Catechesi sulle Parabole: La Parabola del banchetto di nozze.
La Parabola del banchetto di nozze:
2 «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.
3 Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
4 Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”.
5 Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;
6 altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7 Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
8 Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
9 andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.
10 Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
11 Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale.
12 Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì.
13 Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
14 Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». (Matteo 22,2-14)
15 Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». 16 Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. 17 All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. 18 Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. 19 Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. 20 Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. 21 Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. 22 Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. 23 Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. 24 Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”». (Luca 14,15-24)
Insegnamento - Messaggio teologico:
Rifiuto del Figlio di Dio da parte di Israele, chiamata dei pagani.
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La parabola del banchetto di nozze o parabola della gran cena è una parabola che l'evangelista Matteo (22,2-14) condivide con l'evangelista Luca (14,15-24).
L'evangelista Matteo completa la parabola con la scena dell'uomo senza abito nuziale; questo particolare e la diversità del contesto nei due evangelisti fanno sì che le due redazioni abbiano sfumature di significato diverse.
Contesto e significato
In Luca
In Luca la parabola ha una forma più semplice che in Matteo. Il contesto in cui Luca la presenta è quello dei banchetti conviviali di Gesù con i pubblicani e i peccatori, banchetti nei quali egli accoglieva anche poveri ed emarginati; la parabola è quindi un'apologia dell'operare di Gesù: il Regno di Dio, inaugurato nella sua missione, doveva essere annunziato proprio a i poveri e ai peccatori. Forse Gesù la raccontò proprio durante un convito, come lascia intendere la collocazione attuale nel terzo Vangelo: prima della parabola l'evangelista riporta la guarigione dell'idropico durante un banchetto (14,1-6), gli insegnamenti di Gesù sul non scegliere il primo posto (14,7-11) e le raccomandazioni su chi bisogna invitare 14,12-14).
In Luca il protagonista della parabola è un gran proprietario terriero, che esigeva dai contadini quanto gli spettava del frutto della vigna.
Si pensa che la forma presentata da Luca sia più vicina a quella originaria, anche se è difficile ricostruire l'esatto tenore originale.
In Matteo
In Matteo la parabola è più elaborata, e il contesto è diverso. La parabola fa seguito a quella dei due figli (21,28-32) e a quella dei vignaioli omicidi (21,33-46): con esse delinea un quadro di rottura e costituisce una predizione del castigo d'Israele per aver respinto, con il rifiuto del Vangelo portato da Gesù, l'invito alle nozze messianiche. Se nella parabola precedente il castigo era minacciato (21,41), ora ne è predetta l'attuazione con la distruzione della città (22,7). La parabola ha quindi un significato simile a quello della parabola dei lavoratori della vigna e a quello della parabola della pecorella perduta: è rivolta ai critici e ai nemici di Gesù che hanno rifiutato l'invito ad entrare nel Regno di Dio.
Matteo avrebbe rielaborato fortemente la parabola per riadattarla al contesto di conflittualità tra la Chiesa e la sinagoga; ciò appare dal fatto che la gran cena di Luca, allestita da un ricco signore, diventa in Matteo un banchetto nuziale preparato da un re splendido e munifico per le nozze del figlio; ciò esprime la gratuità del regno di Dio, cui sono invitati con insistenza anzitutto gli israeliti:
- il primo invito, fatto per mezzo dei servi (22,3), alluderebbe alla chiamata di Israele per mezzo dei profeti;
- la seconda chiamata (vv. 4-6) potrebbe alludere alla missione degli apostoli;
- la terza (vv. 8-10) riguarda certamente l'invito rivolto ai pagani.
La parabola ha così qui un significato escatologico ed allegorico trasparente:
- il gran re è Dio;
- il banchetto indica il suo regno nelle nozze eterne;
- il figlio designa Gesù, il Figlio di Dio.
In Matteo, poi, la parabola ha una seconda parte (vv. 11-14); si tratterebbe di un'altra composizione, aggiunta dall'evangelista a scopo parenetico.
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Le fonti sono state prese da Cathopedia
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