico importuno Luca 11,5-13 presenta un breve quadretto in cui all'insistenza di una richiesta segue necessariamente la sua soddisfazione. Lo stile narrativo dell'autore rende la descrizione quanto mai efficace e le interrogative retoriche colorano la parabola di una vivacità interlocutoria tipica di chi pretende un'immediata risposta. Insistere nelle richieste ha come conseguenza l'ottenimento delle medesime.

«Bussate e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato»

diventa allora un imperativo per chi fonda la sua esistenza in Cristo. L'esortazione prende il posto del comando: chiedere con insistenza al Padre nella certezza di essere esauditi. Luca fonda un'ipotesi utilizzando il tempo verbale della certezza, il presente indicativo greco: se voi date ai vostri figli cose buone per loro e non li ingannate nelle richieste che vi fanno, il Padre celeste saprà darvi lo Spirito Santo.

Parabola della vedova importuna:
In Lc 18,1-8 la parabola della vedova importuna si presenta come una narrazione. C'era un giudice che non aveva rispetto per nessuno; abitava nella stessa città di una vedova, la quale cercava di ottenere giustizia contro il suo avversario. La povera donna non era presa in considerazione dall'uomo di legge, ma la sua insistenza alla fine la conduce ad ottenere ciò che ardentemente desidera. La molestia diventa la virtù della costanza, l'insistenza produce i frutti cercati.
L'Evangelista ci ricorda che la preghiera richiede perseveranza, continuità che non va intesa come ripetizione continua di formule o invocazioni ma come continua esistenza aperta alla comunione con Dio. Il cristiano vive nella vigilanza, nell'attesa e nel ricordo costante dell'amore di Dio, insomma nella preghiera, che gli permette di riconoscerne la presenza. L'insistenza nella sua preghiera diventa segno della sua fede.

Parabola del fariseo e del pubblicano:
Nella parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18,9-14) troviamo come tema fondamentale l'atteggiamento che il cristiano deve assumere nella preghiera. L'evangelista ci presenta anche i destinatari di questo messaggio: alcuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. L'orgoglio, il disprezzo degli altri, la sopravvalutazione di sé stessi sono tutti ostacoli alla preghiera. Sono realtà che impediscono una relazione forte, intima con il Signore.
Mettersi alla Sua presenza, il Dio tre volte santo, implica la conoscenza e il discernimento del proprio peccato. Questo riconoscimento e il conseguente atteggiamento di umiltà con cui il cristiano si mette in dialogo con Dio lo rendono giustificato. Con tale espressione si indica nel linguaggio biblico la giusta modalità di rapporto: Il Creatore e la creatura, il Padre e il figlio, il Medico e il malato, Il Santo dei Santi e il peccatore.

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Le fonti sono state prese da Cathopedia

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- CCC (da N.2598 a N.2622):
NELLA PIENEZZA DEL TEMPO

L'evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al Santo Signore Gesù come al Roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera. (CCC N.2598)

Gesù prega

Il Figlio di Dio diventato Figlio della Vergine ha anche imparato a pregare secondo il suo cuore d'uomo. Egli apprende le formule di preghiera da sua Madre, che serbava e meditava nel suo cuore tutte le “grandi cose” fatte dall'Onnipotente [Cf ⇒ Lc 1,49; ⇒ Lc 2,19; ⇒ Lc 2,51]. Egli prega nelle parole e nei ritmi della preghiera del suo popolo, nella sinagoga di Nazaret e al Tempio. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente ben più segreta, come lascia presagire già all'età di dodici anni: “Io devo occuparmi delle cose del Padre mio” (⇒ Lc 2,49). Qui comincia a rivelarsi la novità della preghiera nella pienezza dei tempi: la preghiera filiale, che il Padre aspettava dai suoi figli, viene finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua Umanità, con e per gli uomini. (CCC N.2599)

Il Vangelo secondo san Luca sottolinea l'azione dello Spirito Santo e il senso della preghiera nel ministero di Cristo. Gesù prega prima dei momenti decisivi della sua missione: prima che il Padre gli renda testimonianza, al momento del suo Battesimo [Cf ⇒ Lc 3,21] e della Trasfigurazione, [Cf ⇒ Lc 9,28] e prima di realizzare, mediante la sua Passione, il Disegno di amore del Padre [Cf ⇒ Lc 22,41-44]. Egli prega anche prima dei momenti decisivi che danno inizio alla missione dei suoi Apostoli: prima di scegliere e chiamare i Dodici, [Cf ⇒ Lc 6,12] prima che Pietro lo confessi come “il Cristo di Dio” [Cf ⇒ Lc 9,18-20] e affinché la fede del capo degli Apostoli non venga meno nella tentazione [Cf ⇒ Lc 22,32]. La preghiera di Gesù prima delle azioni salvifiche che il Padre gli chiede di compiere, è un'adesione umile e fiduciosa della sua volontà umana alla volontà piena d'amore del Padre. (CCC N.2600)

“Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e, quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare"” (⇒ Lc 11,1). Non è forse anzitutto contemplando il suo Maestro orante che nel discepolo di Cristo nasce il desiderio di pregare? Può allora impararlo dal Maestro della preghiera. È contemplando ed ascoltando il Figlio che i figli apprendono a pregare il Padre. (CCC N.2601)

Gesù si ritira spesso in disparte, nella solitudine, sulla montagna, generalmente di notte, per pregare [Cf ⇒ Mc 1,35; ⇒ Mc 6,46; ⇒ Lc 5,16]. Egli porta gli uomini nella sua preghiera, poiché egli ha pienamente assunto l'umanità nella sua Incarnazione, e li offre al Padre offrendo sé stesso. Egli, il Verbo che “si è fatto carne”, nella sua preghiera umana partecipa a tutto ciò che vivono i “suoi fratelli” (⇒ Eb 2,12); compatisce le loro infermità per liberarli da esse [Cf ⇒ Eb 2,15; ⇒ Eb 4,15]. Proprio per questo il Padre l'ha mandato. Le sue parole e le sue azioni appaiono allora come la manifestazione visibile della sua preghiera “nel segreto”. (CCC N.2602)

Gli evangelisti hanno riportato in modo esplicito due preghiere pronunciate da Gesù durante il suo ministero. Ognuna comincia con il rendimento di grazie. Nella prima, [Cf ⇒ Mt 11,25-27 e ⇒ Lc 10,21-22] Gesù confessa il Padre, lo riconosce e lo benedice perché ha nascosto i misteri del Regno a coloro che si credono dotti e lo ha rivelato ai “piccoli” (i poveri delle Beatitudini). Il suo trasalire “Sì, Padre!” esprime la profondità del suo cuore, la sua adesione al beneplacito del Padre, come eco al “Fiat” di sua Madre al momento del suo concepimento e come preludio a quello che egli dirà al Padre durante la sua agonia. Tutta la preghiera di Gesù è in questa amorosa adesione del suo cuore di uomo al “mistero della. . . volontà” del Padre (⇒ Ef 1,9). (CCC N.2603)

La seconda preghiera è riferita da san Giovanni [Cf ⇒ Gv 11,41-42] prima della risurrezione di Lazzaro. L'azione di grazie precede l'evento: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato”, il che implica che il Padre ascolta sempre la sua supplica; e Gesù subito aggiunge: “Io sapevo che sempre mi dai ascolto”, il che implica che Gesù, dal canto suo, domanda in modo costante. Così, introdotta dal rendimento di grazie, la preghiera di Gesù ci rivela come chiedere: prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a colui che dona e che nei suoi doni dona sé stesso. Il Donatore è più prezioso del dono accordato; è il “Tesoro”, ed il cuore del Figlio suo è in lui; il dono viene concesso “in aggiunta” [Cf ⇒ Mt 6,21; ⇒ Mt 6,33].
La “preghiera sacerdotale” di Gesù [Cf ⇒ Gv 17] occupa un posto unico nell'Economia della salvezza. Su di essa si mediterà nella parte conclusiva della sezione prima. In realtà essa rivela la preghiera sempre attuale del nostro Sommo Sacerdote, e, al tempo stesso, è intessuta di ciò che Gesù ci insegna nella nostra preghiera al Padre nostro, che sarà commentata nella sezione seconda. (CCC N.2604)

Quando giunge l'Ora in cui porta a compimento il Disegno di amore del Padre, Gesù lascia intravvedere l'insondabile profondità della sua preghiera filiale, non soltanto prima di consegnarsi volontariamente (Padre, ... non... la mia, ma la tua volontà”: ⇒ Lc 22,42 ), ma anche nelle ultime sue parole sulla croce, là dove pregare e donarsi si identificano: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (⇒ Lc 23,34); “In verità ti dico, oggi sarai con me in Paradiso” ( ⇒ Lc 23,43 ); “Donna, ecco il tuo figlio” “Ecco la tua Madre” (⇒ Gv 19,26-27); “Ho sete!” (⇒ Gv 19,28); “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (⇒ Mc 15,34); [Cf ⇒ Sal 22,2] “Tutto è compiuto!” (⇒ Gv 19,30); “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (⇒ Lc 23,46), fino a quel “forte grido” con il quale muore, rendendo lo spirito [Cf ⇒ Mc 15,37; ⇒ Gv 19,30 b]. (CCC N.2605)

Tutte le angosce dell'umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza confluiscono in questo Grido del Verbo incarnato. Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l'evento della preghiera nell'Economia della creazione e della salvezza. Il Salterio ce ne offre la chiave in Cristo. È nell'Oggi della Risurrezione che il Padre dice: “Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra!” (⇒ Sal 2,7-8) [Cf ⇒ At 13,33].
La Lettera agli Ebrei esprime in termini drammatici come la preghiera di Gesù operi la vittoria della salvezza: “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (⇒ Eb 5,7-9). (CCC N.2606)

Gesù insegna a pregare

Quando Gesù prega, già ci insegna a pregare. Il cammino teologale della nostra preghiera è la sua preghiera al Padre. Ma il Vangelo ci offre un esplicito insegnamento di Gesù sulla preghiera. Come un pedagogo, egli ci prende là dove siamo e, progressivamente, ci conduce al Padre. Rivolgendosi alle folle che lo seguono, Gesù prende le mosse da ciò che queste già conoscono della preghiera secondo l'Antica Alleanza e le apre alla novità del Regno che viene. Poi rivela loro tale novità con parabole. Infine, ai suoi discepoli, che dovranno essere pedagoghi della preghiera nella sua Chiesa, parlerà apertamente del Padre e dello Spirito Santo. (CCC N.2607)

Fin dal Discorso della montagna, Gesù insiste sulla conversione del cuore: la riconciliazione con il fratello prima di presentare un'offerta sull'altare, [Cf ⇒ Mt 5,23-24] l'amore per i nemici e la preghiera per i persecutori, [Cf ⇒ Mt 5,44-45] la preghiera al Padre “nel segreto” (⇒ Mt 6,6), senza sprecare molte parole, [Cf ⇒ Mt 6,7] il perdono dal profondo del cuore nella preghiera, [Cf ⇒ Mt 6,14-15] la purezza del cuore e la ricerca del Regno [Cf ⇒ Mt 6,21; ⇒ Mt 6,25; ⇒ Mt 6,33]. Tale conversione è tutta orientata al Padre: è filiale. (CCC N.2608)

Il cuore, deciso così a convertirsi, apprende a pregare nella fede. La fede è un'adesione filiale a Dio, al di là di ciò che sentiamo e comprendiamo. È diventata possibile perché il Figlio diletto ci apre l'accesso al Padre. Egli può chiederci di “cercare” e di “bussare”, perché egli stesso è la porta e il cammino [Cf ⇒ Mt 7,7-11; ⇒ Mt 7,13-14]. (CCC N.2609)

Come Gesù prega il Padre e rende grazie prima di ricevere i suoi doni, così egli ci insegna questa audacia filiale: “Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto” (⇒ Mc 11,24). Tale è la forza della preghiera: “Tutto è possibile per chi crede” (⇒ Mc 9,23), con una fede che non dubita [Cf ⇒ Mt 21,21]. Quanto Gesù è rattristato dalla “incredulità” (⇒ Mc 6,6) dei discepoli e dalla “poca fede” (⇒ Mt 8,26) dei suoi compaesani, tanto si mostra pieno di ammirazione davanti alla fede davvero grande del centurione romano [Cf ⇒ Mt 8,10] e della cananea [Cf ⇒ Mt 15,28]. (CCC N.2610)

La preghiera di fede non consiste soltanto nel dire: “Signore, Signore”, ma nel disporre il cuore a fare la volontà del Padre (⇒ Mt 7,21). Gesù esorta i suoi discepoli a portare nella preghiera questa passione di collaborare al Disegno divino [Cf ⇒ Mt 9,38; ⇒ Lc 10,2; ⇒ Gv 4,34]. (CCC N.2611)

In Gesù “il Regno di Dio è molto vicino”; esso chiama alla conversione e alla fede, ma anche alla vigilanza. Nella preghiera, il discepolo veglia attento a colui che È e che Viene, nella memoria della sua prima Venuta nell'umiltà della carne e nella speranza del suo secondo Avvento nella Gloria [Cf ⇒ Mc 13; ⇒ Lc 21,34-36]. La preghiera dei discepoli, in comunione con il loro Maestro, è un combattimento, ed è vegliando nella preghiera che non si entra in tentazione [Cf ⇒ Lc 22,40; ⇒ Lc 22,46]. (CCC N.2612)

Tre parabole sulla preghiera di particolare importanza ci sono tramandate da san Luca:
La prima, “l'amico importuno”, [Cf ⇒ Lc 11,5-13] esorta ad una preghiera fatta con insistenza: “Bussate e vi sarà aperto”. A colui che prega così, il Padre del cielo “darà tutto ciò di cui ha bisogno”, e principalmente lo Spirito Santo che contiene tutti i doni.
La seconda, “la vedova importuna”, [Cf ⇒ Lc 18,1-8] è centrata su una delle qualità della preghiera: si deve pregare sempre, senza stancarsi, con la pazienza della fede. “Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. (CCC N.2613)

La terza parabola, “il fariseo e il pubblicano”, [Cf ⇒ Lc 18,9-14] riguarda l’umiltà del cuore che prega: “O Dio, abbi pietà di me, peccatore”. La Chiesa non cessa di fare sua questa preghiera: “Kyrie eleison!”.
Quando Gesù confida apertamente ai suoi discepoli il mistero della preghiera al Padre, svela ad essi quale dovrà essere la loro preghiera, e la nostra, allorquando egli, nella sua Umanità glorificata, sarà tornato presso il Padre. La novità, attualmente, è di chiedere nel suo Nome [Cf ⇒ Gv 14,13]. La fede in lui introduce i discepoli nella conoscenza del Padre, perché Gesù è “la Via, la Verità e la Vita” (⇒ Gv 14,6). La fede porta il suo frutto nell'amore: osservare la sua Parola, i suoi comandamenti, dimorare con lui nel Padre, che in lui ci ama fino a prendere dimora in noi. In questa nuova Alleanza, la certezza di essere esauditi nelle nostre suppliche è fondata sulla preghiera di Gesù [Cf ⇒ Gv 14,13-14]. (CCC N.2614)

Ancor più, quando la nostra preghiera è unita a quella di Gesù, il Padre ci dà l'“altro Consolatore perché rimanga” con noi “per sempre, lo Spirito di verità” (⇒ Gv 14,16-17). Questa novità della preghiera e delle sue condizioni appare attraverso il Discorso di addio [Cf ⇒ Gv 14,23-26; ⇒ Gv 15,7; ⇒ Gv 14,16; 2615 ⇒ Gv 16,13-15; ⇒ Gv 16,23-27]. Nello Spirito Santo, la preghiera cristiana è comunione di amore con il Padre, non solamente per mezzo di Cristo, ma anche in lui: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (⇒ Gv 16,24). (CCC N.2615)

Gesù esaudisce la preghiera

La preghiera a Gesù è già esaudita da lui durante il suo ministero, mediante segni che anticipano la potenza della sua Morte e della sua Risurrezione: Gesù esaudisce la preghiera di fede, espressa a parole, [Il lebbroso: cf ⇒ Mc 1,40-41; 2616 Giairo: cf ⇒ Mc 5,36; la cananea: cf ⇒ Mc 7,29; il buon ladrone: cf ⇒ Lc 23,39-43 ] oppure in silenzio [Coloro che portano il paralitico: cf ⇒ Mc 2,5; l'emorroissa che tocca il suo mantello: cf ⇒ Mc 5,28; le lacrime e l'olio profumato della peccatrice: cf ⇒ Lc 7,37-38 ]. La supplica accorata dei ciechi: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi” (⇒ Mt 9,27) o “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me” (⇒ Mc 10,47) è stata ripresa nella tradizione della Preghiera a Gesù: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di me peccatore!”. Si tratti di guarire le malattie o di rimettere i peccati, alla preghiera che implora con fede Gesù risponde sempre: “Va' in pace, la tua fede ti ha salvato!”.
Sant'Agostino riassume in modo mirabile le tre dimensioni della preghiera di Gesù: “Prega per noi come nostro sacerdote; prega in noi come nostro capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, dunque, in lui la nostra voce, e in noi la sua voce” [Sant'Agostino, Enarratio in Psalmos, 85, 1; cf Principi e norme per la Liturgia delle Ore, 7]. (CCC N.2616)

La preghiera della Vergine Maria

La preghiera di Maria ci è rivelata all'aurora della Pienezza dei tempi. Prima dell'Incarnazione del Figlio di Dio e prima dell'effusione dello Spirito Santo, la sua preghiera coopera in una maniera unica al Disegno benevolo del Padre: al momento dell'Annunciazione per il concepimento di Cristo, [Cf ⇒ Lc 1,38] e in attesa della Pentecoste per la formazione della Chiesa, Corpo di Cristo [Cf ⇒ At 1,14]. Nella fede della sua umile serva il Dono di Dio trova l'accoglienza che fin dall'inizio dei tempi aspettava. Colei che l'Onnipotente ha fatto “piena di grazia”, risponde con l'offerta di tutto il proprio essere: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Fiat, è la preghiera cristiana: essere interamente per lui, dal momento che egli è interamente per noi. (CCC N.2617)

Il Vangelo ci rivela come Maria preghi e interceda nella fede: a Cana [Cf ⇒ Gv 2,1-12] la Madre di Gesù prega il Figlio suo per le necessità di un banchetto di nozze, segno di un altro Banchetto, quello delle nozze dell'Agnello che, alla richiesta della Chiesa, sua Sposa, offre il proprio Corpo e il proprio Sangue. Ed è nell'ora della Nuova Alleanza, ai piedi della croce, [Cf ⇒ Gv 19,25-27] che Maria viene esaudita come la Donna, la nuova Eva, la vera “madre dei viventi”. (CCC N.2618)

È per questo che il cantico di Maria [Cf ⇒ Lc 1,46-55] (il “Magnificat” latino, il “Megalinario” bizantino) rappresenta ad un tempo il cantico della Madre di Dio e quello della Chiesa, cantico della Figlia di Sion e del nuovo Popolo di Dio, cantico di ringraziamento per la pienezza di grazie elargite nell'Economia della salvezza, cantico dei “poveri”, la cui speranza si realizza mediante il compimento delle Promesse fatte “ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza per sempre”. (CCC N.2619)

IN SINTESI – CCC (LA RIVELAZIONE DELLA PREGHIERA - NELLA PIENEZZA DEL TEMPO)

Nel Nuovo Testamento il modello perfetto della preghiera si trova nella preghiera filiale di Gesù. Fatta spesso nella solitudine, nel silenzio, la preghiera di Gesù comporta un'adesione piena d'amore alla volontà del Padre fino alla croce e una assoluta fiducia di essere esaudito. (CCC N.2620)

Nel suo insegnamento, Gesù educa i suoi discepoli a pregare con un cuore purificato, con una fede viva e perseverante, con un'audacia filiale. Li esorta alla vigilanza e li invita a rivolgere le loro domande a Dio nel suo Nome. Gesù Cristo stesso esaudisce le preghiere che Gli vengono rivolte. (CCC N.2621)

La preghiera della Vergine Maria, nel suo Fiat e nel suo Magnificat, è caratterizzata dalla generosa offerta di tutto il suo essere nella fede. (CCC N.2622)