«Io sono il BUON PASTORE»: uno dei discorsi più toccanti di Gesù (M. Valtorta)
Quando uno viene a dare alle pecore di Dio altre indicazioni, o cerca traviarle portandole ad altre dimore e ad altre vie, non è il buon Pastore, ma è un pastore idolo. E così, chi non entra dalla porta dell’ovile, ma cerca di entrarvi da un’altra parte scavalcando il recinto, non è il pastore ma un ladro e un assassino che vi entra con intento di rubare e di uccidere, perché gli agnelli predati non abbiano voce di lamento e non richiamino l’attenzione dei guardiani e del pastore. Anche fra le pecore del gregge d’Israele cercano di insinuarsi dei falsi pastori per traviarle fuori dai pascoli, lontane dal Pastore vero. E vi entrano disposti anche a strapparle dal gregge con la violenza, e all’occorrenza sono anche disposti ad ucciderle e colpirle in tante maniere, perché non parlino dicendo al Pastore le astuzie dei falsi pastori né gridino a Dio di proteggerle contro i loro avversari e gli avversari del Pastore.
Io sono il buon Pastore e le mie pecore mi conoscono, e mi conoscono coloro che sono in eterno i portinai del vero Ovile. Essi hanno conosciuto Me e il mio Nome e lo hanno detto perché fosse noto ad Israele, e mi hanno descritto e preparato le mie vie, e quando la mia voce si è udita, ecco che l’ultimo di essi mi ha aperto la porta, dicendo al gregge in attesa del vero Pastore, al gregge stretto intorno al suo bastone: “Ecco! Questo è Colui di cui ho detto che viene dietro di me. Uno che mi precede perché esisteva prima di me ed io non lo conoscevo. Ma per questo, perché siate pronti a riceverlo, sono venuto a battezzare con l’acqua, affinché fosse manifestato in Israele”. E le pecore buone hanno sentito la mia voce e, quando le ho chiamate per nome, esse sono accorse e le ho condotte meco, così come fa un vero pastore noto alle pecore che lo riconoscono alla voce e lo seguono dovunque egli vada. E quando le ha fatte uscire tutte, cammina davanti ad esse, ed esse gli vanno dietro perché amano la voce del pastore. Mentre non vanno dietro ad uno straniero, ma anzi fuggono lontano da lui perché non lo conoscono e lo temono. Io pure cammino davanti alle mie pecore per segnare loro la via ed affrontare per primo i pericoli e segnalarli al gregge, che voglio condurre in salvo nel mio Regno (...).
In verità, in verità Io vi dico che (...) Io, Io soltanto sono la Porta dell’ovile dei Cieli. Chi non passa da Me non può entrare. È vero. Ci sono stati altri falsi Messia, e altri ancora ce ne saranno. Ma l’unico e vero Messia sono Io. Quanti sin qui sono venuti, dicendosi tali, non lo erano, ma erano soltanto ladri e briganti. E non solo quelli che si facevano chiamare Messia da pochi del loro stesso animo, ma anche altri ancora che, senza darsi quel nome, esigono però un’adorazione che neppure al vero Messia viene data. Chi ha orecchie per intendere intenda. Però osservate. Né ai falsi Messia né ai falsi pastori e maestri le pecore hanno dato ascolto, perché il loro spirito sentiva la falsità della loro voce che voleva mostrarsi dolce ed era crudele. Soltanto dei caproni li hanno seguiti per essere loro compagni nelle ribalderie. Caproni selvatici, indomiti, che non vogliono entrare nell’Ovile di Dio, sotto lo scettro del vero Re e Pastore. Perché questo, ora, si ha in Israele. Che Colui che è il Re dei re diviene il Pastore del gregge, mentre un tempo colui che era pastore di greggi divenne re, e l’Uno e l’altro vengono da un’unica radice, da quella di Isai, come è detto nelle promesse e profezie.
I falsi pastori non hanno avuto parole sincere né atti di conforto. Essi hanno disperso e torturato il gregge, o lo hanno abbandonato ai lupi, o lo hanno ucciso per trarne profitto vendendolo per assicurarsi la vita, o gli hanno sottratto i pascoli per fare di essi dimore di piacere e boschetti per gli idoli. Sapete quali sono i lupi? Sono le male passioni, i vizi che gli stessi falsi pastori hanno insegnato al gregge, praticandoli essi per primi. E sapete quali sono i boschetti degli idoli? Sono i propri egoismi davanti ai quali troppi bruciano incensi. Le altre due cose non hanno bisogno di essere spiegate perché è fin troppo chiaro il sermone. Ma che i falsi pastori così facciano è logico. Non sono che ladri che vengono per rubare, uccidere e distruggere, per portare fuori dall’ovile in pascoli infidi, o condurre a falsi ovili che non sono che macelli. Ma quelli che passano da Me sono al sicuro e potranno uscire per andare ai miei pascoli, o rientrare per venire ai miei riposi, e farsi robusti e pingui di succhi santi e sani. Perché Io sono venuto per questo. Perché il mio popolo, le mie pecorelle, sin qui magre e afflitte, abbiano la vita, e vita abbondante, e di pace e letizia. E tanto voglio questo che sono venuto a dar la mia vita perché le mie pecore abbiano la Vita piena e abbondante dei figli di Dio.
Io sono il Pastore buono. E un pastore quando è buono dà la vita per difendere il suo gregge dai lupi e dai ladroni, mentre il mercenario, che non ama le pecore ma il denaro che ricava dal condurle ai pascoli, non si preoccupa che di salvare se stesso e il gruzzolo che ha in seno e, quando vede venire il lupo o il ladrone, fugge, salvo poi tornare a prendere qualche pecora lasciata malviva dal lupo, o dispersa dal ladrone, e uccidere la prima per mangiarla, o vendere come sua la seconda, aumentando il gruzzolo e dicendo poi al padrone, con bugiarde lacrime, che neppure una delle pecore si è salvata. Che importa al mercenario se il lupo azzanna e disperde le pecore, e il ladrone ne fa razzia per portarle al beccaio? Ha forse vegliato su esse mentre crescevano, e faticato per farle robuste? Ma colui che è padrone e sa quanto costi una pecora, quante ore di fatica, quante veglie, quanti sacrifici, le ama ed ha cura di esse che sono il suo bene. Ma Io sono più che un padrone. Io sono il Salvatore del mio gregge e so quanto mi costi anche la salvezza di un’anima sola, e perciò sono pronto a tutto pur di salvare un’anima. Essa mi è stata affidata dal Padre mio. Tutte le anime mi sono state affidate col comando che Io ne salvi un numero stragrande. Quante più ne riuscirò a strappare alla morte dello spirito, e tanto più il Padre mio avrà gloria. E perciò Io lotto per liberarle da tutti i loro nemici, ossia dal loro io, dal mondo, dalla carne, dal demonio, e dai miei avversari che me le contendono per darmi dolore. Io faccio questo perché conosco il pensiero del Padre mio. E il Padre mio mi ha mandato a fare questo perché conosce il mio amore per Lui e per le anime. E anche le pecore del mio gregge conoscono Me e il mio amore, e sentono che Io sono pronto a dare la mia vita per dare ad esse la gioia.
E ho altre pecorelle. Ma non sono di questo Ovile. Perciò non mi conoscono per ciò che Io sono, e molte ignorano che Io sia e chi Io sia. Pecorelle che a molti fra noi paiono peggio di capre selvagge e riputate indegne di conoscere la Verità e di avere la Vita e il Regno. Eppure non è così. Il Padre vuole anche queste, e perciò devo avvicinare anche queste, farmi conoscere, fare conoscere la buona Novella, condurle ai pascoli miei, radunarle. Ed esse pure daranno ascolto alla mia voce perché finiranno ad amarla. E si avrà un solo Ovile sotto un solo Pastore, e il Regno di Dio sarà composto sulla Terra, pronto ad essere trasportato e accolto nei Cieli, sotto il mio scettro e il mio segno e il mio vero Nome.
Il mio vero Nome! È noto a Me soltanto! Ma quando il numero degli eletti sarà completo, e fra inni di tripudio si assideranno alla grande cena di nozze dello Sposo con la Sposa, allora il mio Nome sarà conosciuto dai miei eletti che per fedeltà ad Esso si saranno santificati, pur senza conoscere tutta l’estensione e la profondità di ciò che è essere segnati dal mio Nome e premiati per il loro amore ad Esso, né quale sia il premio… Questo Io voglio dare alle mie pecore fedeli. Ciò che è la mia stessa gioia (...).
Per questo mi ama il Padre, o mio popolo, o mio gregge! Perché per te, per il tuo bene eterno Io do la vita. Poi la riprenderò. Ma prima la darò perché tu abbia la vita e il tuo Salvatore a vita di te stesso. E la darò in modo che tu te ne pasca, mutandomi da Pastore in pascolo e fonte che daranno cibo e bevanda, non per quaranta anni come per gli ebrei nel deserto, ma per tutto il tempo di esilio per i deserti della Terra. Nessuno, in realtà, mi toglie la vita. Né coloro che amandomi con tutti loro stessi meritano che Io la immoli per loro, né coloro che me la levano per odio smisurato e paura stolta. Nessuno me la potrebbe levare se da Me Io non consentissi a darla e se il Padre non lo permettesse, presi ambedue da un delirio d’amore per l’Umanità colpevole. Da Me stesso Io la dono. E ho il potere di riprenderla quando voglio, non essendo conveniente che la Morte possa prevalere sulla Vita. Perciò il Padre mi ha dato questo potere, ed anzi il Padre questo mi ha comandato di fare. E per la mia vita, offerta e consumata, i popoli diverranno un unico popolo: il mio, il Popolo celeste dei figli di Dio, separandosi nei popoli le pecore dai caproni e seguendo le pecore il loro Pastore nel Regno della Vita eterna».
Maria Valtorta, L'Evangelo come mi è stato rivelato, volume VIII, capitolo 518, nn. 5-9 (25 ottobre 1946).
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(...) Ora Io vi dico: Ecco, Io stesso diverrò il loro Pastore. Io verrò per radunare le mie pecore. Le radunerò nei miei pascoli fuor dalle caligini delle dottrine stolte e perniciose che dànno le febbri mortali dello spirito. Le separerò, anzi da se stesse si separeranno dai capretti e dagli arieti, perché udranno la Voce che li ama. La udranno non più come ora, attraverso ai miei servi, ma sgorgante come fiume di Vita dalla bocca del Verbo, tornato a prendere possesso del suo Regno.
Raccoglierò con pietà le mie pecore, anche quelle che la vostra incuria ha rovinato. Ma via, via dal mio gregge i lupi in veste d’agnello, via i pastori infingardi, via gli avidi di ricchezze e di piacere. Chi mi segue deve amare ciò che è netto e onesto. Chi mi segue deve avere carità per il fratello e non impinguarsi lasciando ad altri miseria d’erba calpestata e sporca e acqua intorbidata da mene umane. E questo va anche a coloro che nelle congregazioni di laici non tendono che alle cariche solleticanti la boria. Giù la superbia, se volete essere i miei agnelli, e giù la durezza di cuore. Sono le corna pontute con cui ferite e respingete i mansueti e opprimete i deboli.
Quando avrò mondato il gregge da ciò che è falso e impuro, nel mio periodo di Re della Pace, istruirò i rimasti per l’ultima istruzione. Conosceranno Me come ora solo gli eletti mi conoscono. Saranno non dodici, ma dodicimila volte dodicimila creature chiamate alla conoscenza del Re. Cadranno le eresie e le guerre. Luce e Pace saranno il sole della Terra. Si nutriranno del germe vivo della mia Parola e non saranno più languenti della fame spirituale. Mi adoreranno in spirito e verità.
Quando l’ultima rivolta di Satana a Dio avverrà, non mancheranno gli ultimi Giuda fra i chiamati alla conoscenza del Re. L’oro della Città eterna deve essere depurato per tre filtri per poter divenire turibolo davanti al trono dell’Agnello glorioso. E questo sarà l’ultimo filtro. Ma i “fedeli” resteranno fedeli, conosceranno che Io sono con essi e che essi sono il mio popolo eterno.
Ma fin da ora, o miei diletti, o anima che mi ami e che amo, sappiate che, anche prima che Io venga a radunare il mio gregge per portarlo agli eterni pascoli del Cielo, voi siete i miei amati agnelli. Prima degli altri entrerete nel mio Regno perché voi siete il mio gregge ed Io sono il Signore Iddio vostro, il vostro Pastore che fra voi prende le sue delizie e che vi chiama alla sua dimora per vivere con voi nella Pace serbata ai fedeli di Cristo.
Maria Valtorta, Quaderni, manoscritto VIII, capitolo 159 (28 ottobre 1943).
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