Gli affari della camorra a Medjugorje: speculazioni edilizie e mercato del falso
I clan controllano il mercato degli oggetti sacri «taroccati» e dell’abbigliamento con le grandi griffe falsificate. Ma il business è legato alle costruzioni: così si riciclano milionidi Fabio Postiglione
I contatti con i bosniaci
Ecco il business sul quale ha messo da tempo le mani la camorra napoletana e in particolare due dei clan che negli anni hanno fatto affari con i bosniaci: gli Zaza di San Giovanni e i Mazzarella di Poggioreale e piazza Mercato. Dell’altro giorno l’allarme riportato da un settimanale cattolico polacco. L’arcivescovo di Varsavia-Praga, Henryk Hoser della parrocchia di Medjugorje, inviato papale al santuario della madonna, ha fatto riferimento a infiltrazioni della camorra in quel territorio della ex Jugoslavia. «Da un lato, incontriamo migliaia di giovani che usano il sacramento della penitenza e della riconciliazione — ha detto —. D’altra parte, bisogna essere consapevoli che a causa del massiccio afflusso di pellegrini, questo posto è penetrato dalle mafie, tra cui quelle del Napoletano, che conta sui profitti». Che la denuncia arrivi direttamente dal Vaticano dimostra la gravità della situazione.
Oggetti contraffatti
Ma quali sono questi affari che permettono ai malavitosi nostrani di speculare anche sulla fede e di essere citati addirittura da un uomo di papa Francesco? Innanzitutto il falso. Lungo la via che porta alla scalata della collina delle apparizioni della madonna sembra di essere alla Duchesca, nel mercatino rionale del «pezzotto». La manifattura degli oggetti contraffatti esposti alla vendita è perfetta e l’unica differenza con i modelli originali sembra essere il prezzo: 30 euro per un paio di scarpe, da 20 ai 25 per jeans, maglioni e borse, 10 euro per un foulard marcato Fendi. Fonti accreditate riferiscono che la merce ha un’unica rotta ed è quella che arriva dal porto di Dubrovnik, a sud della Croazia al confine con il Montenegro e la Bosnia, uno dei posti più vicini alle coste italiane. È lì che negli anni si è consolidata l’alleanza tra i napoletani, che gestiscono da sempre il falso, ovvero gli Zaza, i Mazzarella, e gli slavi. Negli anni Novanta i patti erano sui traffici di sigarette di contrabbando, poi nel Duemila si sono trasformati nei traffici di armi. Infine quelli super redditizi dell’eroina. Le comunicazioni tra le consorterie criminali sono attive da oltre tre decenni e i controlli ai confini sono molto labili. Basta, a volte, nascondere banconote nei documenti di riconoscimento alle frontiere per riuscire a passare indenni ai controlli.
La speculazione edilizia
L’altro grande affare che ruota attorno al terzo santuario Mariano più importante della Cristianità è la speculazione edilizia per la costruzione di piccoli alberghi da venti camere ognuno, e qui girano i soldi dei casalesi, «maestri» nel nascondersi in attività illecite. Una forte tendenza alla corruzione, la possibilità di costruire con estrema facilità e il continuo afflusso di turisti (solo dall’Italia ne arrivano un milione all’anno per un affare di 11 miliardi di euro) fa di Medjugorje l’isola felice per il riciclaggio. Gli investigatori napoletani sanno che per ogni cento euro investiti in quelle zone il ritorno è di seicento in un solo anno. La corsa all’affare si è poi amplificata quando l’anno scorso è fallita la Balkan Express, la compagnia aerea che era stata autorizzata ad atterrare nell’ex aeroporto militare di Mostar che dista meno di 50 chilometri dal santuario. Adesso si atterra a Spalato e la distanza sfiora i 200 chilometri. La gestione dei trasporti via terra è diventata un altro business: ogni aereo di pellegrini versa non meno di 150 euro a tratta.