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Chi prega si salva, chi non prega si danna – Sant’Alfonso de’ Liguori

DELLA NECESSITA DELLA PREGHIERA
I. – LA PREGHIERA È NECESSARIA ALLA SALVEZZA DI NECESSITA DI MEZZO.


Fu già errore dei pelagiani dire che l’orazione non è necessaria a conseguire la salvezza. Diceva l’empio loro maestro Pelagio che l’uomo in tanto solamente si perde, in quanto trascura di riconoscere le verità necessarie a sapersi. Ma diceva Sant'Agostino: «Pelagio d’ogni altra cosa voleva trattare fuorché dell’orazione», ch’è l’unico mezzo - come teneva ed insegnava il santo - per acquistare la scienza dei santi, secondo quel che scrisse già S. Giacomo: «Se qualcuno di voi manca di sapienza, la domandi a Dio che dona a tutti generosamente e senza rinfacciare e gli sarà data» (Gc 1, 5).

Sono troppo chiare le Scritture che ci fan vedere la necessità che abbiamo di pregare se vogliamo salvarci. Bisogna sempre pregare, né mai stancarsi (Lc 18, 1). Vegliate ed orate per non cadere in tentazione (Mt 26, 41). Chiedete ed otterrete (Mt 7, 7). Le suddette parole bisogna, chiedete, orate, come sostengono comunemente i teologi, significano ed comportano precetto e necessità (...). Scrisse il dotto Leonardo Lessio «non potersi negare senza errare nella fede che la preghiera agli adulti è necessaria per salvarsi, constando evidentemente dalle Scritture essere l’orazione l’unico mezzo per conseguire gli aiuti necessari alla salvezza».

La ragione è chiara. Senza il soccorso della grazia noi non possiamo fare alcun bene. Senza di me non potete far nulla (Gv 15, 5). Nota S. Agostino su queste parole che Gesù Cristo non disse niente potete compire ma niente potete fare. Per darci con ciò ad intendere il nostro Salvatore che noi, senza la grazia, neppure possiamo cominciare a fare il bene. Anzi scrisse l’Apostolo: Da noi neppure possiamo avere desiderio di farlo (2 Cor 3, 5) (...). Lo stesso ci significano tante altre Scritture. Lo stesso Dio è Colui che fa in tutti tutte le cose (1 Cor 12, 6). Farò che camminiate nei miei precetti ed osserviate le mie leggi e le pratichiate (Ez 36, 27). In modo che, come scrisse san Leone I: «Noi non facciamo alcun bene, al di fuori di quello che Dio con la sua grazia ci fa operare». Per cui il Concilio di Trento disse: «Se alcuno avrà detto che, senza una previa ispirazione ed aiuto dello Spirito Santo, l’uomo può credere, sperare, amare o pentirsi come è necessario fare per ottenere la grazia della giustificazione sia scomunicato» (...).

Il Signore, alle bestie, alcune ha provveduto di corso (?), altre di unghie, altre di penne affinché possano così conservare il loro essere; ma l’uomo, poi, l’ha formato in tal stato che solo Dio fosse tutta la sua virtù. Sicché l’uomo è del tutto impotente a procurarsi la sua salvezza poiché Dio ha voluto che, quanto ha e può avere, tutto lo riceva dal solo aiuto della sua grazia. Ma, questo aiuto della grazia, il Signore per provvidenza ordinaria non lo concede se non a chi prega (...). Posto dunque, da una parte, che senza il soccorso della grazia niente possiamo e, posto dall’altra che, tale soccorso, ordinariamente non si dona da Dio se non a chi prega chi non intende, di conseguenza, che la preghiera ci è assolutamente necessaria alla salvezza?

È vero che le prime grazie, le quali vengono a noi senza alcuna nostra cooperazione (come sono la vocazione alla fede, alla penitenza), dice S. Agostino che Dio le concede anche a coloro che non pregano; tuttavia il santo tiene poi per certo che le altre grazie (e specialmente il dono della perseveranza) non si concedono se non a chi prega. Ond’è che i teologi comunemente con san Basilio, san Giovanni Crisostomo, Clemente Alessandrino ed altri, col medesimo S. Agostino, insegnano che la preghiera agli adulti è necessaria non solo di necessità di precetto ma anche di mezzo. Vale a dire che, per provvidenza ordinaria un fedele, senza raccomandarsi a Dio cercando da Lui le grazie necessarie alla salvezza, è impossibile che si salvi. Lo stesso insegna san Tommaso dicendo: «Dopo il battesimo è necessaria all’uomo una continua orazione al fine di entrare in cielo; poiché, quantunque per mezzo del battesimo si rimettano i peccati, ciononostante rimane il fomite del peccato che ci fa guerra internamente e il mondo e i demoni che ci guerreggiano esternamente». La ragione, dunque che ci fa certi della necessità che abbiamo della preghiera, eccola in breve: Noi per salvarci dobbiamo combattere e vincere: Colui che combatte nell’agone non è coronato, se non ha combattuto secondo le leggi (1 Tm 2, 5). Al contrario, senza l’aiuto divino non possiamo resistere alle forze di tanti e tali nemici: ora questo aiuto divino solo per l’orazione si concede; dunque senza orazione non v’è salvezza.

Che poi l’orazione sia l’unico ordinario mezzo per ricevere i divini doni lo conferma più distintamente il medesimo santo dottore in altro luogo dicendo che il Signore, tutte le grazie che dall'eternità ha determinato di donare a noi, vuol donarcele non per altro mezzo che per l’orazione. E lo stesso scrisse S. Gregorio: «Gli uomini, pregando, meritano di ricevere ciò che Dio prima dei secoli dispone loro di dare». Non è necessario pregare - dice S. Tommaso - affinché Iddio intenda i nostri bisogni ma affinché noi intendiamo la necessità che abbiamo di ricorrere a Dio per ricevere i soccorsi opportuni per salvarci e, con ciò, riconoscerlo per unico autore di tutti i nostri beni. Come, dunque, il Signore ha stabilito che noi fossimo provvisti di pane seminando il grano e del vino piantando le viti, così ha voluto che ricevessimo le grazie necessarie alla salvezza per mezzo della preghiera quando disse: “Chiedete ed otterrete, cercate e troverete” (Mt, 7, 7).

Noi, insomma, altro non siamo che poveri mendicanti, i quali tanto abbiamo quanto ci dona Dio per elemosina. Io sono mendico e senza aiuto (Sal 39, 18). Il Signore, dice S. Agostino, desidera e vuole dispensare le sue grazie ma non vuole dispensarle se non a chi le domanda (...). Dunque, dice santa Teresa che chi non cerca non riceve. Come la linfa è necessaria alle piante per vivere e non seccare così, dice il Crisostomo, è necessaria a noi l’orazione per salvarci. Aggiunge il medesimo santo: «Come il corpo senza dell’anima non può vivere, così l’anima senza l’orazione è morta e manda cattivo odore». Dice "manda cattivo odore" perché, chi lascia di raccomandarsi a Dio, subito comincia a puzzare di peccati. L’orazione si chiama anche cibo dell’anima perché «senza cibo non può sostentarsi il corpo e, senza l’orazione - dice S. Agostino -, l'anima non può conservarsi in vita». Tutte queste similitudini che adducono questi santi Padri denotano l’assoluta necessità di pregare per conseguire la salvezza.

II. – SENZA LA PREGHIERA È IMPOSSIBILE RESISTERE ALLE TENTAZIONI E PRATICARE I COMANDAMENTI.

L’orazione, inoltre, è l’arma più necessaria per difenderci dai nemici. Chi di questa non s’avvale, dice S. Tommaso, è perduto. Il santo non dubita di ritenere che Adamo cadde perché non si raccomandò a Dio quando fu tentato (...). San Carlo Borromeo, in una lettera Pastorale avverte che, tra tutti i mezzi che Gesù Cristo ci ha raccomandati nel Vangelo, ha dato il primo posto alla preghiera e, in ciò, ha voluto che si distinguesse la sua Chiesa e Religione dalle altre sette, volendo che ella si chiamasse specialmente casa d’orazione. La casa mia sarà chiamata casa d’orazione (Mt 21, 13). Conclude S. Carlo che la preghiera è il principio, il progresso e il compimento di tutte le virtù. Sicché nelle tenebre, nelle miserie e nei pericoli in cui ci troviamo - diceva re Giosafat - non abbiamo altro su cui fondare le nostre speranze che nel sollevare gli occhi a Dio e impetrare con le preghiere, dalla sua misericordia, la nostra salvezza (2 Cr 20, 2). E così faceva anche Davide, non trovando altro mezzo per sfuggire ai nemici che pregare continuamente il Signore di liberarlo dalle loro insidie: «Gli occhi miei sono sempre rivolti al Signore perché Egli trarrà dal laccio i miei piedi (Sal 24, 15). Sicché altro egli non faceva che pregare dicendo: «A me volgi il tuo sguardo e abbi pietà di me perché io son solo e povero» (Sal 24, 16). «Gridai a te: dammi salvezza affinché osservi i tuoi precetti» (Sal 118, 146). Signore, volgi a me gli occhi, abbi pietà di me e salvami poiché io da me non posso niente e al di fuori di Te non ho chi possa aiutarmi. Infatti, come potremmo noi resistere alle forze dei nostri nemici ed osservare i divini precetti - specialmente dopo il peccato di Adamo che ci ha resi così deboli ed infermi - se non avessimo il mezzo dell’orazione, per cui possiamo dal Signore impetrare la luce e la forza bastante per osservarli?

Fu già bestemmia quella che disse Lutero cioè che, dopo il peccato di Adamo, sia assolutamente impossibile agli uomini l’osservanza della divina legge. Giansenio, poi, disse che alcuni precetti ai giusti erano impossibili secondo le presenti forze a loro disposizione. Sin qui, la sua proposizione avrebbe potuto spiegarsi in buon senso ma essa fu giustamente condannata dalla Chiesa per quello che poi vi aggiunse, dicendo che mancava la grazia divina a renderli possibili. È vero, dice S. Agostino, che l’uomo per la sua debolezza non può adempiere alcuni precetti con le presenti forze e con la grazia ordinaria ossia comune a tutti; ma ben può con la preghiera ottenere l’aiuto maggiore che occorre per osservarli: «Dio non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi, di chiedere quello che non puoi e ti aiuta affinché tu possa» (...) e soggiunse il santo Dottore: «Vediamo in che modo (cioè come l’uomo può fare quel che non può). Per mezzo della medicina potrà quello che non può per la sua infermità». E vuol dire che, con la preghiera, otteniamo il rimedio alla nostra debolezza poiché, pregando, Iddio ci dona la forza per fare ciò che noi non possiamo.

Non possiamo credere, continua S. Agostino, che il Signore abbia voluto imporci l’osservanza della legge e che poi ci abbia imposto una legge impossibile; perciò, allorché Dio ci fa riconoscere impotenti ad osservare tutti i suoi precetti, ci ammonisce di fare le cose difficili con l’aiuto maggiore che possiamo impetrare per mezzo della preghiera. Ma perché, dirà taluno, Dio ci ha comandato cose impossibili alle nostre forze? Appunto per questo, dice il Santo: affinché attendiamo ad ottenere con l’orazione l’aiuto per fare ciò che non possiamo. E in altro luogo: «La legge fu data affinché domandassimo la grazia; la grazia fu donata affinché fosse adempiuta la legge». La legge non può osservarsi senza la grazia e Dio a questo fine ha dato la legge, affinché noi sempre Lo supplicassimo di donarci la grazia per osservarla (...).

Scrisse S. Bernardo: «Chi siamo noi e qual è la nostra forza perché possiamo resistere a tante tentazioni? Questo certamente voleva Iddio che, vedendo la nostra debolezza e che non abbiamo altro aiuto, ricorressimo con tutta umiltà alla sua misericordia». Il Signore sa quanto utile sia a noi la NECESSITÀ DI PREGARE PER CONSERVARCI UMILI e per esercitarci nella confidenza e, perciò, permette che ci assaltino nemici insuperabili dalle nostre forze affinché, con la preghiera, otteniamo dalla sua misericordia l’aiuto per resistere. Specialmente si tenga presente che nessuno può resistere alle tentazioni impure della carne se non si raccomanda a Dio quando è tentato. Questa nemica è sì terribile che, quando ci combatte, quasi ci toglie ogni luce: ci fa dimenticare tutte le meditazioni e i buoni propositi fatti, ci fa disprezzare le verità della fede e ci fa quasi perdere anche il timore dei castighi divini poiché si allea con l’inclinazione naturale che, con somma violenza, spinge ai piaceri sensuali. Chi, allora, non ricorre a Dio è perduto. L’unica difesa contro questa tentazione è la preghiera. Dice S. Gregorio Nisseno: «L’orazione è il presidio della pudicizia» (...).

Né si dica che sembra un’ingiustizia comandare ad uno zoppo di camminare diritto. No - dice S. Agostino - non è ingiustizia, sempre che gli sia dato il modo di trovare rimedio al suo difetto; così, se egli poi continua a zoppicare, la colpa è sua. Insomma - dice lo stesso santo Dottore - che non saprà mai vivere bene chi non saprà ben pregare. Dice S. Francesco d’Assisi che, senza orazione, non si può sperare nessun buon frutto in un’anima. A torto, dunque, si scusano quei peccatori che dicono di non aver forza di resistere alla tentazione. Ma se voi, li rimprovera S. Giacomo, non avete questa forza perché non la domandate? Voi non l’avete perché non la cercate (Gc 4, 2). Non vi è dubbio che siamo troppo deboli per resistere agli assalti dei nostri nemici ma è certo che Dio è fedele - come dice l’Apostolo - e non permette che noi siamo tentati oltre le nostre forze: «Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze ma, con la tentazione, vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla» (1 Cor 10, 13) (...). Noi siamo deboli ma Iddio è forte: quando noi gli domandiamo l’aiuto allora egli ci comunica la sua forza e potremo tutto, come giustamente prometteva lo stesso Apostolo dicendo: «Tutto posso in colui che mia dà la forza» (Fil 4, 13). Non ha scusa, dunque - dice S. Giovanni Crisostomo -, chi cade trascurando di pregare poiché, se avesse pregato, non sarebbe stato vinto dai nemici.

(Sant'Alfonso M. de' Liguori, da "Del gran mezzo della preghiera").

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