Abramo
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Piamente spirato: abate Pancrazio Winiker OSB

(nella foto: il compianto abate Pancrazio Winiker OSB)

Venerdì 25 ottobre scorso moriva piamente nel monastero di Disentis/Mustér (Grigioni, Svizzera) l'abate emerito Dom Pancrazio Winiker, il decano di due abati emeriti, un unicum nella storia del monastero e felicemente ritiratosi in operosa e discreta pensione dal Duemila, dopo aver svolto per dodici anni la missione di abate in tempi non facili da gestire e per certi frangenti assai tempestosi.

L'abate amabile ed amato dalla comunità e dai fedeli ha seguito fedelmente il motto abbaziale " Pax et gaudium", raccogliendo fiducia, ammirazione e gratitudine dai monaci, dai confratelli, dagli studenti della scuola monastica e dagli amici del convento.

Cittadino di Triengen (Lucerna), nacque il sedici dicembre 1925 a Beromünster e frequentò le scuole a Hitzkirch ove si venera il giovane martire romano, san Pancrazio al quale si ispirerà il giorno dei voti solenni a Disentis/Mustér. La vita monastica lo affascinava quale studente di teologia a Lucerna e preferì abbandonare le verdi e feconde pianure lucernesi attratto dalla montagna per esser così in sintonia con san Benedetto che "amabat montes".

Nel convento desertino vi entrò nel 1942 per ottenere la matura ed entrare nel noviziato e cinque anni dopo emise solennemente i voti. Nel giorno dedicato a san Pancrazio, il dodici maggio 1951 fu ordinato sacerdote e si dedicò con fervore, costanza e fedeltà alla regola monastica ed alla vita comunitaria vissuta intensamente con generosità e slancio giovanile. La cella, il coro e la scuola furono il fulcro della sua vita esemplare diventando - come il suo successore Dom Vigilio Monn ha evidenziato davanti le sue spoglie mortali - un esempio edificante per i conventuali.

Alla scuola gli affidarono le discipline che non gli erano congeniali, la matematica e la geografia, ma sappiamo che in monastero vige la sentenza di san Benedetto: "Obedientia sine mora", un'obbedienza senza indugio. L'abate Pancrazio coltivò il canto gregoriano e la musica, diventando maestro di cappella e direttore del coro degli studenti. Lo abbiamo ammirato sovente a dirigere il coro dei monaci nel proporre il canto gregoriano o in tuornée con il coro ad eseguire concerti di prestigio o di musica sacra o classica.

La sua persona emetteva una tale fine sensibilità ed amabilità che affascinava ed edificava. Ebbe il merito di organizzare concerti sopratutto nel tempo estivo e ci confidava che i suoi parenti lucernesi, imprenditori erano sempre disponibili a sostenerlo. Alla morte dell'abate Dom Victor Schönbächler fu acclamato nuovo abate, il sessantaquattresimo, incarico che lo impegnò per dodici anni, dal 1988 al 2000 quando raggiunse i canonici settantacinque anni. Per la comunità per la quale in antecedenza fu vice-priore e maestro dei novizi, fu un monaco che seguì la massima di san Benedetto, desideroso di "soli Deo placere".

Ceduto il pastorale al successore Dom Dr. Daniel Schönbächler si recò a Gerusalemme per tornare poi a Disentis/Mustér e dedicarsi alla predicazione degli esercizi soprattutto nei monasteri femminili e rendendosi disponibile per la cura d'anime. Fra l'altro ha avuto frequenti contatti con la monastero di Claro (Ticino).

In ossequio allo stemma aveva consacrato una campana nell'anno giubilare dedicata alla pace e per la pace religiosa si prodigò per ricomporre i ranghi in tempi movimentati e burrascosi che il compianto Mons. Eugenio Corecco, vescovo di Lugano, definiva "una naturale catarsi per la diocesi".

Un particolare della vita dell'abate Pancrazio: Un cappellano benedettino in una chiesa suffraganea di Disentis/Mustér lo aveva invitato per celebrare un pontificale, ma si era scordato di avvisare la gente. L'abate é pronto, parato e festonato con le insegne abbaziali ma la chiesa è deserta: non c'era nessuno.

Per il giorno della sua sepoltura frattanto furono presenti il vescovo ausiliare di Coira Mons. Mariano Eleganti, il canonico Casetti, delegato di Mons, Vitus Huonder, ben cinque abati, il clero e numerosi fedeli che stipavano la chiesa e ciò meritatamente.

Ed ora lo immaginiamo lassù dove - per dirla con lo spagnolo Antonio Gaudi - " saremo tutti coristi", circondato da "una moltitudine che nessuno poteva contare" ( Apoc. 7,9).

Don Ignazio Pally, Ruschein