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Cina, donna al nono mese costretta ad abortire insieme ad altre tre per la legge sul figlio unico

Le donne uigure, alle quali in teoria non si applica la legge comunista sul figlio unico, sono sei. Una sta aspettando di essere operata, l’altra è sfuggita alle autorità

La legge sul figlio unico è stata formalmente allentata la scorsa settimana dal Partito comunista ma questo non ha fermato le violazioni e le irregolarità che continuano a verificarsi in Cina. Come riporta Radio Free Asia (Rfa), quattro donne uigure dello Xinjiang sono state costrette dalle autorità ad abortire, nonostante la legge sul figlio unico non valga almeno in teoria per le minoranze etniche.

TUTTO PIANIFICATO. Le quattro donne facevano parte di un gruppo di sei per le quali la prefettura di Hotan aveva programmato l’aborto forzato. «Abbiamo pianificato sei aborti forzati, quattro di questi sono già stati portati a termine», ha dichiarato candidamente a Rfa Eniver Momin, vicesindaco della città di Arish.
«Un’altra donna sta aspettando in ospedale l’interruzione di gravidanza mentre un’altra donna è scappata prima del processo». La locale Commissione per la pianificazione familiare ha dichiarato di avere solo eseguito gli ordini che chiedono di applicare la legge sul figlio unico.

PRESUNTA RIFORMA. Secondo le nuove norme decise al Terzo Plenum e ratificate settimana scorsa, una coppia potrà avere due figli se uno dei due genitori è a sua volta figlio unico. Fino ad oggi potevano avere due figli solo le coppie che abitano in territori rurali e quelle nelle quali entrambi i genitori sono figli unici. Secondo lo stesso vicedirettore della Commissione per la pianificazione familiare Wang Pei’an, però, la «riforma riguarda poche famiglie e non è niente di che».

ABORTO FORZATO AL NONO MESE. Memettursun Kawul è sposato a una delle donne costrette ad abortire nello Xinjiang. L’aborto forzato è avvenuto quando la moglie era già al nono mese: «Abbiamo detto che potevamo pagare una multa tra i 50 mila e i 100 mila yuan (circa 6.000-12.000 euro), ma non ce l’hanno permesso. A novembre siamo scappati ma la polizia ci ha trovati la scorsa settimana e hanno portato mia moglie all’ospedale».
Qui le hanno iniettato un veleno e una medicina per farla abortire ma quando è avvenuta la gravidanza indotta il bambino era ancora vivo. «Piangeva quando è nato, l’ho subito portato in un altro ospedale», rivela ancora il padre a Rfa. «I dottori hanno provato a salvarlo ma a causa del veleno è morto un’ora dopo la nascita».

ARRESTI E TORTURE. Il marito di un’altra donna, costretta ad abortire al quarto mese, afferma di essersi nascosto con la moglie ma di essere stato scovato sabato dai membri della Commissione per la pianificazione familiare. Portato in prigione e torturato, è stato costretto ad acconsentire all’aborto forzato.
L’etnia uigura è principalmente musulmana e vive nello Xinjiang, dove si sono verificati diversi incidenti con le autorità comuniste che cercano di farli scomparire favorendo l’etnia Han. Per questo motivo, alcuni gruppi estremisti si sono resi responsabili di attentati contro i simboli del potere di Pechino.

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