Fatima.
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LE APPARIZIONI DELL'IMMACOLATA E LA STORIA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO



LE APPARIZIONI E LA STORIA DELLA MEDAGLIA MIRACOLOSA

Caterina Labouré, proclamata santa nel 1947 da Papa Pio XII, raccontò di aver assistito a molte apparizioni, nell’arco della sua vita. La prima appena adolescente, quando San Vincenzo de’ Paoli le apparve in sogno per invitarla a entrare nella sua Compagnia delle Figlie della Carità. Durante il noviziato ebbe altre apparizioni, di Gesù presente nell’Eucaristia al di là delle apparenze del Pane, e come Cristo Re crocifisso, spogliato di tutti i suoi ornamenti. Tenne queste apparizioni nascoste per tutta la vita, raccontandole in punto di morte solo al suo confessore.
Le apparizioni più famose, per le quali Santa Caterina è ricordata, sono tuttavia quelle dell’Immacolata della Medaglia miracolosa. Esse avvennero nel luglio e nel novembre del 1830, nella Cappella del Noviziato. Il 18 luglio 1830, Caterina aveva pregato con fervore Gesù perché le concedesse di esaudire il suo grande desiderio di vedere la Santa Vergine. Alle 23,30 si svegliò, sentendosi chiamare per nome, e vide ai piedi del letto un misterioso bambino, che la invitava ad alzarsi. “La Santa Vergine ti attende” le disse il bambino, che emanava raggi di luce mentre si muoveva. Il bambino, che Caterina identificò col proprio Angelo custode, l’accompagnò nella Cappella, dove la Madonna la stava attendendo seduta al lato destro dell’altare. Caterina raccontò: “Allora, ho fatto un balzo per avvicinarmi a lei, e mi sono messa in ginocchio sui gradini dell’altare, con le mani appoggiate sulle ginocchia di Maria. Il momento, che ho passato così, è stato il più dolce di tutta la mia vita. Mi sarebbe impossibile dire ciò che ho provato. La Santissima Vergine mi ha detto poi come avrei dovuto comportarmi con il mio confessore e molte altre cose.
Parlando dell’aspetto della Vergine Santa Caterina faticava a trovare le parole: “La sua statura era media, e la sua bellezza tale che mi è impossibile descriverla. Stava in piedi, la sua veste era di seta e di color bianco-aurora, fatta, come si dice “alla vergine”, cioè accollata e con maniche lisce. Dal capo le scendeva un velo bianco sino ai piedi. Aveva i capelli spartiti e una specie di cuffia con un merletto di circa tre centimetri di larghezza, leggermente appoggiato ai capelli. Il viso era abbastanza scoperto; i piedi poggiavano sopra un globo; o meglio, sopra un mezzo globo, o almeno io non ne vidi che una metà”. La Santa raccontò di essersi inginocchiata davanti alla Madonna e di aver posato le mani sulle sue ginocchia, in reverenza.
L’occasione in cui la Vergine Santa incaricò Caterina di far coniare la Medaglia miracolosa fu la seconda apparizione, avvenuta il 27 novembre 1830, intorno alle 17,30. La Vergine le disse che quella medaglia sarebbe stata un segno di amore, pegno di protezione e sorgente di grazie per tutti coloro che avrebbero confidato in essa. Sempre la Madonna mostrò a Caterina come dovesse essere questa medaglia. Caterina raccontò che nell’apparizione i piedi di Maria poggiavano su un mezzo globo, che simboleggiava il globo terrestre, e schiacciavano la testa a un serpente verdastro chiazzato di giallo. Le mani della Vergine erano ornate di anelli tempestati di pietre preziose che proiettavano raggi di luce di diversa intensità e colore verso il basso. La Madonna spiegò a Caterina che quei raggi erano: “il simbolo delle grazie che io spargo sulle persone che me lo domandano”.
Caterina vide poi formarsi intorno alla Madonna una specie di cornice ovale, e una scritta che andava dalla mano destra alla sinistra di Maria formando un semicerchio di parole scritte a lettere d’oro: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi”.
Questa sarebbe diventata l’immagine frontale della Medaglia miracolosa: Maria che schiaccia la testa del Serpente, come preannunciato nella Bibbia (“Io porrò inimicizia tra te e la donna […] questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”, Gen 3,15), mentre dalle sue mani benedette partono raggi di luce, simbolo delle grazie concesse da Dio, e l’invocazione «O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a Voi» a incorniciare il tutto.
Ma l’apparizione continuò, e il quadro mistico parve ruotare davanti agli occhi di Caterina, mostrandole quale dovesse essere il retro della Medaglia: “Vi era la lettera M (iniziale del nome Maria) sormontata da una croce senza crocifisso che aveva come base la lettera I (iniziale del nome Iesus, Gesù). Più sotto poi vi erano due cuori, uno circondato di spine (quello di Gesù), l’altro trapassato da una spada (quello di Maria). Dodici stelle infine circondavano il tutto. Poi tutto disparve, come qualcosa che si spegne, e io sono rimasta ripiena non so di che, di buoni sentimenti, di gioia, di consolazione».
Ecco la spiegazione del retro della Medaglia miracolosa: la M di Maria sostiene la Croce senza crocifisso; il monogramma I di Gesù (Iesus) si interseca con la M di Maria e la Croce, e simboleggia la salvezza recata da Gesù e dalla Madonna, il rapporto indissolubile che lega Cristo alla sua santissima Madre, che diviene così testimone della Salvezza dell’umanità da parte del Figlio suo Gesù e compartecipe all’atto stesso del sacrificio di Cristo; il cuore coronato di spine è il Sacro Cuore di Gesù, mentre quello trafitto dalla spada è il Cuore Immacolato di Maria; le 12 stelle simboleggiano le 12 tribù d’Israele e i 12 apostoli. La stessa Vergine viene salutata anche come Stella del mare nella preghiera Ave Maris Stella.
La Madonna parlò ancora a Caterina dicendole di far coniare una medaglia su quel modello: “Tutte le persone che la porteranno, riceveranno grandi grazie specialmente portandola al collo; le grazie saranno abbondanti per le persone che la porteranno con fiducia”.
Caterina incontrò qualche resistenza, ma alla fine la Medaglia venne coniata, nel 1832, in circa 1500 esemplari, ma subito il suo potere si manifestò con numerosissime guarigioni e conversioni, tanto che fu necessario coniarne milioni di copie. Anche i papi Gregorio XVI e Pio IX ne hanno fatto uso e la Cappella delle Apparizioni è divenuta un luogo di culto e pellegrinaggio. Oggi si trovano miliardi di riproduzioni della Medaglia miracolosa, in oro, argento e metalli meno nobili. La si può trovare in vendita in tutti i negozi che trattano articoli religiosi, e naturalmente negli "store on line"


I significati della Medaglia Miracolosa: miracolosa, luminosa e dolorosa

Miracolosa - La Medaglia che la Vergine indicò a Santa Caterina perché la facesse coniare e distribuire è detta Medaglia miracolosa, con riferimento ai numerosissimi casi di guarigione e conversione che provocò. Nel Febbraio del 1832 Parigi era stata devastata da una terribile epidemia di colera, che provocò più di 20.000 morti. Le Figlie della Carità distribuirono in quell’occasione le prime 2.000 medaglie e subito le guarigioni iniziarono ad avere luogo, insieme alle conversioni. Fu per questo che i parigini iniziarono a chiamare la medaglia «miracolosa».
Luminosa - I raggi di luce che scaturiscono dagli anelli alle dita di Maria sono il simbolo delle grazie che lei elargisce a tutti i suoi figli, della sua missione di amorevole intermediaria tra gli uomini e Dio. I raggi di grazia che cadono sulla terra diffondono amore e salvezza, e la luce che emanano simboleggia il trionfo di Maria, prima tra coloro che sono stati e saranno salvati, immacolata fin dal concepimento, portatrice di una grazia speciale, in virtù del Figlio che ha portato in grembo. In questo ruolo di Madre e Salvatrice, Maria uccide il Serpente, causa di tutti i mali dell’umanità.
Dolorosa - Sul retro della medaglia i due monogrammi di Maria e Gesù, i loro cuori trafitti, raccontano una storia di dolore e amore e sacrificio senza fine. In particolare, il cuore coronato di spine di Gesù simboleggia il Suo sacrificio d’amore per gli uomini, mentre il cuore trafitto da una spada di sua Madre simboleggia l’amore di Cristo, che vive e arde dentro di lei, e attraverso lei si riversa su tutto gli uomini.

Una apparizione mariana troppo dimenticata
LA CONVERSIONE DELL'EBREO RATISBONNE
articolo di ROBERTO DE MATTEI
LA CONVERSIONE DELL’EBREO RATISBONNE - Alleanza Cattolica
30 Maggio 1977 - Autore: Alleanza Cattolica
Roberto De Mattei, Cristianità n. 25 (1977)



LA MADONNA E LA CHIESA
Secondo la teologia cattolica tradizionale, esiste un intimo e profondo rapporto tra la Madonna e la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo. La mediazione universale di Maria è – per volontà di Dio – ordinariamente necessaria alla salvezza e alla santificazione degli uomini come quella della Chiesa. E, se alla Chiesa è stato affidato da Dio il compito di custodire e diffondere le verità della fede nella loro integrità e purezza, alla Madonna è stata riservata la missione di combattere e vincere il demonio, supremo ispiratore e fautore di tutti gli errori e di tutte le eresie.
Il trionfo della Chiesa è la vittoria sugli errori e sulle eresie: e questa vittoria è stata riservata a Maria, di cui la Chiesa canta: «Tu sola sterminasti le eresie di tutto l’universo». Maria ha sempre avuto una parte decisiva «nella diffusione, nelle battaglie, nei trionfi della fede cattolica» e anzi, «la storia dei trionfi della Chiesa è la storia dei trionfi di Maria». «Ogniqualvolta che parve quasi per scendere la notte sul mondo, si vide spuntare nel cielo Maria, stella del mattino».
In questa prospettiva, brillano di luce straordinaria le grandi apparizioni mariane degli ultimi tempi. Rue du Bac, La Salette, Lourdes, Fatima, sono nomi che dovrebbero essere familiari a ogni cattolico fedele. Mentre, con il dilagare della Rivoluzione, si faceva notte sul mondo, la Madonna apriva gli occhi degli uomini sulla gravità della situazione con una luminosa costellazione di messaggi mariani che avevano il loro culmine nell’apparizione di Fatima, giustamente definita l’avvenimento più importante del secolo ventesimo.
Anche l’Italia ha avuto il privilegio di una grande apparizione mariana: meno conosciuta, ma non meno significativa delle altre per il profondo insegnamento che ancora trasmette al tempo presente. Fu la miracolosa conversione, il 20 gennaio 1842, dell’ebreo Alfonso Ratisbonne, al quale la Madonna apparve nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte.
Una lapide posta in uno dei pilastri della cappella dell’apparizione, dove ancora oggi si venera l’immagine di quella che il popolo romano chiamò la «Madonna del Miracolo», così ricorda l’avvenimento: «Il 20 gennaio 1842, Alfonso Ratisbonne, venne qui ebreo indurito. La Vergine gli apparve come tu la vedi. Cadde ebreo si rialzò cristiano. Straniero: porta con te questo prezioso ricordo della misericordia di Dio e del potere della SS. Vergine».


ALFONSO RATISBONNE
Alfonso Ratisbonne, nato a Strasburgo nel 1814 da una famiglia di ricchi banchieri ebrei (il padre era presidente del Concistoro ebraico di Strasburgo), era cresciuto in un clima di odio anticristiano, acuito dalla conversione al cattolicesimo del fratello maggiore Teodoro. Fidanzato con una cugina, per migliorare il suo malfermo stato di salute aveva deciso di intraprendere un lungo viaggio che dalla Francia, attraverso la Costa Azzurra, l’Italia, Malta, l’Egeo, avrebbe dovuto condurlo a Costantinopoli. Capitò a Roma, per un breve soggiorno fuori programma, il giorno dell’Epifania del 1842. Tra le persone che vi incontrò fu un amico d’infanzia, il barone Gustavo de Buissières, protestante pietista.
Il fratello di questi, Teodoro, nel corso di un’animata discussione religiosa, sfidò Ratisbonne a portare una medaglia con l’effigie dell’Immacolata, come era apparsa quattro anni prima a santa Caterina Labouré, e a recitare, o almeno a trascrivere il «Memorare, o piissima Virgo Maria… », l’antica preghiera mariana tradizionalmente attribuita a san Bernardo. Ratisbonne, per mostrare la sua superiorità sulle «superstizioni» cattoliche, accettò ridendo la sfida. «Ora eccomi cattolico, apostolico, romano», commentò sarcasticamente, mentre cingeva al collo la medaglietta.
Nei giorni successivi, mentre l’ebreo alsaziano continuava la sua vita di scettico gaudente, il Buissières si diede a pregare intensamente per la sua conversione, raccomandandolo inoltre alle orazioni di alcuni amici. Tra questi era il conte Augusto de La Ferronays, già ministro di Carlo X, che morì però improvvisamente il 17 gennaio. Un imprevisto aveva intanto costretto il Ratisbonne a rinviare la sua partenza da Roma. Si giunse così al 20 gennaio 1842, una giornata di cui vale la pena seguire la descrizione lasciataci dallo stesso Ratisbonne.


IL 20 GENNAIO 1842
«Il giovedì 20 gennaio, dopo aver fatto colazione all’albergo e aver imbucato le mie lettere alla posta, mi recai a casa del mio amico Gustavo, il pietista, che era tornato dalla caccia, escursione che lo aveva tenuto lontano per alcuni giorni. «Si stupiva molto di ritrovarmi a Roma. Gliene spiegai il motivo: avevo voglia di vedere il papa. “Ma andrò via senza vederlo,gli dissi,giacché non ha assistito alle cerimonie della Cattedra di San Pietro, dove mi avevano fatto sperare che ci sarebbe stato”. «Gustavo mi consolò ironicamente, parlandomi di un’altra cerimonia davvero curiosa che doveva svolgersi, credo, a Santa Maria Maggiore. Si trattava della benedizione degli animali. E su tutto questo, gara di freddure e lazzi del tipo che si può immaginare tra un ebreo e un protestante.
«Parlammo di caccia, di piaceri, dei divertimenti del carnevale, della brillante serata che il duca Torlonia aveva dato il giorno prima. Né ci si poteva dimenticare delle feste del mio matrimonio: invitai de Lotzbeck, che mi promise di partecipare.
«Se in quell’istante (era mezzogiorno) un terzo interlocutore mi si fosse avvicinato, e mi avesse detto: “Alfonso, fra un quarto d’ora adorerai Gesù Cristo, tuo Dio e tuo Salvatore, sarai prosternato in una povera chiesa, ti batterai il petto dinanzi a un sacerdote, in un convento di Gesuiti dove trascorrerai il carnevale per prepararti al battesimo, pronto ad immolarti per la fede cattolica; e rinuncerai al mondo, alle sue pompe, ai suoi piaceri, alla tua fortuna, alle tue speranze, al tuo avvenire; e, se sarà necessario, rinuncerai anche alla tua fidanzata, all’affetto della tua famiglia, alla stima dei tuoi amici, all’attaccamento degli ebreie non aspirerai più che a seguire Gesù Cristo e a portare la sua croce fino alla morte!…”. Dico che se qualche profeta mi avesse fatto una predizione simile, avrei giudicato solo un uomo più insensato di lui: l’uomo che avesse creduto possibile una simile follia! Eppure, è proprio questa follia che costituisce oggi la mia sapienza e la mia felicità.
«Uscendo dal caffè, mi imbatto nella carrozza di Teodoro de Buissières. Si ferma, e sono invitato a salire per un tratto di passeggiata. Il tempo era splendido, e accettai con piacere. Ma de Buissières mi chiese la cortesia di fermarsi pochi minuti alla chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, che si trovava quasi di fianco a noi, per un affare che doveva sbrigare; mi suggerì di aspettarlo in carrozza; io preferii scendere, per vedere la chiesa. Vi si facevano dei preparativi per un funerale e mi informai del defunto che doveva ricevere le estreme onoranze. De Buissières mi rispose: È un mio amico, il conte de La Ferronays; la sua morte improvvisaaggiunseè la causa di quella tristezza che avrete notata in me da due giorni”.
«Non conoscevo de La Ferronays; non lo avevo mai visto, e non provavo altra impressione che quella d’una pena alquanto vaga che sempre si prova alla notizia d’una morte improvvisa. De Buissières mi lasciò per andare a prenotare una tribuna destinata alla famiglia del defunto. “Non vi impazientite, – mi disse entrando nel chiostro, – sarà questione di due minuti …”.


«CADDE EBREO SI RIALZÒ CRISTIANO»
«La chiesa di Sant’Andrea è piccola, povera e deserta;credo di essere stato quasi solo;nessuna opera d’arte attirava la mia attenzione. Camminavo, meccanicamente, con lo sguardo in giro, senza soffermarmi su nessun pensiero; mi ricordo soltanto di un cane nero che saltellava e balzava dinanzi a me… Non appena scomparso il cane, la chiesa intera disparve, non vidi più nullao piuttosto, Dio mio, vidi una sola cosa!
«Come potrei parlarne? Oh! no, la parola umana non deve tentare d’esprimere l’inesprimibile; ogni descrizione, per quanto sublime possa essere, non sarebbe che una profanazione dell’ineffabile verità. Ero là, prosternato, bagnato nelle mie lacrime, col cuore fuori di me stesso, quando de Buissières mi richiamò alla vita.
«Non potevo rispondere alle sue domande precipitose; ma presi la medaglia che avevo al petto e baciai con effusione l’immagine della Vergine, raggiante di graziaOh!, era davvero Lei!
«Non sapevo dove mi trovavo; non sapevo se ero Alfonso o un altro; sentivo un così totale mutamento, che mi credevo un altro me stessoTentavo di ritrovarmi e non mi ritrovavoLa gioia più ardente si sprigionava dal fondo della mia anima; non potei parlare; non volli rivelare nulla; sentivo in me qualcosa di solenne e di sacro che mi fece chiamare un sacerdoteVi fui condotto, e solo dopo avuto l’ordine positivo ne parlai, per quanto mi era possibile, in ginocchio e col cuore tremante.
«Le mie prime parole furono di riconoscenza per de La Ferronays e per l’Arciconfraternita della Madonna delle Vittorie. Sapevo con certezza che de La Ferronays aveva pregato per me; ma non saprei dire come lo seppi, così come non potrei fare un resoconto delle verità di cui avevo acquisito la fede e la conoscenza. Tutto ciò che posso dire è che al momento del fatto la benda mi cadde dagli occhi; non una sola, ma tutta la moltitudine di bende che mi avevano avvolto, scomparvero una dopo l’altra rapidamente, come la neve e il fango e il ghiaccio sotto l’azione di un sole cocente.
«Uscivo da una tomba, da un abisso di tenebre, ed ero vivo, perfettamente vivoMa piangevo! Vedevo nel fondo dell’abisso le miserie estreme dalle quali ero stato strappato da una misericordia infinita; rabbrividivo alla vista di tutte le mie iniquità, ed ero stupito, intenerito, sprofondato in ammirazione e riconoscenzaPensavo a mio fratello con una indicibile gioia; ma alle lacrime d’amore si univano lacrime di compassione. Oh! quanti discendono tranquillamente in questo abisso con gli occhi chiusi dall’orgoglio o dalla spensieratezza! Vi discendono, s’inabissano vivi nelle orribili tenebre! E la mia famiglia, la mia fidanzata, le mie povere sorelle! Oh! straziante ansietà! Penso a voi, voi che io amo! A voi dono le prime preghiereNon alzerete voi gli occhi verso il Salvatore del mondo, il cui sangue ha cancellato il peccato originale? Oh, che l’impronta di questa macchia è orribile! Rende completamente irriconoscibile la creatura fatta a immagine di Dio.
«Mi si domanda come appresi queste verità, poiché è accertato che non ho mai aperto un libro di religione, non ho mai letto una pagina della Bibbia, e che il dogma del peccato originale, totalmente dimenticato o negato dagli Ebrei dei nostri giorni, non aveva mai occupato un istante il mio pensiero; dubito anche di averne sentito il nome. Come sono arrivato dunque a questa conoscenza? Non saprei dirlo.
«Tutto ciò che so, è che entrando in chiesa ignoravo tutto; uscendone, vedevo chiaro. Non posso spiegare questo cambiamento che con l’immagine di un uomo il quale si risvegliasse da un sonno profondo, o con quella di un cieco nato che vedesse la luce tutto d’un colpo; vede, ma non può definire la luce che lo illumina e nella quale contempla gli oggetti della sua ammirazione».


L’APOSTOLATO TRA GLI EBREI
Avuta notizia del miracolo, Papa Gregorio XVI ordinò al suo cardinale vicario Costantino Patrizi di istruire immediatamente un processo canonico. Questo si svolse in 17 sessioni, dal 17 febbraio al 1º aprile dello stesso anno 1842, con la severa procedura propria dei tribunali ecclesiastici. Al termine deliberò «che constava pienamente la verità dell’insigne miracolo operato da D.O.M. per intercessione della B. Maria Vergine, cioè l’istantanea e perfetta conversione di Alfonso Maria Ratisbonne dall’Ebraismo».
Lo stesso cardinale Patrizi aveva solennemente battezzato Ratisbonne, col nuovo nome di Alfonso Maria, il 31 gennaio 1842 nella chiesa del Gesù. Sacerdote nel 1847, Ratisbonne appartenne per qualche tempo alla Compagnia di Gesù che lasciò, con il permesso di Pio IX, per entrare nella Congregazione delle Figlie e dei Missionari di Nostra Signora di Sion fondata dal fratello. Come il fratello Teodoro, anche Alfonso Maria Ratisbonne volle infatti dedicare la propria vita all’apostolato tra gli ebrei. Nel 1855 partì per Gerusalemme, dove riuscì ad acquistare le rovine del Pretorio di Pilato, su cui fondò il Santuario dell’«Ecce Homo». A Gerusalemme rimase fino alla morte, il 6 maggio del 1884.
La notizia del miracolo si sparse intanto rapidamente in tutta la Cristianità. Essa infiammò la pietà popolare nei confronti della Medaglia miracolosa di Rue du Bac e contribuì ad affrettare la proclamazione del dogma dell’Immacolata.
Tra i santi e i servi di Dio che pregarono nella cappella dell’apparizione, basti ricordare i nomi di san Giovanni Bosco, santa Teresa di Lisieux, San Massimiliano Kolbe. Fu il 20 gennaio 1917, 75esimo anniversario dell’apparizione, che quest’ultimo, nell’ascoltare la rievocazione della conversione di Ratisbonne, concepì l’istituzione della sua Milizia dell’Immacolata, col fine di «cercare la conversione dei peccatori, eretici, scismatici, giudei. ecc. e specialmente dei massoni; e la santificazione di tutti sotto il patrocinio ex e mediante la B.V.M. Immacolata» (9).


VERSO IL REGNO DI MARIA
A Rue du Bac, a La Salette, a Lourdes, a Fátima, la Madonna scelse anime innocenti per trasmettere i suoi messaggi al mondo. A Roma la Madonna apparve a un peccatore, a un cuore indurito dall’orgoglio, a un nemico della Chiesa. Ebreo di origine, rivoluzionario di mentalità, Ratisbonne sembra prefigurare il mondo moderno, incredulo, duro di cuore, ostinato nei suoi errori. Eppure basta l’apparizione della Madonna, un suo gesto, perché Ratisbonne cada in ginocchio e comprenda istantaneamente, secondo quanto egli stesso dichiarò, nella sua esposizione al processo canonico, «l’orrore del suo stato, la deformità del peccato, la bellezza della Religione Cattolica». La sua conversione è perfetta e istantanea come quella di san Paolo: le tenebre dell’incredulità e del giudaismo sono improvvisamente squarciate, dal fulgore della verità. La Madonna «viva, grande, maestosa, bellissima, misericordiosa» manifesta i suoi attributi tradizionali di Regina e di Madre: la potenza e la misericordia. Ma la Madonna esige, per intervenire, la collaborazione degli uomini: la Medaglia miracolosa, il Memorare, le preghiere insistenti del barone de Buissières e del conte de La Ferronays, forse per un impercettibile gesto di buona volontà da parte di Ratisbonne, sono gli elementi da non trascurare nel grande quadro di questa conversione.
Nulla è impossibile alla Madonna, regale dispensatrice di grazie, quando essa è pregata da cuori ardenti e devoti. «Quando gli uomini decidono di collaborare con la grazia di Dio, allora nella storia accadono cose meravigliose: la conversione dell’Impero romano, la formazione del Medio evo, la riconquista della Spagna a partire da Covadonga, sono tutti avvenimenti di questo tipo, che accadono come frutto delle grandi resurrezioni dell’anima, di cui anche i popoli sono suscettibili». Di fronte al flagello del comunismo ateo che minaccia oggi l’umanità, preghiamo dunque la Madonna perché voglia manifestare ancora una volta la sua potenza e la sua misericordia: allo stesso modo in cui convertì l’ebreo Ratisbonne e regnò nel suo cuore, conceda ai nostri giorni la conversione del mondo, l’instaurazione del Suo regno, il trionfo della Chiesa sulla Rivoluzione.

ROBERTO DE MATTEI